Libri > Twilight
Segui la storia  |       
Autore: Lady Anderson    24/07/2009    2 recensioni
“Lasciami andare, Jacob, o ti salto alla gola.” -Renesmee Cullen-
Genere: Drammatico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Jacob Black, Nuovo personaggio, Renesmee Cullen, Un po' tutti
Note: Otherverse | Avvertimenti: Spoiler! | Contesto: Successivo alla saga
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Cap. 7 – INCANTO SPEZZATO

 

 

Tutto successe molto rapidamente…Il suono prolungato di un clacson, lo stridio delle gomme sull’asfalto, lo schianto di un vetro rotto…E poi il buio.

 

 

“CHE COSAAA? Tu sei impazzita, Nessie…”, sbottò Nathe di colpo sgranando gli occhi. Finii di passarmi l’asciugamano sui capelli e poi lo guardai, cercando di apparire più seria possibile. “Nathe, se non vuoi che mia madre mi impedisca di vederti per i prossimi due secoli devi venire con me…” “No no, non se ne parla proprio..” “Mmmhhh..Vediamo se riesco a convincerti…”, gli dissi seducente, avvicinandomi al suo viso. Quando le mie labbra stavano per sfiorare le sue qualcuno bussò alla porta della camera di Nathe. “Che diamine…”, imprecò lui sottovoce, prima di andare ad aprire. “Zia, cosa c’è?” “Tutto a posto ragazzi? Renesmee, hai bisogno di altri vestiti?”, mi domandò premurosa. “No Angela, ti ringrazio…Sei stata molto gentile a prestarmi qualcosa da mettere!” “Oh, figurati…Sei sicura di non voler rimanere qui stanotte? Il temporale non è ancora passato e…” “No, zia, ti ho già detto che la riporto io a casa. Vai a dormire, è mezzanotte passata…”. Diedi una leggera gomitata a Nathe, prima di ringraziare nuovamente sua zia. Lui chiuse velocemente la porta dietro di sé, sospirando. Dopo si avvicinò a me, prendendomi per i fianchi. “Allora…Dov’è che eravamo rimasti?”, mi sussurrò all’orecchio. Mi morsi il labbro, assumendo un’espressione fintamente spaesata. “Ok, te lo ricordo io…”, disse sfiorandomi appena le labbra. Un brivido mi percorse da capo a piedi e il cuore iniziò a martellarmi impazzito nel petto…Impaziente e desiderosa di quel contatto, passai una mano dietro la sua testa e lo costrinsi ad annullare la distanza tra noi. Lui iniziò ad accarezzarmi la schiena lentamente, passando poi le dita leggere su un mio fianco scoperto. Stavo letteralmente impazzendo. La gola iniziò a pizzicarmi un po’, ma con quel briciolo di razionalità che mi era rimasto mandai al diavolo la sensazione di bruciore, la sete e tutto il resto. All’improvviso sentii Nathe spostarsi in avanti, così automaticamente indietreggiai. Dopo qualche passo urtai contro il suo letto; lui mi prese per un fianco e mi fece stendere dolcemente, prima di sovrastarmi completamente. Si stava ripetendo la stessa scena di Vancouver…Speravo solo di essere abbastanza forte da ignorare i miei istinti, se avessero dovuto prendere il sopravvento. In quel momento sembrava che il tempo si fosse fermato…L’unica cosa che riuscivo a percepire chiaramente era il battito accelerato di entrambi. Nathe lasciò all’improvviso la mia bocca, per dedicarsi completamente al mio collo. Ogni volta che le sue labbra sfioravano la mia pelle i miei sensi si offuscavano del tutto. Senza rendermene conto mi ritrovai ad alzargli lentamente la maglietta. Lui si alzò per qualche secondo e se la sfilò del tutto, buttandola in terra con noncuranza prima di tornare a baciarmi. Feci scorrere le dita sul suo petto scolpito, soffermandomi poi sui suoi fianchi. Nathe stava iniziando a togliere la mia canottiera quando all’improvviso il suono di un cellulare attraversò la stanza, crescendo d’intensità ogni secondo che passava. “È…È il tuo…”, dissi io senza fiato. “Chi se ne frega.”, ribatté lui sulle mie labbra. Quel dannato apparecchio stava continuando a suonare furioso, trapassandomi la testa da parte a parte con quel suono continuo. Nathe si stufò e allungò la mano verso il comodino, visibilmente contrariato. “Nessie…Mi stai chiamando?”. Lo guardai stupita, prima di arrivare ad una terribile conclusione. “Dammi subito il cellulare…”. Nathe mi fissò silenzioso, confuso. Presi un respiro profondo, cercando di rendere il tono della mia voce tranquillo: “Mamma.”.

