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Autore: echois    12/06/2019    1 recensioni
Dopo essere riuscito a organizzare un fortunato appuntamento per uno dei suoi migliori amici, Georg, ben presto si diffonde la voce che Bill sia diventato un organizzatore di incontri (ma c'è anche la versione che lo definisce organizzatore di scopate). Ma così impegnato a trovare per gli altri il vero amore, riuscirà a trovare il suo oppure dovranno intervenire i suoi migliori amici, Georg e Gustav?
[TomxBill]
Genere: Commedia, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash, Crack Pairing | Personaggi: Bill Kaulitz, Georg Listing, Gustav Schäfer, Tom Kaulitz
Note: Lemon, OOC | Avvertimenti: Incest
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Capitolo 2.
 
Una richiesta d’aiuto.
 
 
 
 
Bill aveva ingenuamente pensato che la notizia che lui fosse un organizzatore di incontri (ma c’era anche la versione che lo definiva organizzatore di scopate) sarebbe velocemente scomparsa, ma sembrava che più passassero le ore e più questa si diffondesse. Erano passati due giorni dal grande annuncio di Georg che aveva dato il via alla notizia e la vita di Bill era diventata un inferno. Ormai non doveva solamente sopportare le lagne di due persone, i suoi migliori amici, ma praticamente ogni studente della scuola veniva a implorarlo affinché trovasse per loro il vero amore. A Bill mancava veramente poco per cambiare scuola, magari stato, o magari pianeta.
 
“Ehi, cupido!” lo chiamò una voce alle sue spalle mentre camminava per il corridoio, cercando di raggiungere la lezione di storia. Bill la riconobbe e alzò gli occhi al cielo e aumentò il passo. Nonostante ciò, Tom riuscì facilmente a raggiungerlo e non sembrò notare il cambio di velocità di Bill, oppure non gli diede peso. “Posso chiederti se preferisci essere chiamato cupido o san Valentino?”
 
“Preferisco non essere chiamato affatto da te, grazie se rispetterai la mia preferenza” disse Bill e si fermò al suo armadietto, speranzoso che Tom se ne sarebbe andato, ma ormai il ragazzo era abituato alle sue risposte acide. Doveva ammetterlo, c’era stato un periodo in cui aveva tentato di diventare amico di Bill, non perché pensava che fosse il ragazzo più simpatico del mondo, ma perché non sopportava il fatto di essergli così antipatico senza un’apparente ragione. Il moro non faceva altro che rivolgergli battute acide (non che la cosa fosse cambiata ora, certamente), nonostante ciò aveva comunque tentato in qualsiasi modo di farselo amico, aveva addirittura chiesto a Georg e Gustav come avessero fatto ad entrare nelle sue grazie, ma a quanto pare nemmeno loro rientravano nella cerchia delle persone che piacevano a Bill. Tom, però, aveva imparato almeno una cosa sul conto del ragazzo, e cioè che non gli piacevano le evidenti dimostrazioni di affetto, perché, nonostante riuscisse a capire che i suoi due migliori amici fossero alcune delle persone più importanti per lui, non riusciva a non offendere neanche loro. Per quanto affermasse che quei due lo portavano alla follia, voleva loro bene. Tom aveva più incertezze riguardo la sua persona, perché se Bill non aveva mai detto né a Georg né a Gustav di voler loro bene, non aveva detto loro nemmeno di odiarli, cosa che invece puntualmente diceva a Tom.
 
Tom si poggiò contro l’armadietto adiacente a quello del moro, forse un po’ troppo vicino a lui. Guardò i capelli che gli ricadevano lisci sulle spalle, alcuni dei quali gli coprivano gli occhi che, come al solito, erano contornati da pesante trucco. “Sai, non dispiacerebbe neanche a me incontrare il vero amore. Hai qualche suggerimento per me?” gli disse e lo guardò, non riusciva a trattenere un sorriso, perché trovava estremamente divertente il modo in cui il ragazzo lo odiasse. Bill prese il libro di storia e chiuse il suo armadietto, puntò il suo sguardo sul rasta, inclinò un po’ il viso e si aprì in un dolce sorriso, il quale portò Tom a domandarsi se fosse il vero Bill quello che stava guardando e poi a dirsi che era bellissimo. Non che fosse la prima volta che lo notasse, Tom aveva passato ore e ore a scrutare e a studiare gli incantevoli tratti del ragazzo, ma era la prima volta che gli rivolgeva un sorriso così, anzi, la prima volta che gli rivolgeva un sorriso.
 
