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Autore: NyxTNeko    09/06/2019    1 recensioni
Napoleone Bonaparte, un nome che tutti avranno letto almeno una volta sui libri di scuola.
C'è chi l'ha adorato, chi odiato, chi umiliato e chi glorificato.
Ma siamo sicuri di conoscerlo veramente? Come si sa la storia è scritta dai vincitori e lui, il più grande dei vincitori, perse la sua battaglia più importante.
Dietro la figura del generale vittorioso e dell'imperatore glorioso si nasconde un solitario, estremamente complesso, incompreso che ha condotto la sua lotta personale contro un mondo che opprime sogni, speranze e ambizioni.
Un uomo che, nonostante le calunnie, le accuse, vere e presunte, affascina tutt'ora per la sua mente brillante, per le straordinarie doti tattiche, strategiche e di pensiero.
Una figura storica la cui esistenza è stata un breve passaggio per la creazione di un'era completamente nuova in cui nulla sarebbe stato più lo stesso.
"Sono nato quando il paese stava morendo, trentamila francesi vomitati sulle nostre coste, ad affogare i troni della libertà in mari di sangue, tale fu l'odioso spettacolo che colse per primo il mio occhio. Le grida dei morenti, i brontolii degli oppressi, le lacrime di disperazione circondarono la mia culla sin dalla nascita".
Genere: Drammatico, Guerra, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: Violenza | Contesto: Rivoluzione francese/Terrore, Periodo Napoleonico
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Capitolo 20 - Meglio un aiuto che cento consigli -

Porto di Marsiglia, 29 settembre

Dopo molti giorni di navigazione Napoleone salpò al porto della città costiera francese, l'aria non era troppo fredda, seppur carica di umidità, e vi aleggiava una leggera nebbiolina. Ringraziò di cuore quegli uomini che lo avevano accompagnato per mare - Da qui in poi posso procedere anche da solo - gli aveva detto, pagandoli.

Prima di inoltrarsi nel cuore cittadino, si ricordò di passare da un fruttivendolo anziano, piuttosto gentile, che si trovava lì a vendere quelle mele che provenivano dalle Alpi, che si ricordò di lui, per via del suo strano accento, rimastogli impresso - Non siete di queste parti! - esclamò nuovamente con fermezza - E nemmeno francese, riconosco l’accento degli oltralpe - aggiunse mentre fissava quel giovane ufficiale che gli sorrise lievemente.

- Hai ragione, buon uomo, anche se ormai vivo da molto tempo in Francia l’accento non mi abbandona - confermò cordialmente Napoleone. Si sentiva stranamente di buon umore, forse quel periodo di contemplazione del cielo gli aveva fatto bene.

- Ho un sacco di amici e colleghi italiani con i quali scambio le merci qui al porto - specificò il vecchio che, nel frattempo, aiutava il ragazzo nella scelta.

- Tra questi ci sono anche corsi? - chiese curioso Napoleone.

- Non mi risulta, anche perché mi sembrate tutti uguali quando parlate in francese, quella cantilena che usate vi fa riconoscere subito - si giustificò umilmente il vecchio mostrando quei pochi denti che gli erano rimasti.

Napoleone trattenne una risata per non offendere quell’uomo che non voleva assolutamente deriderlo, solamente ci teneva a puntualizzare le particolarità degli italiani, o oltralpe come gli chiamava quel vecchio, considerate bizzarre agli occhi dei francesi. Si procurò una buona scorta di quelle splendide mele, che gli sarebbero certamente servite per il viaggio, e salutò il fruttivendolo augurandosi di rivederlo ancora. Aveva dato un paio di mele al suo cavallo, che aveva nitrito piano, come per approvare la loro bontà - Sei più intenditore di me - ridacchiò.

Ripensò al fatto che lo aveva considerato un italiano, gli era rimasto impresso, in parte ne era fiero, perché confermava che il suo spirito non era completamente nelle mani dei francesi, ma in parte gli doleva perché sapeva che i costumi, le tradizioni, le usanze dei corsi si stavano corrodendo più velocemente di quanto potesse sembrare all’apparenza. A quel punto sperò che l’esilio di Paoli finisse nel più breve tempo possibile, il patriota era l’unica possibilità che i corsi avevano per rimettersi in gioco.

Mentre la mente divagava in quel pensiero , una carrozza dall'aspetto barocco passò ad un pelo da lui travolgendolo quasi, il cavallo si impennò spaventato, Napoleone gli diede delle speronate molto forti e tirò la briglia prontamente per evitare di cadere e per calmarlo. L'aristocratico, che alloggiava nel mezzo, scostò lentamente la tendina ed intravide quel giovane ufficiale che sussurrava qualcosa all'orecchio del destriero, accompagnate da carezze, sul manto bianco e sulla criniera. Non aveva udito nessuno sproloquio da parte sua e, così, compiaciuto di quella remissività, ordinò al cocchiere di proseguire la corsa senza rallentare.

