16.
Fenrir,
Avya, Sköll, Hati, Tyr e, dulcis in
fundo,
niente meno che Odino.
Era
davvero una discreta schiera di esseri più o meno
mitologici, con cui avere a
che fare, e sapere che ogni spirito viveva all’interno di un
licantropo – con
l’eccezione di Odino, che era nel corpo di un berserkr
– era di per sé un colpo
in più al cuore.
Come
se non bastasse, da alcuni anni erano divenuti amici anche di diverse
creature
marine appartenenti al perduto popolo di Vanaheimr, salvatosi dalla
distruzione
millenni addietro e trasferitosi sulla Terra per vivere sul fondo del
mare.
Fomoriani.
Brianna li aveva chiamati con quel nome e, quando Iris si era gettata
su
Wikipedia per dare sfogo alla sua sete di sapere, aveva scoperto cose
che,
presto o tardi, avrebbero rischiesto ulteriori domande.
Ma
tutto questo avrebbe dovuto trovare spazio in un secondo momento.
Quello a cui
doveva pensare, innanzitutto, era comprendere – e accettare
– ciò che le era
stato detto sul suo popolo. Solo in
seguito avrebbe pensato alle altre creature bizzarre che popolavano la
terra.
A
ogni buon conto, telefonò allo zio per metterlo al corrente
della buona
riuscita del loro viaggio, e questo non fece che rendere la sua
famiglia ancor
più felice.
Il
fatto di poter condividere con loro il suo segreto era fonte di
soddisfazione e
di una nuova, più salda unione con loro. Conoscere
– almeno in parte – i nuovi
sviluppi, inoltre, era qualcosa che li rendeva maggiormente
un’unica entità
come forse, in passato, non erano mai realmente stati.
Questo,
però, rendeva sempre più difficili le cose a
Iris, poiché era l’altra
sua famiglia, a cui pensava,
quando parlava di un futuro più sereno assieme ai suoi zii.
Anche
per questo, con l’avvicinarsi del plenilunio, la sua mente si
arrabattò sempre
più per trovare nuovi sistemi per non affondare nella
preoccupazione più nera.
Sembrava
però che nulla, a parte mangiare, potesse distoglierla da
ciò che sarebbe ben presto
avvenuto.
Per
lo meno, grazie a Gretchen e Brianna, il loro gruppo di licantropi
inesperti
finalmente scoprì la dieta ideale di un mannaro, e questo
fece senz’altro la
differenza, per i loro appetiti sempre messi alla prova.
Parlando
con Brianna della sua recente operazione, Iris e i suoi amici
scoprirono quindi
i metodi più sicuri per intervenire su una ferita di quel
genere, o su quelle
procurate da pallottole in argento.
Ricevettero
inoltre la conferma che l’argento era non soltanto
pericoloso, ma anche mortale, se
ingerito o somministrato
endovena, ma era utile ai medici – sotto forma di strumenti
operatori – in caso
di un’operazione.
Tutto
ciò permise al gruppo di Iris di potersi preparare
adeguatamente per il loro prossimo
rientro in patria. Una volta rientrati in patria, sarebbero stati
nuovamente senza
guide, ma ora avevano la certezza di potersi appoggiare a nuovi amici,
se
necessario.
Il
solo pensiero di avere un’alternativa ad azioni cruente come
era stato
necessario attuare su Iris, confortò tutti, e non poco.
Ciò
che Gunnar aveva fatto non sarebbe stato possibile per nessun altro di
loro, e
sapere come comportarsi in caso di incidente avrebbe potuto risultare
vitale,
in futuro.
Imparare
a essere un buon licantropo permise quindi a Iris di ristabilirsi
più in fretta
del pensabile e, sotto gli occhi di tutti, la sua carnagione pallida ed
emaciata scomparve nel breve decorrere di una settimana.
Grazie
al nuovo regime alimentare più equilibrato, Iris
poté guardarsi ben presto con soddisfazione
allo specchio, denotando quanto gli abiti avessero iniziato a starle
stretti.
Era
forse una delle pochissime donne a gioire di quel particolare.
Al
decimo giorno di permanenza a Londra, quindi, si impegnò di
buona lena per
trovare qualcosa che riempisse le sue nuove forme e, carica di
aspettative, si
recò in diversi negozi per fare spese.
Molte
ore dopo, e sovraccarica di borse dopo il suo raid per negozi, ragginse
infine l’appartamento
che, tanto gentilmente, Gretchen e Joshua avevano trovato loro per quel
breve
soggiorno londinese.
Quella
passeggiata per negozi le aveva fatto bene e, per qualche ora, era
riuscita a
sentirsi libera dagli incubi che la tenevano sveglia la notte.
Desiderava
con tutto il cuore smettere di pensare alle possibili complicanze che,
la
scelta di Dev, avrebbe potuto avere sulla sua vita e, più di
tutto, non voleva
costringersi a scegliere in quel momento tra Clearwater e L.A.
Quando,
perciò, rientrò in appartamento, lo fece con un
sorriso che sperò essere
convincente.
Il
fatto di non trovare nessuno, a parte Dev, la lasciò un
po’ perplessa e, nel
richiudersi la porta alle spalle, domandò:
«Ciao… ma gli altri dove sono?»