“In quanto organizzatore di incontri posso dirti che vedo un roseo futuro per te insieme a trentatré gatti. Vuoi che inizi a trovarti dei gatti? Perché sarebbe più semplice che trovare la persona adatta per questo branco di scimmie non addestrate” disse e scosse il capo alzando gli occhi al cielo, si girò e lasciò Tom da solo nel bel mezzo del corridoio, che lentamente si stava svuotando. Il rasta lo guardò andare via e si lasciò sfuggire un sorriso.
 
 
*
 
 
Bill chiuse gli occhi e per la prima volta nell’arco della giornata le sue orecchie non riuscirono a sentire nient’altro se non il piacevole suono del silenzio. C’era qualcosa, però, che lo interrompeva solo per renderlo più piacevole: sentiva gli uccelli che cinguettavano angelici, sentiva il sangue che scorreva nelle sue vene e sentiva il suo cuore battere ritmicamente. Il sole di marzo, raro, in verità, emanava dei tenui raggi che accarezzavano, più che colpivano, la pelle ancora diafana del ragazzo. Quest’ultimo era sempre stato scisso riguardo il tema “abbronzatura”: da una parte, non voleva rovinare il suo colorito incredibilmente pallido; dall’altra reputava che un po’ di colore non gli avrebbe fatto male.
 
A causa di tutto quel silenzio, riuscirebbe difficile credere che Bill non fosse solo, ma in compagnia dei suoi fedeli amici: Gustav aveva deciso di prendere beneficio di quel poco di sole e, così come aveva fatto Bill, si era steso sull’erba per goderselo; Georg, fonte primaria di fastidio e di rumore, stava dedicando tutta la sua attenzione alla messaggistica istantanea, ignorando i suoi amici. Lui e Jilian si erano rivisti ancora dopo il primo appuntamento; Georg aveva seguito il consiglio di Bill e l’aveva portata a prendere un gelato, ovviamente da lui offerto, e il secondo appuntamento era finito come il primo e ora una nuova chiazza violacea ornava il collo di Georg. I due, andando in scuole diverse, non avevano la possibilità di vedersi ogni giorno, ma si scambiavano continui messaggi.
 
Bill sospirò, godendosi il sole sebbene poco caldo. “Georg, se proprio devi scrivere dei messaggi puoi evitare di sghignazzare come il maniaco pervertito quale sei? Qui c’è gente che ha il senso dell’udito perfettamente funzionante” disse il moro interrompendo quel sacro silenzio, o perlomeno, quel qualcosa che si avvicinava al silenzio.
 
“Scusami, ma io e Jilian stiamo scambiando dei messaggi piccanti. Sai, stiamo parlando di concimi, trattori e giardinaggio” lo informò l’amico, senza addentrarsi in troppi particolari.
 
“Cosa c’entrano i concimi, i trattori e il giardinaggio col sesso eterosessuale?” chiese Gustav, Bill non aveva fatto quella domanda perché non gli importava e, a dirla tutta, sapere delle informazioni sulla vita sessuale del suo amico gli faceva un po’ schifo.
 
“Sono delle metafore, idiota! Bill mi ha detto che lei è una ragazza sofisticata e per questo non posso scriverle nulla di esplicito” rispose Georg prima di leggere un messaggio.
 
“Certo. Questo però non ti ha fermato dal farci sesso al primo appuntamento” gli disse Bill senza scomporsi, non gli rivolse nemmeno uno sguardo e si sistemò gli occhiali da sole sul suo naso.
 
“Beh, in ogni caso ho paura che se mi spingo troppo oltre lei scapperà via”
 
“Se non è scappata dopo aver visto quello che hai tra le mutande, allora difficilmente scapperà” Bill ricevette uno schiaffo sul braccio, gemette di dolore prima di ritornare lo stesso schiaffo a Georg.
 
“Uhm, ciao?”
 
Bill sentì una voce ma non la riconobbe, così si tirò su e si mise a sedere. Gli occhi dei tre ragazzi si puntarono su un ragazzo di bassa statura, dai ricci capelli biondo cenere e i grandi occhiali che quasi nascondevano dei grandi occhi color nocciola. Il ragazzo si stringeva in sé, evidentemente a disagio nel parlare con persone che non conosceva. Bill si mise gli occhiali da sole nei capelli e guardò il ragazzo.
 
