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Autore: fefi97    01/06/2019    4 recensioni
[sterek; sai tenere un segreto AU; altamente demenziale; tutti umani]
Derek ha dei segreti. Ma sono segreti piccoli, che non fanno male a nessuno. E se non dice al suo fidanzato che certi aspetti della loro relazione proprio non vanno, è solo perché non vuole ferirlo. Per questo ha dei segreti, per non ferire le persone, ed è più che legittimo.
Ma quando conosce Stiles Stilinski, improvvisamente non sembra esserci più spazio per i segreti.
Quando poi scopre che Stiles non è esattamente chi si aspettava che fosse, le cose non faranno altro che complicarsi.
Genere: Commedia, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Deputy Parrish, Derek Hale, Stiles Stilinski
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Sedicesimo Capitolo

 

 

 

-Non ci posso credere! -

Jackson cerca di mantenere la voce bassa per non svegliare Isaac, praticamente svenuto dentro la Porche, ma con risultati molto scarsi.

Io mi mordo il labbro con aria colpevole.

-Pensavo dovessimo odiarlo! Ha detto a tutti i tuoi segreti, Derek. -la voce di Jackson è lugubre e piena di accusa. Sembra anche stranamente nervoso, in realtà. Insomma, so che non è un grande fan di Stiles, ma da quando gli ho detto che siamo tornati insieme, mi sta trattando come se gli avessi fatto un torto personale.

-Non ce la faccio ad odiarlo! Anche se ha detto tutti i miei segreti. - quasi mi giustifico, dondolando sui piedi.

Jackson mi fissa disgustato, appoggiato con un gomito al tettuccio della macchina, mentre l'altro braccio è infilato dentro la portiera aperta e cerca di contenere Isaac che delira dal sedile del passeggero.

Isaac ha esagerato un po' con il vino. Il fatto è che Isaac regge se possibile anche meno di me e stasera, con la scusa che fosse il festeggiato, tutti non facevano che riempirgli il bicchiere. Inoltre penso che il debutto di Jackson nel mondo della monogamia pubblica lo abbia reso un po' troppo euforico.

Stiles ed io eravamo seduti sugli scalini del ristorante a chiacchierare (cioè io raccontavo a Stiles cosa si fosse perso in questo interminabile tempo passato l'uno lontano dall'altro), quando abbiamo sentito Jackson imprecare mentre trascinava in giardino un Isaac ridacchiante e completamente fuori di testa.

E quindi eccoci qui, fermi accanto alla Porche di Jackson, dopo che abbiamo aiutato Isaac a vomitare tra i cespugli pregando che il suo capo non lo vedesse.

La cosa più imbarazzante è che è riuscito a schizzare di vomito le scarpe di Stiles. La cosa ancora peggiore è che, mentre Stiles è in bagno a darsi una sistemata, Jackson ne sta approfittando per farmi il discorso “ sei-sicuro-che-perdonarlo-sia-la-scelta-giusta-guarda-che-ha-detto-tutti-i-tuoi-segreti”.

Jackson mi fissa dritto negli occhi, serissimo.

-Sei assolutamente sicuro? Non lo odi più? Non dobbiamo più odiarlo? - domanda a bruciapelo e io inclino il capo perplesso.

-Certo che sono sicuro, non lo odio e non dovete farlo nemmeno voi. -

Jackson emette un profondo sospiro.

-Cazzo. Missione annullata allora. - borbotta nervosamente e io lo guardo perplesso.

Sto per chiedergli di cosa stia parlando, quando un tocco delicato sulla spalla mi fa voltare appena la testa.

Stiles è di nuovo al mio fianco e basta questo per farmi dimenticare tutto e farmi sciogliere completamente. Stiles è qui. Siamo di nuovo insieme e niente ci separerà questa volta.

Mi sorride dolcemente e io ricambio, sorridendo appena.

Dio, è stupido pensare che sia ancora più bello dall'ultima volta che l'ho visto vero? La lontananza mi ha reso ancora più irrecuperabile.

-Come sta Isaac? - chiede Stiles gentilmente, guardando Jackson con cautela.

Stiles è abbastanza intelligente da capire che Jackson rimarrà in modalità ostile ancora per un po', almeno finché non sarà certo che io stia bene. Poi si calmerà. Almeno spero.

Isaac però era felice che fossimo tornati insieme. O perlomeno, sembrava felice prima che si appendesse a Jackson strillando che dovesse vomitare.

-Ubriaco marcio. - risponde Jackson, laconico, continuando ad accarezzare con gesti lenti i capelli di Isaac, che si sta lamentando piano da dentro la macchina, la testa piegata contro il sedile e gli occhi chiusi.

-Dovremmo andare a casa. - dico preoccupato, gettandogli un'occhiata apprensiva.

-Se vuoi posso accompagnarti io. - propone Stiles, sempre con cautela.

Esito, gettando un'occhiata a Jackson.

Non chiedo di meglio di stare ancora un po' con Stiles, ma non voglio nemmeno abbandonare Isaac quando sta male.

Ma Jackson sbuffa, ancora vagamente disgustato, ma meno in modalità assassina rispetto a prima.

-Vai. Mi occupo io di Mr. Bevo Ancora Un Bicchiere Che Sarà Mai. E' tutto sotto controllo. -

-Sicuro? - insisto per scrupolo, ma le mie dita hanno già cercato e trovato quelle di Stiles, stringendole forte.

Jackson annuisce, alzando gli occhi al cielo.

-Andate, prima che vomiti anche io per tutto lo zucchero che trasudate. -

Stiles ride piano, mentre io scoppio un sorriso enorme.

-Grazie! - cinguetto, sporgendomi sulle punte per baciare una guancia a Jackson, che emette un verso disgustato, giusto per essere gentile.

Mi abbasso un pochino verso Isaac, che sta ancora bofonchiando cose senza senso, pallido come un cencio.

-Isaac? Ci vediamo dopo, va bene? Jackson si prenderà cura di te.-

-Mmh no, reggo benissimo, dammi il vino bianco. - borbotta Isaac ad occhi chiusi, aggrottando la fronte.

