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Autore: evil 65    31/05/2019    19 recensioni
La guerra contro Thanos si è conclusa da cinque anni, e la Terra sta ormai uscendo dal difficile periodo antecedente allo schiocco che cancellò metà della vita nell’universo.
Dal profondo dello spazio, tuttavia, sta per giungere una nuova e antica minaccia.
L’uso delle Gemme dell’Infinito ha causato il risveglio di una creatura che dormiva negli abissi del cosmo, e che ora, dopo aver provocato carestie e devastazioni su vari pianeti, si dirige minacciosa verso la Terra.
Una furia immensa e bestiale, una divinità antidiluviana e una maledizione, che il mondo imparerà a temere col nome di King Ghidorah…
( Crossover Avengers x Godzilla )
Genere: Drammatico, Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Carol Danvers/Captain Marvel, Doctor Stephen Strange, Peter Parker/Spider-Man, Thor, Wanda Maximoff/Scarlet Witch
Note: AU, Movieverse | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Avengers Assemble'
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Ed ecco qui un nuovissimo capitolo ! Ragazzi, ve lo dico subito, andate a vedere Godzilla : King of the Monsters! È un vero spettacolo per gli occhi, probabilmente il miglior monster movie che abbia mai visto, adatto anche a chi non è un fan del genere perché incorpora un sacco di elementi! King Ghidorah ha fatto davvero sembrare Thanos come un gattino, questa versione è probabilmente la più potente mai apparsa sul grande schermo.
Approfitto anche di questo momento per ringraziare tutti i nostri recensori, siamo davvero felici che questa storia abbia ricevuto una buona risposta di critica. Faremo del nostro meglio per mantenerla su questi livelli!
Ed ora, vi auguro una buona lettura, e vi consiglio di leggere le note a fine capitolo.



Capitolo 2

<< Thor, attento! >>
L'urlo di Rocket riecheggiò nelle orecchie del dio del tuono come un colpo di pistola, costringendolo a voltarsi. In quel preciso istante, un’ombra calò su di lui.
Un'aberrazione, come l’asgardiano non ne aveva mai viste prima di quel momento.
Aveva otto gracili zampe, quattro paia di occhi grandi quanto un chicco di riso, accompagnati da una coppia di enormi fauci dotate di zanne aguzze e affilate come coltelli. Il corpo della bestia sembrava coperto da una sorta di esoscheletro color sabbia, come quello dei granchi, ed era all’incirca delle dimensioni di un’auto.
Una persona qualunque sarebbe rimasta impietrita di fronte ad una simile visione…ma Thor non era certo una persona qualunque.
Temprato da anni di guerra e morte, il dio del tuono riuscì a schivare l’assalto con estrema facilità, scostandosi leggermente di lato.
Rendendosi conto di aver fallito, la creatura emise un suono agghiacciante e si voltò in direzione della potenziale preda. I Guardiani non persero tempo e cominciarono a sparare verso l’essere sconosciuto. Questi, tuttavia, fu lesto a saltare lungo le pareti della stanza, schivando ogni proiettile.
Qualunque cosa fosse quella creatura…era agile. Molto agile. Ma non abbastanza per sfuggire ai colpi di Thor.
Attingendo alle proprie riserve di energia, il dio del tuono la ridusse in fin di vita con un semplice e preciso fulmine scaturito direttamente dalle sue mani.
L’animale emise un urlo disperato, un misto tra un latrato e il grido di un bambino. Poi, dopo una lunga e agonizzante serie di spasmi, il suo corpo fumante smise di muoversi.
Il silenzio tornò a regnare nella stanza.
Thor si accasciò sul pavimento della nave, nel tentativo di metabolizzare quanto aveva appena visto.
<< Che diavolo è quella cosa?! >> esclamò Peter, la pistola ancora puntata in direzione della bestia ormai morta.
Gamora si fermò a pochi passi dal cadavere, analizzandolo con fare metodico.
<< Non lo so, ma qualunque cosa sia…è sicuramente il motivo per cui non abbiamo trovato cadaveri su questo relitto >> sussurrò freddamente, guardandosi attorno per altre eventuali minacce.
Accanto a lei, Rocket prese fissare la creatura con un’espressione corrucciata.
<< Sbaglio o assomiglia ad una pulce troppo cresciuta? >> borbottò quasi a se stesso, attirando l’attenzione di Mantis.
<< Una pulce? >> domandò l’aliena, non avendo familiarità con il termine.
L’esperimento genetico annuì in risposta.
<< Sì, una pulce. Quei piccoli bastardi mi hanno sempre dato problemi, li riconoscerei ovunque >> borbottò con voce stizzita, toccando l’esoscheletro dell’insetto con la punta del piede.
Nel mentre, Nebula si era avvicinata a Thor per constatare le sue condizioni, ma lui la rassicurò con un rapido gesto della mano.
 << Ehm… va tutto bene? Sembra che tu abbia visto un fantasma >> gli disse Rocket, dopo aver notato l’espressione pallida sul volto dell’asgardiano.
Questi rilasciò un sospiro affranto.
<< Non è niente, dolce coniglio. Mi sono solo ricordato qualcosa… >>
<< Ti dispiace renderci tutti partecipi? >> si intromise Quill, con una punta di sarcasmo.