“E tu chi diavolo sei?” gli chiese e Georg alzò lo sguardo al cielo, gli diede uno schiaffo. “Georg, osa picchiarmi di nuovo e ti taglio le mani e le spedisco in Antartide come dono per gli orsi polari”
 
“Bill, parli tanto di sensibilità e buone maniere e poi non ti rendi conto che questo ragazzo è in imbarazzo e a disagio e tu non stai facendo nulla per metterlo a proprio agio” lo riprese il castano, poi guardò nuovamente il ragazzo e si aprì in un sorriso. “Prego, caro, siediti. Puoi dirci il tuo nome?”
 
Il ragazzo guardò quei tre ragazzi, a suo parere molto strani, e si sedette comunque di fronte a loro. La fama di Bill era così ampia che il suo nome era arrivato addirittura alle sue orecchie e pensava che fosse l’unico che potesse risolvere i suoi problemi.
 
“Tu sei Bill Kaulitz, l’organizzatore d’incontri, giusto?” disse flebilmente, Bill non era tanto contento del fatto che fosse passato un intero fine settimana e ancora questa diceria non era scomparsa.
 
“No, non sono un organizzatore—” Questa volta Bill fu previdente e appena vide la mano di Georg avvicinarsi per dargli un altro schiaffo, scattò in avanti e gli diede un morso. L’amico gemette di dolore e si massaggiò la parte lesa. “Che ti sia di avvertimento, bestia!”
 
“Sei tu la bestia!” urlò Georg mostrandogli il morso.
 
Bill gli mandò un’occhiataccia e poi ritornò a guardare il ragazzo, che non si era mosso dalla sua posizione. Sembrava fosse una statua. “Comunque no, non sono un organizzatore d’incontri” terminò la sua frase e si rimise gli occhiali, si abbassò per ritornare a godersi il sole. Era incredibile come le voci su di lui lo seguissero anche fuori dalla scuola, non poteva godersi una giornata al parco con i suoi amici senza che lo rincorressero. Dannato Georg che aveva dato il via alla sua vita da organizzatore d’incontri.
 
“Ti prego, Bill, mi devi aiutare! Io sono Jaxon, ho 16 e— e sono vergine!” esclamò e guardò Bill, che rimase però impassibile.
 
“Fantastico” mormorò semplicemente, Georg aveva perso ogni speranza di farlo ragionare e tornò al suo scambio di messaggi piccanti con Jilian. Tutt’e tre si aspettavano che il ragazzo se ne andasse, ma lui non fece una mossa, anzi, continuò a guardare insistentemente Bill. Cercava di trattenersi dal dire qualcosa, qualcosa che lo metteva in imbarazzo, ma era necessario affinché il moro lo aiutasse.
 
“Non è fantastico! Anzi, è molto tragico. I miei compagni—” Il ragazzo si guardò intorno, sentiva solo lo sguardo di Gustav addosso, mentre Bill stava inveendo mentalmente perché non smetteva di parlare. “I miei compagni mi prendono in giro e mi picchiano perché pensano che io sia uno sfigato, solo perché non ho mai fatto sesso con nessuno prima. Vorrei che tu mi aiutassi in qualche modo. So che puoi, Bill, ti prego”
 
Finalmente era riuscito a catturare l’attenzione di Bill. In effetti il ragazzo si mise a sedere, si rimise gli occhiali nei capelli e guardò Jaxon, che si stringeva in sé e arrossiva sotto il suo sguardo curioso. “I tuoi compagni ti fanno cosa?” gli chiese di ripetere. Bill poteva sembrare, almeno all’apparenza, insensibile e indifferente a tutto, ma anche lui aveva un cuore e una delle cose che non sopportava era il bullismo. Bill sapeva di essere differente rispetto ai suoi compagni, perché lui si truccava, tingeva i suoi capelli di nero, si metteva lo smalto, si vestiva in un determinato modo e si lisciava i capelli, ma il fatto di essere così schivo aveva fatto sì che ne rimanesse indenne, per sua fortuna.
 
“Beh, loro nel migliore dei casi mi chiamano con appellativi imbarazzanti, ma delle volte mi spintonano e—uhm, mi picchiano” disse e guardò Bill, sospirò e girò di poco il viso. Il moro poté così vedere un livido violaceo sulla sua guancia che non aveva visto sino ad allora, sussultò leggermente.
 