«Usciti
con lady Fenrir e soci. Non volevo che arrivassi e non trovassi nessuno
ad
aspettarti, così…» asserì
lui con una scrollatina di spalle, impegnato a fare
zapping alla TV.
L’attimo
seguente spense, si alzò dal divano e finalmente la
guardò. A quel punto,
aggrottò la fronte, le si avvicinò con fare
sospettoso e ordinò: «Molla le
borse, sottiletta.»
Lei
sbatté le palpebre con aria esasperata ma lo
accontentò. Le borse non fecero in
tempo a toccare terra che Dev le prese i polsi, le sollevò
le braccia e, come
un bravo ballerino, le fece fare una piroetta su se stessa che la fece
sospirare di pura sorpresa.
«Ma
che ti prende?»
Devereux
si accigliò ancora di più, le sfiorò
le guance pizzicottandole leggermente e
infine borbottò: «Sei ingrassata!»
Iris
non poté impedirselo. Scoppiò a ridere di gusto e
assentì, replicando
divertita: «Dodici chili. Ora, sono più o meno al
peso forma.»
Incredibilmente,
Dev si esibì in un largo sorriso pieno di soddisfazione,
neanche il merito di
quel risultato dipendesse da lui e, suo malgrado, Iris non
poté che esserne
felice.
E
irritata al tempo stesso.
Come
poteva decidere che farne della sua vita, se lui si comportava
così?
«Molto,
molto bene. Ora dovrò
cambiarti
soprannome, perché sottiletta non va più bene.
Dovevo avere davvero la testa da
un’altra parte, per non accorgermi di lui»
ironizzò Dev, indicandole il fondoschiena.
Iris
allora ghignò, replicando: «Te l’ho
detto che avresti pianto, nel vederlo al
suo meglio. Perciò, perché non stai
piangendo?»
«Prendo
i fazzoletti, aspetta un attimo» ironizzò allora
lui, prima di tornare del
tutto serio e aggiungere: «Sembri davvero in salute, lo
ammetto. Per un po’, mi
avevi davvero preoccupato.»
«Non
avresti dovuto stare in ansia per me, ma grazie per la
premura» mormorò lei. «Anche
mio zio è felice di non vedermi più gli zigomi
spuntare dalle guance.»
Quell’accenno
alla vita di Iris lasciata in sospeso a L.A. fece aggrottare la fronte
a Dev
che, infilate le mani nelle tasche, borbottò:
«Immagino che i tuoi zii e le tue
cugine siano ansiosi di rivederti.»
«Abbastanza»
ammise Iris, salvata in corner da ulteriori spiegazioni dallo squillo
del suo
cellulare. Affrontare proprio con lui quell’argomento,
era davvero l’ultima delle cose che desiderava.
Scusandosi
con Dev, lo afferrò per rispondere e, quando udì
la voce di Helen, la
primogenita di zio Richard e zia Rachel, esalò:
«Ehi, ciao! Qual buon vento?»
«Vento
londinese, direi. Piuttosto fastidioso e umido, se devo essere sincera,
nonostante siamo a giugno inoltrato. Londra in questo periodo
è un po’
inospitale, per me che sono abituata al clima secco di L.A.»
chiosò la donna
sorprendendo Iris, che sbatté le palpebre con aria stranita.
«Che…
intendi dire, scusa?» boccheggiò Iris, incredula.
«Che
sono nella City, ecco cosa. Ho una serie di appuntamenti fino a
venerdì, perciò
sarebbe carino se ci vedessimo, visto che siamo entrambe a casa della
regina,
ti pare?» le propose Helen, con il suo classico tono pratico
e tranquillo. In
questo, somigliava in tutto e per tutto a suo padre.
Ancora,
Iris faticò a comprendere e, più gentilmente, la
cugina aggiunse: «Il mio Studio
mi ha spedita qui da circa due settimane, ma papà ha pensato
bene di dirmi soltanto
ieri che eri qui anche tu. A volte, credo lavori troppo… o
faccia troppo binge-watching su
Netflix, decidi tu.»
Iris
rise nonostante tutto, ben sapendo quanto zio Richard fosse un
appassionato di
serie TV e, con calore, disse: «Sarebbe bello vederti. Dove
ti trovo?»
«Ne
avrò ancora per un’oretta, per cui possiamo
trovarci davanti al Temple Bar Memorial tra
un’ora e mezza,
va bene? Per tua informazione, non ho più i capelli lunghi,
ma corti e a
caschetto. Per il resto, sono splendida come al solito» la
informò Helen, con
un pizzico di ironia nella voce.
«Su
questo non avevo dubbi. Oh, ti ho anche trovato una giovane fan. Una
ragazzina
che ama parlare di verdure e serre» la mise al corrente Iris.
Helen,
allora, esalò: «Devo
conoscerla. Ma
prima voglio vedere te. A più tardi.»
Nel
chiudere la chiamata, Iris sorrise emozionata e Dev, curioso, le
chiese:
«Immagino fosse una delle tue cugine, …ma la
ragazzina? Parlavi di Chelsey?»
«Sì,
di lei.»
Dev
fece due più due e sollevò le sopracciglia,
asserendo: «Tua cugina Helen. La
fanatica dei pranzi in famiglia in cui parla di ortaggi, anche se
è un asso in
economia.»