Thor prese un profondo respiro, portandosi la mano sul viso e massaggiandosi la mascella.
Gli ci vollero un paio di minuti per rammentare le storie di suo padre, e lasciare così che la nostalgia prendesse il sopravvento sulla sua millenaria e stanca memoria, colma di ricordi e rimpianti.
Non poteva fare a meno di pensare a quanto gli mancasse la sua famiglia, Odino, Frigga…e Loki. Ma quello non era il tempo per dolersi, e così si fece coraggio.
 << La bestia che abbiamo visto nell’ologramma…penso ci conoscerla >>
<< Una vecchia fiamma? >> chiese Drax, ricevendo un’occhiata stizzita da parte di Mantis. << Che c’è? Io non giudico mica >>
<< No >> sussurrò Thor, attirando l’attenzione del gruppo. Era dai tempi di Thanos che non lo vedevano così scosso.<< Una creatura potente…antica quanto l’universo stesso >>
E, detto questo, fece loro cenno di sedersi.
<< Prego, amici miei, lasciate che vi racconti una storia. Una storia…che fino ad oggi ritenevo una semplice leggenda >>
A quelle parole, i suoi compagni di squadra si accomodarono, i volti adornati da espressioni turbate e incuriosite al tempo stesso.
<< Mio padre, Odino, me la raccontava spesso. All’alba dei tempi, prima ancora del gigante Ymir, vi era una creatura che seminava discordia nell’universo. Una gigantesca serpe dorata che strisciava fra le stelle e si nutriva di nebulose come se fossero il suo pane quotidiano. Essa minacciava Asgard, il mio regno, e così Odino, insieme a suo padre Bor e ai suoi fratelli Vili e Vé, decise di affrontarla. Si narra che l’energia sprigionata da quello scontro fece tremare tutti i nove mondi >> rivelò con timore reverenziale, mentre i Guardiani lo ascoltavano rapiti. << Per secoli lottarono, finché i Vili e Vé non persero la vita per cercare di salvare mio padre. Odino, distrutto dal dolore, usò il suo potere per incorporare dentro di sé la forza e l’anima dei suoi fratelli deceduti, ottenendo così una potenza senza eguali…quella che nei tempi antichi era conosciuta come la Forza di Odino >>
<< Un nome davvero originale >> commentò Rocket, ricevendo uno schiaffo in testa da parte di Groot. L’esperimento genetico lanciò un’occhiataccia al compagno, ma decise di rimanere in silenzio.
Nel mentre, Thor riprese a parlare.
<< Col nuovo potere acquisito, Odino e Bor sconfissero la serpe, gettando il suo corpo ferito dal ramo più alto di Yggdrasil, l’albero del mondo. Ho sempre creduto che questa fosse una favola inventata da mio padre per alleviare la mia fanciullesca brama di storie epiche… ma a quanto pare mi sbagliavo. Ricordo che da infante solevo dormire con un occhio aperto, nel timore che la primordiale serpe potesse divorare le mie carni nel sonno >>
<< E sei assolutamente sicuro che questa “serpe” fosse proprio la creatura che abbiamo visto nell’ologramma? >> domandò Quill, con voce dubbiosa.
Thor annuì in accordo.
<< Riconoscerei quelle fattezze ovunque, erano le stesse delle illustrazioni contenute nei racconti >>
<< E come si chiama questa creatura? >> chiese Nebule, stringendo ambe le palpebre degli occhi.
Il dio del tuono rilasciò un secondo sospiro.
<< Lui ha molti nomi, ma tra la mia gente è conosciuto come Jormungandr, la serpe primordiale. Si narra che le sue spire fossero talmente grandi da poter avvolgere tutta Midgard >> disse con voce solenne, prima di fissare il pannello da cui era partita la proiezione.
<< Quando l’ho intravisto nell’ologramma…Era come se fossi tornato indietro nel tempo, insieme a Odino e Bor, sul campo di battaglia. Con la gola assetata di sangue e il cuore pulsante, fremente per la gloriosa lotta che per eoni sarebbe stata cantata per le vie di Asgard. Ma insieme a quei sentimenti di onore e virtù…ho provato anche la paura. Poiché nessun Aesir sano di mente vorrebbe mai trovarsi di fronte un simile nemico, considerato da Odino stesso come molto più potente, pericoloso e crudele del Gigante di Fuoco Surtur >>
<< Sì, abbiamo capito. Grosso serpente mitologico, molto brutto e cattivo, ti fa cagare nei tuoi mutandoni divini e bla bla bla >> si intromise Rocket, incrociando ambe le braccia davanti a petto.<< Ma se è stato lui a fare tutto questo… ora dove sarà diretto? >>
Di fronte ad una domanda tanto logica e necessaria, Thor arricciò il volto in un’espressione di profonda contemplazione.
<< Jormungandr brama unicamente la distruzione. Per lui, i pianeti non sono altro che gustosi animali da caccia, che egli può braccare e divorare con la stessa facilità con cui un leone divora una gazzella. Se ha deciso di visitare questo quadrante dello spazio… a quest’ora potrebbe essere diretto ovunque >>

                                                                                                                                            * * *

Da tempi immemorabili, la Terra è bombardata da misteriosi corpi astrali.
