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Autore: BabaYagaIsBack    12/06/2019    0 recensioni
●Book I●
Aralyn e Arwen anelano alla libertà. Fin dall'alba dei tempi quelli come loro sono stati emarginati, sfruttati, ripudiati, ma adesso è giunto il momento di cambiare le cose, perché nessun licantropo ama sottomettersi, nessun uomo accetta la schiavitù. Armati di tenacia e coraggio, i fratelli Calhum compiono la più folle delle imprese, rubando a uno dei Clan più potenti d'Europa l'oggetto del loro potere. In una notte il destino di un'intera specie sembra cambiare, peccato che i Menalcan non siano disposti a farsi mettere i piedi in testa e, allora, lasciano a Joseph il compito di riappropriarsi del Pugnale di Fenrir - ma soprattutto di vendicarsi dell'affronto subìto.
Il Fato però si sa, non ama le cose semplici, così basta uno sguardo, un contatto, qualche frecciatina maliziosa e ogni cosa cambia forma, mettendo in dubbio qualsiasi dottrina.
Divisi tra il richiamo del sangue e l'assordante palpitare del cuore, Aralyn e Joseph si ritroveranno a dover compiere terribili scelte, mettendo a rischio ciò che di più importante hanno.
Genere: Fantasy, Sentimentale, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: Lemon | Avvertimenti: Contenuti forti, Incest, Triangolo
Capitoli:
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45. You and I

Aralyn, sentendo il cuore essere sul punto d'esploderle nel petto si spinse con la punta dei piedi verso l'alto, arrivando così alle labbra di Josh. Chiuse gli occhi con forza, schiuse le labbra su quelle di lui e gli cinse il collo con le braccia, quasi aggrappandosi al suo corpo. Lo baciò con lo stesso trasporto che aveva usato lui la prima volta e dentro di sé pregò con convinzione che non la respingesse – lo avrebbe capito, soprattutto dopo tutte le volte in cui aveva cercato di allontanarlo, ma sicuramente ne sarebbe rimasta ferita.

Si lasciò andare al desiderio che in quei mesi aveva preso a crescerle dentro e, appena lui ricambiò, si sentì ebbra. Non c'era più la paura di ritrovarsi distrutta, men che meno la preoccupazione di Arwen e la sua vendetta; solo loro due e ciò che stava succedendo.

Josh le afferrò la nuca, infilandole le dita tra i capelli. Fece una leggera pressione, spingendola così ancor più vicino a lui – e lei non provò nemmeno una volta ad allontanarsi. Si lasciò schiacciare contro le sue labbra umide, contro il petto oltre a cui si poteva sentire il cuore battere forte. Si concesse il lusso di percepirlo con tutti i sensi: ne respirò il profumo, anche se con irregolarità, saggiò il gusto della sua lingua, sentì il suono dei suoi battiti e ne toccò il collo bollente, avvertendo una scia di brividi correrle poi lungo la schiena.

Una follia, ecco cosa si stava concedendo.

Un'appagante pazzia.

E l'unica cosa imperfetta, in tutto quel momento, era la lontana consapevolezza che sarebbe arrivata una fine. Il tempo giocava terribilmente a loro sfavore, era il nemico più temibile per il sentimento che era nato e cresciuto nei corpi, arrivando finalmente a trovare una via d'uscita. Come poter combatterlo, quindi?

Sopraffatta da una vertigine, Aralyn allontanò appena le labbra da quelle di lui, cercando di respirare con più regolarità – dettaglio che non le era sembrato importante nel momento in cui aveva preso a baciarlo.


Sul viso di Josh comparve un'espressione accigliata, forse a indicare la confusione che aveva preso a vorticargli nella mente nell'istante in cui aveva sentito lei scostarsi e, prontamente, anche se con il fiato corto, chiese: «Che c'è?» I suoi occhi la indagarono in ogni dettaglio, sicuramente tentando di scoprire quale possibile motivazione l'avesse mossa.

Aralyn si morse le labbra, sentendo il cuore salirle ancor più in gola. Sapevano di lui, del vino che avevano bevuto e della nicotina che si era incastrata sulla punta della lingua – e seppur potesse apparire come un mix terribile, a lei piacque eccessivamente. Ne avrebbe voluto ancora e ancora, sentiva l'animale in lei ringhiare e graffiare per costringerla a ricominciare, ma la strada, e soprattutto l'entrata dell'hotel, non era il luogo migliore dove concedersi a simili cose; chiunque avrebbe potuto vederli: i gemelli, Garrel o persino i nemici. Però quella era una cosa loro, solo ed esclusivamente. Nessuno avrebbe potuto capire quanto, persino un semplice bacio, la scuotesse dall'interno facendola sentire piena.

