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Autore: Utrem    21/05/2019    1 recensioni
Merope decide di partorire all'Ospedale di San Mungo.
Cosa cambierà? O meglio, cosa non cambierà?
Scopriamolo attraverso un romanzo di formazione con protagonista Laurie Langton, Prefetto di Corvonero nel 1944, quando di Prefetti ne nominavano ancora tre per Casa e non sei. Grindelwald ha appena finito di attraversare l'Europa e la Gran Bretagna sente l'eco dei suoi discorsi: così riferisce il suo amico Cecil. A questi complotti però Laurie preferisce di gran lunga trascorrere tempo spensierato insieme a Lucille Dean, ovvero Lucy, la sua ragazza e, perché no? Studiare. Tom Riddle è diventato Caposcuola, ovviamente; insieme ad Allie, pedante e perfezionista oltre ogni dire, strappando il posto, secondo molti, proprio a Lucy.
Intanto, Merope, che è stata licenziata dall'Ospedale quello stesso maggio, ha fatto domanda per lavorare come Custode della Scuola, approfittando del posto vacante. Vivrà l'anno intero a Hogwarts, la scuola che non ha mai frequentato, molto vicina al figlio, che non è mai riuscita ad educare. Forse?
DISCLAIMER: nel corso della storia sceglierò a mia discrezione di adottare o non adottare dettagli, sottotrame o dati contenuti nei film della saga di "Animali Fantastici".
Genere: Avventura, Introspettivo, Thriller | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Albus Silente, Merope Gaunt, Nuovo personaggio, Tom O. Riddle
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: Tematiche delicate, Violenza | Contesto: Nessun contesto
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'La sua scelta '
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15 novembre 1944