 

Le gocce di pioggia scorrevano sul vetro della macchina di Nathe come se fossero dei piccoli torrenti in piena, sferzati dalla velocità. “Ehm…Renesmee non credi che dovremmo andare un po’ più piano?” “Nathe, ti devo ricordare cosa ha detto mia madre?”. Lui aggrottò le sopracciglia e poi scosse la testa, tornando a guardare la strada mentre si reggeva allo sportello del passeggero. La mamma al telefono era stata più che chiara. Cristallina, direi. Aveva pronunciato soltanto due parole, ma erano state sufficienti a farmi tremare. “Mezz’ora.”, aveva detto, glaciale come non lo era mai stata. Al pensiero di lei furiosa che mi aspettava a casa mi vennero di nuovo i brividi. La lancetta del contachilometri della 147 aveva oltrepassato i 240 km all’ora, ma io continuavo a tenere l’acceleratore schiacciato fino in fondo. Per fortuna era notte e non c’era nessuno per strada…Se fossi tornata anche un minuto più tardi non so cosa sarebbe potuto succedermi. Dopo una ventina di minuti circa arrivammo a Forks. Il temporale sembrava agli sgoccioli, ma nonostante questo la strada era ancora piena di pozzanghere. Imboccai il viale che portava a casa dei nonni senza rallentare, facendo spaventare ancora di più Nathe. “Scusami, ma non voglio correre il rischio di arrivare in ritardo.” “No, figurati…Se non siamo morti prima…”, mi rispose lui con un mezzo sorriso. Appena arrivammo nei pressi della casa Nathe rimase sbalordito da ciò che stava vedendo. “Tu…Tu abiti qui?” “Si e no…È la casa dei miei nonni e zii. Io, mia madre e mio padre abbiamo un’altra casa, poco distante da qui, ma ci vado poco…” “Ah, bene…”, disse lui, leggermente nervoso. Non smetteva di guardarsi intorno. “Nathe, puoi tornare a casa se non te la senti…Devo ammettere che avrei preferito presentarti in un altro momento.”. Mi guardò per un attimo, poi si avvicinò e mi dette un bacio a fior di labbra. “Non ti preoccupare…Anche se l’idea di ritrovarmi faccia a faccia con..Una vampira infuriata..Non..”. Gli accarezzai una guancia, cercando di tranquillizzarlo un po’. Sospirai, gli detti un bacio e poi spensi il motore della macchina. “Andiamo.”, mi disse lui, prendendomi per mano. Ci avviammo lentamente verso la porta d’ingresso. Mi fermai sotto il portico, con le chiavi di casa in mano. Sentii l’odore di tutti i miei familiari, così cercai mentalmente papà e lo pregai di venire ad aprire la porta. Almeno avrei potuto arruffianarmelo un po’. Dopo circa tre secondi dalla formulazione del mio pensiero la porta si aprì, rivelando l’alta figura di mio padre. Il suo sguardo non era severo…Meglio. Uno in meno da affrontare. Sfoderai la mia espressione da cucciolo bastonato, per implorare perdono per la mia azione sconsiderata. Leggendo quello che stavo pensando mi accarezzò una guancia. “Ehi, piccola…Non sono io quello che devi affrontare…Basta tua madre!”, disse dolcemente. Dopo un po’ lui e il mio ragazzo si fissarono per qualche secondo, silenziosi. “Si, Nathe…Sono il papà di Nessie. Edward Cullen, piacere di conoscerti.”, disse infine lui, porgendogli la mano. Nathe rimase immobile, senza riuscire a dire una parola. Dopo un po’ alzò la mano e gliela strinse, rimanendo sbalordito per il contatto ghiacciato. “Pi…Piacere mio, Signor Cullen…” “Ah…Non gli hai detto ancora niente di noi?”, mi chiese interrogativo. Scossi la testa e gli sorrisi. “Comunque dammi del tu, Nathe. Mostro sempre 17 anni!”. Quel breve momento di ilarità fu interrotto da un rumore proveniente da dentro la casa. . Qualcuno – la mia furibonda mamma vampira – si era appena schiarito la gola, impaziente. Cercai disperatamente prima gli occhi di papà e poi quelli di Nathe; quando fui sicura di avere il loro appoggio presi un profondo respiro ed entrai. Se non fosse stato per le dita che tamburellavano veloci sul suo braccio, avrei potuto dire che mi trovavo davanti una statua realizzata alla perfezione. Nathe rimase nascosto dietro mio padre, mentre lui mi teneva una mano poggiata sulla spalla. Raccolsi tutto il coraggio che avevo in corpo e guardai mia madre negli occhi. Stavano scintillando di rabbia…Perfetto. Meglio di così non poteva andare. “Ti chiedo scusa, mamma. Non avrei dovuto farlo. Puoi punirmi come desideri.”, le dissi prima che potesse iniziare con la sfuriata. Tutti i miei familiari stavano in assoluto silenzio, respirando appena. La mamma continuò a fissarmi con i suoi occhi dorati, senza dire una parola. “Sei consapevole del fatto che non approvo per niente questa azione irresponsabile, vero?”, disse lei fredda dopo qualche attimo. “Si, mamma.” “E riconosci che qui una bella punizione ci sta tutta?” “Si. Te l’ho detto, puoi fare quello che vuoi.”, sussurrai, abbassando lo sguardo. “Bella, amore, non essere troppo dura con lei...Tu al posto suo avresti agito allo stesso modo.” “Edward, non provare ad incantarmi. Renesmee, niente uscite per due settimane. Ti sorveglierò a vista.”, sentenziò la mamma, con un tono che non ammetteva repliche. Alla fine mi era andata bene...Pensavo che mi avrebbe rinchiuso per almeno un decennio. “Ok, mamma, va benissimo.”, risposi un po’ più sollevata. “Non hai altro da dirmi, Nessie?”, continuò lei, alzando un sopracciglio. La guardai spaesata per mezzo secondo, prima che proseguisse: “Sbaglio o non sei venuta da sola?”