Senza esitazione gli afferrò le mani, provando a invitarlo al riparo da sguardi indesiderati. Lui all'inizio fece una lieve resistenza, forse continuando a non capire per quale ragione il loro bacio si fosse interrotto, poi però sembrò capire la motivazione di tutto e, a passo svelto, la seguì al sicuro dentro l'edificio, ma la sua pazienza non durò a lungo.

Appena si ritrovarono nell'ascensore Josh si tirò Aralyn nuovamente vicino, premendo voracemente le labbra sulle sue e cingendola per la vita, poco sopra all'elsa del Pugnale. La ragazza sentì il bollore dei polpastrelli di lui oltrepassare persino la stoffa e raggiungerle la pelle, generando un lieve formicolio. Fu piacevole, forse come nulla che lei avesse mai provato prima, ma le parve persino di aver sempre cercato, negli altri, una sensazione del genere – e in un angolo oscuro della mente temette quel pensiero: poteva essere un principio d'amore? O forse... 
La campanella suonò, preannunciando l'apertura delle porte, ma Josh non parve dargli retta; aveva ben altro a cui pensare, ora che finalmente non lo respingeva più.

E senza smettere di rubarle baci, la condusse lungo il corridoio, fino alla sua porta – anche se prima vi furono un paio di tentativi falliti nel riconoscerla.

A quel punto, per la prima volta, fu lui a fermarla: «Dimmi di sì» le sussurrò a fior di labbra, puntando lo sguardo glaciale nel suo e, il modo in cui lo fece, le diede l'impressione di tornare al loro primo incontro – stava cercando di leggerle dentro.

Quindi avrebbe già dovuto conoscere la risposta.
 


 

 

Joseph si trovò perso dentro di lei, nella sua anima e nel suo corpo, nei suoi baci umidi e nella morbidezza della sua carne. Ogni sensazione che stava provando in quel momento gli sembrava essere amplificata all'infinito, una sorta di spasmo continuo. Le tolse la felpa senza badare a ciò che stava realmente facendo, strappando la stoffa in modo irreparabile. Desiderava sentire più pelle, più calore. Bramava la conoscenza delle sue forme e del suo amore in tutti i modi – non c'era più nulla d'importante, se non lei. Persino quando sentì l'elsa del Pugnale contro la mano non se ne preoccupò, ma anzi, lo sfilò dal fianco di Aralyn per buttarlo in terra in mezzo ai primi vestiti tolti.

Nonostante fosse il motivo per cui avesse fatto tanta strada e fatica, non aveva lo stesso valore di un altro bacio, anche se ormai era il centesimo.

Stringendo a sé la ragazza, Joseph si lasciò sedere sul materasso, passando le dita di una mano tra i capelli e l'altra sotto alla canottiera. La sentiva bollente e sotto ai polpastrelli gli parve di riuscire a percepire lo scorrere del suo sangue. Erano una cosa sola in quel momento, potevano avvertire l'altro con la stessa semplicità con cui riuscivano a sentire se stessi – e il motivo gli era sconosciuto.

Avrebbe quasi osato dire che, in tutta la sua vita, avesse sempre cercato in altre donne quello che ora Aralyn gli stava dando.

Si lasciò andare all'istinto, alla sua natura più intima, dimenticando completamente il mondo all'infuori di quella stanza, di quelle lenzuola.

Le loro discendenze, la guerra che li aveva perseguitati dal momento in cui erano diventati guerrieri divennero nulla. Finalmente poteva mettere a tacere i desideri che avevano preso a formarsi in lui dal momento in cui l'aveva conosciuta.
La sentì lambirgli ogni parte del corpo, dentro e fuori. Aralyn era ovunque: l'avvertiva tra le viscere, nei polmoni, tra i pensieri e sulla pelle – ma come si poteva definire una sensazione simile?

E nei vari movimenti che seguirono fu sopraffatto dai gemiti soffocati, suoni che echeggiarono nella mente come una malia, stringendogli con piacevole dolore il cuore, facendolo sentire per la prima volta completo, giusto per qualcuno che non lo considerasse solo un mezzo per mantenere o ottenere potere, come capitava con i Puri con cui aveva sempre avuto a che fare.

Aralyn era la donna che Mànagarmr e la Madre Luna gli avevano assegnato.
 