“Silente ha detto che terrà in considerazione quello che gli ho detto. Se lo farà davvero, tra una settimana saremo tutti a casa!”
Allie era raggiante e non aspettava che una sua parola di conferma.
“Sì, magari…”
“Allora potremo tornare dalle nostre famiglie e aspettare che Grindelwald diventi un brutto ricordo! Finalmente! Sì, è servito un sacco il mio intervento. Silente era molto persuaso, lho visto. Meno male che sono andata a parlargli!”
Laurie alzò le sopracciglia, sospirando.
“Cosa c’è, non sei convinto? Ah… Barreus non potrà tornare dalla sua famiglia… ma ritroveranno i Potter, vedrai! Li troveranno prima che Grindelwald possa aver avuto quello che voleva da loro…”
Laurie non si curava più di far finta di ascoltarla: allungò il passo e uscì dalla Sala Comune.
Scese le scale ed attraversò corridoi gremiti di Grifondoro impazienti.
Dun tratto, un gruppo di ragazzini lo fermò e urlò:
“Sei con noi o no?!”
“…con voi?”
“Siamo con l'esercito di Moody! Ci batteremo contro Grindelwald e vinceremo!”
Laurie era allibito. Sembravano al massimo del Secondo Anno.
“Cosa?! No, voi non vi potete battere!”
“Sì che ci battiamo! Tutti i Grifondoro si battono! Tu ti batti?”
“Io…”
“Non sei amico di Barreus?” obiettò un ragazzino dai capelli rossi, con la voce profonda “Cos'è, stai dalla parte di Grindelwald?”
“Figuriamoci! No…!”
“Allora ti batterai per lui?”
Laurie rimase a bocca aperta.
“Non ti batti? Vergogna! VERGOGNA!”
Altri dieci ragazzini tutti intorno alzarono la bacchetta e gliela puntarono contro.
“VER-GO-GNA! VER-GO-GNA! VER-GO-GNA!”
“Fermi!”
Comparve dal fondo la Professoressa Merrythought, insieme a Barreus, Alastor e Jane.
“Che vi prende? Mettete subito le bacchette a posto! Per la barba di Merlino! Allontanatevi dal signor Langton! A posto, ho detto!”
Tutti, però, guardavano Alastor: questo tenne gli occhi chiusi per un po. Solo a questo segnale gli animi dei Grifondoro parvero placarsi, e si separarono.
“Che è successo, signor Langton? Mi spieghi” chiese la Merrythought.
Tutti lo stavano fissando, Barreus compreso.
“Eh… niente, Professoressa. Non ha importanza.”
“Chi ha cominciato?”
Il ragazzino coi capelli rossi fece un passo avanti, tenendo la schiena diritta.
“Da oggi è in punizione, signor Prewett. Il Preside ha molte faccende per le mani, ma Hogwarts non può più tollerare questi comportamenti. Sono molto delusa, da tutti voi. Seguitemi, per favore”
I ragazzini si allinearono dietro la Professoressa, composti e in fila.
Come pochi momenti prima, Laurie sentiva di voler dire tante cose, ma di non riuscire a spiegarne una.
“Mi scuso a nome loro, Langton” disse Alastor, ma non sembrava troppo convinto.
“Dovevamo dire qualcosa…” continuò Jane, scuotendo la testa.
“Tu sei con noi, vero?” intervenne di punto in bianco Barreus.
Laurie sbarrò gli occhi, ferito.
“…certo che lo sono!”
“Allora perché esiti? Perché sembra che hai qualcosa sulla punta della lingua e vuoi dire altro? Cosa non ti convince?”
“Quei ragazzini… sono piccoli… non possono combattere.”
“Io avrei combattuto” ribatté subito Barreus.
“A dodici anni?”
“Eccome. Comunque no, non combatteranno. Però contribuiranno; io a  dodici anni sapevo già quel che volevo. Da che parte stavo. Tu, però, mi sa che non lo sai ancora adesso.”
“Non starò mai dalla parte di Grindelwald, Barreus.”
Era diventato furioso. Passeggiò in avanti, con le mani sui fianchi, poi gli venne contro.
“Langton! Ma vuoi combattere, sì o no?!”
“Combatterò, Barreus!”
“Non sei convinto! Guardati in faccia: non sei convinto! Jane! Alastor! Che gli ho fatto, io?!”
“Ti ha detto che combatterà, Barreus!” disse Jane.
“Per me è un bugiardo” concluse lui, amareggiato.
Laurie sentiva un buco nel petto.
In quel momento odiava persino respirare. Ogni movimento del corpo gli era innaturale, ogni suono assordante.
Tuttavia, doveva trovare il coraggio, quel coraggio di cui stava tanto accusando la mancanza.
“Io sto già combattendo, Barreus.” cominciò, quasi col fiato corto “Non ti posso dire altro, ma è così. Fidati di me.”
“… ma che stai dicendo?”
“Credimi.”
“Mi prendi in giro, adesso!”
“No, per niente. Devi solo fidarti.”
Sentì salirgli le lacrime agli occhi.
“Che stai dicendo, Langton?!” esclamò Alastor.
Barreus aprì la bocca, stupefatto.
“Non importa, va bene?! Però, per favore, non ditemi… non ditemi che io non combatto!”