. Il sangue mi si gelò nelle vene. Fissai silenziosa la mamma, mentre sentivo la mano di Nathe sulla schiena tirarmi la maglietta. “Oh...Si, si certo...Nathe, vieni.”. Mi girai verso di lui, prendendolo per mano. Cercai di dirgli con gli occhi che era tutto a posto, e che poteva stare tranquillo. Mio padre gli dette una pacca sulla spalla, prima di spostarsi per farlo passare. Come aveva fatto prima, iniziò a guardarsi intorno, analizzando uno ad uno i volti dei miei familiari, meravigliato dalla loro bellezza. Tutti loro gli sorridevano: i nonni entusiasti, le zie dolci e gli zii..Forse un po’ maliziosi. Zio Emmett gli fece persino l’occhiolino... Ma quando arrivò ad incrociare gli occhi della mamma sussultò. Gli strinsi un po’ più forte la mano, prima di rivolgermi di nuovo a lei. “Mamma...Nonni, zii...Lui è il mio ragazzo. Nathan Whellens.”. Nathe trattenne il respiro per un secondo, prima di salutare tutti. “Bu...Buona sera. Piacere...di conoscervi.” “Oh, che caro ragazzo!”, disse la zia Alice con un sorriso smagliante. Quello che successe dopo mi lasciò allibita. Tutti i miei, esclusa la mamma, si precipitarono su di noi ed iniziarono ad abbracciare e stringere la mano a Nathe. Lui era ancora più sconvolto di prima...Forse non si aspettava che i vampiri potessero essere così affettuosi. Quando riuscì a districarsi da quel groviglio di braccia lasciò anche la mia mano, e si diresse a passo incerto verso mia madre, che nel frattempo era stata raggiunta da papà. “Signora Cullen...”, disse cortesemente, tendendole la mano. Lei continuò a fissarlo per qualche secondo, prima di contraccambiare la stretta. Nathe sembrava molto più tranquillo, adesso che aveva conosciuto tutti quanti. Le fece un piccolo sorriso, sperando di non farla arrabbiare. “Ciao, Nathan. Spero che tutto quello che è successo fino ad ora con mia figlia non si ripeta più.”. E  te pareva...Mi sembrava strano che non avesse niente da dire. Nathe capì a cosa si stava riferendo: se mi avesse fatto soffrire ancora avrebbe incontrato i denti affilati della mamma. Lui deglutì, prese un respiro profondo e poi parlò, sicuro: “Non si preoccupi, Signora...Non ho intenzione di ripetere gli stessi errori di prima.”. Il mio cuore mancò di un battito appena sentii quelle parole. La mamma assunse un’espressione abbastanza compiaciuta, senza però tralasciare il solito sopracciglio inarcato. “Bene! – disse zia Alice – Dobbiamo festeggiare l’arrivo di Nathe!” “Zia, no...Per favore! Ci pensiamo domani, va bene? Vorrei riposare...E credo che anche Nathe sia stanco. Vero?”, gli dissi con uno sguardo piuttosto eloquente. “Ah...Si, si sono molto stanco in effetti...” “Rimarrà da noi stanotte, non voglio che guidi senza aver riposato un po’ ”. Tutti ci guardarono con l’espressione di chi la sapeva lunga, divertiti. Zio Emmett stava trattenendo a stento le risate. Dopo qualche minuto tutti scoppiarono a ridere, poi la nonna mi disse di far accomodare Nathe nella stanza degli ospiti. Mentre salivamo le scale la mamma mi bloccò un braccio, piantandomi gli occhi dorati addosso. “Occhio, Renesmee.”. Alzai gli occhi al cielo, prima di darle un bacio sulla guancia fredda. Appena mi chiusi la porta della camera alle spalle tirai un sospiro di sollievo, appoggiandomi al muro. Nathe mi abbracciò dolcemente, dandomi un bacio a fior di labbra. “È andato tutto bene per fortuna...Come ti senti?”, gli domandai. “Beh...Devo ammettere che sono abbastanza stranito....Non pensavo che i tuoi fossero così amichevoli!”. Scoppiammo a ridere di gusto, prima di tornare a baciarci. La situazione stava di nuovo iniziando a sfuggirci di mano, quando un ringhio prolungato si distinse tra gli altri rumori della casa. Subito ci staccammo, ridendo silenziosamente. “Scusa mamma! Non lo facciamo più!”, dissi ad alta voce, prima di dare un altro bacio a Nathe. Dopo qualche minuto ci allontanammo definitivamente, in modo da scongiurare un’ispezione improvvisa. Mi buttai sul letto, sbadigliando. Il sonno stava davvero iniziando a farsi sentire. Nathe si stese vicino a me, sorreggendosi su un gomito. “Nessie...Potresti....Hai voglia di raccontarmi qualcosa su...” “Su di noi?”, gli domandai, divertita. Lui annuì, sistemandosi meglio. “Dai, fammi tutte le domande che vuoi.”