 

 

Joseph, seduto sulla moquette accanto alla porta-finestra, si concesse il lusso di osservare Aralyn nella penombra serale. Persa in un sonno privo di incubi e con i capelli arruffati sembrava non poter stare in un altro posto se non lì, davanti a lui. C'era qualcosa di terribilmente corretto nel vederla riempire il suo letto e le sue giornate, eppure non riuscì a gioirne del tutto – il fantasma dei Menalcan lo stava torturando dal momento in cui l'aveva vista chiudere gli occhi per accogliere Morfeo.

Quanto tempo avevano perso, arrivando a doversi già dire addio.

Sì, perché sapeva che se le avesse detto la verità non ci sarebbe stato alcun perdono, né amore, a cui aggrapparsi. Se se ne fosse semplicemente andato, invece, avrebbe potuto sperare in un futuro – sarebbe solo bastato aspettare il momento dello scambio: quando gli uomini del Duca avessero preso il Pugnale, avrebbe mandato Kyle a riprenderlo.

L'avrebbe salvata.
E un giorno, forse, avrebbe trovato il modo di tornare da lei.

Immerso in quei pensieri non si accorse dello sguardo di Aralyn, ora aperto e posato su di lui. Gli sorrise con una dolcezza infinita, salutandolo.
«Che fai?» la voce roca si versò fuori dalle labbra ancora arrossate per i troppi baci ricevuti e dati e Joseph, seppur pensieroso, non poté che desiderare di tornare da lei, tra le lenzuola che avevano ora il profumo d'entrambi, del loro amore sbagliato.

«Mi godo questo momento»
La ragazza non parve convincersi e, del tutto priva di attenzione per ciò che stava venendo nuovamente svelato, sollevò una parte del busto, mettendosi quasi seduta: «Più che felice mi sembri preoccupato» lo ammonì subito, portandosi poi le ginocchia al petto.

Come avrebbe mai potuto ferirla? O perderla? Non si sentiva abbastanza meschino per farlo – eppure c'era stato un tempo, non molto lontano, in cui lo era stato e, una volta tornato da Douglas, avrebbe dovuto tornare a esserlo.

Aralyn allungò una mano verso terra, recuperando una parte degli indumenti che lui le aveva tolto. Prese a rivestirsi lentamente, dando l'idea di essere sul punto di andarsene: voleva davvero lasciarlo? Perché a differenza sua non sembrava così restia al pensiero di allontanarsi?

«Stavo riflettendo su alcune cose» si affrettò a dire il Puro, provando a fermarla, a farla restare ancora un po', ma lei, al posto d'andarsene, lo raggiunse accanto alla finestra, strappandogli dalle dita quel che restava della sigaretta. 
«Cose che potrebbero riguardare questa missione e noi due?» 
Inaspettatamente, Joseph sentì una sorta di piacere nel sentirla riferirsi a loro come a un "noi", non gli era mai parso così bello appartenere a qualcuno.
«È così facile capire cosa mi passa per la testa?» scherzò, mettendosi a giocare con la coulisse dei pantaloni e lanciandole uno sguardo complice. Lei gli sorrise, questa volta con fare meno assonnato e tenero. La vide aprir bocca per dire qualcosa, ma prima che Aralyn riuscisse a trovare una battuta con cui ribattere, un suono dalla porta mandò in frantumi la loro intimità.

Qualcuno stava bussando, ma chi?
 

A entrambi si mozzò il respiro, mentre il cuore del Nobile accelerò d'improvviso. A quell'ora poteva essere solo una persona: Garrel. Certamente doveva star controllando la situazione, ma come avrebbe reagito trovando la sua protetta, mezza svestita, lì? 
«Che gli dico?» le domandò lui, sospettando che anche lei potesse aver avuto il suo stesso pensiero.
Aralyn si morse il labbro, abbassando lo sguardo verso il vuoto: «Spero non ci sia bisogno di dire qualcosa» e, a quel punto, sapendo di non poter perdere troppo tempo a riflettere, il ragazzo prese ad avvicinarsi verso la porta. Ad ogni passo, però, la sensazione spiacevole che lo aveva colto prese a intensificarsi, fin quando, a metà della stanza, un sentore strano lo fece fermare. Nell'aria stava aleggiando qualcosa di terribilmente familiare.


No, non era Garrel quello che stava bussando alla sua porta.