Frammenti dell'universo infinito attraversano la nostra atmosfera in un'invasione che non ha fine. Sono le meteore, le stelle cadenti tanto care ai cuori dei vari poeti.
Delle migliaia che si dirigono verso la Terra, moltissime vengono distrutte da una grande fiammata appena penetrano negli strati d'aria che la circondano. Solo una piccola percentuale di esse sopravvive e di queste la maggior parte cade nelle acque che ricoprono due terzi del pianeta.
Tuttavia, fin dalla notte dei tempi, qualche meteora riesce a colpire la crosta terrestre, aprendovi immensi crateri d'ogni forma e dimensione.
Le meteore potevano giungere in qualsiasi momento di qualsiasi giorno, da pianeti appartenenti a costellazioni la cui luce morente era troppo lontana per essere vista da occhi terrestri.
Giungevano dall'infinito, arcano segno di vita dalle illimitate vastità dello spazio. La loro natura era quasi del tutto sconosciuta, il loro segreto inesplorato.  Giacevano inerti nella notte…e aspettavano.
Quel giorno, uno dei quei misteriosi corpi celesti aveva scelto la Terra come suo prossimo bersaglio. Più specificatamente, uno stato relativamente isolato del Nord America.
Attualmente, le acque gelide dell'Alaska ghermivano le barche da pesca allineate lungo il molo, che tendevano gli ormeggi quasi volessero scappare via con la marea.
L'acqua, nel piccolo porto di Angoon – un villaggio di pescatori sul versante occidentale dell'isola di Admiralty, al largo delle coste sudoccidentali dell'Alaska – seppure increspata dalla pioggia e nera come l'acciaio per il cielo nuvoloso, era limpidissima, una finestra che, sotto palafitte erose dal tempo, si apriva su un mondo di stelle marine grandi come il coperchio di un bidone della spazzatura, meduse delle dimensioni di palloni da baseball e cirripedi come pugni di uno scaricatore. Questa era l'Alaska: una terra così esuberante di vita da caricare un uomo, risollevarlo e persino riportarlo indietro dall'aldilà.
Da qualche parte, in alto, la luna risplendeva bella e piena... ma quel giorno, ad Angoon, infuriava una tormenta di neve.
Il vento fischiava, battendo a tutta forza la strada principale del villaggio. Gli spazzaneve municipali avevano rinunciato da un pezzo a liberare le vie.
Arnie Hooper, un vecchio pescatore dell’isola, era stato colto dalla tormenta a quindici chilometri dal paese, ed era stato costretto a fermare il carrello azionato da un motore diesel e rifugiarsi nella baracca degli attrezzi e dei segnali di una vecchia ferrovia, dove, aspettando che finisse la nevicata, fu il primo a testimoniare la discesa del meteorite.
Arrivò basso e luminoso, un corpo celeste di circa un chilometro che, anziché aumentare di velocità una volta a contatto con la forza di gravità del pianeta, sembrò rallentare a mezz’aria. Quasi come se non fosse un meteorite…ma un mezzo di trasporto dotato di freni.
Arnie fu l’unico a testimoniarne la discesa in prima persona. Tuttavia, l’impatto sarebbe stato rilevato anche da altri…


Era l’autunno del 2027.
Tutta Miami e tutti i suoi abitanti erano rimasti colpiti e sconvolti dall'assassinio del Procuratore Attorney, avvenuto in circostanze straordinarie e inspiegabili.
Il pubblico era già al corrente di quei particolari del delitto che erano emersi dalle indagini condotte dalla polizia, poiché i fatti relativi al decesso erano stati resi pubblici appena pochi secondi dopo l’accaduto. Dopotutto, l’uomo era precipitato dal municipio con il corpo completamente in fiamme, prima di sfracellarsi al suolo di fronte a centinaia di civili e passanti.
Non che tutti brancolassero nell’ombra, al contrario. C’erano alcune persone che erano ben consapevoli delle cause imputabili alla morte del presunto funzionario pubblico.
Una di queste stava attualmente camminando nei pressi di una vecchia casa abbandonata, al 221 di Baker Street, New York.
A dispetto di quello che un qualunque passante avrebbe potuto inizialmente pensare, la suddetta abitazione non era altro che una messa in scena semplice ma astuta, concepita da un uomo che conosceva bene la curiosità dei suoi simili. E perfettamente adatta allo scopo.
Brutta e massiccia, la struttura arrivava a sei metri d'altezza, sostenuta da grosse gambe di legno che partivano da una piattaforma. Su quelle gambe era stato costruito un alloggiamento a sezione triangolare con le estremità aperte.
Da uno degli angoli superiori della struttura sporgeva una protuberanza arrotondata con due feritoie, come due occhi. I fianchi erano coperti di pelli. La piattaforma che sosteneva le gambe giaceva orizzontale sul terreno.
Tutti gli abitanti che posavano i propri occhi su quella roccaforte si stupivano di quanto fosse brutta e mal ridotta, provando l’istinto improvviso e innaturale di allontanarsi da essa il più rapidamente possibile. Così facendo, rimanevano inconsapevoli del fatto che si trattasse di una semplice illusione creata per mascherare quello che era il Sancta Sanctorum, abitazione dello Stregone Supremo e Vendicatore Stephen Strange.
