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Autore: haru_chan19    11/06/2019    1 recensioni
Oltretutto fa un freddo pazzesco, l’aria è secca e non si muove una particella di elettricità; il suo quirk non avrebbe funzionato senza un po’ di umidità. Mentre il suo cervello è alle prese con il calcolo dei vari percorsi per uscire, accanto a lui non si muove nulla. Non ci pensa subito Bakugou, perché avrebbe dovuto, il suo compagno ha la testa dura, più dura della sua a volte.
Genere: Azione, Drammatico, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Katsuki Bakugou, Kirishima Eijirou
Note: What if? | Avvertimenti: Contenuti forti
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«Riusciremo a uscire vedrai» silenzio «credi che a fermarmi sarà questo buco di merda» una risata atona squarcia l’aria. La situazione non è buona. La città è distrutta, un attacco di massa alla città degli eroi per impedire i soccorsi alle città limitrofe. Un attacco mirato agli eroi, per sterminarli, per uccidere l’ideale di protezione. Ogni villain aveva un bersaglio: erano preparati, avevano studiato i punti deboli e i punti di forza. Sapevano che Tokoyami era più debole in una zona priva d’ombre, che Kaminari dopo un paio di scariche era fuori gioco. Sapevano ogni cosa di tutti. Sapevano che Bakugou non poteva usare il suo quirk senza il sudore alla nitroglicerina e che Kirishima non riusciva a mantenere più di tanto il suo indurimento. Così li avevano raggruppati e divisi. Bakugou, Kirishima, Kaminari e Jirou erano finiti nella stessa area. Le due coppie avevano deciso di attaccare separatamente per indebolire l’unico nemico che gli si parava davanti, ma non avevano capito il loro piano. Non li aveva attaccati, era solo a distanza fermo e fissarli, senza mostrare il suo quirk. Bakugou e Kirishima si erano mossi subito ma una scossa, causata probabilmente da un villain, aveva aperto uno squarcio sotto di loro. Un rumore che forse aveva anche squarciato il cielo. I due erano caduti nel nulla, mentre i palazzi attorno si erano piegati su Ka minari e la compagna. Il villain, rimasto immobile, sorrideva soddisfatto.
«Allora» è Bakugou a parlare per primo «non si vede un cazzo ma se tu usi il tuo quirk usciamo subito». La rabbia che prova in quel momento è sicuramente per il villain che aveva fatto tutto questo e per tutti coloro che pensano che gli eroi siano il vero problema di questa società. Oltretutto fa un freddo pazzesco, l’aria è secca e non si muove una particella di elettricità; il suo quirk non avrebbe funzionato senza un po’ di umidità. Mentre il suo cervello è alle prese con il calcolo dei vari percorsi per uscire, accanto a lui non si muove nulla. Non ci pensa subito Bakugou, perché avrebbe dovuto, il suo compagno ha la testa dura, più dura della sua a volte. Eppure non sente veramente nulla: un movimento, uno spostamento d’aria, un respiro. Bakugou volta la testa a cercare la chioma rosso fuoco che è precipitata con lui, ma ha dimenticato dell’oscurità che li circonda. Chiama allora con voce debole il ragazzo. «Kirishima!» dice ancora senza risposta. È buffo ma un po’ di ansia gli stringe lo stomaco, una sensazione provata poche altre volte. Allunga timoroso una mano nel buio cercando una superfice famigliare, ma afferra il vuoto. «Dove cazzo sei capelli di merda?!» urla questa volta nella speranza che le onde sonore urtino qualcuno e tornino indietro. Ma ancora nulla. «Non posso aver parlato fino ad ora da solo come un cretino. Eijirou, cazzo, rispondi!» tasta il terreno attorno a lui, strisciando leggermente a destra sbattendo contro una forma decisamente non rocciosa. Si avvicina ancora fino a che non cade sopra quel corpo immobile. Non vede ma sente chiaramente il compagno sotto il suo peso. È inerme sotto di lui, accucciato, il quirk è disattivato altrimenti sentirebbe vari spigoli sulla sua pelle che invece è liscia. In modo impacciato Bakugou gli sfiora il corpo, cercando di capire dove siano le mani, la testa, a sentire se c’è del sangue da qualche parte. Dovrebbe pensare a uscire e invece è lì che tocca il suo compagno per assicurarsi stia bene. Sente solo umidità e sudore sulla sua pelle, qualche graffio ma niente di serio. Percepisce il volto e avvicina timoroso un orecchio alla bocca dalla quale sente provenire un piccolo calore. Il respiro.
«Perché non mi hai risposto prima quando ti ho chiamato idiota?» nella sua voce un misto sottile di dolcezza e rabbia. Nonostante la domanda però, il ragazzo ancora non risponde.
«Non c’è» dice l’altro a un certo punto.
«Non c’è cosa?» chiede Bakugou ora irritato, ma ancora lucido.
«Luce. Non c’è luce» continua Kirishima.
«E ti sembra un motivo per fare tutte queste sceneggiate?! Non hai tre anni, non dirmi che hai paura del buio»
Ma Kirishima non dice nulla. Non apre bocca. Sa che facendolo ci sarebbe meno ossigeno a disposizione per lui e per Katsuki. Allora non parla e non si muove. Le mani ora sono attorno alla testa e le ginocchia al petto.
