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Autore: Chris_88    23/05/2019    7 recensioni
[QUINTA CLASSIFICATA al contest “31 giorni per..." indetto da Iamamorgenstern sul forum di EFP]
Dal testo:
"Mi irrigidisco di colpo, stringo le spalle come se un proiettile mi fosse appena passato vicino, mancandomi di qualche millimetro. Faccio finta di nulla, ma purtroppo quella voce familiare insiste. Ron Weasley è qui. Molto probabilmente con i suoi due migliori amici. Sospiro, fingo di non aver sentito e continuo a camminare.".
Genere: Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Neville Paciock
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: II guerra magica/Libri 5-7
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THE IMPORTANCE OF BEING NEVILLE PACIOCK
 
 
SAN MUNGO
QUARTO PIANO
REPARTO LESIONI DA INCANTESIMO

 
 
Scosto la tendina davanti ai letti dei miei genitori e mi avvio per il corridoio dell’ospedale con nonna al mio fianco.
Sono stanco, una brutta cera fa da padrona sul mio volto e il mio cuore è decisamente provato.
Ho smesso di piangere nel vederli, ma tutte le volte che li vengo a trovare provo una strana sensazione: tristezza senza ombra di dubbio, ma anche un profondo attanagliante senso di nera e inimmaginabile amarezza e impotenza.
Cosa posso fare per loro?
Ho perso il conto delle volte in cui ho provato a dirgli: "Sono Neville, vostro figlio". Piagnucolando, allungavo le mie paffute braccia verso di loro. Ma né mamma né papà sembravano consci di chi fossi, né chi fossero loro per giunta. Così alla fine tornavo a casa con la nonna, col mio umore nero a tormentarmi l'anima rendendomi triste, depresso e, a detta di tutti, talmente goffo ed imbranato da sembrare un magonò.
Seguo mia nonna, chiusa in quel suo abito verde lungo sembra ancora più austera.
Una medimaga ci chiama a voce alta e ci giriamo, ma che modi sono?
Non siamo gli unici in questa dannata camerata, dov’è finita la privacy?
Faccio l’indifferente, ma ho uno strano presentimento.

«Neville!».

Mi irrigidisco di colpo, stringo le spalle come se un proiettile mi fosse appena passato vicino, mancandomi di qualche millimetro.
Faccio finta di nulla, ma purtroppo quella voce familiare insiste.
Ron Weasley è qui. Molto probabilmente con i suoi due migliori amici.
Sospiro, fingo di non aver sentito e continuo a camminare.

«Siamo noi, Neville!».