L’uomo in questione attraversò la barriera invisibile con passo lento e marcato, ritrovandosi di fronte alle vere fattezze dell’edificio : una suntuosa villa vittoriana dalla copertura in blu magenta, punto focale delle linee magiche che attraversavano il continente americano, e uno dei luoghi più sorvegliati e sicuri dell’intero pianeta.
Una volta entrato, Strange fu reso partecipe di una visione piuttosto insolita. Il suo collaboratore, Wong, sedeva nella penombra del salotto, le mani incrociate di fronte ad un volto impassibile dalle fattezze orientali.
Lo Stregone Supremo inarcò un sopracciglio.
<< Sei sulla mia sedia >> osservò con tono di fatto.
Wong lanciò una rapida occhiata al suddetto mobile.
<< Sì…immagino di sì >> ammise senza vergogna, prima di tornare a fissare l’Avenger. << Dove diavolo sei stato? >>
<< Ho avuto della roba di cui occuparmi >> rispose Strange con una scrollata di spalle, suscitando un roteare degli occhi ad opera del monaco.
<< Enigma sopravvalutato, soprattutto a quest’ora del mattino >> disse con tono incrollabile.
Lo stregone cominciò salire le scale che conducevano al piano superiore e Wong fu costretto a seguirlo.
<< Niente di apocalittico >> continuò Stephen, << Solo un demone che stava impersonando il procuratore di Miami per liberare il maggior numero possibile di criminali >>
E, detto questo, estrasse un ampolla da sotto la veste. All’interno del contenitore spiccava una sorta di vapore rossastro, con chiazze luminose che delineavano la forma di un volto grottesco.
Wong scrutò l’oggetto con circospezione e rilasciò un sospiro rassegnato.
<<  Avresti potuto avvertirmi. Ti ho fatto una minestra, ma si è raffreddata >> borbottò amaramente.
Strange camminò fino ad una porta blindata, lanciando al monaco un sorriso divertito.
<< Scusa, non volevo farti preoccupare >>
<< Ero preoccupato per il Sancta Sanctorum >> ribattè l’altro, visibilmente stizzito. << Senza lo Stregone Supremo...>>
<< È comunque in grado di sopravvivere un paio di giorni senza di me >> lo ammonì l’Avenger, mentre compiva un paio di rapidi movimenti con la mano libera.
Come ad un segnale, i vari lucchetti e meccanismi di blocco della porta si aprirono di scatto, rivelando gli interni della stanza.
La cripta era formata da un ambiente centrale a pianta rettangolare, con volta a botte misurante circa tra 5,60 per 9,90 metri.
Ogni parete della stanza era ricoperta da credenze, armadi e cassaforti in legno massello, sopra i quali erano disposti ordinatamente vari oggetti dalle fattezze antiche. Oggetti che andavano da semplici vasi ad amuleti di fattura orientale, prelevati direttamente dalle sabbie del tempo.
Questo era probabilmente il posto più pericoloso dell’intera città, poiché esso conteneva tutti quei demoni, spiriti maligni ed esperimenti delle arti oscure che i vari stregoni supremi susseguitisi nel tempo erano riusciti a intrappolare.
<< A tal proposito, non mi tratterrò a lungo. Ho percepito una distorsione energetica in Perù circa due ore fa  >> continuò Strange, mentre riponeva l’ampolla all’interno di un cassetto.
Al sentire tali parole, Wong si ritrovò a sospirare ancora una volta. Era tipico di Strange non tener conto della propria salute a favore dei suoi compiti da stregone.
<< Dovresti prima mangiare qualcosa. Mantenerti in forze >>
<< Quando torno >> disse l’uomo, con fare disinvolto.
Il dispiacere sul volto del monaco si fece man mano più evidente.
<< Sei troppo ostinato quando si tratta di lavoro, lo sai?>>
<< Per questo sono il migliore in quello che faccio >> ribattè l’altro, con un occhiolino malizioso.
Fece per uscire dalla stanza, quando…
STUNG!
Strange si voltò di scatto, attirato dal rumore improvvise. Aveva decisamente sentito qualcosa sbattere…eppure, nelle stanza, nulla sembrava fuori posto.
Wong si affiancò a lui, scrutando a sua volta gli interni della cripta. Forse era entrato un topo.
Poi, lentamente, il suono cominciò a ripetersi, questa volta a intervalli regolari. Strange si rese conto che proveniva da uno dei cassetti.
Lo stregone, dopo aver lanciato un’occhiata guardinga al compagno, fece per avvicinarsi…ma un secondo Stung! richeggiò alla sua sinistra, facendolo sobbalzare. E poi un altro, proveniente da un terzo cassetto. E un altro ancora.
Ed entro appena mezzo minuto, ogni singolo mobile o barattolo presente nella stanza cominciò a tremare o a sbattere, come se tutto ciò che contenesse quella camera si fosse finalmente svegliato da un sonno primordiale e avesse scelto quel momento esatto per rendere nota la sua presenza.
Era come se ogni demone o spirito catturato durante i secoli…fosse agitato per qualcosa.
Dopo quello che sembrò un tempo interminabile,  tuttavia, l’intera manifestazione si fermò di colpo.