Okay, immagino che dovrò aspettare domattina per avere una conversazione di senso compiuto con lui.

Dio, gli rinfaccerò questa cosa per secoli.

Dopo anni passati a sorbirmi i rimproveri di Isaac sul fatto che bevessi troppo, finalmente avrò la mia vendetta.

Così Stiles e io ci ritroviamo a passeggiare mano nella mano, diretti alla sua macchina. Ormai è fine aprile, non fa più tanto freddo, ma questo non mi impedisce di tenermi stretto a Stiles come se stessi affrontando un gelido inverno in Russia.

Quanto mi era mancato.

Non posso fare a meno di osservare il suo profilo, di registrare ogni dettaglio del suo viso, come se non lo vedessi da mesi e non da pochi giorni. La barba gli è cresciuta ancora, sembra pungente ma era morbida sotto le mie dita, mentre ci baciavamo. Ha l'aspetto scombinato e austero di sempre, ma i suoi occhi brillano, il suo viso è rilassato, le sue labbra si piegano ogni volta che si accorge che lo sto fissando.

E' felice.

Basta questa consapevolezza a riempirmi il cuore di gioia e a farmelo accelerare.

-Quindi, riassumendo le cose che mi sono perso – esordisce Stiles, facendo dondolare le nostre mani intrecciate e strappandomi una risatina – Jordan sta con qualcuno che ama i baffi... -

-E il western! Non posso credere che gli piaccia davvero il western. -

-... e Jackson e Isaac hanno ammesso di stare insieme. -

Ridacchio.

-Sì. Isaac mi ha pure raccontato come si sono messi insieme. Jackson a quanto pare ha fatto irruzione al suo appuntamento con Paul e ha cominciato a urlare cose sconnesse sul perché non avrebbero assolutamente funzionato come coppia e su quanto lo odiasse, alternate a vari motivi per cui Isaac dovesse stare con lui e non con Paul. Il tutto davanti a Paul che non capiva cosa stesse succedendo. -

Stiles emette un verso angosciato.

-Maledizione. Avrei dato via tutto il mio patrimonio per potere assistere a una scena del genere. -

Rido di nuovo, sporgendomi a baciargli una guancia.

Adoro che Stiles abbia un lato pettegolo quanto il mio, sebbene più discreto.

Siamo fatti per stare insieme, nessuno può osare negarlo.

-Anche io! Vedere Jackson che si auto contraddice mandando all'aria la filosofia di una vita per fare il monogamo con Isaac... sarebbe stato un sogno che si avvera. -

Stiles mi lancia uno sguardo saputo.

-Te lo avevo detto che fosse innamorato di lui da sempre. -

Sorrido, non resistendo a baciargli di nuovo la guancia, solo che questa volta Stiles volta il viso, facendo scontare dolcemente le nostre bocche.

Lo fisso e so che i miei occhi sono luminosi quanto i suoi.

-Lo so. Hai sempre ragione. - mormoro contro la sua bocca e Stiles sorride, accarezzandomi una guancia.

-Non sempre. Solo quelle poche volte in cui tu hai torto, ovviamente. - mi arruffiana prendendomi dolcemente in giro, e io gli mordo il naso per dispetto.

Dopo qualche minuto, arriviamo finalmente alla macchina.

Non è la jeep di Stiles, è la macchina nera e grande con cui Theo mi ha accompagnato a casa dopo il mio secondo appuntamento con Stiles. Deve essere la macchina con cui Stiles si fa accompagnare agli eventi importanti. Infatti, seduto al posto di guida con l'espressione più letale e irritata del mondo, c'è proprio Theo.

Scommetto che riuscirò a fargli tornare il sorriso, quando saprà che Stiles e io siamo tornati insieme! Ci teneva così tanto al fatto che facessimo pace, in fondo.

Stiles mi apre la portiera sul retro, salendo poi dopo di me.

Theo non si gira neppure verso di noi, non ci saluta. Si limita ad avviare il motore e a patire in maniera così brusca che avrei sbattuto la testa contro il finestrino, se Stiles non mi avesse afferrato per il braccio, aiutandomi poi a mettere la cintura.

Okay, ho un po' paura di Theo quando ha questo umore. E' sicuro farlo guidare? Stiamo affidando le nostre vite a un uomo che ha dovuto fingere un attacco di dissenteria solo per far venire Stiles da me. Non penso che sia sicuro.

Ma Stiles sembra assolutamente tranquillo, mentre si mette a sua volta le cinture.

Penso che sia abituato, e non so se questo dovrebbe rassicurarmi o meno.

-Accompagniamo prima Derek a casa. - si limita a dire Stiles, facendo scivolare una mano nella mia. La stringo forte, portandomela in grembo e accarezzandola con i pollici.

Theo si limita a un grugnito.

Okay, spetta a me risollevare il suo umore.

-Siamo tornati insieme! - esclamo, senza nemmeno cercare di contenere la felicità.

Sento Stiles ridacchiare con affetto, ma l'espressione di Theo rimane assolutamente immutata nello specchietto.

-Contento per voi. - snocciola, in tono piattissimo.

Aggrotto la fronte, senza perdere il sorriso.

-Pensavo che ne saresti stato contento, dopo tutto il discorso che mi hai fatto sul fatto che dovessimo stare insieme eccetera. -

Theo si irrigidisce appena, mentre Stiles scoppia in una risata incredula, guardando la nuca di Theo con tanto d'occhi.

-Sul serio, Raeken? -

-Non ho idea di cosa stia parlando, signorino. - si limita a dire Theo, atono.

Aggrotto ancora di più la fronte, confuso.

-Ma sì! Sei venuto da me e mi hai detto che avrei dovuto dare una seconda possibilità a Stiles, che non me ne sarei pentito e... -

-Non ricordo niente del genere. - mi interrompe Theo, con tono indifferente.

- Derek, piccolo, fatico a credere qualcosa del genere. - concorda Stiles, sempre con un mezzo ghigno sul volto.

Non stacco gli occhi dalla testa di Theo, spalancando la bocca, indignato.

-Che bugiardo! Ammettilo che ci tieni a me! Siamo praticamente amici dopo quel discorso! -

-Ne dubito fortemente. - sibila Theo.