. Nathe sorrise, così iniziò a chiedermi tutto quello che c’era da chiedere. Iniziai a raccontargli la storia del nonno, di come aveva incontrato uno ad uno tutti i componenti della mia famiglia, le loro storie, i loro poteri... “No, no aspetta un secondo....Tuo padre sa leggere nel pensiero?”, mi chiese ad un certo punto, quasi impaurito. “Sì. È per questo che appena vi siete incontrati ha detto quelle cose...Pensava ti avessi già detto tutto. Ma perché ti preoccupi tanto?” “Io...Ecco vedi...Penso di dover controllare meglio la fantasia, d’ora in poi...”, mi disse, diventando tutto rosso. Appena capii quello che voleva dire gli poggiai una mano sulla guancia, facendogli vedere attraverso la mia mente che non c’era niente di cui aver paura... “Stai tranquillo, Nathe...”. Mi sorrise, poi continuò: “Il tuo potere...Sarebbe qualcosa di contrario al suo, giusto?” “Esatto. Io posso far vedere ciò che sto pensando.” “Forte! Deve essere uno spasso...”. Mi guardò esterrefatto, prima di chiedermi di proseguire il racconto. Così gli dissi dei Volturi, di quello che mia madre e mio padre avevano passato prima di essere finalmente felici, della mia nascita....Evitai accuratamente di rivelare tutti gli orribili dettagli, spiegandogli solamente come mai io fossi una mezza vampira con il sangue nelle vene e il cuore che batte. “Capito cosa voglio dire, Nathe? Mia madre, essendo ancora umana al momento della mia nascita, mi ha trasmesso questi particolari. Ti sarai accorto anche che sono un po’ più calda di te...” “Si, in effetti era una cosa che volevo chiederti da tempo....Cavolo, non pensavo che la tua storia fosse così strana! Ma dimmi...Ci sono altri vampiri al mondo che fanno come voi? Che...Non uccidono le persone?”, mi chiese curioso ed impaziente di sentire la risposta. Allora gli raccontai del clan di Denali, i nostri amici più vicini. Nathe era come rapito dalle mie parole. Credevo che la mia storia lo avrebbe fatto scappare via a gambe levate, e invece...Dopo che ebbi terminato mi guardò, una luce diversa negli occhi. “Mi sento così fortunato di averti incontrato...Potrei scrivere un libro, sai? Così passerei per uno scrittore ubriaco che cerca di fare soldi sparando un sacco di cretinate!” “Ma dai, scemo...”, gli dissi, dandogli una leggera spinta prima di tirarlo a me. Adesso che lo avevo ritrovato non potevo fare a meno di baciarlo ogni volta che ne avevo voglia....Ci staccammo poco dopo, e lui mi guardò raggiante. Poi all’improvviso, senza che capissi il motivo, abbassò lo sguardo. “C’è qualcosa che non va?” “Nessie...Potresti spiegarmi cosa c’entra Jacob in tutto questo? Voglio dire...Lui non è uno di voi...”. Oddio. Per tutto il tempo della storia avevo accuratamente evitato di parlare di Jacob e dei lupi. Non volevo che si sentissero minacciati dal fatto che un umano conoscesse il loro segreto... Ma comunque non ci dovevano essere problemi...Prima o poi lo sarebbe venuto a sapere lo stesso, così come Amy avrebbe saputo di noi. “Nathe...Preparati. Adesso ti faccio vedere....”. Chiusi gli occhi, e attraverso i miei pensieri e i miei ricordi il mio ragazzo venne a conoscenza del mondo dei licantropi. Quando gli spiegai mentalmente che Jacob era legato a me dall’imprinting, Nathe interruppe momentaneamente il contatto, baciandomi e stringendomi a sé con fare possessivo. “Ehi, ehi...Whellens, cos’è tutta questa foga?” “Tu sei mia, Renesmee...Mia e basta.” “Non c’è bisogno che me lo dica....”, risposi a qualche millimetro dalle sue labbra, sorridendo. “La storia di Jacob e company non è ancora finita...Vuoi continuare a vederla?”. Nathe annuì, scusandosi con lo sguardo. Mi affrettai a mostrargli ciò che mancava, compreso il secondo imprinting di Jacob, così che non avesse più niente di cui preoccuparsi. “...E così adesso è cotto di Amy.”, conclusi, interrompendo il contatto prima che vedesse in che modo avevo scoperto quest’ultima cosa. “Cavolo...Jacob ed Amy? Oddio, è proprio piccolo il mondo!” “Preferivi che continuasse a sbavare dietro di me?”, gli chiesi divertita. Lui fece un’espressione piuttosto contrariata. “No, grazie, mi bastano tutti gli studenti del Liceo di Forks...”. Ci guardammo per due secondi, prima di iniziare a ridere come pazzi. Quando le nostre risate si spensero lo salutai, dandogli un ultimo bacio, prima di avviarmi nella mia stanza. Non riuscivo a realizzare che adesso potevo essere me stessa con Nathe, senza nascondere tutto ciò che mi riguardava. Mi addormentai felice, sperando che quello che era successo non fosse stato frutto della mia fantasia.