Iris
si sorprese non poco nello scoprire quanto Dev si ricordasse di quel
loro
secondo incontro in maniera così particolareggiata e,
sorridendo, disse
spontaneamente: «E’ a Londra. Perché non
vieni a conoscerla?»
A
Devereux occorse un solo secondo per annuire, ma Iris
preferì non chiedersi
perché. Sarebbe stato difficile accettare
un’eventuale risposta, di qualsiasi
genere essa fosse stata.
***
Il
vento che spirava per le vie di Londra era effettivamente piuttosto
umido e, in
tutta onestà, Iris sentì la mancanza delle brezze
frizzanti che spiravano dai
monti dell’Alberta.
Era
avvilente scoprire come, in quei pochi mesi, Clearwater le fosse
entrata
dentro, e non soltanto per i motivi che ora la facevano stare sveglia
la notte.
Il paese stesso stava cospirando per attirarla a sé, al pari
di una sirena coi
marinai incauti.
La
quiete del luogo, unita alle bellezze naturali che la circondavano, le
mancavano quasi quanto il profumo del mare che poteva avvertire dal suo
appartamento a Venice Beach. Il punto era un altro, in fondo; dove si
sarebbe
trovata meglio, a quel punto?
Scacciando
quei pensieri molesti quando, in compagnia di Devereux, raggiunse il Temple Bar Memorial, Iris
scrutò la
folla in cerca della figura di Helen.
L’ultima
volta che l’aveva incontrata di persona era stato al funerale
dei suoi genitori;
la ricordava in lacrime, ma ferma e pronta a sostenerla in tutto.
Non
aveva potuto salutarla, quando era partita per il suo viaggio,
poiché Helen si
era trovata a Sacramento per lavoro ma, nel corso dei mesi, aveva
intrattenuto
con lei una corrispondenza piuttosto assidua tramite e-mail e telefono.
Per
quanto, tra di loro, vi fossero meno di due anni di differenza, Helen
si era
sempre dimostrata molto più matura di lei e, dopo la morte
dei suoi genitori,
aveva tentato di essere per Iris come una madre surrogata, al pari di
zia
Rachel.
Buffo
come, in quel momento, si sentisse più vecchia di secoli, rispetto a Helen.
Quegli
ultimi giorni erano stati assai duri, dal punto di vista psicologico e,
più si
approssimava la potenziale fine del viaggio, più aveva
timore di avvicinarvisi.
Una
volta che Devereux si fosse trasformato in un licantropo, lei non
avrebbe più
avuto motivi per rimanere assieme ai suoi amici, avendo raggiunto il
traguardo
per cui era partita.
Scoprire
chi era.
Avrebbe
potuto rientrare a L.A. per essere accolta dall’abbraccio
della sua famiglia e,
da lì, avrebbe potuto ripartire per una nuova vita.
Già,
ma sarebbe stata sola. Per quanto amasse i suoi zii e le sue cugine,
non
avrebbe avuto nessun licantropo accanto a sé ma,
soprattutto, non avrebbe avuto
loro.
Lanciata
un’occhiata a Devereux, che in quel momento stava studiando
una coppia di
ragazzini alle prese con i loro cellulari – talmente
distratti da rischiare di
inciampare nel marciapiede – Iris si corresse e ammise che,
più di tutti, le
sarebbe mancato lui.
Era
assurdo fare finta che non fosse così. Che la cosa non
avesse alcuno sbocco a
lieto fine, inoltre, era altrettanto evidente.
«Iris!»
La
voce inconfondibile di Helen la strappò a quei lugubri
pensieri e, seguendo quel
suono a lei così familiare, Iris si volse a mezzo per poi
sorridere a una donna
piccola e formosa.
La
bruna chioma di Helen era perfettamente in ordine, resa però
sbarazzina da una
ciocca bionda sul lato destro del viso. Il taglio era a caschetto,
esattamente
come la cugina le aveva detto al telefono, e incorniciavano un viso da
eterna
ragazzina, che non dimostrava affatto i suoi trentun anni di
età.
Di
colpo, quei due anni di lontananza le piombarono addosso come un
macigno e
calde lacrime le solcarono il viso mentre in pochi, rapidi passi, Iris
annullava la distanza tra di loro per stringerla a sé.
Abbracciandola
stretta, ma senza forzare troppo per non farle male, Iris ne
assaporò il buon
profumo e il calore, esalando commossa: «Oddio, Helen! Che
bello vederti! Non
sai quanto tu mi sia mancata!»
«Dio,
tesoro… tu sei sempre splendida. Ma guarda come ti si sono
allungati i capelli!
Stentavo a riconoscerti» replicò Helen,
scostandosi da lei per carezzarle il
viso.
A
quel punto, però, si accigliò e le
domandò turbata: «Tesoro, hai la febbre, per
caso? Stai male? Sei bollente!»
Iris
sorrise e scosse il capo, replicando con un risolino:
«E’ la mia temperatura
normale, adesso.»
Helen
sgranò per un momento gli occhi, prima di sorridere
divertita e chiosare: «Beh,
non avrai più bisogno di tre paia di maglioni, alla tua
prossima gita ad
Aspen.»
«In
effetti, no» ammise lei, rammentando con dolore le loro
settimane bianche passate
con le rispettive famiglie.