Bill si coprì la bocca con le mani e fissò quel livido che poteva dirgli molte più cose di quanto non stesse facendo Jaxon in quel momento. Jaxon aveva imbarazzo a parlare di ciò che subiva, come se dovesse essere lui a vergognarsi, ma Bill riusciva a capire che reputava tutto ciò che subiva un’offesa al suo orgoglio. Il moro non sapeva cosa fare: da una parte voleva aiutare Jaxon, ma non sapeva assolutamente come fare. Questo perché lui non aveva mai fatto l’organizzatore d’incontri, rimediare un appuntamento a Georg era stata una pura casualità, mentre organizzarne un altro avrebbe richiesto più impegno. Inoltre, non era detto che, una volta trovata una qualsiasi ragazza, questa fosse stata quella giusta, colei che non avrebbe peggiorato ulteriormente la situazione. Dall’altra parte, Bill voleva davvero che questa cosa dell’organizzatore di incontri finisse, ma sapeva che, se le cose fossero andate come previsto, la voce si sarebbe sparsa ancora più velocemente e a lui proprio non piaceva stare al centro dell’attenzione.
 
Scosse il capo, decidendo di fare la cosa giusta e di smettere di pensare egoisticamente solo a lui, almeno per una volta. “E va bene, ti troverò una ragazza” disse infine. Gli occhi di Jaxon si illuminarono e lui si aprì in un ampio sorriso, Georg staccò gli occhi dal telefono per puntarli su Bill, così come aveva fatto Gustav, perché nessuno dei due si aspettava che Bill cedesse. “Però non ti do la certezza che perderai la verginità”
 
“No, certo che no” disse Jaxon, così felice che avrebbe potuto abbracciarlo. Bill lo guardò e sospirò, era così felice che non poteva dirgli di no. Non poteva fallire proprio ora, ma non sapeva come muoversi.
 
“Allora, mi vuoi dare il tuo numero o no?” disse in modo impaziente, aprì la borsa e cacciò l’agenda con una penna. Jaxon si affrettò a dirgli il suo numero di telefono.
 
 
*
 
 
Bill entrò nella palestra della scuola e si guardò intorno, prima a destra e poi a sinistra. Questa sembrava apparentemente vuota, quindi con lo zaino in spalla entrò, chiudendo la porta dietro di sé. Salì sugli spalti e si sedette, poggiò lo zaino accanto a sé, lo aprì e prese un quaderno e una penna, accavallò le gambe.
 
Era l’ora di pranzo e normalmente lui l’avrebbe passata in mensa a mangiare, oppure da qualsiasi parte della scuola a fumare e a godersi il sole con i suoi due amici, ma intorno a lui c’era sempre così tanto rumore che non riusciva a sentire i propri pensieri e solo Dio sapeva quanto avesse bisogno di pensare. Sospirò e guardò di fronte a sé. Aveva passato la notte a tormentarsi su come potesse fare per trovare una ragazza, oltretutto quella giusta, per Jaxon, ma l’idea migliore che gli era venuta era quella di fermare una a una le ragazze per proporre loro un appuntamento. Era un’idea pessima, eppure era la migliore tra quelle avute.
 
“Quanto vorrei uccidere Georg” disse tra sé e sé, gemette e nascose il viso tra le mani. Improvvisamente sentì un rumore e aprì una fessura tra le dita, sbirciò da questa e notò che la palestra si stava lentamente animando. Alzò lo sguardo e vide la squadra di basket della sua scuola entrare; i ragazzi, che indossavano una canottiera bianca e rossa e dei pantaloncini larghi dello stesso colore, erano contraddistinti ognuno da un numero diverso dall’altro. I giocatori si radunarono al centro parlando allegramente tra di loro, Bill sentiva anche delle risate. “Oh mio Dio” bisbigliò e posò velocemente il quaderno e la penna nello zaino. “Devo andarmene, prima che—”
 
“Ciao, Bill!” esclamò Tom e Bill si fermò a mezz’aria, alzò lo sguardo al cielo mentre il ragazzo saliva le scale per raggiungerlo, si sedette accanto a lui. “Che sorpresa! Cosa ci fai qui?”
 
“Non ti entusiasmare troppo, non sono mica venuto qui per te! Anche se capisco che vedermi non può creare nulla se non gioia, entusiasmo e buonumore” disse senza alzare lo sguardo su di lui, chiuse lo zaino. Tom, seduto accanto a lui, scoppiò in una risata, mise la caviglia destra sul ginocchio sinistro.
 
“Cavolo, e io che pensavo che tu fossi venuto qui per vedermi sudato e senza maglietta” lo stuzzicò Tom, Bill gli mandò un’occhiataccia. Il moro sapeva che Tom era il capitano della squadra di basket, ma quando aveva pensato di venire in palestra era sicuro che non dovesse allenarsi nessuna squadra, anche perché solitamente gli allenamenti occupavano gli studenti il pomeriggio e non l’ora di pranzo.
 