Quando mi svegliai, circa quattro ore dopo essermi addormentata, rimasi per qualche minuto stesa sul letto, con i sensi all’erta. Potevo percepire distintamente i piccoli rumori prodotti dai miei familiari al piano di sotto; gli odori mi dicevano che in casa c’erano mia madre, mio padre e i miei nonni. Ma non furono loro ad attirare la mia attenzione: un respiro pesante e regolare proveniva dalla stanza degli ospiti vicino alla mia. L’odore di menta fresca e limone mi fece svegliare del tutto, assicurandomi che tutto quello che riguardava la sera prima era accaduto davvero. Mi vestii velocemente, mi sciacquai il viso e mi sistemai i capelli, come facevo tutte le mattine. Quando uscii dal bagno mi diressi verso la camera degli ospiti, silenziosa. Appena aprii la porta venni travolta dall’odore di Nathe, che dormiva beato a pancia in giù, con un braccio sotto il cuscino. Rimasi a guardarlo per un po’, prima di avvicinarmi e sedermi sul letto. Presi ad accarezzargli il viso delicatamente, e dopo un po’ gli posai un bacio sui capelli scompigliati. “Nathe...”, gli sussurrai piano, scuotendolo un po’. Niente. Riprovai un’altra volta, e un’altra ancora, ma tutto quello che ottenni fu il cambio di posizione di Nathe. Adesso stava a pancia in su, con le braccia abbandonate sul letto. “Nathe, dai svegliati.. Dobbiamo andare a scuola...” “Zia dai lasciami stare...”, disse lui, prima di girarsi su un fianco. Era peggio di Amy...Tra tutti e due non avrei saputo chi scegliere. Lo costrinsi a voltarsi di nuovo, così gli posai un leggero bacio sulle labbra. Restai a fissarlo, in attesa di una reazione; dopo qualche attimo aprì gli occhi, sbattendo le palpebre più volte. “...Nessie?”, mi chiese lui a mezza voce, confuso. Si alzò a sedere e mi guardò con gli occhi ancora mezzi chiusi. “Era ora, bell’addormentato!” “Ma...Che ci fai tu a casa mia?”. Trattenni una risata e gli poggiai una mano sul braccio. Tutto quello che era accaduto la sera prima rivisse nella sua mente attraverso i miei ricordi. Nathe mi guardò ancora un po’ confuso, prima di sorridere. Mi tirò a sé e mi baciò; quando ci staccammo i suoi occhi erano completamente svegli. “Buon giorno, piccola...” “..’Giorno...Dormito bene?” “Benissimo..”, rispose lui a pochi centimetri dalle mie labbra, prima di baciarmi di nuovo. Dopo qualche minuto sentii dei passi salire le scale, così ci staccammo. Pochi istanti dopo mio padre bussò alla porta socchiusa ed entrò. Aveva un’espressione rilassata, gli occhi dorati che scintillavano. “Ben svegliata, tesoro! Nathe...”, salutò educatamente papà, prima di darmi un bacio ghiacciato sui capelli. “Salve, Edward.”, ricambiò lui con un sorriso. “La colazione è già pronta in tavola.”. Mio padre si congedò e uscì dalla stanza. Poco tempo dopo lo seguii, dicendo a Nathe che lo avrei aspettato di sotto. Accesi il cellulare, e dopo neanche un minuto mi arrivò una chiamata di Jacob. “Ciao Jake...” “Buon giorno, Nessie. Tutto bene da voi?” “Si si... Mi sono alzata una ventina di minuti fa. Come sta Amy?”. Jacob sospirò pesantemente, prima i rispondermi. “Ha avuto un sonno abbastanza agitato, ma nel complesso sta bene. Adesso si sta preparando per andare a scuola...La porto io in moto, i suoi tornano stasera, quindi non posso passare da te...” “Non ti preoccupare, c’è Nathe qui a casa mia. Poi ti racconto...Ci vediamo direttamente lì allora!”, gli dissi, prima di chiudere la chiamata. Andai a salutare mia madre e i miei nonni e mi accomodai al tavolo, dove mi aspettava la mia solita tazza di caffè con i biscotti. Dopo un po’ scese anche Nathe, che salutò la mamma prima di chiunque altro. Lei ricambiò, e tornò a dedicarsi al libro che stava leggendo. Verso le sette e mezzo io e Nathe uscimmo di casa e ci