Si
era divertita un mondo, in quegli anni, e pensare che non avrebbero
più potuto
viverle assieme l’aveva fatta soffrire. Tutt’ora
adesso, il solo sentirne
parlare la faceva sentire sola.
Era
egoistico anche il solo pensarlo, poiché sapeva benissimo di
non essere affatto sola, ma ricordi
come quello le
facevano sentire tremendamente la mancanza dei suoi genitori.
Fu
come sempre Helen a salvarla da una crisi e, pur se inconsapevolmente,
la
strappò a quei pensieri domandando maliziosa: «Ti
sei fidanzata e non me l’hai
detto, Iris?»
La
giovane divenne paonazza al solo sentir parlare di fidanzati e Dev,
tossicchiando imbarazzato, allungò una mano e disse:
«Sono Devereux Saint
Clair, un amico di Iris. Molto piacere.»
«Helen
Wallace, sua cugina. Piacere mio» replicò la
donna, sorridendo nello stringere
la mano di Devereux.
Ritrovando
un minimo di contegno, Iris riuscì a dire:
«E’ un amico che ho conosciuto a
Clearwater, dove ho incontrato un’altra persona come me. La
ragazzina di cui ti
parlavo è sua figlia.»
«Oh…
mi scusi, signor Saint Clair. La mia battuta è stata davvero
inopportuna» si
affrettò a dire Helen, contrita.
Dev
scosse una mano, replicando con tono tranquillo: «Nessun
problema. Non c’è
nessuna signora Saint Clair che si possa arrabbiare. Mi chiami pure
Devereux,
comunque.»
«Bene,
allora io sarò solo Helen. E adesso, se non vi spiace,
vorrei trovare un
posticino adatto per chiacchierare indisturbati. Ho due anni di
arretrati, con
questa signorina e, anche se siamo sempre state in contatto, parlare a
quattr’occhi non ha prezzo» dichiarò la
donna, sorridendo a Iris con fare
cospiratorio.
Dev
assentì e si accodò alle due donne che, con passo
tranquillo, si incamminarono
lungo il marciapiede, chiacchierando come se si fossero lasciate da due
giorni,
e non da due anni.
La
loro affinità tornò subito a galla e il solco
presente nell’animo di Iris si
andò via via allargando, man mano che l’affetto
per Helen – e ciò che
rappresentava – le scaldava il cuore.
Stare
vicino alla cugina come, ormai da tempo, non le era più
capitato di poter fare,
fece emergere con prepotenza una dualità di sentimenti
contrastanti quanto
dolenti.
Aveva
sentito la sua mancanza – e tutto ciò che essa
comportava – e stentava a capire
come avrebbe potuto prendere una decisione basilare per la sua vita,
dopo
quell’incontro inaspettato.
Se
l’avessero legata su una ruota della tortura, sarebbe stato
più facile
sopravvivere, probabilmente.
«Ecco,
questo va benissimo» dichiarò a un certo punto
Helen, avventurandosi
all’interno del Temple Brew House.
Lievemente
sorpresa per la scelta – Helen era vestita come un manager di
successo, con
tanto di tacco chilometrico e trucco perfetto – Iris
fissò costernata il pub
dalle linee rustiche e l’aria da vecchio country inglese, e
borbottò: «Ma sei
sicura?»
«La
birra è buona, cucciola, e c’è
dell’ottima musica» le disse Helen, dimostrando
di essere stata in quel posto più di una volta e,
probabilmente, in compagnia.
In
effetti, non appena furono all’interno, Iris poté
apprezzare il gradevole
profumo di spezie e carne, oltre all’inconfondibile aroma
luppolato delle
birre.
La
musica non era così alta da darle fastidio e, cosa
più importante, il locale
non appariva soltanto pulito, ma era pulito
e, per i suoi recettori olfattivi, fu una manna dal cielo.
Pur
se stava imparando a non fare caso a molto di ciò che
avvertiva, l’odore
rancido di certi locali la faceva ancora star male, ed era bello
trovarsi in un
luogo dove, invece, regnava l’igiene.
Sedutisi
a un tavolo d’angolo, ben lontani dagli avventori presenti in
quel momento,
Helen prese un menù per scorrerlo velocemente con lo sguardo
e, a mezza voce,
disse: «Qui staremo tranquilli e, se avete almeno la
metà della fame che ho io,
potrete mangiare la miglior tagliata di Angus Irlandese che abbiate mai
assaggiato.»
«Prendila»
disse subito Dev, rivolto a Iris, che sorrise divertita.
Helen,
allora, fissò confusa la cugina e domandò:
«Sei diventata una carnivora
compulsiva?»
«E’
il mio metabolismo accelerato. Ho bisogno di molte proteine animali e,
subito
dopo, di molti carboidrati. Ma, prima di tutto, carne o pesce,
altrimenti non riesco
ad assimilare gli zuccheri complessi» le spiegò
Iris con un sorrisino.
La
cugina sospirò afflitta e, tastandosi un fianco ammorbidito
da qualche chilo di
troppo, esalò: «Averlo io, il metabolismo
accelerato!»
«Sei
bellissima così» sottolineò Iris,
scuotendo il capo.
Il
cellulare di Devereux scelse quel momento per suonare e, quando
l’uomo vide chi
era all’altro capo, storse la bocca, passò il
telefono a Iris e borbottò:
«Parlaci tu. Sono stanco di sentire le lagnanze di mia
madre.»