-Se Derek vuole esserti amico, penso che dovresti permetterglielo, Theo. - canticchia Stiles con gli occhi rivolti al tettuccio della macchina, l'aria di starsi divertendo un mondo.

Vedo Theo stringere la presa sul volante in maniera allarmante. Mi ricordo improvvisamente il dettaglio di vitale importanza del fatto che sia Theo a guidare e a decidere della nostra morte.

-Come vuole, signore. - sputa, in tono sarcastico e velenoso.

Stiles si limita a ridacchiare, ma non replica ulteriormente e anche io decido di lasciar perdere.

Preferisco di gran lunga godermi il viaggio in silenzio, con la testa appoggiata alla spalla di Stiles e le nostre mani ancora intrecciate.

Non sono per niente contento quando Theo ferma la macchina davanti al mio palazzo.

Mi stringo inconsapevolmente a Stiles.

Non voglio scendere. Non voglio andarmene. Non voglio separarmi da Stiles.

Stiles volta la testa per guardarmi, gli occhi che brillano di consapevolezza.

-Forse... potrei salire. - sussurra esitante, il suo sguardo che esprime insieme tenerezza e desiderio.

Mi mordo un labbro.

Ho maledettamente voglia di lui, voglio ogni singola parte di Stiles su ogni singola parte di me, per intenderci.

Invece sospiro e scuoto la testa.

-Casa mia è un casino, ci sono fiori ovunque, non che mi dispiaccia. In più non voglio complicare le cose a Jackson, con Isaac in preda ai postumi della sbornia. -

Gli occhi di Stiles si riempiono di delusione che lui cerca di dissimulare malissimo, schiarendosi la voce e cercando di mascherare il suo sguardo desideroso.

Devo mordermi forte un labbro per non scoppiare a ridere.

-Giusto. Ovvio. Hai ragione, ovviamente. Allora ti auguro una buona... -

-Potrei venire in albergo con te. - lo interrompo con voce bassa, sporgendomi appena verso di lui e sbattendo le ciglia in una mossa che dovrebbe essere sexy e fatale, ma che so che mi farà solo sembrare Laura quando mette male le lenti a contatto.

Ma a giudicare da come Stiles mi sta fissando, come se mi stesse per saltare addosso da un momento all'altro, forse sto facendo qualcosa di giusto.

-Dici davvero? Vuoi venire in albergo con me?- mormora, guardandomi tutto il viso con occhi frenetici e più luminosi che mai.

Annuisco, trattenendo a stento una risatina.

Inclino la testa e sorrido con un angolo della bocca.

-Basta che mi prometti che questa volta non ci saranno caminetti da accendere. - sussurro, mentre Stiles scoppia a ridere di gusto.

-E' qualche doppio senso sessuale che non posso e non voglio capire, vero? - chiede Theo senza nemmeno voltarsi, vagamente disgustato.

Non rispondo, anche perché proprio in quel momento Stiles mi arriccia teneramente le guance tra le mani, posandomi un bacio sulle labbra.

 

 

 

-Perdonami, non è molto accogliente. -

Stiles sembra quasi imbarazzato mentre mi fa entrare nella sua stanza al Plaza, dopo aver passato la carta magnetica nella serratura.

Mi guardo con curiosità intorno, mentre Stiles chiude la porta alle mie spalle.

La suite di Stiles è grande quasi quanto il mio intero appartamento, ma non è calorosa nemmeno la metà.

Non ci sono i libri di Isaac sparsi ovunque, non c'è nessun tavolino pieno di cianfrusaglie inutili, non ci sono i biglietti da visita di Jackson su ogni mensola o su ogni superficie piana, non ci sono i miei vestiti ovunque.

C'è solo un enorme divano di pelle nera, un tavolo praticamente sgombro, mobili immacolati e scintillanti, una cucina perfetta e mai utilizzata. Niente è fuori posto, niente è disordinato. Non c'è nessun segno tangibile che indichi che Stiles viva qui, eppure sono ormai due mesi che è a New York.

Mi rendo conto che la cosa sia un po' triste.

Provo l'impellente necessità di far sentire Stiles un po' più a casa. Sento che mi fissa ansiosamente alle mie spalle, ma per il momento lo ignoro.

Mi tolgo la giacca e la butto con noncuranza per terra, poi mi sfilo la cravatta e la lancio sul divano. Mi guardo un po' attorno e decido di calciare via le mie scarpe a caso, abbandonandole sul pavimento.

-Che stai facendo? -

Mi volto verso Stiles, che mi guarda calmo ma incuriosito.

Sorrido.

-Sto cercando di creare l'effetto casa. Pensavo che sarebbe carino fare il the, Isaac lo fa sempre – inclino la testa – Abbiamo un bollitore? E delle bustine per il the? -

Stiles mi fissa incredulo per qualche istante, poi ride piano, avvicinandosi a me e intrappolandomi in un abbraccio caldo.

Starei tra le sue braccia per sempre, per quanto patetico possa sembrare.

-Sei. Incredibile. - scandisce ogni parola con un bacio pieno di devozione, prima su un occhio, poi su un altro.

-Aspetta di assaggiare il mio the, prima. Jackson lo chiama pipì di gatto per un motivo. - scherzo in tono leggero, facendolo ridere di nuovo e guadagnandomi un altro bacio, questa volta sulle labbra.

Scopriamo che, effettivamente, l'enorme cucina di Stiles, anche se finora rimasta inutilizzata, è equipaggiata di ogni sorta di utensili. C'è persino frutta fresca, in un cesto al centro del tavolo.

Stiles trova un bollitore e io scopro un intero assortimento di The in uno dei diecimila cassetti.

-Come hai fatto a non usare la cucina per due mesi? - chiedo, mentre verso con attenzione l'acqua calda in due tazze.

Stiles si stringe nelle spalle, mettendo gli infusi nell'acqua.

-Di solito utilizzo il servizio in camera. O mangio fuori. Non amo molto cucinare. -

Emetto un verso d'assenso, mentre mi volto per cercare lo zucchero.

