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Autore: NyxTNeko    02/06/2019    2 recensioni
Napoleone Bonaparte, un nome che tutti avranno letto almeno una volta sui libri di scuola.
C'è chi l'ha adorato, chi odiato, chi umiliato e chi glorificato.
Ma siamo sicuri di conoscerlo veramente? Come si sa la storia è scritta dai vincitori e lui, il più grande dei vincitori, perse la sua battaglia più importante.
Dietro la figura del generale vittorioso e dell'imperatore glorioso si nasconde un solitario, estremamente complesso, incompreso che ha condotto la sua lotta personale contro un mondo che opprime sogni, speranze e ambizioni.
Un uomo che, nonostante le calunnie, le accuse, vere e presunte, affascina tutt'ora per la sua mente brillante, per le straordinarie doti tattiche, strategiche e di pensiero.
Una figura storica la cui esistenza è stata un breve passaggio per la creazione di un'era completamente nuova in cui nulla sarebbe stato più lo stesso.
"Sono nato quando il paese stava morendo, trentamila francesi vomitati sulle nostre coste, ad affogare i troni della libertà in mari di sangue, tale fu l'odioso spettacolo che colse per primo il mio occhio. Le grida dei morenti, i brontolii degli oppressi, le lacrime di disperazione circondarono la mia culla sin dalla nascita".
Genere: Drammatico, Guerra, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: Violenza | Contesto: Rivoluzione francese/Terrore, Periodo Napoleonico
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Capitolo 19 - Sotto un cielo di pensieri -

16 settembre

Dopo un'ennesima intensa giornata,  trascorsa tra i corridoi del Parlamento, tentando inutilmente di discutere con i membri appartenenti, i quali, però, non ne volevano sapere di arretrare dalle loro posizioni, Napoleone prese la decisione di tornare in Francia prima del tempo, per risolvere la questione a modo suo.

Con le mani dietro la schiena, il passo svelto e concitato, aveva fatto un giro per la città, per vederla nuovamente e tuffarsi nei suoi ricordi, arrivò alla spiaggia, era il tramonto, si fermò ad osservare il paesaggio; sembrava essere mutato dal sole, lentamente scompariva sul mare rilasciando, con la sua potenza vitale, i suoi colori infuocati che tingevan l’acqua di sfumature tra il giallo e il rosso. Dei gabbiani all’orizzonte volavano in gruppo dopo una giornata passata a nutrirsi con dell’ottimo pesce.

Improvvisamente udì qualcuno che lo chiamava, non per nome, ma con il soprannome, riconobbe il timbro della voce si voltò trovandosi lo zio maestro che correva verso di lui. Era grondante di sudore ed affannato dalla lunga corsa; Napoleone attese in silenzio che si fosse ripreso per chiedergli il motivo di questa visita. Il maestro posò una mano sul petto, fece un profondo respiro puntando lo sguardo verso il ragazzo, i cui occhi grigi avevano catturato i colori del tramonto - Ho saputo che parti, probabilmente domani mattina non potrò salutarti, perciò prima che tu possa salpare voglio darti una splendida notizia

- Quale? - gli chiese senza lasciargli il tempo di formulare il resto della frase.

- Ho mandato alla diocesi un documento riguardante la questione della pépinière e hanno acconsentito la mia richiesta di mandare parte della mia quota a Letizia - gli rispose il maestro con gioia incolmabile. Da quando Napoleone aveva deciso di proseguire il progetto del padre non si era dato pace richiedendo ed insistendo, creando non pochi fastidi, di dare una mano a dei loro cari e devoti fedeli, anche se omise il fatto che il nipote non lo era più.

- Questa è un’ottima notizia, maestro! - esclamò entusiasta Napoleone. Anche se a lenti passi, il progetto di Carlo sarebbe fruttato, ora toccava a Napoleone fare la sua parte ed era certo di non fallire - Mi lasci una solida speranza, grazie di tutto - le luci sul volto del giovane corso creavano delle ombre particolari, soprattutto nelle cavità oculari, in cui gli occhi erano ben nascosti.