«Ma
Dev… è ovvio che sia preoccupata! Sua nipote
è oltreoceano!» brontolò lei, pur
afferrando il cellulare. «Sei proprio…»
«…
una palla da demolizione, lo so, lo so. Ma rispondi tu, grazie. Io,
intanto,
vado a ordinare, così potrai lagnarti di me senza che io
senta nulla» dichiarò
lui, levandosi in piedi per andare al bancone del bar.
Iris,
allora, scosse il capo con uno sbuffo, accettò la chiamata e
disse:
«Buongiorno, Bethany. Dev è appena scappato a
gambe levate, scusami.»
«Iris
cara, buongiorno. Non avevo dubbi che avrebbe delegato la telefonata a
qualcuno
che non fosse lui. Ho chiamato per tre giorni di
fila…» ridacchiò la donna.
«Lì, va tutto bene? Come procedono le
cose?»
Ben
sapendo che Devereux non aveva avvisato neppure i genitori in merito
alla sua
decisione di diventare un licantropo, Iris si limitò a dire:
«I nostri ospiti
sono molto gentili e stiamo scoprendo un sacco di cose su
ciò che dobbiamo
fare, o non fare. Abbiamo anche imparato delle nuove tecniche di primo
soccorso, perciò sapremo come affrontare eventuali guai, in
futuro.»
«Benissimo,
cara. Ciò che hai patito tu è già
troppo. Trovo ancora del tutto assurdo che
non abbiate voluto denunciare Alyssia per quel suo colpo di
testa» protestò Betty,
protettiva come sempre. «Sarebbe stato giusto che quella
ragazza fosse finita
in galera, piuttosto che accettare la parola d’onore del
comandante che mai più
sarebbe successa una cosa simile.»
Sorridendo
calorosamente, Iris replicò: «Al momento,
è meglio mantenere un profilo basso,
se non bassissimo, e avere Alyssia in galera avrebbe attirato
l’attenzione su
di me, perciò meglio soprassedere.»
«Beh,
comunque, Jordan e Camille sono partiti tre giorni fa assieme ad
Alyssia e, da
quel che mi ha detto Camille stessa, l’hanno portata in
clinica» dichiarò laconica
la donna. «Non so quanto potranno fare per quella disgraziata
ragazza, ma lei
sembrava molto poco fiduciosa. Come è da anni, se
è per questo.»
Iris
assentì, mormorando: «Mi spiace per loro, ma
preferisco saperla lontano da me,
onestamente.»
«Quel
che è certo è che, se prova a darti di nuovo
fastidio, se la vedrà con me»
dichiarò lapidaria Bethany.
Quel
pensiero così dolce fece tremare di dolore Iris che,
tergendosi una lacrima – e
attirando così l’attenzione della cugina
– disse: «Ne sono sicura. Comunque,
appena torniamo in appartamento, ti farò chiamare da
Chelsey. Lei sarà felice
di sentirti.»
«Di’
a quel caprone di mio figlio di essere educato. A presto,
cara» terminò di dire
la donna, chiudendo la chiamata.
Iris
la salutò e, quando si ritrovò gli occhi
inquisitori di Helen puntati addosso,
mormorò: «Avanti, spara. Tanto lo so che non
mollerai l’osso finché non avrai
tutto sott’occhio.»
«Mi
spiace, ma si sentiva più che bene,
perciò… cosa
ti è successo?» domandò
leggermente irritata Helen, i suoi occhi blu freddi
come la neve.
Dev
tornò al tavolo proprio in quel momento e, nel notare
l’occhiata omicida di
Helen, chiosò: «L’hai già
fatta arrabbiare? Complimenti. Sei stata
velocissima.»
Iris,
allora, lo guardò storta e replicò:
«Vuole sapere che mi è successo.»
L’uomo
impallidì leggermente, al pensiero di rivangare quel che
aveva condotto Iris
sull’orlo della morte. Non potendo impedirselo, strinse la
mano di Iris
poggiata sul tavolo e mormorò: «Evita le scene
più cruente. Ho gli incubi
ancora adesso.»
Helen
si preoccupò non poco nel sentirlo parlare a quel modo e
Iris, reclinando un
poco la maglia, le mostrò parte della cicatrice sul petto,
mormorando: «Hanno
dovuto operarmi perché mi hanno sparato… o
meglio, hanno sparato a Dev, e io mi
sono messa in mezzo.»
Dev
accentuò un poco la stretta, a quell’accenno e
Helen, sempre più sgomenta,
esalò: «Ma…
perché?»
«Ho
scatenato le ire di una donna pazza, a quanto pare, e tua cugina ha
pensato
bene di fare Captain America… dimenticando lo scudo,
però» cercò di ironizzare
Dev, pur non riuscendovi. Il suo viso era divenuto terreo, a ben vedere
e Iris,
nel notarlo, gli diede un colpetto con la spalla.
«Sono
viva, okay? Respira, Dev, altrimenti ti rovini la reputazione di palla
da
demolizione, se mi svieni qui come una pera cotta»
ammiccò lei, sorridendo.
«Giusto,
giusto… la mia reputazione va salvaguardata»
assentì più volte lui, ghignando in
risposta.
