C’EST
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Le labbra della ragazza iniziarono a tremare, mentre il cuore riprese a battere ad un ritmo forsennato, la testa girava e l’acre sapore di ferro riempiva la bocca della giovane.
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Provò a muovere le braccia, non ebbe risposta.
Provò a muovere le gambe, ebbe una straziante risposta di dolore, che la risvegliò immediatamente; la ragazza inghiottì ciò che aveva in bocca. Poteva sentire il sangue scendere lungo la trachea fino ad arrivare allo stomaco, percepiva ogni millimetro percorso dalla sorsata di sangue. Era una sensazione terribile.
IL dolore iniziò a crescere, ma non sapeva da dove proveniva, non poteva muovere la testa e le gambe le facevano un dolore straziante; messa a fuoco la vista scorse una sua scarpa. Erano quelle scarpe rosse che le piacevano tanto, le aveva comprate al mercato quella stessa mattina e non vedeva l’ora di indossarle quella sera, per andare a ballare con gli amici; le aveva guardate tutto il pomeriggio, davanti allo specchio, provando gonne, vestiti e jeans…com’era bello comprare qualcosa di nuovo.
La ragazza osservò meglio la scarpa, era piena.
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La ragazza chiuse gli occhi, non ce la faceva più voleva solo dormire.
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Discoteche, bevute “semi-obbligatorie” luci, urli, suoni, rumori, eccitanti artificiali e legali che ti spingono ad osare, ad aumentare lo sballo, e s’inizia con un bicchiere, un bel cocktail colorato, si continua con un altro bicchiere, forse ancora più colorato, mentre intorno la gente impazzisce, il “branco” pagano si muove in maniera omogenea, un enorme nucleo di una gigantesca medusa impazzita. Di solito se ci sono soldi, “ci si fa una pasta” o “si va a farsi un rigo” e la serata continua, continua, continua…ma quando finisce?
Purtroppo può finire male, fortunatamente può finire bene…ma perché il rischio? Il rischio fa vivere? Il rischio rende forti? Il rischio uccide? A volte.
<<oooo
prendiamo la strada che passa dai campi, sennò la pula
ci ferma…>> <
La ragazza vomitò sangue, risvegliandosi improvvisamente. Il dolore la stava divorando, e lei non ci faceva caso, aveva solo voglia di stringere sua Madre, di staccarle il grembiule e di dare i pizzicotti al fratellino per il solo gusto di farlo piangere. Voleva stringere il suo gatto, voleva piangere come faceva a volte sul suo cuscino, voleva casa sua…l’asfalto era freddo, duro, terribile…e pieno di sangue. Troppo sangue.
Arianna morì qualche istante più tardi, gli altri tre ragazzi che erano con lei, morirono sul colpo, i loro corpi erano completamente fusi con le lamiere.
Alle prime persone che giunsero sul luogo dell’incidente si presentò un tetro monumento alla morte, ferro, sangue e carne in un’unica arrogante opera d’arte. Inno alla potenza dell’uomo.