dirigemmo verso il retro della casa. Rimase senza parole quando entrammo nel garage, dove la zia Rosalie aveva sistemato la 147. “Renesmee per favore, dimmi che non sto sognando...”, disse a bocca aperta, gli occhi che brillavano. Accanto alla sua Alfa si allungava una fila di macchine, tutte rigorosamente parcheggiate alla perfezione. Io scoppiai a ridere dopo aver notato la sua espressione incredula, così decisi di fargli fare un piccolo tour del garage. “Allora...La Volvo di papà, seguita dalla sua Aston Martin, poi la Ferrari di mamma, la Porsche di zia Alice, la BMW della zia Rose, l’Hammer di zio Emmett, la Corvette di zio Jasper e la Mercedes dei nonni! Ah, manca la mia...Fiat Bravo, completamente modificata. Soddisfatto?”. Avevamo percorso tutto il garage, e Nathe sembrava volare in Paradiso ad ogni macchina che vedeva. “Non ci posso credere...”, disse lui, con gli occhi che brillavano. “Forza, pilota di Formula Uno, dobbiamo andare a scuola!” “Ma sono così belle...” “Dai, Whellens, o faremo tardi!”, lo tirai per un braccio e lo trascinai verso la sua macchina, salendo al posto di guida. “Ehi, ci hai preso gusto a guidare la mia macchina?” “Sali e basta Nathe, siamo in ritardo...”. Appena arrivammo a scuola notai la grossa moto di Jacob. Parcheggiai e scesi di macchina come una furia, precipitandomi dalla mia migliore amica. Era un po’ più pallida di quanto lo fosse di solito....Per poco non era diafana come me. Sotto i suoi occhi azzurri si presentavano delle occhiaie appena marcate, segno della dura giornata precedente. “Amy, mio Dio...Ero preoccupatissima...”, le dissi abbracciandola. “Va tutto bene Nessie, grazie...Jacob mi è stato di enorme aiuto.”, mi rispose lei, sorridendo all’enorme figura di Jake. Lui, imbarazzato, borbottò che lo aveva fatto volentieri, prima di cambiare espressione: Jordan era appena arrivato, e si stava dirigendo di gran carriera verso di noi. Jacob si parò come uno scudo davanti ad Amy, e quando il ragazzo fu abbastanza vicino ringhiò. “Ehi, Jake, controllati...”, gli sussurrai, prima di rivolgere un’occhiata omicida al nuovo venuto. “Controllati anche tu, Nessie...”, disse Nathe, tenendomi per mano. “Cosa vuoi, lurido verme schifoso?”, sputò fuori dai denti Jacob, acido. “Cosa? Ce l’hai con me, ammasso di muscoli? Togliti, voglio parlare con Amy.”, rispose Jordan, con tono strafottente. Amy per tutta risposta prese per un braccio Jacob e lo fece spostare, portandosi faccia a faccia con il ragazzo. “Amy ascoltami, io...”. Non fece in tempo a finire la frase che uno schiaffo veloce, potente ed inaspettato gli arrivò dritto in pieno viso. “Non osare mai più rivolgermi la parola, brutto porco che non sei altro.”, sibilò Amy, prima di dargli le spalle. “Amy, aspetta...” “Non hai sentito cosa ti ha detto? O devo fartelo capire in un altro modo?”, disse minaccioso Jacob, prendendolo per il giubbotto e alzandolo da terra. “Jake, lascialo perdere...Non vale la pena che tu perda del tempo con quell’essere. Grazie del passaggio, ci vediamo dopo all’uscita...”, disse Amy, dando un bacio sulla guancia all’enorme ragazzo dopo che lui lasciò cadere in terra Jordan. Alla fine di tutto ci avviammo all’entrata, proprio mentre la campanella annunciava l’inizio delle lezioni. “Direi che ti sei ripresa quasi del tutto, Amy...Gli hai mollato un ceffone che gli lascerà il segno per le prossime due ore!”, le dissi, subito dopo aver preso posto ai nostri banchi. Lei mi guardò con aria soddisfatta. “Eh, si...Mi dispiace solo di non averglielo tirato più forte! Tu piuttosto...Credo che mi debba qualche spiegazione, cara Signorina Cullen....”, replicò, prima di dare un’occhiata in direzione di Nathe. Diventai rossa quasi quanto i miei capelli, sotto il suo sguardo indagatore. Cavolo, quanto avrei voluto mostrarle tutto quanto...Presi un respiro profondo e poi mi decisi a parlare. “Si, abbiamo fatto pace. Ieri sera. Sono andata fino a casa sua e poi lui mi ha riaccompagnata...Ma siccome era tardi l’ho fatto dormire da me.”