“Sei impazzito, Laurie? Cosa sei andato a dire?!”
“Hanno preso ad accusarmi, accusarmi! Che dovevo fare?”
“Non dovevi parlare! E soprattutto, noi lo combatteremo Grindelwald! Per forza!”
“Lo combatteremo, sì! Ma non ci faremo ammazzare buttandoci addosso a lui, come vogliono fare loro!”
Lucy si calmò.
“Be… no.”
“Adesso capisci? Poi, dopo quello che abbiamo sentito ieri, io non so ancora come riesco a tirare avanti. Se questi avessero la più pallida idea di quello che è successo e deve ancora succedere, qui dentro…”
“Proprio perché rovinerebbero tutto non devono sapere nient’altro. Lo so che è frustrante… e che la notte non dormiremo…”
“Io non dormo da quando è cominciato quest’anno.”
“Neanche io…” ammise Lucy “Vera lhai vista oggi?”
“No. Tu, Tom? O Merope?”
“Neanche. Però, stavo pensando… secondo te Silente ci rivelerà altro? O si limiterà a sentire quello che gli riferiamo noi?”
“Dipende da cosa, probabilmente. Però, sì. Altrimenti non ci avrebbe fatto sapere niente sin da principio, così come ha fatto con Allie.”
“Hai ragione…”
I grandi occhi scuri di Lucy erano bassi, sul suo viso.
D’istinto Laurie tirò indietro il capo, con la lingua quasi tra i denti.
Lei sospirò e si rivolse dall’altra parte.
“Prima che scoprissimo Merope con la pozione e di incontrare Barreus, avevo visto Margot ed Edith parlare. Allora era comparso il Barone Sanguinario, dicendo che parlavano di… me.”
Lucy corrugò la fronte.
“Margot segue sempre Divinazione, e mi chiedevo… se ci fosse una profezia legata a noi? Tutto quello che sta succedendo a noi, solo a noi… e a Vera, anche.”
“Queste cose ci stanno succedendo perché Merope ci ha deliberatamente coinvolti, noi e solo noi, per salvare Tom” completò Lucy.
“Esatto. Invece aveva detto “Tu no” a Barreus, ti ricordi? Non è che tutte queste cose sono racchiuse in una profezia?”
“Come lo veniamo a sapere, però? Di certo non possiamo chiedere a Margot…”
“Vai nella sua camera, cercala. Magari l’ha scritta da qualche parte”
Lucy annuì.
“Va bene. Provo già questa sera. Però…”
“Cosa?”
“Anche Vera dovrebbe essere informata. Alla fine è stata la prima ad indirizzarci, ed è con noi…”
“Ma cosa ne sappiamo della sua relazione con Tom, adesso?”
“Ha detto apertamente che la vuole controllare! Non stanno più insieme!”
“Be, neanche noi dovremmo stare insieme allora”
Lucy lo guardò smarrita e un po’ offesa.
“Cosa c’entra?”
“Non è tutto così semplice.”
“Senti, Laurie, se non le vuoi parlare solo per quello che è successo...”
“Non ho detto questo!”
“Se ti va, te la risolvi da solo. Adesso abbiamo problemi più grandi a cui pensare”
“Io parlavo di noi, non di lei.”
“Direi che lei c’entra molto con noi! Tu lo sai bene, no?!”
“Ecco! Lo sapevo!”
“Se te la vai a cercare, che ti devo dire!”
“Tu, però, avevi il diritto di non rivolgermi la parola per giorni, vero?!”
“Mi sono scusata poi, no?! Ti avevo detto che mi dispiace! Mi dispiace, ancora! Ho sbagliato!”
“Eh, sì! Solo che a te non ha detto niente nessuno, e io invece sono diventato un mostro!”
“Be’, andarci con lei ci sei andato, mi pare!”
La voce di Lucy si ruppe.
“Le cose non andavano bene fra di noi, Laurie. Per niente.”
“Se mi avessi detto qualcosa, potevamo anche parlarne!”
“Avevo paura di parlartene! Non l’hai capito?! Mi dicevano tutti di venire da te…”
“E tu no! Lucy! Non sei mai venuta! Perché devi sempre far come ti pare!”
“Va bene, ora è tutta colpa mia! Cosa posso dirti più di scusa, Laurie?! Io sono così e basta!”
“L’ho capito bene, Lucy. Lavoriamo insieme, perché dobbiamo. Proviamo ancora delle cose l’uno per l’altra, abbiamo capito… ma non provare più a baciarmi! Hai capito?!”
Lucy trattenne le lacrime per orgoglio.
Non disse niente e se ne andò.
Allora Laurie li aveva allontanati tutti. Ora era davvero vuoto.

Nel corridoio, le fiaccole erano più fioche, l’aria era più spessa.
Vera avanzava con costanza, finché dall’ombra del muro portante emerse Tom.
Era senza divisa, con la cravatta mezza slacciata: aveva ciuffi di capelli scomposti, gli occhi distratti e l’espressione sofferente di sua madre.

Vera tenne la bocca serrata.
Tom allora sfilò la bacchetta dalla tasca, fece un passo storto verso di lei e gliela porse.