-Nemmeno io. Di solito cucina Isaac. Però... penso che non potrei rinunciare al the o alla cioccolata fatta in casa. Non ha lo stesso gusto, se te la porta il cameriere. -

Trovo lo zucchero e mi volto trionfante verso Stiles. Mi rendo conto che mi fissa con gli occhi che brillano, mentre vado a sedermi accanto a lui sul divano.

-Prometto che, quando troverò una casa vera, farò in modo di avere sempre la credenza piena di bustine di the e di scatole di cioccolata calda. -

Gli getto un'occhiata perplessa, mentre prendo un piccolo sorso di the.

-Un casa vera? -

Stiles sorride, giocherellando distrattamente con la cordicina che pende fuori dalla sua tazza.

-Beh, se davvero voglio rimanere a New York a tempo indeterminato, dovrò trovare una sistemazione più stabile di una stanza d'albergo.-

-Ahi! -

Mollo di scatto la mia tazza fumante sul tavolo, sventolandomi la lingua ustionata con una mano, mentre fisso Stiles ad occhi spalancati.

-Ehi, ti sei fatto male? - chiede preoccupato, posando anche la sua tazza e sporgendosi apprensivo verso di me.

Lo ignoro, continuando a fissarlo come se non fosse vero.

-Intendi... intendi davvero trasferiti qui? A New York? - domando, con la lingua ancora dolorante, ma il cuore che batte fortissimo.

Gli occhi di Stiles si fanno dolci, mentre allunga una mano per accarezzarmi una guancia, in quel gesto dolce che fa sempre, e di cui non ne ho mai abbastanza.

-Sì. Se tu vuoi, ovviamente. - aggiunge a bassa voce, quasi incerto, come se davvero avesse qualche dubbio sul fatto che lo voglia qui.

Stupido, meraviglioso, Stiles Stilinski.

Emetto un gemito esasperato e insieme commosso, e in circa dieci secondi mi sono arrampicato sulle ginocchia di Stiles e lo sto baciando come se ne andasse della mia vita.

Qual è il mio problema?

Ma a Stiles non sembra dispiacere per niente.

Risponde con altrettanto ardore, stringendomi forte la schiena con le braccia, tirandomi meglio sul suo grembo.

Non è molto una sorpresa, per entrambi, quando ci troviamo a spingerci freneticamente verso la camera da letto, cercando di baciarci, spogliarci e camminare tutto insieme.

Amo quest'uomo in un modo che non credevo francamente possibile. Non mi capacito della portata dei miei sentimenti, mentre sono sopra di lui e lo accolgo dentro di me. E d'un tratto non c'è più la frenesia di poco prima. Abbraccio il collo di Stiles e lo fisso dritto negli occhi dorati che sembrano bruciare nei miei, mentre mi muovo piano, cullato e guidato dalle mani di Stiles sui fianchi, che approvano e incoraggiano questo ritmo lento, dolce.

Mi bacia tutto il viso, quasi con disperazione, mentre continuo a ondeggiare sopra di lui, chiudendo gli occhi e buttando la testa indietro con un lungo gemito quando mi trova la prostata.

Quando mi trova la prostata.

Dio, non ci posso ancora credere, sul serio.

Non devo nemmeno pensare alla Foresta Amazzonica!

Non mi ricordo nemmeno cosa sia la Foresta Amazzonica!

Stiles mi fa venire per primo, solo muovendosi dentro di me e sfiorandomi appena, e sto per piangere.

Non mi era mai successo di venire per primo, prima di Stiles.

Stiles non è ancora venuto, ma io sono troppo stanco per continuare a muovermi su di lui.

Come se mi avesse letto nel pensiero, rovescia le nostre posizioni, portandomi sotto di lui e arricciandomi le guance tra le mani. Mi bacia con calma, senza fretta.

-Stai bene? Posso continuare? - chiede poi in un sussurro, guardandomi serio.

Annuisco senza forze, sorridendogli e accarezzandogli i capelli.

Mi bacia di nuovo e ricomincia a muoversi, mentre io lo stringo e tengo il suo viso contro il mio collo, baciandogli la tempia a ogni spinta sempre più debole e stanca.

Quando tutto è finito e ci siamo parzialmente puliti, Stiles mi prende tra le sue braccia e non ci posso credere che sia tutto risolto tra noi.

Non posso credere di essere davvero qui, abbracciato a lui, a bearmi di ogni dettaglio del suo viso.

Sento che questo tra noi sia un momento importante, la prima volta che facciamo l'amore dopo il nostro litigio.

Devo dire qualcosa, qualcosa di importante e poetico, qualcosa a cui Stiles possa ripensare con affetto e commozione negli anni a venire.

-Sei un dio del sesso. - ansimo, imprecando mentalmente.

Stiles ridacchia senza fiato, stringendomi più forte e baciandomi con indolenza una guancia.

-Tu mi idealizzi troppo, a sentire te sono perfetto. - scherza, ma i suoi occhi sono già un po' meno luminosi rispetto a prima e posso sondare della tensione nel suo tono all'apparenza leggero.

Aggrotto la fronte, scostandomi un po' per poterlo guardare bene in faccia.

-Stiles, io vedo un alberello morente e penso alla Foresta Amazzonica. Certo che ti idealizzo. E' quello che faccio sempre – sfodero un sorriso storto, cercando di alleggerire la tensione – E per me tu sei perfetto. -

Stiles però non ride, mi accarezza pensieroso un fianco nudo senza guardarmi negli occhi, provocandomi un leggero solletico.

-Dici così perché non conosci tante cose di me. - dice alla fine, sempre senza guardarmi.

Aggrotto ancora di più la fronte. Prendo il suo viso tra le mani, alzandoglielo con decisione in modo che mi guardi negli occhi.

-Me le dirai quando sarai pronto – scandisco con forza, cercando di fargli leggere nei miei occhi che va tutto bene, che ho capito che per lui sia difficile aprirsi. Non farò due volte lo stesso errore, non farò più pressioni a Stiles per sapere i suoi segreti – Non ho nessuna fretta, te lo giuro. -

Stiles mi fissa, i suoi occhi sono dolci nei miei.

-Che ho fatto per meritarti? -mormora, commosso.