- Non devi ringraziare me, Nabulio - rispose umilmente lo zio - Mi auguro che il tuo viaggio di ritorno sia il più prossimo possibile

- E ciò che spero anch'io - disse poi aggiunse - Mi raccomando, veglia su mia madre e i miei fratellini, hanno bisogno ancora di voi

- Non devi minimamente dubitare di questo Nabulio - gli assicurò il maestro con convinzione nei suoi occhi. Si ripromise che avrebbe fatto qualunque cosa per il nipote - Ma parti da solo? - domandò poi.

- No - rispose il sottotenente senza voltarsi - Ho degli uomini che conoscono bene il mare, seppur ci sappia fare con le carte e con i numeri, in questo caso, però, conviene farsi aiutare da gente che lo conoscono meglio di me - ammise.

Lo zio maestro gli sorrise, conosceva il carattere di Napoleone: era una fonte di energia inarrestabile, sempre impegnato in qualcosa, come se non volesse mai sprecare un solo istante del suo tempo, tuttavia al maestro non era sfuggito il perché di questo suo comportamento, anche se aveva sempre finto di non mai farci caso; ciò che spaventava Napoleone, più della stupidità mista al fanatismo, era proprio l’inettitudine, che lo portava alla disperazione e alla follia più distruttiva. La sua forza risiedeva nell’impegno, la sua volontà nel lavoro. Inoltre era capace di cimentarsi in più fronti, districandosi con assoluta autonomia e senza mai confondersi mentre li svolgeva, a volte anche contemporaneamente.

Quando smise di pensare a tutto ciò, notò che Napoleone se ne era andato da un pezzo verso casa, probabilmente lo aveva salutato, ma immerso nel suo mondo non lo aveva notato. Così ritornò alla chiesa fiero in volto, nonostante ciò, pregava il Signore di proteggerlo durante il viaggio; anche il più esperto dei marinai poteva morire in mare.

Non appena rientrò Napoleone si trovò davanti la madre che lo osservava preoccupata e rattristata - Come è possibile che debba partire prima, Nabulio? - chiese Letizia avvicinandosi al figlio, stringendo quelle mani affusolate e delicate; a sua volta lui la guardava, con tristezza, in piedi, davanti la porta - Avevi detto che saresti rimasto qualche altro giorno...

- Lo so, madre e mi dispiace - iniziò tenendo la testa bassa - Ma devo risolvere la questione della pépinière, non posso perdere tempo, ho bisogno di un luogo più ricco di prospettive della nostra isola per aiutarvi e la Francia è il posto ideale - Letizia notò l’ansia, l’agitazione impetuosa del suo amato figlio e impensierita anch’essa, strinse con forza le mani di Napoleone.

Il sottotenente d’impulso spalancò i suoi occhi glaciali e incrociò quelli tremolanti e insicuri della madre - Non dovete temere per me, madre - la rassicurò accarezzando dolcemente la guancia con la mano sinistra - Tornerò presto! Molto più di quanto possiate immaginare - aggiunse e la abbracciò stretta al petto.

La madre all’inizio sorpresa da quel gesto inaspettato, man mano che i secondi passavano si lasciò andare. Risentì di nuovo quell’intenso rapporto madre - figlio che si stabiliva fin dal concepimento e che credeva essersi spezzato inevitabilmente. Solo che in quel momento era il figlio a proteggerla dal mondo pericoloso e indifferente. Il dolce e travolgente profumo di pulito, di gioventù che Napoleone emanava la tranquillizzò, le fece riacquistare vitalità e sicurezza. Avrebbe desiderato tanto rimanere, per ore ed ore, così vicina al figlio, ma sapeva che non poteva sottrarlo alla sua vita, alla sua missione.