Lei alzò con cautela la mano, poi la afferrò con uno scatto rapido.
La tenne stretta nel pugno, mentre lo guardava con le palpebre basse.
“Non ne avrai bisogno. Fidati.” soggiunse piano Tom.
“La puoi comunque riprendere in ogni momento” replicò Vera.
“Eppure non lo farò, perché non ne ho bisogno. Non ora.” ripeté lui, con voce stanca “Dimmi, adesso. Sei andata a parlare con Lucy e Laurie? Col maestro Godwin?”
“Sì…”
“Hai fatto bene, Vera. Avevi bisogno di parlare con qualcuno.”
“Che ti è successo…?” chiese allora lei con apprensione “Anche alla mano…”
“Ti ho dato ascolto. Più precisamente, ho dato ascolto agli odiosi scrupoli che puntualmente mi cingevano d’assedio. Ho guardato la mia anima, e ho visto quello che avevo evitato di vedere, tutta la mia vita. Le tue parole, le parole di mia madre sono ragionevoli. Il discorso sulla debolezza temporanea, che porta a una maggiore forza, è sensato. Ci credo anche io, ora. La verità è che… io devo crederci, o sono rovinato… dopo quello che ho scoperto. Avevo trascurato degli aspetti fondamentali di me stesso, al punto che mi trovo, qui, adesso, ad ammettere che io non sono chi credevo di essere!”
“Chi sei, Tom?”
“Non controllo tutto come vorrei. Forse, non posso. Forse, preferirei non sentire questa costante esigenza di potere. Avevo paura a confessarlo, come avevi detto: ecco perché mi hai sconfitto. Per la prima volta, ho compreso i miei errori senza cercare di dimenticarli, ma assumendoli dentro di me. Solo accettando lesistenza di questa mia debolezza potrò diventare più forte. Così, ho imparato anche che voglio la tua libertà, il tuo bene. Quei libri hanno sicuramente influenzato il mio giudizio. In realtà, ho capito che è la cosa che desidero di più… in assoluto, è un rapporto equilibrato con qualcuno. Forse, con te.”
Scosse le mani vicino ai fianchi, con un accenno di sorriso.
Continuava a muoverle senza dire niente, per timore, per imbarazzo.
Vera, invece, si avvicinò a lui con sicurezza e con orgoglio: al contrario sentiva che la sua forza, la sua bellezza, la sua intelligenza non la intimidivano più, perché si era sinceramente aperto a lei.

Gli mise la mano sul fianco, guardandolo negli occhi esausti, e gli baciò le labbra immobili.
Lo sentì avvolgerle la vita con reticenza.