Un silenzio inesorabile sembrò calare nelle profondità di quella prigione.
<< Ok…questa è nuova >> mormorò Strange, il volto adornato da un’espressione a metà tra l’incredulità e la preoccupazione.
Cosa diavolo era appena successo?

                                                                                                                                                       * * * 

Carol si tenne in equilibrio sulla cima del serbatoio idrico a forma di torre, il punto più alto di tutta l’area, e guardò la città di cartapesta che si estendeva sotto di lei. Si trattava solo di un paio di edifici e di piccole strade con facciate, che, da quell’angolazione, parevano banali. Nonostante ciò, rispetto al resto dello stato, sembrava normale. Normale e pacifica. Non era difficile trovare gente che gironzolasse là intorno, perché era un posto dove, per un paio di isolati, si poteva camminare su un marciapiede e far finta che il mondo avesse ancora un senso.
Carol aveva visitato quel luogo solo  due volte. La prima volta quando era solo un villaggio costruito per ospitare le famiglie dei vari scienziati che partecipavano al programma nucleare. Un’amica di un’amica ce l’aveva portata un mare di anni prima, e avevano passato un pomeriggio a visitare i vari centri di ricerca e a fare qualche volo. Al tempo le era sembrato uno dei posti più fantastici del mondo. 
Fu proprio da quella visita che la città di cartapesta gli rimase per sempre impressa nella memoria. La seconda volta era stata di notte, con il costume addosso.
Si trovava esattamente nello stesso punto, in cima alla torre del serbatoio, mentre il vento le scorreva tra i capelli. Un piccolo viaggio a ritroso nella memoria, dopo il suo ritorno sulla Terra avvenuto circa dieci anni prima. Sembrava passata un’eternità.
Situato nelle piane del Nevada, quel piccolo villaggio era stato trasformato in uno dei maggiori centri di ritrovo dell’alto comando degli Stati Uniti d’America, nonché base di uno Shield ormai riformato e completamente ripulito dall’Hydra.
Carol scrutò la zona con circospezione, fino a quando i suoi occhi non si posarono su una figura ben distinta. Un uomo alto e di colore, vestito con una sontuosa giacca in pelle nera e pantaloni abbinati. Tratto distintivo era sicuramente la benda che gli correva sull’occhio destro, risultato di un incidente di cui lei stessa era stata partecipe.
La figura in questione non era altri che Nick Fury in persona, direttore dello Shield e fondatore del progetto Avengers.
Attualmente, l’uomo era intento a leggere una copia cartacea del New York Times.
Un terremoto in Perù aveva mietuto un numero imprecisato di vittime. Il governo peruviano sottolineava che le ottime strutture architettoniche avevano contenuto i danni, ma le riprese dei cellulari evidenziavano macerie e cadaveri coperti di polvere.
Una piattaforma petrolifera era in fiamme nel golfo del Messico, forse per colpa di un sabotaggio, anche se nessuno se ne assumeva la responsabilità. Dal punto di vista diplomatico, tutte le nazioni intorno si comportavano come una banda di ragazzini che rompono una finestra giocando a baseball e scappano a casa senza pensarci due volte.
A Los Angeles, l’FBI era da quaranta giorni a un punto di stallo con l’esercito privato del Culto di Thanos.  L’allegra combriccola si rifiutava di pagare le tasse, rispettare i principi della costituzione o consegnare la loro scorta di armi automatiche.
In calce alla prima pagina, la foto di una giovane donna dalla faccia scavata di fronte a un capannone sugli Appalachi, con un neonato in braccio : Cancro nel paese del carbone.
La notizia ricordò a Fury la fuoriuscita di sostanze chimiche in un torrente del posto, trentacinque anni addietro. Come risultato, l’erogazione idrica era stata sospesa per una settimana. A quanto pare la faccenda si era risolta, ma da allora lui aveva sempre e solo bevuto acqua in bottiglia, per non rischiare.
Il sole gli scaldava la faccia.
Nick guardò brevemente in direzione di due grandi olmi gemelli in fondo al viale. Gli alberi gli facevano pensare a fratelli, sorelle, mariti e mogli. Lui era certo che sottoterra le loro radici fossero avvinghiate in una struttura indissolubile.
Montagne rosso scuro sbucavano in lontananza, mentre le nuvole sembravano squagliarsi di un cielo carta da zucchero. Gli uccelli volavano e cantavano. Era un peccato mortale che la gente non apprezzasse lo splendore di quel tratto di deserto.
Invece Fury non era un irriconoscente. Non si sarebbe mai immaginato di potersi permettere un panorama simile. Si chiese quanto sarebbe dovuto diventare decrepito e flaccido prima di riuscire a cogliere il senso della fortuna di alcuni e della scalogna toccata ad altri.
Certo, morire e tornare in vita aveva pesantemente influenzato questo particolare cambiamento di visione. E forse non era stato nemmeno l’unico.
In quel momento, una luce abbagliante lo costrinse ad alzare lo sguardo in direzione della volta celeste.
Carol Danvers atterrò dolcemente di fronte a lui, il volto adornato da quel sorriso che era riservato solamente ad una cerchia ristretta di persone.
<< Sei ingrassato >> dichiarò la giovane donna, dopo averlo scrutato attentamente da capo a piedi.