Sgranando gli occhi si rese conto di ciò a cui stavano per andare incontro e, voltandosi, lanciò uno sguardo terrorizzato verso la ragazza con lui che, inconsapevole di tutto, si fece avanti. Joseph cercò di fermarla, di farle capire la gravità della situazione: «Devi andare, Ara. Devi assolutamente fuggire!» le disse, scuotendola.
«Che succede?» la sentì chiedere con gli occhi grandi di sorpresa.
Avrebbe davvero voluto dirle ciò che li stava aspettando oltre il battente numerato, in quel momento, ma sapeva da sé che se lo avesse fatto non l'avrebbe più convinta ad abbandonarlo; sarebbe rimasta per proteggerlo, per dargli man forte in uno scontro che nessuno dei due avrebbe saputo affrontare.

Il Puro le mise in mano il Pugnale, trascinandola poi verso l'unica via di fuga disponibile – peccato solo che non riuscì a farle oltrepassare la soglia del balcone.

«Sono stufo d'aspettare, fratellino» si sentì arrivare dal corridoio e, subito dopo, con una spallata ben assestata, la porta fu spalancata sull'interno della stanza, rivelando l'imponente figura di Gabriel Menalcan, il primogenito di Douglas.

Suo fratello maggiore si ergeva minacciosamente nella cornice dello stipite, scrutandolo con eccessivo disprezzo. Ma cosa ci faceva lì? Non aveva certo passato l'informazione dello scambio anche a lui e Kyle... Kyle non lo avrebbe mai tradito, ma forse qualcun altro sì – dopotutto nessun sottoposto era realmente fedele a lui o a quel gorilla, l'unico licantropo a cui sapevano obbedire era loro padre.

Il cuore prese a pompargli pericolosamente nel petto e temette che potesse esplodergli da un momento all'altro. La mente gli si annebbiò, rivelando quanta paura stesse avendo la meglio su di lui. Avrebbe potuto frapporsi tra Gabriel e Aralyn, ma a quale prezzo? Se quello stronzo avesse capito la vera natura del suo rapporto con lei non avrebbe esitato nemmeno un secondo a compiere una strage, attaccandoli entrambi senza alcuna pietà – e ottenendo così due piccioni con una fava: eliminare il suo unico concorrente alla carica di prossimo Alpha della famiglia ed eliminare la sorella del suo più acerrimo nemico all'infuori del clan.

Inoltre, qualsiasi tentativo di scontro, in uno spazio così limitato, lo avrebbe portato a un tragico fallimento.

Joseph si volse un'ultima volta verso la ragazza alle sue spalle, ma quando ne incrociò lo sguardo si sentì male. Se fino a qualche istante prima Aralyn lo stava guardando piena di felicità, ora lo fissava con un innegabile terrore negli occhi; e un sottile velo di schifo.

«Fratellino?» la sentì sussurrare con voce spezzata, distrutta da quella verità.


Alla fine, persino contro la sua volontà, era venuta a conoscenza del suo segreto e, come aveva previsto, le era entrato dentro la carne come la lama del Pugnale che stringeva gelosamente al petto. No, non ci sarebbe stato nulla in grado di salvare lei e ciò che erano, insieme.
Il suo piano era andato in fumo ancor prima di prendere forma, rovinando qualsiasi possibilità di avere un futuro al fianco della donna di cui si era innamorato in quei mesi.

«Ara...» provò a dire, senza però sapere come proseguire. Qualsiasi cosa le avesse detto, suo fratello l'avrebbe usata per ferirli – fisicamente lei, emotivamente lui. Alle orecchie di Gabriel nulla sarebbe potuto sfuggire, in particolare non un'informazione come quella e, di fatto, con la coda dell'occhio Joseph lo vide muovere qualche passo nella loro direzione.
«Ma guarda un po'...» la sua voce tuonò nella stanza, seguita subito dopo dagli echi di guaiti e mugolii che avrebbero potuto significare una sola cosa: anche Garrel e i gemelli erano stati coinvolti nella retata della sua famiglia.
L'uomo sorrise sinistramente, mettendo in mostra i canini che volontariamente teneva affilati: «Una povera e piccola Impura nelle mani dei figli di Douglas. Quale fortuna che sia tu, dolcezza, ad avere ciò che stiamo cercando» e appena quelle parole furono pronunciate, il viso di Aralyn si fece esangue, mentre il suo sguardo vacuo.

Si era fidata di lui e l'aveva ripagata tradendola; alla fine, proprio come aveva previsto lei alla tavola calda, uno dei due sarebbe perito, abbandonando l'altro.

«Ti conviene non fare resistenza, anche perché dopo ciò che avete fatto qui dentro dubito che tu abbia le forze di opporti a uno di noi» le suggerì Gabriel, lanciando un'occhiata divertita verso le lenzuola sfatte. E Joseph avvertì il vuoto nello stomaco divorare ogni suo organo.