"I figli si mettono al mondo per il mondo, Letizia figlia mia" era la frase che sua madre le aveva ripetuto innumerevoli volte e che le ritornò prepotentemente in mente "Più  desideri proteggerli e tenerli stretti a te, più essi vogliono allontanarsi per spiccare il loro volo personale, non puoi fermarli, è il loro destino, ma non devi temere, perché anche se loro ti sembreranno lontani, mai ti abbandoneranno".

- Farò quello che posso, madre è una promessa - sussurrò Napoleone per poi staccarsi entamente da lei. Letizia lasciò andare la presa attorno a lui.

- Conosco quella testolina cocciuta che hai, Nabulio - disse la madre con tono burlesco, per rendere l'atmosfera leggera - Non ce bisogno di promettere, so che lo farai e che niente e nessuno ti fermerà

Napoleone sorrise malinconicamente e le diede un bacio sulla guancia, per poi mettere il cappello bicorno sottobraccio, dirigendosi nella sua stanza per preparare le ultime cose - Non mandate nessuno a disturbarmi madre, non ho fame e non ho bisogno di nessun aiuto - avvisò il ragazzo scomparendo dalla sua vista

Letizia annuì sospirando e si diresse nel salotto, si accomodò sulla poltrona - Nabulio... cosa ti hanno fatto in Francia? - mormorò - Sei cambiato così tanto...

Napoleone alzò la testa, dalla carta nautica del Mediterraneo che stava consultando, verso il cielo, il quale iniziava a mostrare le stelle che aveva tenuto nascosto durante il giorno - Che serata stupenda! - esclamò contemplando quello spettacolo a cui non assisteva da tempo.

Il fresco vento mosse i suoi lunghi capelli e il lieve fischio ruppe l’equilibrio che si era creato per un istante intorno a lui. In cuor suo c’era sempre quel macigno che non riusciva ad alleggerire, forse era scritto da qualche parte che la sua vita sarebbe stata un’eterna solitudine, seppur avesse attorno numerose persone che gli dimostravano continuamente il loro affetto nei suoi confronti, che sarebbe stata un’invalicabile incomprensione tra sé stesso e il mondo.

Eppure desiderava solamente essere felice; ma cosa lo avrebbe portato alla felicità? Questa domanda lo tormentava sempre più assiduamente, perché nonostante i suoi continui sforzi non riusciva a trovare una risposta che lo soddisfacesse.

La vita monotona e tranquilla lo invogliava a ricercare l’avventura o se ciò non era possibile almeno un’attività in cui riversare tutto il suo spirito volenteroso. Invidiava non poco quei nobili buoni a nulla che riuscivano a godere della vita, pur non svolgendo alcun lavoro faticoso per il fisico e per la mente che non fosse la scherma, gli scacchi, il gioco, il corteggiamento, al contempo, li disprezzava poiché si erano dimenticati dei loro doveri verso lo stato, quei doveri che imparavano solo sulla carta, che, tuttavia, poco spesso mettevano in pratica.

Ciò lo riportò alla realtà, al suo presente, al suo dovere, non poteva lasciarsi coinvolgere dalla nostalgia che gli aveva offuscato la mente e lo aveva riportato verso i suoi desideri che non poteva realizzare.

Il cielo che si stava facendo completamente scuro, seppur illuminato dalla luna piena che brillava provocando la gelosia delle stelle e pianeti vicini oscurati dalla sua luce bianca che regala il dolce sonno agli uomini tranne a quel ragazzo che sveglissimo la osservava quasi a voler farsi beffa di lei.

- Se solo avessi un cannocchiale con me potrei osservare i suoi mari rocciosi - disse mentre il ricordo del fascino per l’astronomia stava occupando la sua mente - Farei lo stesso anche per le fasi di Venere che oggi è ben visibile anche dopo il tramonto e proprio come fece per la prima volta Galileo rimarrei sicuramente stupito dai misteri che ancora avvolgono il nostro universo. Quanto siamo piccoli ed insignificanti di fronte all’infinita vastità dell’universo! - sospirò profondamente.