Un
poco più tranquilla, Iris spiegò succintamente
ciò che avevano dovuto farle per
poterla operare e Helen, alla fine del racconto, prese un gran respiro
e
mormorò sgomenta: «Dimmi che ora sapete cosa
fare.»
«Sì.
Ci hanno spiegato come inibire la nostra parte animale, in modo da
poter
operare normalmente» assentì Iris.
«Ovviamente, spero non ve ne sarà più
bisogno, ma è un sollievo saperlo.»
«Capisco
perché tu abbia parlato di incubi»
dichiarò infine Helen, guardando comprensiva
Devereux.
Il
loro pranzo arrivò proprio in quel momento e Dev,
accogliendo di buon grado le
cibarie, esalò: «Al momento giusto. Non
c’è niente di meglio del cibo, per scacciare
i brutti pensieri.»
«Più
che d’accordo» sorrise Helen, osservando
compiaciuta la sua tagliata.
Iris
non poté che assentire e, inspirando i profumi provenienti
dai piaggi, mugolò
di puro piacere e socchiuse gli occhi per godersi appieno ogni
sensazione.
«Non
so dirvi quanto io sia felice, adesso» sussurrò
con voce roca.
«Credo
di non averti mai visto così… ammaliata
dal cibo. Sono i profumi che senti?» domandò
Helen, curiosa.
«Sì.
Scatenano la produzione di un sacco di endorfine perciò sono
molto, molto contenta, ora come
ora» dichiarò
Iris, affondando coltello e forchetta nella sua Angus.
Helen
sorrise divertita ma, quando lanciò un’occhiata a
Devereux e notò l’attenzione
con cui sbirciava all’indirizzo della cugina,
cominciò a porsi qualche domanda,
e a chiedersi cosa sarebbe successo in futuro.
***
Rimaste
sole nei bagni del locale, Helen osservò turbata la profonda
cicatrice che
solcava il petto di Iris. Questa iniziava dalla base della sua gola fin
sotto
l’attaccatura dello sterno.
Sospirando,
Helen le rimise a posto la maglietta, mormorando:
«E’ davvero peggio di quanto
avessi immaginato. E dici che ora tutto questo sarebbe
evitabile?»
«Migliorabile»
sottolineò Iris. «Rimarrebbe una cicatrice simile
a quelle chirurgiche, invece
di questo… beh, squarcio.»
Helen
sospirò nuovamente, abbracciandola stretta e, nel darle una
pacca sulla
schiena, disse: «Rimani sempre bellissima, credimi.»
«Al
momento, non sono molto preoccupata per questo»
replicò Iris, storcendo il
naso.
«Beh,
no di certo. Con un uomo come Devereux al tuo fianco, non hai davvero
di che
preoccuparti» ammiccò Helen, vedendola avvampare
per diretta conseguenza.
«Ma
perché tutti pensate
che ci sia
qualcosa, tra di noi?!»
Helen,
allora, levò un sopracciglio con evidente scetticismo e
ribatté: «Se tutti,
e non so a quanto corrisponda
nello specifico questo ‘tutti’,
lo
pensiamo, comincia a chiederti come mai. Iris, davvero non hai notato
come lui
ti tenga d’occhio? O abbia tenuto d’occhio me?»
«Cosa?»
esalò Iris, facendo tanto d’occhi per la sorpresa.
Scuotendo
il capo con esasperazione e divertimento assieme, la cugina
mormorò: «Forse mi
sbaglierò, ma non penso che sia venuto per proteggerti. Mi
sembra che tu sia in
grado di stendere decine di uomini anche da sola, ora come ora. Quindi,
perché
è venuto?»
«Per
conoscerti? Perché non aveva voglia di rimanere in casa da
solo a cazzeggiare?»
brontolò Iris, cocciuta.
«Può
essere… ma non potrebbe anche essere perché
voleva controllarmi, essere sicuro
che fossi una brava cugina?»
«Che
intendi dire?» mugugnò sospettosa Iris.
«Lasceresti
che, una persona a cui tieni, vada in un luogo dove ce ne sono altre
che non le
vogliono bene?» sottolineò Helen. «Sa
che è tua intenzione tornare, ma vuole
anche essere certo che sia la scelta giusta per
te, non tanto un obbligo verso di
noi.»
«Stai
vaneggiando» sentenziò Iris, scuotendo il capo.
«Va
bene, vaneggerò. Che mi dici di te, allora?» le
ritorse contro Helen.
Iris
si irrigidì visibilmente e disse atona: «Non ho
niente da dire. Mi sono trovata
bene, a Clearwater, ma tornerò volentieri a casa.»
«Quindi,
lascerai tutti i tuoi nuovi amici senza neppure spendere una
lacrima?» ironizzò
Helen, incredula. «Iris, sei protettiva nei confronti di
Devereux tanto quanto
lo è lui con te. Da quando in qua ti preoccupi che un uomo
non soffra a causa
tua?»
«Se
intendi dire che prima ero un tantino superficiale, te lo concedo, ma
da qui a
essere interessata a Devereux, ce
ne
corre» mentì spudoratamente Iris, sapendo di non
farlo neppure troppo bene.
Che
senso ha
dirle una bugia, Iris?
“Ne
riparleremo
quando sarai una donna, Gunnar.”