“Già, a proposito, cosa vi spinge ad allenarvi a quest’ora, rovinando il mio momento di riflessione?” chiese Bill, rivolgendo per la prima volta lo sguardo su Tom. Quest’ultimo gli sorrise e il moro si ritrovò leggermente spiazzato quando un pensiero, così veloce, quasi da non poterlo nemmeno esprimere pienamente, gli balenò in testa: Tom aveva dei tratti incantevoli. Il ragazzo aveva la pelle leggermente abbronzata, al contrario di Bill, il cui colore della pelle assomigliava a quello di un foglio di carta. I suoi dread erano raccolti in una coda alta e gli ricadevano dietro le spalle. Non indossava né cappello né fascia come era solito fare e anche i suoi piercing sul viso erano scomparsi. Così come i suoi compagni indossava l’uniforme, sulla quale si leggeva chiaramente un dieci, indossava delle ginocchiere blu e delle scarpe da ginnastica bianche. La sua uniforme era larga, ma la posizione rilassata in cui si trovava permetteva al tessuto leggero di aderire al suo corpo, Bill lo guardò seguendone i lineamenti. La voce di Tom lo riportò alla realtà, obbligandolo a distogliere lo sguardo dai suoi addominali per riportarlo sui suoi occhi.
 
“Tra qualche giorno abbiamo una partita importante e il coach ci ha obbligato a un allenamento extra. Dato che avevamo già tutto il pomeriggio occupato, ha deciso di farci giocare di mattina quando non avevamo i corsi, dunque durante l’ora di pranzo” disse e si passò una mano tra i dread guardando i suoi compagni che iniziavano ad allenarsi, puntò lo sguardo su di Bill. “Come mai il tuo momento di riflessione si tiene proprio in palestra?”
 
“Perché di solito è vuota, ma anche perché normalmente Gustav e Georg mi seguono dappertutto, non mi lasciano da solo nemmeno quando vado in bagno, mentre quando dico loro che vado in palestra credono davvero che io mi vada ad allenare e che probabilmente costringerei loro ad allenarsi e, dato che sono dei pigroni, per una buona volta smettono di seguirmi” disse e guardò anche lui gli altri giocatori che iniziavano a correre intorno il campo.
 
“Il momento di riflessione è dovuto a qualcosa in particolare?” Bill si stupì del fatto che lui e Tom avessero intrapreso una conversazione normale e che nessuno dei due (principalmente Bill) stesse offendendo l’altro. Anzi, Tom sembrava addirittura una persona normale quando lo si conosceva meglio; pareva quasi che quello strano fosse Bill, ma il moro sapeva che era solo apparenza. Tom era la persona più strana che conoscesse (lo diceva come se nel suo raggio di conoscenze non rientrassero anche Georg e Gustav).
 
“C’è questo ragazzo, Jaxon, che ha chiesto il mio aiuto perché è vergine e per questo è vittima di bullismo. Io vorrei aiutarlo, ma non so proprio come fare. Sai, non è che io abbia grandi doti di organizzatore di incontri. L’appuntamento di Georg è andato a buon fine perché Georg avrebbe accettato di uscire anche con un albero di ciliegio” disse e Tom ridacchiò, si stiracchiò e la maglia si alzò un po’, rivelando un lembo della sua pancia. Quel particolare attirò l’attenzione di Bill, ma fu coperto quando Tom ritornò in posizione normale.
 
“Beh, Bill, fa’ quello che fanno gli organizzatori d’incontri”
 
“Non mi sei di grande aiuto”
 
“Loro fanno tipo una lista, sai? Sì, hanno questa lunga lista di persone e per ognuna ne descrivono la personalità, cosa cercano e cosa vogliono, in modo da poter accoppiare due anime affini. Con la fama da organizzatore di scopate che hai—” Tom ricevette uno schiaffo sul braccio da un Bill infuriato, scoppiò a ridere. “Non ti sarà difficile organizzare un elenco analogo. Questo potrebbe facilitare di molto il tuo lavoro”
 
Bill strabuzzò gli occhi. “Oh mio Dio, non riesco a credere come da una bocca così stupida siano potute uscire parole così intelligenti!” esclamò e si alzò, si rimise lo zaino in spalla.
 
“Grazie per le belle parole, suppongo”
 
Bill posò una mano sulla testa di Tom e lo guardò, sembrava stesse accarezzando un cane. “Devo scappare, ho molto a cui pensare. Buon allenamento!” trillò e scappò via, Tom lo guardò correre via e poi si accarezzò la testa dove pochi secondi prima c’era la mano di Bill. Era la prima volta che lo toccava.
   
 
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