Tutto si fa improvvisamente nero intorno e dentro di me, mi manca il fiato.
Non voglio che i miei amici vengano a scoprire un dettaglio così importante e personale della mia vita in questo modo.
Li sento blaterare qualcosa su Allock, non voglio parlare con loro e tento di scappare ma sento la voce di mia nonna chiamarmi: mi sta chiedendo se sono miei amici.
Ho lo sguardo fisso sulle mattonelle bianche del pavimento, sento il viso colorarsi di un tono non proprio consono ad un uomo e cerco di evitare le loro occhiate.
Non voglio che provino pietà o compassione per me.
Nonna in compenso sta dicendo ad Harry che parlo di lui con ammirazione.
Bene, ci mancava pure questa umiliazione.
Imperterrita, continua a parlare con Harry, Ron ed Hermione.
Cerco di non far trapelare la mia ansia, ma lei sgancia una bomba. 
«È un bravo ragazzo, ma non ha il talento di suo padre, temo».
Delicatissima.
Il mio cuore si ferma e le familiari tenebre nere mi stanno avvolgendo come un serpente, sono in balia delle loro spire e l'ingenuità - sotto alcuni aspetti genuinità - di Ron non mi è di aiuto.
«C'è tuo padre laggiù, Neville?», mi chiede come se fosse una cosa impossibile.
Non faccio in tempo a parlare che mia nonna si imbufalisce.
«Non hai raccontato dei tuoi genitori agli amici, Neville?», mi chiede con un tono che non mi fa presagire nulla di buono.
Respiro a fondo e alla fine scuoto il capo.
Sento gli occhi verdi di Harry perforarmi il capo, gli farò pena.
Ricaccio indietro questa cattiveria gratuita: lui, più di chiunque altro, può capire il mio stato d'animo.
«Non c'è niente di cui vergognarsi!», continua nonna come se niente fosse, «dovresti essere orgoglioso, Neville, orgoglioso! Non hanno sacrificato la loro salute mentale perché il loro figlio si debba vergognare di loro, sai!».
Sento una rabbia ribollirmi dentro. La sento crescere dentro le mie viscere.
Come può pensare che io mi vergogni di coloro che mi hanno donato la vita?
Soprattutto dopo tutto quello che hanno fatto per il mondo magico. 
Non è che è una cosa semplice da dire, non potevo mica andare da loro in Sala Comune e dirgli: "sapete, i miei sono diventati matti perché torturati da Bellatrix Lestrange".
Sono riservato, e questo lei più di chiunque altro dovrebbe saperlo.
«Non mi vergogno di loro», dico piano, evitando di spostare lo sguardo verso i miei compagni.
«Be', hai uno strano modo di dimostrarlo», dice secca nonna ed inizia a raccontare agli altri come è successo il tutto.
Intanto vedo mia madre venire verso di me. Mi avvicino amareggiato.
Non mi serve nonna per ricordarmi di prendere ciò che vuole darmi mamma, ho già allungato la mia mano e stringo la sua.
Le sorrido incoraggiandola, spero sempre che mi dica qualcosa, che all'improvviso rinsavisca, ma so che non accadrà mai.
Lascia cadere l'incarto vuoto di una gomma "Bolle Bollenti" sul mio palmo e lo stringo neanche fosse il Sacro Graal.
«Grazie, mamma», le sussurro.
Alzo gli occhi verso i quattro Grifondoro, anche Ginny si è unita a loro, e li guardo con aria spavalda, quasi a sfidarli a ridere davanti a quello spettacolino teatrale.
Nessuno di loro proferisce parola, è nonna a rompere il silenzio e mi esorta ad uscire.
«Neville, butta quella carta nel cestino, con tutte quelle che ti ha dato potresti tappezzarci la stanza», dice con noncuranza.
La sua frase mi colpisce come un'onda gelida e potente.
Lo so che è un gesto che mamma fa senza cognizione di causa, ma comunque lo fa.
E a me questo basta.
Nonna mi precede e passo oltre al secchio, mettendomi le mani in tasca con la cartaccia ben salda nel mio pugno.
Accenno un sorriso cupo ai miei amici e sparisco dietro l'uscio, chiudendovi dentro i miei genitori e la mia sofferenza.

 
HOGWARTS
ESERCITO DI SILENTE

 
 
Le vacanze di Natale sono finite e sono tornato a Hogwarts.
Nessuno di noi accenna a ciò che successo al San Mungo e sono infinitamente grato a loro per non farmi pesare questa situazione che grava sulle mie spalle come una spada di Damocle.
Tuttavia, il titolo della Gazzetta del Profeta mi riporta coi piedi per terra e sento uno strano sentimento di vendetta invadermi tutto il corpo.
Bellatrix Lestrange è evasa da Azkaban.
Bene. Non ho l'ardore di affrontarla, né tanto meno di batterla, ma spero che il suo cammino inceppi con quello di noi buoni.
A dar voce alle mie necessità ci pensa l'Esercito di Silente.
Sapete, sono anche piuttosto bravo! Ho disarmato Harry! Io!
Grazie a lui e agli altri membri ho acquistato quella sicurezza in me che credevo di non possedere.
Il lunghissimo tunnel mentale dalle lugubri e tetre pareti nere dove mi ero rifugiato in tutti questi anni, si sta pian piano tingendo di rosso.
Rosso come il coraggio che provo ogni volta che mi riesce un incantesimo.
Rosso come il fuoco che mi brucia dentro, vivo come non mai.
Rosso come un Grifondoro.
Non permetterò più alle tenebre di offuscarmi l'anima, d'ora in poi un altro Neville Paciock si farà largo nel mondo magico.
 
MINISTERO DELLA MAGIA
UFFICIO MISTERI

 
 