Cioè,
mai?
“Esatto.
Sei
un’amina con un cervello d’eccezione”, ironizzò caustica Iris.
Non vi
capisco.
Passassero altri diecimila anni, non capirò mai le donne.
“Benvenuto
nel
club. Credo siano in molti, gli affiliati.”
Poco ma
sicuro…
Lasciato
perdere Gunnar, Iris si limitò ad aggiungere: «Io
e Devereux ne abbiamo passate
tante, perciò c’è un’amicizia
stretta, tra noi, ma la cosa finisce lì.»
«Se
lo vuoi credere…» scrollò le spalle
Helen, sorridendole però con l’aria di
saperla più lunga di lei. «Non voglio litigare con
te dopo anni di forzata
separazione. Ora devo rientrare in ufficio ma, se l’occasione
sarà propizia,
vorrei vedervi tutti prima di ripartire. Chiamami.»
«D’accordo»
mormorò Iris, abbracciando la cugina e sapendo di averle
appena fatto un grave
torto.
Non
era ancora davvero pronta a parlare di ciò che circolava
nella sua testa.
Uscite
che furono dal bagno, trovarono Dev già sulla porta e,
quando furono
all’esterno, Helen disse loro: «Devo proprio
scappare, ma è stato molto bello
conoscerti, Devereux. Spero di potervi rivedere entro
venerdì.»
«Faremo
il possibile» assentì l’uomo,
stringendole la mano.
«A
presto, cara, e riguardati» disse poi Helen, rivolgendosi a
Iris, che assentì.
Non
si dissero altro ma, quando Iris guardò la cugina
allontanarsi con grazia sui
suoi tacchi chilometrici, sentì prepotente il bisogno di
raggiungerla per
chiederle scusa.
Si
trattenne solo a stento e, quando Dev le chiese se andasse tutto bene,
si
costrinse a sorridere per poi annuire, mentendo quindi anche a lui.
Devereux,
però, non se la bevve e, avvolte le spalle della giovane con
un braccio,
borbottò: «Anche dopo il mio mutamento, se non ti
sentirai di ripartire subito,
noi di certo non ti cacceremo. Andrai solo se lo vorrai, e quando
vorrai.»
Iris
assentì, indecisa se apprezzare quel ‘noi’
o detestarlo con tutta se stessa.
***
«…
ovviamente non ho fatto nomi, perché non avevo idea di come
si debbano svolgere
queste cose» terminò di spiegare Iris, mettendo al
corrente Brianna e gli altri
del suo incontro con la cugina.
Lei
assentì pensierosa prima di scrollare le spalle e replicare:
«Sei stata cortese
a non dire nulla. Di norma, sottoporremmo il candidato a un incontro
presso il
nostro Luogo di Potere, il Vigrond, perché fosse accettato
dal branco ma,
poiché il vostro non è ancora un clan a tutti gli
effetti, credo che si possa
tranquillamente fare un’eccezione alla regola e dire a tua
cugina anche di
noi.»
«E’
una persona più che fidata, posso assicurarvelo»
sottolineò Iris.
«Su
questo non mi preoccuperei. Per quanto mi spiaccia ammetterlo, ho le
armi a mia
disposizione per mettere a tacere chiunque, oltre che la
possibilità di cancellare
arbitrariamente la memoria di chi potrebbe essere un pericolo per
noi» sospirò
Brianna, come se la sola idea la ripugnasse. «Stando
però a ciò che mi hai
detto, non solo la tua famiglia si è dimostrata disponibile
e solidale, ma ti
supporta appieno, perciò non posso che felicitarmi con te.
Casi simili sono
assai rari.»
Ciò
detto, sorrise a Lance, che ammiccò alla figliastra e disse:
«Devi sapere che
mia moglie, all’inizio, era umana, oltre a essere la matrigna
di Brianna e di
suo fratello Gordon. Per questo parliamo di casi rari, ma non
impossibili. Il patrigno
di Brianna, ed ex marito di mia moglie, era un Cacciatore, e nessuno in
famiglia ne era al corrente.»
«Beh,
immagino che le stranezze siano all’ordine del giorno, per
quelli come noi»
esalò sgomenta Iris, sgranando gli occhi per la sorpresa.
«La
normalità assoluta» annuì deciso Duncan
prima di sorridere a Lucas e
aggiungere: «Visto che con la piccola Chelsey abbiamo
già testato la cosa oggi
pomeriggio, perché non provi le tue nuove
potenzialità anche su Iris?»
Chelsey
sghignazzò spudoratamente, a quell’accenno e Iris,
accigliandosi leggermente,
fissò male l’amico e borbottò:
«Cos’hai in mente? Mi hai già
tagliuzzato come
un pesce, perciò pensa prima di agire.»
Lucas,
però, la guardò affabile e replicò:
«Non sarà nulla di tremendo, ma ammetto che
la cosa mi ha divertito molto. Non sapevo di poter fare una cosa del
genere.»
«Il
che mi fa preoccupare ancora di più»
mugugnò Iris.
Lucas
si limitò a ridere e, dopo alcuni momenti, disse con un tono
di voce secco e
freddo: «Stringi le mani tra loro fino a far sbiancare le
nocche.»
«Ma
che cavolo di…» iniziò col dire Iris,
prima di sentirsi costretta a
eseguire quello stupido ordine.