Fury roteò il suo unico occhio.
<< E tu sei una visione come sempre >> ribattè con un’espressione impassibile, mentre procedeva ad abbracciare la mezza Kree.
Quest’ultima restituì il gesto con affetto, pur facendo attenzione a non esercitare troppa forza. Dopotutto, avrebbe potuto spezzare la colonna vertebrale di un normale essere umano senza nemmeno rendersene conto.
<< Perché sei ancora qui? >> chiese di punto in bianco, dopo essersi staccata.
Fury indicò brevemente un edificio a pochi metri da loro. A differenza delle case di cartapesta era fatto interamente di cemento e quello che aveva tutta l’aria di essere marmo bianco. Inoltre, la struttura di base rettangolare era abbastanza grande da poter passare per una base aerea, come ci si sarebbe aspettato dal nuovo quartier generale dello Shield.
<< Dentro non si può fumare >> rivelò Fury, mentre estraeva un pacchetto di sigarette dalla tasca del giaccone.
Carol lo fissò stranamente.
<< Da quando fumi? >>
<< Da quando sono stato trasformato in un mucchietto di polvere al vento >> ribattè l’altro, scrollando le spalle e tirando fuori dalla scatola un paio di cicche. << Ho capito che la vita è troppo breve. Ne vuoi un po'? >>
<< No, grazie >> rispose la bionda, fissando il pacchetto con lieve disgusto. Non le era mai piaciuto l’odore del fumo, le ricordava troppo…suo padre.
Scosse rapidamente la testa da quei pensieri e tornò a guardare la base, notando la presenza di un cospiscuo gruppo di uomini armati vestiti con uniformi di fattura militare.
<< E loro? >> chiese con una punta di curiosità.
Fury accese la propria sigaretta e lanciò una rapida occhiata in direzione dell’accozzaglia di soldati.
<< Sono qui con la squadra speciale di sicurezza, il vice presidente parteciperà all'evento>>
<< Una squadra speciale di sicurezza? >> disse Carol, visibilmente sorpresa. << Per un incontro formale dello Shield? Mi sembra eccessivo >>
<< Credo sia più dovuto al fatto della tua presenza >> rispose Fury, prendendo una rapida boccata di fumo.
La giovane donna lo fissò sbalordita.
<< Non sono altro che un diplomatico>> disse con tono di fatto, incrociando ambe le mani davanti al petto.
Al sentire tali parole, il direttore non potè fare a meno di abbaiare una piccola risata.
<< Non sottovalutarti, Carol.  Per loro sei un incidente internazionale in attesa di accadere >> rivelò con una scrollata di spalle, facendo sussultare la mezza Kree.
L’eroina nota come Capitan Marvel arricciò ambe le labbra in una smorfia scontenta.
<< A volte mi chiedo come tu riesca a lavorare con queste persone >>
<< Perché sono l'ultima speranza dell'umanità contro la tua razza, signorina Danvers >> disse una voce improvvisa alle spalle del gruppo.
Carole strinse i pugni, riconoscendo all’istante quel timbro nasale e compiaciuto al tempo stesso. Apparteneva ad una delle poche persone su questo pianeta che erano capaci di farla infuriare con la loro sola presenza.
Fury mantenne un’espressione impassibile, porgendo al nuovo arrivato un cenno rispettoso del capo.
<< Senatore Kelly, un piacere come sempre >> disse con tono informale, confermando i sospetti di colei che lo affiancava.
Carol si voltò. Dietro di lei aveva appena preso posto la figura di un uomo alto e magro, apparentemente sulla cinquantina, dai corti capelli castani tirati all’indietro. Indossava un paio di occhiali da vista e un completo blu scuro.
Costui non era altri che Robert Kelly, Senatore alla camera di Washington e uno dei maggiori esponenti delle leggi promulgate a sfavore degli umani dotati di poteri.
<< Di cosa sta parlando? L'umanità non ha bisogno di protezione da noi >> disse freddamente Carol, assottigliando lo sguardo.
Kelly abbaio una risata, come se avesse appena sentito uno scherzo divertente.
<< Ah, Miss Carol, vorrei tanto avere il suo ottimismo. Credere che voi non siate altro che gli angeli custodi giunti tra noi comuni mortali per rispondere alle nostre preghiere >>
E, dopo aver detto questo, l’espressione sul volto dell’uomo si fece improvvisamente molto più seria.
<< Ma anche Lucifero era un angelo, o sbaglio? >>
<< Un’analogia del tutto fuori luogo >> rispose la donna, con un sonoro sbuffo.
Il senatore si strinse nelle spalle.
<< Io non credo. Dopotutto, gli accordi di Sokovia erano stati approvati proprio per questo. Ma sembra che dopo l’incidente con…Thanos… >> disse con una punta di esitazione, << la gente abbia preferito dimenticare >>
<< Non dovrebbe soffermarsi sul passato >> ribattè Carol, il tono di voce ornato da una punta di insistenza.
Kelly si limitò a roteare gli occhi.
<< Sto parlando di adesso. Statisticamente parlando, gli Avengers rappresentano la più grande minaccia alla sicurezza globale>>
<<  Ricordo che dicevamo la stessa cosa dei sovietici >> disse all’improvviso Fury, attirando l’attenzione della coppia.