"L’uomo, un giorno, raggiungerà veramente lo spazio? La Luna? Oppure resterà solamente un sogno irraggiungibile che continuerà ad essere narrato dalla nostra immaginazione?" Come tanti altri uomini del passato pure lui si stava ponendo queste domande, ed era fiducioso della ragione, del progresso le quali avrebbero potuto dare una risposta.

Con l’Illuminismo l’uomo stava imparando a conoscere meglio se stesso, ad affidarsi alle potenzialità che la mente possedeva per conoscere con l’occhio libero dai pregiudizi, dalle convenzioni, dall’oscurantismo della Chiesa, la natura e il mondo che lo circondava. Ma davvero il progresso dettato esclusivamente dalla ragione avrebbe finalmente donato la tanto agognata felicità all’umanità?

Con un’espressione sognante sul volto Napoleone rimirava ancora quel cielo che destava in lui grande eccitazione, non riusciva proprio a controllare i traboccanti sentimenti di coinvolgimento con il creato che lo dominavano. Per un istante divenne quel bambino che non era stato, e si compiaceva di esserlo, voleva assaporare la dolcezza dello stupore e dell’ingenuità di una puerilità mai veramente vissuta. Né il sonno, né tantomeno la fame sopraggiunta riuscirono a distoglierlo da quella sensazione di intensa serenità. Per cui abbandonò carte e strumenti per acquietare il suo animo turbolento, cullato dalla tranquillità della notte.

17 settembre

- Ora devo andare, madre - riferì sussurrando il ragazzo all'orecchio della madre, che baciò dolcemente, la guardò di nuovo dolcemente, riafferrò il cappello bicorno, se lo pose sul capo con un sorriso misto tra soddisfazione, per il compito che avrebbe svolto per la sua famiglia e amarezza di lasciare nuovamente sola la madre che tanto amava - Arrivederci - salutò e aprì la porta che mostrava l'alba di una giornata appena cominciata - Salutatemi anche i piccoli e la balia - aggiunse richiudendo dietro a sé la porta, e si avviò verso il porto da dove era sbarcato qualche settimana prima. 

Napoleone era salpato sulla piccola e solida nave, accompagnato da quegli uomini di mare dimostratisi rispettosi e fedeli. Ondeggiava lievemente sull’acqua che assumeva i colori tenui della notte.

Il cielo e il mare costituivano un unico paesaggio che sembravano avvolgere in un dolce abbraccio quella piccola nave solitaria su cui c'era un figlio che si allontanava dai suoi fratelli, dalla sua casa, dalla sua terra per ritornare nella gabbia della solitudine che lo aspettava. La brezza del mattino increspò la superficie dell’acqua e la luce del sole tremolava sempre più rendendo poetico quel punto.

Napoleone preso dalla malinconia voltò lo sguardo verso la sagoma della città che si rimpiccioliva. Gli scogli che emergevano con prepotenza dal fondale erano quasi finiti e presto il giovane corso si sarebbe definitivamente allontanato dalla zona costiera di Ajaccio per buttarsi pienamente in mare aperto.

Chiuse gli occhi grigi, trasportato dal vento favorevole che riempiva le piccole vele e che lo accompagnava, proseguiva il suo viaggio. Aveva fatto bene a partire prima, poteva gustarselo con più tranquillità.

Erano passate alcune ore e lo stomaco iniziava a creargli fastidi, era dal pranzo di ieri che non lo riempiva, perciò,  accertatosi di quella calma piatta, che non gli provocava il mal di mare, decise di mettere  qualcosa di non troppo ingombrante sotto i denti.

Recuperò dalla sacca di pelle delle mele rosse e sode, comprate il giorno prima al mercato a poco prezzo - Eccole - si disse  afferrandone una al volo - Sono proprio aspre come piacciono a me! Dovrò passare nuovamente da quel fruttivendolo che era appostato vicino il centro di Ajaccio non appena ci torno. Queste mele sono semplicemente deliziose! - esclamò divorando con piacere altre due in poco tempo. 

 

   
 
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