Le
mani si mossero da sole, prive di qualsiasi volontà e si
strinsero tra loro
come due morse, facendo sbiancare nocche e dorsi.
Proprio
mentre Iris stava per mandare al diavolo l’amico per quello
scherzo, Dev si
mosse fulmineo verso Lucas per scaricargli addosso un pugno ma lui,
lesto, si
scostò e annullò l’ordine, bloccando
poi l’uomo con una presa alle spalle.
«Cristo,
come sei suscettibile, amico! Era solo uno scherzo!»
sbottò Lucas,
trattenendolo senza sforzo.
«Prevaricare
una donna lo definisci
scherzo?!» gli sibilò contro Devereux,
scuotendosi inutilmente nel tentativo di liberarsi.
«Dev,
calmati!» gli urlò allora Iris, liberandosi le
mani per poi scrollarle
nervosamente.
«Papà,
davvero, non è nulla!» intervenne a sua volta
Chelsey, guardando poi disperata
Duncan.
«Forse
avrei dovuto spiegarmi, è evidente»
asserì spiacente Fenrir di Matlock, irriso
dallo sguardo della moglie, che sembrava saperla lunga.
«Devereux, scusami. Non
è davvero nulla di intenzionalmente indirizzato a
prevaricarla.»
Dev
si scrollò di dosso le braccia di Lucas non appena lui lo
lasciò andare e,
ancora irritato, replicò: «Come lo definiresti,
allora, obbligarla a fare qualcosa
contro la sua volontà?»
Serio
in volto, Duncan replicò: «Un Fenrir deve poter
tenere a freno i suoi
sottoposti, indipendentemente dal
sesso di appartenenza. Si chiama gerarchia, ed è molto
simile a quella dei lupi
naturali.»
Accigliandosi
leggermente, Dev si calmò un poco e borbottò:
«E se il capobranco è uno
stronzo?»
«Difetti
del sistema» ammise Duncan. «In generale,
però, la Voce del Comando, ciò che
Lucas ha sperimentato prima, serve per l’equilibrio del
branco ed è vitale che
si eserciti nell’usarla.»
Devereux
non disse nulla, ma la sua mascella contratta fece capire perfettamente
a tutti
quanto, in realtà, avrebbe voluto replicare a
quell’uscita.
Senza
scusarsi con nessuno, si allontanò quindi per raggiungere la
balconata
dell’appartamento e Lucas, dopo un attimo, lo
seguì.
Rock
e Iris, invece, si fissarono contriti e quest’ultima, rivolta
ai loro ospiti,
disse: «E’ un tantino ruvido nei rapporti sociali.
Scusate.»
Chelsey
assentì con ampi gesti del capo e dichiarò:
«Io mi sono divertita, oggi. Anche
se sentivo di essere costretta a
fare
le cose perché me le diceva Lucas.»
Iris
le sorrise, domandandole: «Cosa ti ha fatto fare?»
«Saltare
e fare le boccacce» ironizzò Chelsey.
Brianna
le sorrise a sua volta, fiera, e aggiunse: «E’
stata davvero brava a sottoporsi
così a quegli esperimenti. Di certo, però, Duncan
avrebbe dovuto essere più
delicato nel sottoporre te allo
stesso trattamento, e sotto gli occhi di Devereux. E dire che lo avevo
avvisato.»
Iris
si accigliò immediatamente, a quell’accenno e,
sbuffando, sibilò: «Non ti ci
mettere anche tu, Brianna. Non è
giornata.»
Ciò
detto, si scusò coi presenti e si allontanò a sua
volta, chiudendosi nella sua
camera da letto con un gran sbattere di porta e un grugnito a
corollario.
Brianna,
a quel punto, lanciò un’occhiata a Beverly e
chiosò: «E poi mi lamento di
Duncan? Guarda cos’ho combinato io!»
Beverly
le sorrise indulgente e replicò: «Sono abituata
con il mio Fenrir, perciò so come
prenderla. Le parlerò io.»
La
wicca sospirò
rassegnata, ben sapendo
cosa volesse dire Beverly con quella frase, e mugugnò:
«Grazie per avermi
ricordato le mie similitudini con Alec.»
Bev
ridacchiò ma non disse nulla e, dopo un attimo, si diresse
verso la camera di
Iris, pronta a interpretare il suo ruolo di pacere.
Chelsey,
a quel punto, guardò Rock con aria assai confusa e
domandò: «Ma che sta
prendendo a tutti, stasera?»
«E’
il guaio di essere grandi, tesoro.»
La
ragazzina storse il naso e borbottò per diretta conseguenza:
«Che bella
prospettiva, diventare così.»
Al gruppo non restò altro che scoppiare a ridere, di fronte a una simile uscita.
N.d.A. L'incontro con Helen ha sicuramente colpito Dev, così come il contrario, scatenando le illazioni della prima e i dubbi del secondo. Nel frattempo, Dev ha ulteriore motivo di mettere a nudo parte dei suoi sentimenti "grazie" ai test di Lucas, che sottolineano come sia interessato a Iris, anche se lui si ostina a intendere che non vi sia nulla di sentimentale, in questo interessamento.
Una cosa è certa,
quando arriverà la sua mutazione, ci sarà da
ridere...