«Adesso faccio saltare tutto» esplode Bakugou perdendo il contatto con l’altro e scagliando le esplosioni contro quello che sembra la parte alta del tugurio in cui sono. Il risultato è pessimo. Macerie si staccano dall’alto cadendo sui due ragazzi e sollevando un enorme polverone. Se già prima vi era poco spazio, adesso il perimetro si è ristretto ulteriormente. Ma a qualcosa è contato: uno spiraglio di luce si è aperto tra le rocce. Timido, illumina una zona imprecisata della voragine. Adesso sono separati, non che a Bakugou importi qualcosa, lui vuole solo uscire. Kirishima si muove, diretto verso quel minimo taglio luminoso che forse riuscirà a conferirgli un po’ di forza. Bakugou ora vede precisamente quello che ha davanti. Vede quel bambino che era lui quando un lampo lo spaventava la notte; vede la salvezza che arriva per puro caso; vede se stesso correre da sua madre e saltare nel letto matrimoniale. Kirishima è appoggiato alla parete con la testa verso l’alto, lo spiraglio di luce che gli colpisce il viso. Respira un po’ più in fretta adesso. In un attimo la consapevolezza investe il re delle esplosioni. Quello che aveva pensato fosse sudore era in realtà sangue. Lo vede nitido. Ce n’è ovunque. Sulla sua fronte, sul collo, sul petto scoperto dal costume, sulle mani abbandonate in mezzo alle gambe. Di nuovo, quella stretta allo stomaco torna più forte di prima. Scatta in avanti ed è già vicino all’altro.
«Idiota! perché non hai attivato il quirk quando siamo caduti?!» urla adesso Bakugou cercando di attirare la sua attenzione.
«L’ho fatto. Ma tu sei atterrato prima di me, ti avrei probabilmente ucciso cadendoti sopra»
Ancora. Ancora una volta la consapevolezza di aver ferito qualcun altro a causa sua lo sovrasta. Kirishima ha ragione, l’avrebbe ucciso se fosse caduto sopra di lui con il quirk attivato ma non è possibile. Non è possibile che, ancora, sempre lui, si sacrifichi al posto suo. Diventi l’eroe della situazione. Deve essere lui l’eroe in qualsiasi situazione, che cazzo di eroe è se ogni volta c’è qualcuno che perde qualcosa per colpa sua. Tastando il corpo di Kirishima non si accorge di aver iniziato a respirare più veloce, di star balbettando qualche parola per tenere sveglio il compagno. Ma a nulla serve la sua disperazione in un contesto così. Sono le parole di Eijirou le uniche che sente e che lo calmano. Ironico. Ogni cosa con lui ha sempre avuto una vena di ironia sottesa. Tutti i combattimenti di allenamento, le lezioni in classe, le giornate al bar a ripassare per gli esami. Non vi era momento che non finisse con un sorriso stampato sul volto del rosso. E anche adesso sta cercando di regalargli quei 32 denti aguzzi.
«Guarda che» respira affannosamente come se avesse un macigno sul petto «c-che non è successo niente» sorride debole e risplende in quel buco buio.
«Smettila di scherzare! Non è una situazione divertente» gli ringhia feroce Bakugou, accarezzando la ferita che gli squarcia la parte superiore del petto, senza riuscire a fermare il sangue che continua a fuoriuscire a fiotti.
«Va bene…» inizia poi l’altro «sapevamo che sarebbe finita così, non ce lo dicono alla scuola di addestramento ma prima o poi dobbiamo fare i conti con la realtà. Va bene così, Katsuki, non è colpa tua.» un brivido percorre la schiena dell’altro «Non è colpa di nessuno se abbiamo scelto questa vita, io sono felice di quello che ho fatto, delle persone che ho conosciuto.»
«Smettila, smettila! Adesso usciamo da questo cazzo di buco e ti porto in ospedale… non accetto obiezioni!» ma Bakugou è tremendamente consapevole della situazione, di poter fare poco o niente per il compagno. Ferma il movimento delle mani sul suo corpo e, con un gesto che sembra percorrere l’eternità, abbassa la sua testa nell’incavo della spalla dell’altro.
«Non lo fare. Non me lo fare, ti prego»
«Non credo di avere molta scelta» sorride nel buio «mi dispiace Katsuki» e allunga una mano tra i capelli cenere dell’altro, giocando un po’ con quelle ciocche ribelli fino a abbondonare il contatto e ricadere morbida sul collo.
Bakugou strizza gli occhi. Non vede niente attorno a se. Sente il sapore del sale sulle labbra, misto a ruggine. Vorrebbe restare così per sempre, appoggiato alla roccia che tanto lo aveva sostenuto in quegli anni, ma qualcosa glielo impedisce. Come polvere il corpo del compagno si dissolve, sbilanciando la testa dell’altro verso la parete retrostante. Dall’alto una voce. «Polvere siamo e polvere ritorniamo» irrompe il villain giocherellando con ciò che era il corpo dell’amico.
Lo sguardo di Bakugou segue la scia e si allarga per accogliere la disperazione. Tutti si sarebbero aspettati un attacco aggressivo e pieno di rabbia, ma tutto ciò che esce dal suo corpo sono urla, parole lanciate all’aria che però risuonano mute alle orecchie di chi ormai ha perduto.


Bakugou si sveglia sudato nel letto quadrato del suo monolocale. Resta minuti a fissare il soffitto, ansante. Si alza sui gomiti a scrutare la camera. Una testa rossa è accovacciata ai piedi del letto in un sacco a pelo improvvisato. La tensione provocata dal sogno si spegne e scivola verso le estremità del suo corpo. Abbandona l’ormai bagnato materasso e scende vicino all’altro. Lo guarda dormire profondamente come se non lo facesse da giorni. Scorre un po' più in basso all’altezza del petto e vi appoggia la testa. Sente il cuore battere e cullarlo. Così sarebbe sempre dovuta finire. Così, e in nessun altro modo.
  
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