Ovviamente Napoleone bolliva dalla rabbia per la vicenda e per il suo atteggiamento vile, permissivo, nei confronti di quel nobile sfacciato, che aveva fatto riemergere la situazione di impotenza toccata con mano fin dall’infanzia.

Tuttavia non poteva muovere parola contro di lui, perché alla fine ci avrebbe solamente rimesso - Andiamo - borbottò torvo al suo destriero - Perderei tempo e denaro con gente simile - strinse con forza la briglia, il cavallo aveva percepito il nervosismo del padrone e aveva nitrito debolmente. Gli diede un altro colpo di sperone e si avviò, mentre la vita riprendeva tranquillamente "Ma arriverà la mia vendetta e non avrò nessuna pietà, non ho dimenticato il mio compito, né la mia origine" si disse facendo riemergere parte del carattere corso, vendicativo e violento, che pensava di aver sepolto per sempre. Aumentò la velocità e scomparve in lontananza.

Valence, 10 ottobre

A causa delle diverse condizioni climatiche che letteralmente dividevano la Francia in due blocchi e che resero il viaggio tortuoso, difficile per via delle piogge incessanti che crearono piccole frane o allagamenti delle strade, Napoleone raggiunse il reggimento con molti più giorni di ritardo di quanti ne avesse programmato in partenza.

Arrivato alla sede centrale non esitò a rivolgere al superiore le scuse per l’incredibile ritardo: per sua fortuna questi fu molto comprensivo e pacato e non esitò minimamente nel domandargli se avesse riacquistato la salute. "A quanto pare ha creduto davvero alla storia della mia malattia" Non si aspettò tanta premura da parte sua. Per evitare di creare disguidi resse il gioco che aveva iniziato - Certamente ho recuperato tutte le energie - rispose prontamente restando comunque teso e pronto a scattare - Se non avete altro da chiedermi - espose con un lieve inchino, vedendo il superiore impegnato nelle sue faccende - Potrei sistemarmi nella mia stanza?

Il superiore non proferì parola, fece un piccolo cenno con la testa equivalente ad un sì. Napoleone s’inchinò nuovamente e si congedò da lui con fare piuttosto losco, come se nascondesse qualcosa, il superiore non diede peso a quegli atteggiamenti, in quanto sapeva del carattere schivo e sospettoso del ragazzo.

Il corso avrebbe voluto chiedergli aiuto per la questione della pépinière, però, preferì attendere. Quelle giornate di viaggio erano state davvero spossanti e affaticarono persino un instancabile come lui. Si tolse lentamente l’uniforme di dosso, mentre faceva scaldare sul piccolo camino, l’acqua per la vasca da bagno di rame, che aveva fatto installare appositamente nella camera. Era il suo unico, vero lusso, al quale non riusciva proprio a rinunciare.

Attese che fosse bollente e quando raggiunse la temperatura desiderata, con delicatezza, versò l’acqua nella vasca generando una nube di vapore che invase tutta la stanza. Con indosso la sottoveste si infilò immediatamente nell’acqua, appena dentro distese il collo sul bordo della vasca, chiuse gli occhi rilassando il corpo e la mente.

Aveva immesso nell’acqua gli oli e le essenze racchiusi in piccoli sacchetti di velluto che si utilizzavano per nascondere l’odore cattivo dai vestiti, a lui non servivano perché si lavava frequentemente, se non tutti i giorni, per cui non emanava l’olezzo che si poteva odorare dappertutto nel Paese. Quest'abitudine era considerata anomala dai francesi e i suoi colleghi, una volta, lo misero all'allerta sulla pericolosità dell’acqua, specie se calda, in quanto provocava malattie, aprendo i pori e le facendole penetrare nel corpo. Secondo questa concezione ben radicata dalla fine del Medioevo era sufficiente il sudore per purificare il corpo.

- Che idiozia! - mormorò sottecchi aprendo lentamente gli occhi - Vorrei proprio sapere chi è questo medico o scienziato che ha elaborato questa assurdità priva di fondamento! - aggiunse mentre tratteneva a stento una risata. Da una vita faceva il bagno e non gli era mai capitato di essere colpito da un’infezione o malattia subito dopo averlo fatto. Anzi si ricordò che una volta a scuola, a Brienne, gli era capitato di sentirsi male perché non si era pulito a sufficienza - Lo ribadisco: mai fidarsi dei medici! - esclamò per poi tacere, volendo godere di quella splendida sensazione di rigenerazione, un bel bagno caldo era la soluzione ottimale dopo varie giornate impegnative.