Apro la bocca, pronto a dargli una risposta che sia altrettanto commovente e aulica. Qualcosa di poetico, di delicato.

-Mi hai trovato la prostata. -

Perché.

Stiles mi fissa sorpreso per qualche secondo, poi scoppia a ridere forte, rovesciandosi sul letto. Grugnisco e gli vado sopra, cercando di zittirlo, ma lui ride nei miei baci e finisco per scoppiare a ridere anche io.

Il suono delle nostre risate e dei nostri baci è l'unico che si sente per un bel po'.

Sono così felice.

Niente potrà andare storto tra noi questa volta.

Ne sono sicuro!

 

 

 

Mormoro soddisfatto, stiracchiandomi a pancia sotto sulle lenzuola sfatte. La luce del mattino che filtra dalle tende mi lambisce delicatamente, ma non è una sensazione fastidiosa.

Questo letto è così morbido e comodo. E' ovvio che non sia il mio.

Questo mi fa tornare alla mente su dove mi trovi e soprattutto con chi. Sempre ad occhi chiusi, allungo una mano verso l'altro lato del letto.

Aggrotto la fronte quando lo trovo vuoto.

Non mi piace questa cosa.

In ogni film d'amore che si rispetti il letto vuoto la mattina dopo aver fatto l'amore significa solo una cosa: calamità.

Ma cerco di essere positivo.

Magari Stiles non mi ha abbandonato qui migrando in Messico.

Magari lo ha investito un autobus mentre andava a comprare il giornale!

Ma quando mi trascino con difficoltà nel salotto, con addosso solo i miei boxer e una maglietta di Stiles, ciò che vedo mi riscalda il cuore e mi fa spuntare un enorme sorriso sul volto.

Stiles è in piedi in cucina, nudo a parte i boxer, e sta guardando con aria angosciata un pentolino sul fuoco. Qualsiasi cosa ci sia lì dentro, non sta emettendo rumori rassicuranti.

Sul tavolo ci sono anche uova bruciacchiate, il pane tostato più nero che abbia mai visto e succo d'arancia con pezzetti di frutta che galleggiano nel bicchiere in modo poco invitante.

E' la colazione più terribile che abbia mai visto.

Ma l'ha fatta per me.

Quelle sono tutte le cose che ho mangiato al Raggio di Sole, dopo la nostra prima volta.

Avrebbe potuto ordinare il servizio in camera, ma ha cucinato lui, per quello che ho detto ieri sul fatto che cucinare rendesse tutto un po' più casa.

Mi avvicino lentamente alle sue spalle, cercando di non fare rumore.

Non trattengo una risatina quando mi rendo conto che quella nel pentolino è, o dovrebbe essere, cioccolata calda.

Penso nebulosamente che è una fortuna che Stiles sia ricco e Isaac sia il mio migliore amico, altrimenti, visto le nostre scarse capacità culinarie, saremmo morti di fame da tempo.

Stiles si volta di scatto verso di me e la sua espressione disperata muta completamente.

Mi sorride, spegne il fornello e mi trascina verso di lui, tirandomi per la sua maglietta.

Gli passo le braccia intorno alle spalle, sorridendogli.

Gli occhi di Stiles sono pieni di calore mentre mi accarezza i fianchi da sotto la maglietta e mi bacia.

-Nei miei piani avresti dovuto dormire ancora due ore, così avrei potuto buttare via tutto e chiamare il servizio in camera fingendo di aver fatto tutto io. - mormora contro la mia bocca, gli occhi che brillano divertiti nei miei.

Scoppio a ridere, spingendo Stiles a darmi un altro bacio.

-Questo sarebbe stato barare, signor Stilinski. - fingo di rimproverarlo, inarcando un sopracciglio.

Stiles sta al gioco, emettendo un mugolio dispiaciuto mentre mi morde con dolcezza una guancia.

-Mi perdoni signorino. E' assolutamente imperdonabile da parte mia negarle la cioccolata fatta in casa - i suoi occhi sono luminosi e sereni, ed è così bello vederlo felice. Mi rendo improvvisamente conto che sia felice a causa mia, e questo aumenta di gran lunga anche la mia felicità, se è possibile – Potrei farmi perdonare andando personalmente a prenderle un cappuccino all'orzo allo Starbucks all'angolo? Magari insieme alla sua copia di People? -

Fingo di pensarci, sollevando gli occhi al soffitto e godendomi la risatina sommessa di Stiles.

-Mh sì – dico infine, tornando a guardarlo con un grosso sorriso, alzandomi sulle punte per baciargli il naso – Potrei effettivamente gradire qualcosa del genere. -

-Mmh, lo sospettavo. - mormora Stiles, sorridendo e abbassando la testa per baciarmi. Continua ad accarezzarmi i fianchi nudi con le mani e ben presto mi ritrovo ad ansimare.

-Ho davvero bisogno di un caffè prima di fare qualunque altra cosa. - lo avverto con voce seria e divertita insieme, visto che una mano di Stiles è scesa ad esplorare una coscia nuda.

Stiles ridacchia, per nulla offeso, lasciandomi andare con gentilezza, con un ultimo bacio sulle labbra.

-Ricevuto. Vado a vestirmi e scendo. Torno subito, tu mettiti comodo, mangia qualcosa – lancia uno sguardo alle uova e al pane carbonizzati – Forse è meglio se ti metti comodo e basta. Prenderò anche qualcosa da mangiare. -

Rido piano, annuendo e issandomi sul bancone accanto ai fornelli. Faccio dondolare le gambe nude nel vuoto, gettando un'occhiata alla cioccolata nel pentolino. Penso che si sia solidificata un po' troppo, sembra pan di spagna.

-Non mangiarla piccolo, non voglio averti sulla coscienza. - scherza Stiles accarezzandomi un ginocchio con affetto, prima di voltarsi e tornare in camera.

Ben presto sono rimasto solo.

Seguo ciecamente il consiglio di Stiles e non degno nemmeno di uno sguardo la pseudo cioccolata calda, optando invece per mangiare un pezzetto di pane non particolarmente abbrustolito.