. Amy poggiò la testa su una mano, l’espressione di chi la sapeva molto lunga stampata in volto. Subito capii dove voleva andare a parare, così arrossii ancora di più. “Ma no, maliziosa che non sei altro! Mia madre e mio padre ci avrebbero buttato fuori a calci...”. Lei sorrise ancora di più, prima di stamparmi un bacio sulla guancia. “Meno male che avete sistemato tutto...Stavo davvero iniziando a scocciarmi di tutto questo casino, sai? Si vedeva lontano un chilometro che non potevate stare separati...”. La guardai, un po’ imbarazzata, prima di sorriderle. Però adesso era il mio turno di fare domande... “E tu, Amy...Che ne dici di Jacob? Lo trovi così figo come un po’ di tempo fa?”. Stavolta fu lei ad arrossire. Cercò invano di cambiare argomento, ma io non demordevo. “E va bene, va bene! Si, lo trovo figo...Anzi no, non solo figo. È disponibile, gentile, tenero...” “No, no, ferma...Non corriamo troppo!”, la fermai, cercando di sistemare tutto quello che mi aveva appena detto nell’ordine giusto. “Nessie, non mi prendere per scema...Ma c’è qualcosa nel suo sguardo che...Non so, mi fa sentire al sicuro.”, continuò lei, ancora più imbarazzata. “C’è qualcosa sì!”, pensai, ridendo tra me e me. “Cos’hai da ridere?” “Niente, Amy...Senti, se ti ci trovi bene...Perchè non provi ad uscirci? È un ragazzo in gamba, sono sicura che se vorrai nascerà qualcosa di importante...”. Amy sospirò e annuì, con lo sguardo che trapelava un senso di speranza. Il resto della giornata trascorse abbastanza tranquillamente; Jacob, dopo aver riaccompagnato Amy a casa, si fermò a pranzo da noi. Decise di rimanere anche di pomeriggio, dato che la mamma aveva sottolineato che ero in punizione e che quindi non potevo uscire di casa. Ci sistemammo in camera mia, così potei raccontargli tutto quello che era successo con Nathan il giorno precedente. “Nessie, tu sei partita di testa. Come diavolo ti è venuto in mente di andare fino a Port Angeles di corsa?”, disse lui, scuotendo la testa rassegnato. “Era il modo più veloce, Jake...Non so se sarei riuscita a resistere ancora fino a stamani mattina. Anche se mi è costato due settimane di reclusione non mi interessa.”, risposi risoluta, scorrendo le canzoni dello stereo con il telecomando. “Ah...Ho parlato di te con Amy, stamattina...”. Jacob si drizzò sulla sedia come un fulmine, mettendosi per bene e dedicandomi tutta la sua attenzione. “Che ti ha detto?”, domandò lui impaziente. Lo guardai sorridente, notando quanta tenerezza potesse fare un ragazzo grande e grosso a sentir parlare della sua bella. “Che potrebbe funzionare tra voi...”. Lui sembrava dover svenire da un momento all’altro dalla felicità. “Che bello...”. Sì, stava sognando ad occhi aperti.“Ascoltami bene, Jacob Black. Amy è la mia migliore amica...Se ti azzardi a farla soffrire sarai l’unico lupo a non avere una coda. Chiaro?”, dissi, con un tono che non ammetteva repliche. Jacob mi guardò leggermente impaurito, ma poi mi abbracciò forte, sollevandomi da terra e facendomi volteggiare, completamente fuori di sé dalla gioia. “Grazie grazie  grazie grazie grazie sorellina!”. Quando mi rimise a terra potei vedere il suo sorriso allargarsi ancora di più. Strappai un pezzo di carta da uno dei fogli che avevo sulla scrivania e gli scrissi il numero di cellulare di Amy. “Chiamala appena puoi.”. Jake era raggiante...Mi dette un grosso e bollente bacio sulla guancia e si precipitò alla riserva, dove di sicuro avrebbe passato molto tempo al telefono.