Il senatore prese fissarlo stranamente, mentre questi lasciava cadere a terra la sigaretta e la spegneva con il piede.
<< Fu in quel periodo che mi resi conto di una cosa : il nemico non è mai così cattivo come si pensa... E forse noi non siamo poi così buoni>> continuò il direttore dello Shield, facendo ridacchiare Kelly.
<< Parole di un vero politico >> commentò l’uomo. Fatto questo, procedette ad allontanarsi, non prima di aver lanciato un cenno beffardo in direzione di Carol.
La bionda schioccò la lingua, visibilmente infastidita.
<< Non lo sopporto >>
<< Mi domando il perché >> borbottò Fury, con un sospiro scontento.
Certe cose non cambiavano mai.
Anche dopo anni, l’umanità riusciva sempre a ripetere gli stessi errori. Era come se ci provasse gusto.
Con quel pensiero in mente e il cuore pesante, l’uomo cominciò a seguire il senatore dentro alla base, affiancato rapidamente la figura di Carol.

                                                                                                                                                       * * *

La ragazza era nuda, e stava appoggiata con la schiena contro una parete coperta di mucillagine giallastra.
All'improvviso, prima che avesse la possibilità di lottare contro il panico che ingigantiva dentro di lei, il viscidume cominciò  salire lungo le cosce del suo corpo indifeso.
In preda a un terrore folle, la ragazza prese a urlare, mentre l'orrore continuò a strisciare sulla pelle nuda e sudata. Gli occhi quasi le schizzarono dalle orbite.
Spinta dalla forza della disperazione, cominciò a dibattersi. Fu inutile... i polsi e le caviglie erano saldamente incatenati alla superficie di una parete.
 A poco a poco, la mucillagine ripugnante salì all'altezza dei seni. E poi, mentre l'orrore indescrivibile le sfiorava le labbra, un ruggito vibrante e una voce fantasma echeggiarono nella camera buia.
<< Wanda? Wanda! >>
Il sonno indotto dalla droga svanì nel nulla e la ragazza incominciò una lotta tormentosa per riprendere i sensi. Una luce fioca e nebbiosa accolse gli occhi che si schiudevano lentamente, e un lezzo atroce di putredine le penetrò nelle narici.
Era tutto irreale, impossibile, si rese conto al momento del risveglio. Doveva essere stato un incubo.
Una volta messa a fuoco l’area circostante, Wanda Maximoff notò la presenza di colui che l’aveva svegliata. Si trattava di Bobby Singer, il figlio dei vicini.
Un ragazzino dai corti capelli biondi e gli occhi azzurri, che a parere della ragazza sembrava uscito direttamente dal film “Il sesto senso”.
<< Come diavolo sei entrato? >> borbottò attraverso la bocca impastata, mentre cercava di alzarsi. Uno sforzo che si rivelò del tutto inutile.
Nel mentre, il bambino indicò il retro dell’appartamento.
<< Hai dimenticato di chiudere la porta >>
<< E perché sei qui? >> continuò l’ex-Avenger, fissandolo con occhi arrossati e leggermente bagnati dalle lacrime.
Bobby si limitò a stringersi nelle spalle.
<< Ti ho sentito urlare e mi sono spaventato. Pensavo che ti fosse entrato un ladro in casa >>
<< Bhe, come puoi vedere sto bene >>
<< Non mi sembra>> ribattè l’altro, scrutandola con circospezione.
La giovane donna sbuffò stizzita. A volte quel ragazzino poteva essere una vera seccatura. Gli ricordava Pietro…
Scosse la testa per liberarsi da quel pensiero, cosa che si rivelò una pessima linea d’azione.
Come dal nulla, un forte dolore le attraversò le tempie, facendola trasalire.
Bobby la fissò preoccupato, prima di sollevare le labbra in un piccolo sorriso.
<< Stanotte ho sognato che mangiavo una torta al cioccolato con Capitan America >> rivelò casualmente.
Poi, arricciò il volto in una smorfia.
 << No, non è vero, me lo sono inventato. In realtà ho sognato la mia insegnante. Continuava a dirmi che ero nell’aula sbagliata, io continuavo a dirle che ero in quella giusta, e allora lei rispondeva d’accordo, riprendeva la lezione per un po’, e poi mi ripeteva che ero nella stanza sbagliata, io le ripetevo che no, ero in quella giusta, e così via. Esasperante al massimo. Tu che cos’hai sognato? >>
<< Uhm…>>
Wanda si sforzò inutilmente di ricordarlo. La nuova medicina sembrava renderle il sonno più pesante.
Prima le capitava di avere incubi su Visione. In genere il suo vecchio amante aveva lo stesso aspetto dell’ultima volta che l’aveva visto, con la pelle marezzata di grigio, come se fosse un cadavere sbiadito.
Wanda aveva chiesto al Dottor Banner se pensava che i sogni c’entrassero qualcosa con il senso di colpa. L’uomo l’aveva guardata di traverso con la sua espressione da mi-stai-prendendo-in-giro che la mandava in bestia ma aveva imparato a sopportare, e poi le aveva domandato se credeva o no che i conigli avessero le orecchie grandi e lunghe. Va bene. Ricevuto.