Mi ritrovo a gironzolare per la suite, annoiato. Trovo qualche libro che penso sia di Stiles e lo sfoglio, curioso. Sto seguendo con le dita il contorno di alcuni soprammobili, quando lo sguardo mi cade sul cellulare che mi ha prestato Jackson, abbandonato sul tavolo dalla sera prima.

Mi mordo un labbro, sentendomi invadere dal senso di colpa.

Dovrei telefonare a Isaac per vedere come sta?

Mi sento come se lo avessi abbandonato.

Ma in fondo una sbronza non ha mai ucciso nessuno e poi c'era Jackson con lui.

Non affiderei a Jackson nemmeno un pesce rosso (riposa in pace Miles), ma con Isaac è diverso. Penso che Isaac sia effettivamente l'unico essere umano all'infuori di se stesso di cui gli importi.

Sono ancora immerso nei miei dubbi, quando il cellulare comincia a squillare.

Aggrotto la fronte quando mi rendo conto che è proprio Isaac a chiamare, come se mi avesse letto nel pensiero. Prendo il cellulare e accetto la chiamata.

-Isaac? -

-Derek! - la voce di Isaac presenta una chiara sfumatura isterica, ma è totalmente sobria. Ah, Jackson e i suoi rimedi post sbornia – Sei ancora da Stiles? -

-Sì – aggrotto la fronte – Isaac, stai bene? -

-Merda – a imprecare è stato Jackson e capisco di essere in viva voce. E' una cosa che fanno spesso quella di dare per scontato che io voglia sempre parlare con entrambi e mi irrita un sacco – Derek, devi andartene da lì. Subito. -

-Cosa? -

Forse era Jackson ad essere ubriaco ieri sera e non me ne sono accorto?

-Ma che stai dicendo? Senti Jackson, capisco che tu ce l'abbia ancora con Stiles, ma... -

-Derek, non capisci. Jackson ha combinato un casino. - mi interrompe Isaac, disperato.

-Per l'ennesima volta, non credevo che quel coglione lo avrebbe fatto davvero! E non pensavo che Derek si sarebbe rimesso con Stilinski! -

-Oh andiamo, Jackson! Chiunque pensava che Derek si sarebbe rimesso con Stiles! E' Derek! Sai quanto sia incoerente! -

-Ehi! - intervengo io, alzando la voce per sovrastare la nuove lamentele di Jackson – Mi spiegate che sta succedendo? Mi state facendo preoccupare. -

-Ti ricordi quando... mh, ho accennato a quell'amico giornalista che poteva gettare un po' di fango su Stiles? - butta lì Jackson dopo un po', usando il tono più casuale e falso del mondo.

Mi sento gelare il sangue nelle vene, il tempo sembra fermarsi intorno a me.

-No – sussurro, inorridito – No, non l'hai fatto. -

-Non volevo davvero che lo pubblicasse! - esclama Jackson, con una sorta di disperazione nella voce – Gli ho soltanto detto che avresti dovuto vendicarti, che al tuo posto avrei voluto sapere cosa avesse fatto Stiles in Scozia e non appena me lo sono lasciato sfuggire mi sono interrotto e gli ho detto di lasciare perdere! Ma quello stronzo ha fatto uscire la notizia sul giornale di oggi. -

Questo deve essere un incubo.

-Jackson, tu non hai idea di quanto io sia furioso con te in questo momento. - mi limito a dire con quieta furia, dopo un bel po'.

-Siamo in due. - interviene Isaac, gelido, e sono certo che lo stia fulminando.

Per tutta risposta Jackson sbuffa sonoramente.

-Mi dispiace, okay? Derek, spiegherò tutto a Stiles e gli dirò che è stata colpa mia, ma ti conviene venire via da lì. Appena vedrà la notizia si incazzerà da morire. Il mio amico... ehm, potrebbe avere caricato un po' i fatti. -

Scuoto la testa, senza nemmeno cercare di indagare in che senso i fatti siano stati caricati. Me lo posso immaginare. Come io ho sospettato che Stiles avesse una famiglia in Scozia, anche un giornalista può farlo, no?

Dio, che casino.

E pensare che fosse tutto perfetto fino a pochi minuti fa.

-No – dico con decisione, dopo un bel po' – Stiles deve sapere la verità da me. Non gli ho mai mentito e non ho intenzione di cominciare ora – sospiro – Spero che capisca e che non si arrabbi troppo. - dico, ma non sono molto convinto delle mie stesse parole.

-Derek, mi dispiace. - ripete Jackson, e la sua voce è sincera.

-Lo so – dico in tono appena più morbido – Sei un coglione, ma lo so che lo hai fatto solo perché mi vuoi bene. Ne parleremo quando tornerò a casa. Ora devo cercare di aggiustare la situazione con Stiles. Ci sentiamo dopo. -

Chiudo la chiamata senza dargli il tempo di aggiungere niente e mi lascio cadere pesantemente sul divano, prendendomi la testa tra le mani.

Che dannato casino.

Quando Stiles torna, sono ancora nella stessa identica posizione.

Sollevo di scatto la testa quando sento la porta richiudersi dietro di lui.

Mi alzo dal divano e gli corro incontro, per poi bloccarmi a qualche metro di distanza, non appena scorgo il suo viso. Non ha né il mio cappuccino né la mia copia di People, ma ha una copia del New York Times in mano ed è chiaro come il sole che sappia tutto.

Mi aggira con rabbia e sbatte il giornale sul tavolo, facendomi sobbalzare.

-Cosa nasconde Stiles Stilinski in Scozia? - recita in tono feroce, senza staccare gli occhi dai miei – Pensavo che i giornalisti adoperassero più creatività nello scegliere i titoloni da prima pagina, ma sono stato deluso nelle mie aspettative. -

Lo fisso con timore per un po', non sapendo bene cosa dire. Non ho mai visto Stiles così infuriato.

Alla fine, mi avvicino con cautela al giornale aperto. Getto un'ultima occhiata al viso teso di Stiles, poi abbasso lo sguardo sulla prima pagina.

C'è una foto enorme di Stiles all'aeroporto, chiaramente scattata senza che se ne accorgesse. Sotto il titolo principale c'è un sottotitolo più piccolo: i segreti di Stiles Stilinski: una famiglia con Amelia Brown?