Li aveva spiati? Da quanto? Cosa sapeva realmente?
Aralyn strinse la presa sul Pugnale. Poteva ancora salvarla? Forse sì.

Sarebbe bastato ottenere l'arma, metterla k.o. in qualche modo e lasciarla lì – si sarebbe ripresa in qualche ora, sarebbe stata male, ma non avrebbe dovuto avere a che fare con gli artigli del primo erede della casata Menalcan.

Bruscamente, Joseph l'afferrò per le spalle, sbattendola contro il vetro dietro di loro. Sentì il colpo della sua schiena contro la finestra rimbombargli nelle ossa e poi un lieve sentore di sangue pizzicargli il naso. Seppur non fosse nei piani le stava facendo ancora più male di quanto avesse mai voluto.

«Ascoltalo, ti conviene» le sussurrò, pregandola di scorgere in lui il desiderio di evitarle una fine peggiore, cosa che però non parve passare nella mente del licantropo lì con loro.
«Non che la cosa possa evitarti la morte! Dopotutto se non lo facessi io, ci penserebbe il tuo Alpha a sgozzarti, sapendo che hai giaciuto con un Menalcan... o due» e il panico che Joseph vide comparire sul viso di lei, fu lo stesso che assalì lui. Suo fratello non si sarebbe risparmiato alcuna cattiveria pur di umiliare i membri del branco di Arwen.

Cosa fare, allora? Sarebbe davvero stato disposto a vedere Gabriel seviziare la sua femmina, pur di sperare in un atto di pietà?

Purtroppo, però, prima che potesse valutare seriamente quell'opzione, Aralyn prese a ringhiare e mutare il proprio corpo. Con un movimento svelto e del tutto inaspettato gli sfuggì dalle mani, abbassandosi con una flessione degli arti inferiori. Che diavolo le stava saltando in mente?

Usando l'elsa del Pugnale lo colpì sulla bocca dello stomaco, facendolo piegare su se stesso e, senza esitazioni, gli passò accanto per lanciarsi contro Gabriel.

Pazza!, pensò.
Adesso l'ammazza. Lui l'ammazza!

E poco ci mancò.

Suo fratello schivò il colpo e appena lei gli fu abbastanza vicina l'afferrò per la nuca, sbattendola violentemente contro la parete.

La testa di Aralyn contro il muro fece un rumore sordo, ma il colpo non sembrò destabilizzarla eccessivamente, soprattutto visto il suo stato ibrido tra il lupo e la ragazza che era e, notandolo, Gabriel attaccò nuovamente, questa volta senza alcuna pietà. Sapevano entrambi che in quello stato, se non l'avessero fermata in tempo, la licantropa avrebbe potuto avere qualche possibilità di ferirli e fuggire.

Nuovamente, Gabriel le si accanì contro. Con pugno la colpì al fianco, facendole emettere un gemito animale e perdere la presa sull'artefatto per cui stava avendo luogo tutto quel caos. Doveva averla colpita con più forza di quanto aveva fatto lui, avendo per la testa il chiaro intento di ammazzarla.

La ragazza cadde in ginocchio, stringendosi l'addome con entrambe le braccia grottesche e ansimando spasmodicamente. Joseph la sentì tossire un paio di volte, probabilmente vomitare i resti della cena e, del tutto in balìa degli eventi, percepì il suo lato ferino avere la meglio. Stava per trasformarsi. Il suo incontrollabile istinto animale voleva proteggere la propria compagna a tutti i costi – ma si stava pur sempre parlando di andare contro al proprio clan: che fare, quindi?

Gabriel non conosceva le mezze misure, non avrebbe perdonato a nessuno dei due il suo tradimento, se avesse deciso di difendere l'Impura, quindi come evitare a entrambi il peggio?

Lo vide chinarsi su di lei, tirarle i capelli per scorgere meglio l'espressione di dolore che Aralyn aveva stampata sul viso deformato: «La vostra forza è nulla, di fronte a un Puro» le disse sprezzante, osservando i lineamenti indefiniti che lentamente stavano tornando umani con il diminuire delle forze.
Ma lei non si arrese: «Eppure ai tuoi uomini ho fatto il culo!» la sentì sibilare e, quando Joseph si alzò per evitarle le conseguenze di quell'affermazione, vide un ultimo pugno partire dalla mano di suo fratello e colpirla in pieno viso.

Fu giusto questione di alcuni secondi, poi Aralyn perse i sensi.


 

   
 
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