Rimase a mollo per diversi minuti, il silenzio faceva da padrone, interrotto lievemente dallo scrosciare della pioggia che non faceva altro che cadere senza sosta da giorni. Nonostante fosse in Francia da anni, all'autunno francese non si era ancora abituato: in quanto portava con sé non solo la pioggia, ma pure quel freddo pregno d'umidità che Napoleone mal sopportava, poiché gli creava continuamente raffreddori. E l’unico rimedio efficace era il bagno nell’acqua calda, così come sua madre lo aveva educato.

Quando ormai aveva trovato la quiete, ecco che, puntualmente qualche scocciatore fu pronto a disturbarlo. Bussò alla sua porta - Sottotenente Buonaparte, è pronta la cena! - urlò la voce ovattata di un suo collega. Il giovane corso spalancò gli occhi, sapendo di non poter sottrarsi a quel rituale, da lui considerato inutile, in cui si aveva 'l’occasione' di cenare insieme ai colleghi, la maggior parte era a lui sconosciuta.  Ammetteva a sé stesso di non avere  intenzione di conoscerli, soprattutto quelli che gli apparivano dei perditempo. 

Informò l’interlocutore dietro la porta di attenderlo nella sala, in quanto doveva ben sistemarsi per la cena. L’ufficiale collega si allontanò dalla stanza con passo cadenzato. Uscì mal volentieri dalla vasca, si asciugò velocemente, fortunatamente non aveva ancora fatto bagnare i capelli, altrimenti non avrebbe potuto mettere nemmeno la testa fuori.

Con altrettanta velocità si rimise addosso la divisa, ancora umida, e come un fulmine si diresse verso la sala, gremita di gente, già intenta a consumare i pasti di cui sentiva nell’aria l’odore, comprese che si trattava della solita brodaglia di broccoli bolliti. In cuor suo rimpianse i pranzi preparati dalla famiglia che aveva quasi spesso rifiutato.

- Vi fate sempre attendere sottotenente - emise uno dei suoi colleghi, con il quale aveva tenuto parecchie conversazione interessanti qualche volta, che lo fissava con la sua aria furbetta.

- Pardon - si scusò Napoleone laconico.

- Siete perdonato - sopraggiunse l'altro con un tono comprensivo e sempre gentile - Abbiamo saputo che siete tornato da poco, ma siamo riusciti ad occuparvi un posto vicino a noi

- Vi ringrazio immensamente - rispose Napoleone che subito si sedette, intenzionato ad ingurgitare quella roba che aveva davanti gli occhi, per poi sgattaiolare subito nella sua stanza. Gli sarebbero tornati i raffreddori se fosse rimasto troppo a lungo con la divisa umida.

- Questa brodaglia è sempre disgustosa! - confermò sottovoce il primo dei due colleghi che confermò la sua esclamazione.

Napoleone appoggiò sul tavolo la sua sacca ed estrasse una mela, poi guardando con la coda degli occhi entrambi, ne pescò altre due e le porse loro - Volete favorire? Vi garantisco che sono una delizia per il palato - disse il corso con una gentilezza che i due colleghi non si sarebbero aspettati da lui.

- Grazie - ringraziarono all’unisono ed afferrarono le mele che assaggiarono.

- È davvero buonissima! - urlò il più esuberante che continuava a morsicchiarla intorno al torsolo

- Dove le avete acquistate, Buonaparte? - chiese l'altro curioso di sapere il luogo da cui si era procurato quelle mele deliziose.

- Da un uomo anziano che le vendeva a prezzi stracciati vicino il porto di Marsiglia - rispose tranquillamente Napoleone giocherellando con la mela tra le mani - Provengono direttamente dalle Alpi - aggiunse con un sorriso ampio e malizioso mentre addentava il frutto.

Dopo averla mangiata si alzò e li ringraziò di cuore per la compagnia, i due lo salutarono e poi si guardarono in viso - Sempre di fretta, chissà cosa avrà da fare ogni volta - sospirò l'altro, quello più riflessivo.

- Non lo so, amico, è sempre stato un tipo strano, fin dalla prima volta in cui l'abbiamo incontrato - soffiò l'altro.

Napoleone si diresse verso la sua stanza, si tolse l'uniforme che lasciò ad asciugare vicino il fuoco e mise a posto le carte riguardanti la pépinière. Avrebbe chiesto aiuto al suo superiore, che con la sua posizione, era in grado di poterlo aiutare, conoscendo anche il suo carattere estremamente disponibile. Fatto ciò si sedette scomposto come al suo solito e finì di leggere i libri che aveva lasciato in sospeso prima di partire, fino a notte inoltrata, poi il sonno lo vinse e si addormentò profondamente. Quasi contemporaneamente la candela accanto a lui si spense.