Spalanco la bocca. Amelia Brown è la modella che Stiles ha frequentato prima di me. So di aver avuto gli stessi sospetti all'inizio, ma non ci credo che un giornalista abbia davvero seguito questa pista idiota.

Mi basta un'occhiata veloce all'articolo per rendermi conto che siano tutte sciocchezze. E' chiaramente basato sul nulla, continua a parlare di amanti e figli segreti senza concludere niente di sensato. Nessun cenno a Dalia, Kira o a Scott.

Ma capisco che non sia solo questo il problema.

Stiles non è un uomo che si fida facilmente, ma si è aperto con me, sulla Scozia, su Dalia. E adesso tutto il mondo sa che è stato in Scozia diverse volte e si sta chiedendo perché e cosa abbia fatto.

Immagino quanto possa sentirsi tradito.

Ma non è stata colpa mia, maledizione. Spero che Stiles questo lo sappia, ma nel caso non lo sapesse, non è stata colpa mia.

Glielo sto per dire, quando Stiles mi anticipa.

-Con chi hai parlato? - chiede, a bruciapelo, controllando a stento il tono di voce.

Lo fisso, senza capire.

-Come con chi ho parlato? -

Stiles mi fissa, con impazienza.

-Sì, Derek! Con chi hai parlato? -

Lo guardo, gli occhi che si ingrandiscono sempre di più man mano che capisco cosa voglia dire.

-Aspetta... non penserai che sia stato io a far trapelare la notizia, vero? -

Grugnisce, senza guardarmi.

-Non intenzionalmente. Mi sembra chiaro che ti sia lasciato sfuggire qualcosa di troppo con qualcuno. -

-Non mi sono lasciato sfuggire niente! - esclamo, oltraggiato, senza nemmeno avere la prontezza di ricordargli che anche Isaac e Jackson sapevano della Scozia, e lui ne era a conoscenza. Mi ferisce il fatto che sia subito saltato alla conclusione che sia stata colpa mia, senza nemmeno fermarsi a riflettere su altre possibilità – Non lo farei mai Stiles, non tradirei mai la tua fiducia o i tuoi segreti! -

-Scusa Derek – il sorriso di Stiles è apertamente sarcastico e mi ritrovo a deglutire a vuoto, ferito come non mai – Ma io sapevo tutta la tua vita e quella dei tuoi amici e familiari dopo appena dieci minuti che ti avevo conosciuto. E' un po' difficile avere una cieca fiducia in te, con queste premesse. -

Faccio un passo indietro, guardandolo incredulo.

-Che vuoi dire? -

-Voglio dire che penso che tenere i segreti non sia il tuo forte, nonostante tu abbia altre innumerevoli qualità. Penso che tu sia poco affidabile in questo frangente, tutto qui. - taglia corto Stiles brusco.

Lo fisso, senza trovare niente da dire.

Stiles continua a camminare avanti e indietro davanti al tavolo, l'argento vivo addosso.

-Devo chiamare Theo, vedere se si può fare qualcosa per contenere la notizia... sì, devo andare immediatamente... -

-Forse non sono molto bravo a tenere i segreti – lo interrompo, con voce fredda e calma – E' vero, dopo mezz'ora tu sapevi tutto di me. Mi sono fidato di te, anche se non del tutto razionalmente. E io non sono uno che si fida. Penso avrai notato che difficilmente dico la verità alle persone – il mio sguardo si indurisce – Ma l'ho detta a te, sempre. Forse ho sbagliato a fidarmi così tanto di te, ma preferisco essere... poco affidabile che fare come te, che non dici mai niente a nessuno, che non ti fidi di nessuno, nemmeno di me. Per quel che vale, non sono stato io. Ma tu continua pure a credere quello che ti pare, non penso che ti importi a questo punto. Hai già deciso che sono stato io. -

Lo sguardo di Stiles si incrina di incertezza, ma dura soltanto un istante.

-Non ho tempo per questo adesso. Devo parlare con Theo, noi parleremo dopo. - dice bruscamente e io sento gli occhi bruciare, ma mi sforzo di mantenere la mia espressione risoluta.

-Non penso che mi troverai qui, al tuo ritorno. - dico, cercando disperatamente di non far tremare la voce.

Non ci credo che non voglia nemmeno ascoltare quello che ho da dire, la mia versione dei fatti.

Pensa che io sia inaffidabile, che gli farei intenzionalmente del male.

Stiles saprà anche tutto di me, ma non mi conosce affatto.

Stiles per un attimo sembra ferito, come se la prospettiva di me che vado via lo distruggesse, ma recupera subito la sua espressione fredda, da uomo d'affari impegnato.

Da Mr. Broncio.

Questo non è l'uomo che appena un'ora fa rideva con me in cucina e mi accarezzava il ginocchio.

Rivoglio quell'uomo.

-Come vuoi. Se vuoi farti una doccia o qualunque altra cosa, fai pure. Io devo andare. -

Annuisco rigidamente, senza guardarlo.

Non voglio che si accorga che ho gli occhi lucidi.

Stiles cammina verso la porta. Quando mi è vicino, si ferma accanto a me, esitante.

Con la coda dell'occhio lo vedo scuotere la testa e sorpassarmi.

Non posso impedirmi di sobbalzare leggermente quando la porta sbatte dietro di lui.

Mi stringo tra le braccia, sentendo improvvisamente un gran freddo. Mi guardo intorno disperatamente, tirando su con il naso.

Beh, immagino che non mi rimanga altro che radunare la mia roba e andarmene.

Stiles non ha comunque lasciato trapelare che mi desiderasse qui.

Non ci posso credere che non si fidi di me, che pensi sul serio che abbia parlato con qualche stupido giornalista.

Sto per scoppiare a piangere come la persona altamente patetica che sono, quando improvvisamente la porta di ingresso si spalanca di nuovo.

Prima ancora che possa rendermi conto di cosa stia succedendo, sento un petto collidere contro la mia schiena e un paio di braccia stringermi forte da dietro. Chiudo gli occhi, lasciandomi andare contro il maglione bitorzoluto di Stiles, aspirando il suo profumo confortante.