Finalmente, dopo due settimane di punizione la mamma acconsentì a farmi uscire. Quel pomeriggio decisi di andare da Amy, con la speranza di non trovarci anche Jacob. Da quando erano usciti la prima volta, lui mi faceva venire le crisi da quanto parlava della mia migliore amica ogni volta che ci vedevamo. Qualche giorno prima fui addirittura costretta a chiudere la telefonata con Nathe, dato che Jake aveva urgenza di dirmi di quanto fosse stata bella Amy vestita in un certo modo. Anche lei però non era da meno...Mi stava elencando tutto quello che le piaceva di lui, gli occhi azzurri che brillavano ad ogni sua parola. “...Oh, Nessie, spero proprio che vada tutto bene...Jacob è così...” “Si, si, Amy...Me lo hai già ripetuto stamani a scuola!” “Scusami...È che mi sento così bene...” “Meglio così! Ti ha già portata alla spiaggia della riserva?”, le chiesi, curiosa di scoprire se la tattica amorosa di Jake fosse cambiata o meno. “No, ci andiamo stasera. Passa a prendermi dopo cena...”,  rispose Amy, il sorriso stampato in faccia. Dopo qualche minuto mi accorsi che erano quasi le cinque, quindi decisi di tornare a casa. “Mi raccomando Amy, domani voglio sapere tutti i dettagli. Divertiti...E saluta Jake da parte mia!” “Lo farò! Ci vediamo Nessie!”, disse, prima di darmi un bacio sulla guancia. Appena salii in macchina il cellulare squillò. “Ciao stellina! Che fai?” “Nathe! Sono in macchina, sto tornando a casa...Ero da Amy, mi ha fatto esaurire con tutto quel parlare di Jacob!”. Nathe, dall’altra parte del telefono scoppiò a ridere, divertito. Appena si fu ripreso continuò: “Che fai stasera?” “Credo di stare a casa...Se vuoi possiamo vederci! Vengo io da te?” “Si, forse è meglio...Helen vieni qua, ti ho già detto che devi restare nel giardino! Oddio sto impazzendo...”, disse lui sospirando. A quanto pareva stava facendo da baby-sitter alla cuginetta. “I tuoi non ci sono?” “No, sono in casa...Però stasera vanno a cena fuori, quindi mi tocca restare con la peste...” “Va bene, vengo a darti una mano...Arrivo dopo cena! Un bacione, piccolo...” “Ti amo, Nessie.”. Sorrisi, mentre il cuore saltava un battito. “Ti amo anche io.”, risposi, prima di chiudere la chiamata. Cinque minuti dopo imboccai il vialetto di casa, ancora con il sorriso stampato sulle labbra. Notai che dentro c’erano solo il nonno e i miei genitori; gli altri dovevano essere andati a fare shopping, visto che la BMW di zia Rose non era nel garage. Salutai tutti, raccontai la storia di Jake ed Amy e poi andai in camera mia. Avevo voglia di rilassarmi, così decisi di stendermi un po’ sul letto ad ascoltare la musica. Dopo un po’ scesi giù in salotto, dove il nonno e papà stavano parlando di come produrre un particolare vaccino contro non so quale malattia. Io mi sedetti sul divano, accanto alla mamma, che stava guardando una telenovela spagnola in televisione. Era passata circa mezz’ora quando il cellulare del nonno iniziò a squillare frenetico. Strano...Di solito non lo chiamavano se non era una cosa urgente. “Pronto?” “Dottor Cullen, sono il Dottor Anderson, dall’ospedale di Port Angeles.” “Mi dica.” “Abbiamo bisogno di lei, c’è stato un incidente gravissimo. La vittima ha 17 anni ed è in stato di incoscienza, non riusciamo a rianimarla.”. L’espressione professionale del nonno si fece preoccupata. Aveva sempre avuto a cuore la salute dei suoi pazienti. “Dottore, potrebbe darmi maggiori informazioni riguardo l’incidente?” “Si, certo. Sembra che il ragazzo sia stato investito da una macchina che non lo ha visto. A quanto hanno riferito i testimoni, si è precipitato in strada per spingere via una bambina.”. Il nonno guardò mio padre, con un’aria strana. “Sa dirmi altro?” “Uno dei testimoni si chiama...Benjamin Cheney. Il ragazzo è suo nipote.”. I miei diventarono statue. Papà aveva smesso di respirare, mentre il nonno aveva chiuso la chiamata e veloce come un fulmine si era precipitato nel suo studio a prendere la sua valigetta. Mio padre guardò la mamma con una strana espressione, facendo scorrere i suoi occhi dal suo viso al mio. “Edward che succede?”. Lui scosse la testa, l’espressione preoccupata ancora stampata in volto. Continuava a guardarmi, senza dire niente. Appena il nonno ricomparve si fiondò fuori dalla porta, senza proferire parola. Un minuto dopo la sua Mercedes era già sparita lungo il vialetto. “Papà...” “Renesmee, siediti per favore.”. Mio padre sospirò, prendendomi una mano. Sentivo l’agitazione salire, mentre la sua espressione si faceva sempre più cupa. “Papà, ti prego dimmi perché mi stai guardando così...” “Nessie, c’è stato un incidente, a Port Angeles...”, disse, mentre il mio cuore stava iniziando a battere sempre più veloce. La paura che fino a quel momento avevo cercato di ignorare iniziò ad impadronirsi di me, con una forza che mi stava dilaniando l’anima. “Continua...”, sussurrai, sentendomi mancare l’aria. Papà deglutì, poi continuò: “Ecco...Hanno investito un ragazzo...”. La testa iniziò a girarmi furiosamente, mentre sentivo già le lacrime pungere. “Si tratta di Nathan.”, disse lui, abbracciandomi forte. Sentii un dolore lancinante al petto, come se fossi stata appena trafitta da mille lame. Rimasi interdetta per qualche secondo, prima che la mia vista si oscurasse e i miei sensi si annebbiassero del tutto.

   
 
Leggi le 2 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > Twilight / Vai alla pagina dell'autore: Lady Anderson