Neanche a farlo a posta, l'occasione succulenta di vendetta e di rivalsa mi si para davanti servita su un piatto d'argento.
Harry, Ron, Hermione, Ginny, Luna ed io partiamo alla volta del ministero in sella ai Threstal, delle creature magiche simili a cavalli dal manto nero e con le ali da pipistrello. Sono un po' titubante, ma almeno li vedo.
I due Weasley e la Granger non sono in gradi di vederli perché non hanno visto la morte coi loro occhi.
Oddio, avrei preferito non vedere mio nonno morire davanti a me, ma in questo momento la cosa sembra essere a mio favore visto che riesco ad issarmi sulla groppa dell'animale senza reputarmi un pazzo.
Siamo al Ministero e cerchiamo un'arma che cerca Voi-Sapete-Chi vuole, e tentiamo anche di salvare Sirius Black che è innocente.
Purtroppo veniamo accolti dai Mangiamorte.
Tra tutti c'è lei.
Sento la sua risata isterica risuonarmi nelle orecchie come un Requiem.
Poi la vedo.
Una cascata di capelli ricci neri come la pece, e come la sua anima, si sposta verso di me. Quando mi è abbastanza vicino si sposta una ciocca di crine sporco e mi guarda con gli occhi di fuori, invasata.
Sono pieno di sangue in volto per i colpi ricevuti dagli altri, mi sento la faccia gonfia e mi fa malissimo un occhio, ma non gli do peso.
Voglio essere forte. Per i miei genitori.
«Neville! No! Torna da Ron», è la voce di Harry che mi suggerisce di mettermi in salvo.
«È Paciock, vero?», sento il papà di Malfoy pronunciare divertito il mio nome mentre cerco di scappare goffamente dalla presa di uno dei Mangiamorte, «be’, tua nonna è abituata a perdere familiari per la nostra causa… la tua morte non dovrebbe sconvolgerla».
«Paciock?», ripete Bellatrix, e un sorriso di pura malvagità le illumina il viso scarno, «ho avuto il piacere d’incontrare i tuoi genitori, ragazzo».
I denti scoperti e anneriti mi disgustano tanto quanto la sua persona.
Lo so che non posso nulla contro di lei, ma non deve osare neanche nominarli.
Le scaglio contro tutti gli incantesimi che conosco, ma li respinge tutti.
Ovviamente.
«Lo so!», tuono mentre mi afferra e cerco di divincolarmi dalla sua presa soffocante. Qualcuno propone di schiantarmi ma lei rifiuta ogni tipo di aiuto.
«No, no, no», sembra invasata, freme di eccitazione, mentre il suo sguardo guarda avida anche Harry, «no, vediamo quanto resiste Paciock prima di crollare come i suoi genitori… a meno che Potter decida di consegnarci la profezia».
«NODDAGLI GNENTE!», urlo con quanto fiato ho in gola, neanche riconosco la mia voce rovinata dalle ferite: scalcio e mi divincolo mentre Bellatrix mi si avvicina levando la bacchetta in aria.
«NODDAGGLIELA, HARRY!», urlo prima di venire investito dalla maledizione senza perdono.
Tutto si fa nero intorno a me, ci siamo soltanto io e il mio dolore.
Un dolore mai sentito prima d'ora.
Mi sto contorcendo, mi sento bruciare ma non vedo fiamme; sembra come se qualcuno mi stesse infilzando con delle lame bollenti.
Nonostante quel senso di impotenza lotto con tutto me stesso per non urlare, non voglio che lei abbia anche questa soddisfazione.
La sento infierire ancora, e ancora, e ancora.
A quel punto quella sensazione di sofferenza mi stritola, avete presente quando un'onda vi butta giù e non riuscite a tornare a galla? Ecco, questo è ciò che provo.
Non vedo nulla, il nero dell'anima della strega mi ha affogato.
Mi sento così inerme.
Apro la bocca esausto, emetto un urlo sordo e stringo le mani così tanto da conficcarmi le unghie nei palmi.
Sento gli occhi pizzicare e un sapore salato si posa sulle mie labbra ferrose per via gli spacchi.
La sento muoversi vicino a me, non posso permetterle di farla franca in questo modo.
Afferro il suo mantello e mi guarda con gli occhi iniettati di sangue, come se fossi uno schifoso essere da schiacciare.
«Questo era solo un assaggio», prova a dire alzando di nuovo la bacchetta contro di me.
«Tu», riesco a dire tra uno spasmo e l'altro. Pronuncio quella parola quasi spuntandola, come se qualcosa di disgustosamente sudico mi fosse rimasta in bocca.
La vedo alzare un sopracciglio, quasi non si aspettasse una reazione da me, «non tratterrei il respiro se fossi in te, perché ti dimenticherò, ma non ti perdonerò mai. MAI. Pagherai per ciò che hai fatto a mamma e papà, sei solo una vecchia pazza che lotta per gli ideali sbagliati», dico alzandomi a fatica con tutte le energie che mi sono rimaste.
Non ha il tempo per ribattere perché sopra di noi si spalancano due porte lasciando passare cinque persone coperte da un fascio di luce bianca: gli Auror.

Siamo salvi.
   
 
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