È come se non avessimo fatto niente prima di adesso” le spiegò.
“Ho capito…”
Vera lo baciò di nuovo, con più spinta, aprendo la bocca, riempiendolo del suo calore e volendo riempirsi di lui. Tom allora ricambiò il bacio e le prese il seno: lo tenne a lungo, senza stringere. Così voleva essere il loro futuro.
Si staccarono. Tom si abbandonò a un lieve sospiro: le sue belle ciglia lunghe erano più rade, il viso era pieno di solchi profondi. Questo era l'effetto del cambiamento. Però, Vera si rese conto che qualcuno stava arrivando. Si voltò, attenta, e vide... Lucy, pietrificata dalla paura e pronta a ritornare sui suoi passi.
"Volevi parlare con lei? Vi posso lasciare sole."
"No, no." Lucy parve calmarsi e riprendere fiato "Stavo solo passando di qui per tornare nel dormitorio. Vengo dal Terzo Piano..."
"Non preoccuparti, Lucy" disse Vera.
"No, non preoccuparti. Perché ti preoccupi? Forse ci sono troppe cose che mi vuoi nascondere?"
Vera continuò a tenerlo. Aveva cambiato tono.
"E ora fingi di non essere preoccupata. Non ne vale la pena, però. Sai perché? Perché volente o nolente vengo a sapere tutto quello che le persone mi vogliono nascondere. Chiamalo un talento naturale: molte cose preferirei non saperle. Ora dimmi, Lucy: come mi potresti compromettere? Non mentire."
"Tom, lasciala stare..."
"Non posso lasciar stare, Vera! Non sono ancora arrivato al punto da lasciare che gli altri mi rovinino! Ho ancora rispetto per la mia vita!"
Lasciò la presa di Vera e allungò una mano verso Lucy.
Il viso della ragazza si contorse in un urlo e cercò di tenere ferma la testa con le mani.
"Mi dispiace, Lucy. Ti ho detto di non mentire."
"NON farle del male!"
"Ci sto provando."
In effetti, Lucy parve calmarsi. Rivide la scena del focolare e il cartoccio attaccato alla mano di Laurie.
"Quel libro è cenere, adesso. Non mi interessa più. E sì, sono stato io a minacciare Pix e fare espellere Avery. Ho modificato le memorie di Edith quando ha cercato di spiarci. Il tuo giudizio non mi interessa, finché non diffondi niente di quello che sai. Ovviamente, non voglio essere espulso da Hogwarts."
Tom alzò le sopracciglia, come a cercare conferma. Lucy, dopo aver chiuso gli occhi, disse:
“Non dirò niente a nessuno.”
“Sì? Eppure hai già parlato con Laurie.”
“Laurie non dirà niente…”
“Certo che no. Sarete muti come pesci. Anche il maestro Oakley, vero?”
Vera fu sul punto di dire qualcosa, ma Tom la fermò con un rapido “Mi dispiace” e ordinò, scandendo bene le parole:
“Ricorderai tutto quello che senti e vedi qui, ma non potrai raccontare niente a nessuno. Non appena ti congederai, andrai da Laurie e dal maestro Godwin e ripeterai lo stesso comando.”
Gli occhi della ragazza si schiarirono.
Tom si voltò verso Vera, con i solchi sotto gli occhi ancora più evidenti.
“Dimmi. Che dovevo fare? Vogliono tutti portarmi di fronte alla giustizia, dichiarare quanto sono colpevole… ma se fossero al mio posto, credi che si comporterebbero diversamente? No! Ho carpito abbastanza desideri e segreti da sapere che, nella situazione giusta, anche e soprattutto i più docili calpesterebbero gli altri pur di ottenere quello che vogliono! Ma… non possono. Guardami, Vera.”
Tom era ancora rivolto verso di lei, quando Lucy si immobilizzò ed emise un gemito. Pareva contrita in sé stessa, incapace di muoversi.
“Non ho parlato. Non ho sfiorato la Bacchetta: la hai tu. Non la sto neppure guardando; eppure, se lo volessi, potrei ucciderla. Lo so perché è stato così con… lui, quell’abominazione che era mio zio. Nel suo caso, desideravo ardentemente la sua morte; avevo preparato un piano complesso. Quando mi sono ritrovato a realizzarlo, però, non ho incontrato nessuna difficoltà, nessuna resistenza. Quanto esiteresti a commettere un’azione riprovevole se un solo pensiero ti separasse dalla soddisfazione, dalla sicurezza, dall’orgoglio? È una responsabilità che non ho mai chiesto, ma che ho comunque ricevuto.”
Tom liberò Lucy dalla presa e iniziò a respirare più intensamente.
“Anche se… anche se avessi voluto annullare l’omicidio di mio zio, non per altro se non per la mia integrità… avrei dovuto farlo mentre preparavo il piano, all’apice della mia convinzione. Capisci dunque che era impossibile. Il momento in cui ho deciso che quel serpente lo avrebbe avvelenato… questo era già davanti a me, pronto. Ho impartito l’ordine… e Morfin Gaunt è morto.”
Vera non rispose, ma si limitò a osservare con preoccupazione gli effetti di Imperius su Lucy.
"A volte mi chiedo quanta forza di volontà serva a mia madre... per continuare a credere quello che le dico…”
Lucy cambiò espressione.
Vera se ne accorse e fu presa da un grande smarrimento.
Guardò Tom, che non era accorto perché troppo concentrato su sé stesso.
Pensò in fretta al da farsi; istintivamente, decise di tacere.
Dopo poco, l’espressione di Lucy tornò turbata dall’Incantesimo, dunque neutrale. Tom non dimostrava alcun sospetto, e Vera si sentì pacificata nella paura: sperava che smettesse di parlare di sua madre.
“L’inquietudine che senti non è diversa dalla mia. Le nostre esperienze non sono contemplate da nessuno, se non da noi. La nostra unicità è la nostra forza, Vera: esclusiva e vincente, se la rendiamo tale. Questo ho dovuto tra la notte di ieri e di oggi: non pensavo avrei mai avuto bisogno di queste riflessioni, ma i dubbi terribili che mi hanno raggiunto le hanno rese necessarie.”
Vera annuì per incoraggiarlo. Lui la guardò intensamente con i grandi occhi oscuri: poi fece un cenno e Lucy, con la mano vicino alla tasca dov’era la bacchetta.

 
   
 
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