Comunque, Wanda non sentiva la mancanza degli incubi su Visione…ora aveva solo incubi e basta. Un grande miglioramento, a parer suo.
<< Scusa, Bobby, niente di niente. Se ho fatto un sogno, ormai è bello che sparito >> borbottò amaramente.
Fatto questo, usò il muro adiacente per sostenersi e riuscì ad alzarsi in piedi.
L’odore dell’appartamento era quasi insopportabile. Wanda sentì accapponarsi la pelle nuda e si sforzò di non vomitare, stringendo la vestaglia. Il puzzo era un misto di sostanze chimiche bruciate, fumo stantio di marujana e cibo avariato. La ragazza si guardò intorno con il più flebile dei respiri.
Quella stanza una volta era usata da un gruppo di spacciatori per la produzione di metanfetamine, ecco perché era riuscita a comprarla nonostante il suo scarso fondo monetario.
Al centro vi era una cucina a gas attaccata con tubi ingialliti a due bombole bianche. Sul bancone contro la parete, boccioni d’acqua, una confezione aperta di sacchetti a chiusura ermetica, pezzi di sughero, cumuli di fiammiferi usati e un lavello portatile collegato ad una macchinetta che si snodava dall’esterno. Sul pavimento, bottiglie sia vuote che piene di vari liquori e lattine schiacciate.
Dopo aver estratto alcune pillole che teneva nella vestaglia, ne afferrò una e bevve un rapido sorso, accompagnato dalle capsule.
Wanda chiuse gli occhi e immaginò di sognare.
L’appartamento era diventato un rudere. Folti rampicanti salivano lungo le antiche pareti della stanza, spettinati dalla bellezza settembrina. Il tetto era cosparso per metà, consumato dal tempo e ridotto ad una gronda. Qualche lucertola scorrazzava su un cumulo di detriti rugginosi. Farfalle piroettavano nell’aria. Un intenso odore di terra e foglie impregnava i resti dell’abitazione.
Bobby le era accanto e sbirciava emozionato attraverso un buco del muro.
<< Perché bevi tanto? >>
La visione si infranse.
Wanda emise un gemito. Bhe, era stato bello finchè era durato.
La sua esistenza era migliorata di netto grazie alle pillole del Dottor Banner. L’aspettava sempre un luogo sereno e felice. Bisognava dare credito a quell’uomo : la chimica ti aggiustava la vita.
Wanda riaprì gli occhi. Il bambino lo fissava con aria stranita.
<< Cosa c’è che non va? >> le chiese.
<< Nulla, ero in paradiso, punto e basta. E la tua boccaccia ha rovinato tutto >>
<< Non capisco >>
<< Non importa >> sbuffò la Scarlet Witch, lasciando cadere la bottiglia vuota sul pavimento.
Bobby fissò la scena con un’espressione vagamente disgustata.
<< Devi ancora rispondermi. Perché bevi tanto? >> ripetè con maggiore enfasi.
Wanda lo fisso impassibile.
<< Perché ho paura >> rispose con voce fredda e distaccata, suscitando uno sguardo confuso ad opera del bambino.
<< Anch'io ho paura, però non bevo >>
<< La tua paura e la mia sono di due generi diversi >> ribattè la ragazza, compiendo un gesto sprezzante con la mano destra.
L’espressione sul volto di Bobby si fece ancora più perplessa.
<< Non capisco >>
<< Col passare degli anni aumentano le cose che non riusciamo più ad aggiustare >> continuò l’altra, mentre apriva il cassetto del comodino ed estraeva alcuni vestiti.
Bobby abbassò lo sguardo a terra, prima di lanciarle un’occhiata pietosa.
<< Ci si stanca? >>
<< Sì, ci si stanca. Ora esci, mi devo cambiare >>
Bobby fece come ordinato, con grande soddisfazione dell’ex-Avenger.
Una volta sola, la ragazza rilasciò un sospiro affranto. Solo un’altra allegra giornata per Wanda Maximoff, niente di nuovo.
Doveva parlare con Banner, e alla svelta.




Com'era ? Spero bello ! Ebbene sì, i fan di Thor e della mitologia norrea avranno notato che abbiamo integrato il mito di Jormungand con il retroscena di King Ghidorah. Ci è davvero dispiaciuto quando l'MCU si è rifiutato di utilizzare questo mito, uno dei nostri preferiti, quindi abbiamo deciso di realizzarne la nostra versione. 
L'animale incontrato nella nave è, come ha detto Rocket, una vera e propria pulce gigante. Potete immaginare a quale creatura era attaccata...
La meteora con il quale viaggia Ghidorah, nel frattempo, è giunta sulla Terra, e l'arrivo della creatura non è passato inosservato alle forze del male.
Nel mentre, vi ho fornito una rapida panoramica di come il pianeta si stia ancora riprendendo dallo schiocco di Thanos. I fan degli X men avranno sicuramente riconosciuto Robert Kelly, uno dei maggiori sostenitori delle leggi anti-mutanti, che qui ho deciso di rendere un sostenitore delle politiche anti-superumani. 
E sì...Wanda non è messa bene, la morte di Visione l'ha colpita molto.
Nel prossimo cap...Ghidorah farà finalmente la sua apparizione !

 
  
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