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Autore: Anonimadelirante    09/06/2019    1 recensioni
«Mi ricordi molto Trevor» gli dice Rose e Damon si trattiene appena dal chiedere che razza di idiota fosse Trevor.
«E che fine ha fatto, Trevor?»
«È morto».

[Raccolta di flash Damon!centric: missing moment, slice of life, carognate in stile Salvatore etc, etc, etc...]
Genere: Sentimentale, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Damon Salvatore | Coppie: Damon/Elena
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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N/A:  sì, no, boh, questo capitolo non ha un senso. Cioè, meno del solito.

 

 

 

If it's lovin' that you want

 

 

«Mi ricordi molto Trevor» gli dice Rose e Damon si trattiene appena dal chiedere che razza di idiota fosse Trevor: «E che fine ha fatto, Trevor?»

«È morto» ammette lei, senza indietreggiare di un passo, il sorriso appena incrinato di una malinconia imparata cogli anni.

Damon la guarda di traverso e arriccia appena le labbra, nella parodia di un sorriso: «A Trevor, allora.» Alza il bicchiere di bourbon in sua direzione, ma non le offre da bere.

A Rose non sembra importare.

 

Neppure a Damon importerebbe poi molto (no, davvero) se non fosse che—

 

 

Torna casa e non alcuna voglia di vedere Elena dove Elena effettivamente è (ed è una sensazione assolutamente inedita, il desiderio di sentirsi bruciare da soli, senza Elena – giudicante e bellissima e stupidamente pietosa – accanto. Non ha bisogno del perdono di nessuno, lui. Va tutto per il meglio). Solo che Elena è lì e parla e dice cose idiote sull'amicizia – e la verità è che lui non vuole sentirsi dire nulla di tutto questo perché Rose era sua amica e lui l'ha-- ed Elena è altro. Qualcos'altro. Qualcosa di irraggiungibile e doloroso. Basta, basta, stai zitta: «Che cosa vuoi sentire? Che volevo bene a Rose? Che sono arrabbiato? Be’, nessuna delle due.»

«Ecco» risponde lei, sempre sul piede di guerra, sempre sempre sempre, «Cancella tutto, fa' finta di non avere emozioni. Damon. Ci sei così vicino non mollare.»

Vicino a cosa? Fino adesso, provare emozioni non è stato altro che una condanna lenta e perversa, e il solo pensare a Kat o a Enzo o a sua madre, a Stefan e a tutti coloro che, lentamente, in un modo o nell'altro, ha deluso, adesso, ha un sapore diverso, ferroso, come di sangue avvelenato dalla bile: «Ho sentimenti, Elena? Okay. E mi scoccia. Quello che mi secca di più è che doveva toccare a me. Jules stava dando la caccia a me.»

Ed Elena lo guarda. E lo guarda: «Ti senti in colpa» bisbiglia, col tono di una scoperta.

No. Era la cosa giusta da fare. Uccidere Rose, risparmiarle la sofferenza degli ultimi momenti di agonia. Lui non- ma come sempre non riesce a collegare il cervello alla bocca, con Elena: «Sarebbe la mia parte umana, vero? Ma io non sono umano. Sei tu quella che parla di mollare. Tutto ciò che hai fatto è stato mollare» è così stanco «Va' a casa. C'è già stata troppa tristezza e crescita personale, per una notte.»

«Okay» risponde Elena. Lo guarda ed occhi marroni, profondi, bellissimi, che sono balsamo sulle ferite e sale sulle piaghe: «Vado» —e lo abbraccia.

 

«Buonanotte, Damon.»

 

 

—se non fosse per Rose che, qualche sera dopo quel loro primo brindisi a metà: «È una balla lo sai? Non c'è nessun pulsantino per le emozioni. Certo, quando sei un novellino. Ma dopo duecento anni... puoi solo fingere» gli ha detto, pianissimo, come un segreto svelato in punta di labbra. Damon aveva solo sorriso, perché in fondo già lo sapeva. Sapeva a memoria il dolore sordo del proprio cuore spezzato già allora.

Non vede perché adesso, il salotto stupidamente vuoto, il crepitio del camino che riecheggia nella penombra, dovrebbe essere diverso.

(Ma lo è. È come non avere più aria. Amare Elena senza esserne riamato è qualcosa che può sopportare – è giusto, persino, è ovvio: è Stefan il bravo ragazzo, è Stefan, fra i due, quello che merita di essere felice; di essere guardato dagli occhi grandi ed impossibili di Elena come la sola cosa importante al mondo. È sempre stato così. Sta nell'ordine delle cose.

Ma questo. Questo non-)

 

Quando Rose gli aveva detto È una balla, lo sai?, ammiccante dietro un bicchiere di bourbon, Damon aveva sorriso, piccolo, saputo, vago. E forse lo aveva fatto perché aveva creduto di saperlo già, come ci si sentisse trafitti al petto da un paletto

Damon aveva sorriso soltanto, allora, e forse era stato perché non aveva capito... non aveva capito, lui, il dolore di Rose, il lutto inestinguibile di una famiglia perduta con una sola testa rotolata sul pavimento. Ma Rose – lei aveva capito il suo senza margine di errore, aveva riconosciuto al primo colpo il battere sordo di un cuore spezzato, e fatto in briciole e calpestato troppe volte per contarle; e non per questo l'aveva giustificato, ma neanche giudicato ed era stato quello ad essere strano e disarmante, nuovissimo, come imparare a camminare una seconda volta volta.

Solo dopo averne seppellito il corpo, solo dopo aver sorriso un sorriso di plastica a Liz ed essere rimasto solo, con troppo poco bourbon in corpo ed ancora il profumo sottile di Elena nell'aria s'era chiesto come avesse fatto Stefan a perdonalo – se lo avesse perdonato – di aver ammazzato Lexi.

E se l'aveva pensata, ricordata, se aveva preferito sentire le viscere stingersi d'un senso di colpa che capiva solo in quel momento, se aveva passato la notte a pensare a cosa avesse perso Stefan, piuttosto che aprire gli occhi e non vedere Rose, al suo fianco, stringere un bicchiere fra le dita – se l'aveva fatto, ecco, si era detto, era perché dopotutto aveva bevuto abbastanza.

  
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