16 ottobre

Si svegliò prestissimo, il sole era già sorto seppur ancora coperto dalle pesanti nubi grigie cariche di pioggia che inaugurò anche quella giornata. Pieno di energie e determinazione, si rimise nuovamente la divisa e si sistemò sperando di trovare già sveglio il suo superiore, per riferirgli della complicata situazione familiare. Le carte erano pronte. Uscì dalla stanza e attraversò il corridoio con passo felpato per evitare di svegliare e coinvolgere intrusi alla questione, vi arrivò e bussò alla porta. Attese qualche istante e bussò nuovamente alla porta, questa volta il maggiore gli rispose e lui fece altrettanto, entrando nella stanza.

Il superiore rimase stupito nel vederlo già sveglio, quel ragazzo, poi, aveva sempre un’espressione seria e controllata. Nei suoi occhi grigi intravide una luce molto intensa - Come mai siete venuto, sottotenente Buonaparte? Avete qualche richiesta da farmi?

- Per la verità sì - effuse Napoleone inchinandosi lievemente - Avrei voluto riferirvelo ieri, ma l’ora e il tempo non me lo hanno permesso - Sfilò da sotto il braccio le carte e si avvicinò alla scrivania. Il suo sguardo era fisso sull'uomo che aveva di fronte mentre le appoggiava sopra, suscitando grande curiosità da parte del suo superiore - Queste carte sono estremamente importanti - rivelò.

Il superiore le prese e cominciò a leggerle. Vi erano scritte grosse cifre riguardanti un probabile investimento di famiglia. Lo fece accomodare sulla sua poltrona e Napoleone, con chiarezza e concisione, gli spiegò la faccenda senza tralasciare i dettagli fondamentali. Il suo superiore comprese che quel ragazzo non si era recato sulla sua isola di origine per recuperare la salute, anzi probabilmente quello era solo un pretesto, ma perché aveva ricevuto degli allarmi dalle lettere che i suoi parenti gli avevano spedito e con grande senso del dovere si era recato in Corsica, per controllare di persona e una volta compreso il problema tentare di risolverlo.

- Da ciò che mi state riferendo - iniziò l'uomo che continuava a sfogliare le carte - Siete venuto qui per ricevere un aiuto...

- Sì - confermò Napoleone - Non vi chiedo l’impossibile, ma solamente di aiutarmi a fare pressioni su chiunque possa interessarsi alla mia situazione, la vostra autorità e posizione vi permettono di essere tenuto maggiormente in considerazione rispetto alla mia - continuò a riferire il corso con un tono che passò dalla supplica all’esaltazione nei confronti del superiore.

- Perché non me lo avete riferito prima? - chiese per testare le vere intenzioni del ragazzo.

- Ero tentato, però ho voluto attendere, controllare nel dettaglio, non sarebbe stato corretto allarmarvi se la questione fosse stata facilmente risolvibile - rispose avendo intuito lo scopo della domanda. "Oltre al fatto che non avrei mai voluto parlare della mia situazione a degli estranei" precisò tra sé.

Il superiore sorrise compiaciuto, colpito dalla fine acutezza, dalla lealtà di quel ragazzo verso i suoi superiori e la sua famiglia. La sua parlata era artificiosa, che non lasciava nulla all’improvvisazione, dalla sua bocca, tuttavia, la parola usciva così naturale da risultare convincente.

Napoleone cercava di non mostrare la tensione che stava provando nel momento dell’attesa, sperava di essere riuscito a convincerlo. Si era alzato dalla poltrona, ma non poteva gironzolare, così si appoggiò vicino la finestra e muovendo una delle gambe, attendeva. Quella situazione familiare gli stava a cuore più della sua carriera, se fosse fallito il suo piano, allora non ci sarebbe stata più nessun altra chance. Una piccola goccia di sudore scese sulla guancia scavata.

- Devo ammetterlo - esordì l'altro quasi ridacchiando - Durante i tanti anni di carriera poche volte ho incontrato individui determinati ed anche sfacciati come voi - continuò mentre lo fissava nei suoi imperscrutabili occhi - Ed è per questo che ho deciso di acconsentire alla vostra richiesta d’aiuto...

Percepì un lampo istantaneo negli occhi di Napoleone - Vi ringrazio, ve ne sarò debitore per tutta la vita - rispose riconoscente,  esibendo l'ennesimo inchino, stavolta sincero. 
 

   
 
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