-Mi dispiace. Scusa. Ti avevo promesso che non avrei più fatto questa cosa che litighiamo, non parliamo e ci allontaniamo. Scusa. Scusa. - continua a ripetere disperato contro il mio orecchio.

Sovrappongo le mie braccia nude alle sue, accarezzandogli le mani che mi stringono la vita.

-Non sono stato io, te lo giuro. - sussurro, aprendo gli occhi di uno spiraglio.

Stiles grugnisce, facendomi voltare con decisione verso di lui.

Adesso la sua faccia è proprio come dovrebbe essere. Non è la faccia di Mr. Broncio. E' la faccia dell'uomo che amo, preoccupata, amorevole e dolce.

Potrei piangere dal sollievo.

-Lo so. Dio Derek, l'ho sempre saputo che non potevi essere stato tu. Ero solo arrabbiato e... e mi sono comportato da idiota colossale. Ma so che non sei stato tu. -

Lo guardo speranzoso, lasciando che Stiles mi prenda delicatamente il viso tra le mani.

-Lo sai?-

Stiles annuisce, guardandomi serio. I suoi occhi splendono inflessibili nei miei.

-Non ne saresti capace. - afferma, con semplicità, e io mi lascio scappare un singulto sollevato.

Lo ha capito, allora.

In un attimo sono tra le braccia di Stiles e ricambio con forza il suo abbraccio.

Per un po' nessuno dei due dice niente, poi Stiles sussurra qualcosa al mio orecchio, talmente piano che devo chiedergli di ripeterlo.

-Ho paura del buio. Sempre avuta. Dormo con una mazza da baseball sotto il letto perché sono convinto che un giorno spunterà un mostro dal mio armadio e mi ucciderà.-

Mi stacco da Stiles, guardandolo confuso.

Ma Stiles continua a parlare, lo sguardo agitato, la lingua che passa nervosa sulle labbra.

-Ho perso la verginità con una mia amica di infanzia, a una festa. Ho dovuto usare i preservativi del fratello perché non me li ero portati dietro, diciamo che all'epoca non era molto speranzoso sul fatto che delle ragazze volessero davvero venire a letto con me. Beh, questi preservativi erano di taglia XXL. Il giorno dopo, a scuola, me ne è caduto uno dallo zaino e tutti lo hanno visto e hanno riso. Mi hanno chiamato Stiles XXL per giorni, è stato orribile. -

-Stiles... - cerco di interromperlo, sempre più perplesso, ma Stiles sembra un fiume in piena.

-Al liceo non ero esattamente popolare, avevo i capelli rasati e sembravo una palla da bowling, anche se ho bruciato ogni fotografia e annuario che potesse provarlo. Mi piace la trippa, anche se so di essere probabilmente l'unico al mondo a mangiarla. Ogni tanto parlo da solo e mi do degli auto incoraggiamenti, tipo “ehi Stiles, stai andando alla grande, continua così”. Sono fermamente convinto che il sole prima o poi esploderà uccidendoci tutti. A volte dimentico il compleanno di mio padre e do la colpa al fuso orario, anche se non sono in nessun posto in cui ci sia il fuso orario. Non ricordo mai i nomi dei miei colleghi, Theo me li deve sussurrare all'orecchio prima di ogni riunione. Non ho idea di cosa siano i tassi di mercato, davvero. A volte non ho la minima idea di cosa io stia facendo, mi guardo attorno e mi domando “ma le conosco queste persone?”, lo chiedo a Theo e mi risponde che ci lavoro da dieci anni. L'anno scorso ho detto a tutti che mi ero rotto il polso dando un pugno a un ladro che voleva derubarmi, ma la verità è che sono inciampato su una macchinina di Dalia. Dico a Dalia che deve mangiare le verdure, ma io non le mangio da almeno quindici anni. Ho paura del mare aperto, dei clown e dei ragni.-

Più parla, più capisco cosa stia facendo.

Sorrido, sentendomi di nuovo gli occhi lucidi, ma per un motivo ben diverso rispetto a prima.

Mi sta dicendo i suoi segreti, tutti i suoi segreti.

-Non mi piacciono le barrette che produciamo in azienda, compro quelle della concorrenza e spero che nessuno lo scopra mai. Amo il gelato al cioccolato, una volta ne ho mangiato talmente tanto che mi hanno ricoverato per due giorni – si interrompe, guardandomi con attenzione, il ritratto del nervosismo – C'è qualcosa che ti ho detto che ti spingerebbe a scappare a gambe levate da me? -

Scuoto la testa, senza smettere di sorridere.

Ripenso alla nostra conversazione di ieri notte e capisco improvvisamente cosa gli faccia tanta paura.

-No. Sei ancora perfetto ai miei occhi. - lo rassicuro, con voce dolce e decisa.

Stiles mi guarda con tutto l'amore del mondo. Anche lui ha gli occhi leggermente lucidi.

Ma poi scoppia in un sorriso luminoso, prendendomi per mano e conducendomi verso il divano. Mi fa sedere accanto a lui, senza lasciare la mia mano. Io me le porto entrambe in grembo, come sempre.

-Bene – gli occhi di Stiles sono brillanti e caldi nei miei – Perché ho davvero tantissime cose scabrose da raccontarti. -

Mi sporgo verso di lui, fissandolo intensamente negli occhi.

-Mettimi alla prova. - lo provoco, con un sorriso.

E Stiles continua a parlare, mentre io ascolto pazientemente.

Parla, parla e parla.

Le ore passano e noi siamo ancora qui, su questo divano.

Io ascolto e Stiles mi racconta.

Mi racconta tutto.

 

 

 

ANGOLINO

 

 

Eccoci qui <3

Siamo quasi alla fine di questa avventura! Non mi dilungo molto perché ci sarà un epilogo, e farò i dovuti ringraziamenti lì. Intanto grazie a chiunque segua questa storia, davvero <3

Un grazie speciale alle mie cicce, vi amo tantissimo <3

Spero che il capitolo non vi deluda!

Un bacio,

Fede <3

  
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