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Autore: serenaceriotti    14/06/2019    0 recensioni
"Chi ha creato il mondo? Come ha fatto?" Qual è il mio scopo?Cosa sono la vita e la morte? ".
Queste sono le principali domande che da anni stimolano, istigano, la curiosità e l'irrequietezza umana spingendolo inevitabilmente nel profondo, tetro ed intrigante, vortice del mistero primordiale.
Solo Gorän, sommo sacerdote del Templium del Regno dei Visti, sembra avere le giuste risposte.
Lui dono degli dei, colui che tutto vede e sa, poeta, filosofo,artista, chiamato comunemente Destino si ritroverà a destreggiarsi nei 4 continenti, ritrovandosi,impotente, in complicate vicende:morte,guerre, rinascite, intricati amori, fede e molto altro.
Qui capirà che i coraggiosi possono sfuggire dalle sue intricate e prescritte fila,che gli ambiziosi osano sfidare gli Dei per superarli, che i ribelli, come il Principe Riven, possono diventare re, che gli incompresi, come Balthazar e Soraya, possono trovare il proprio posto nel mondo, che l'amore e l'odio spesso sono la stessa faccia della medaglia, come ben sanno Zelidia e Nerissa, ma sopratutto quanto può essere negativa una fede e distruttivo un ideale.
Genere: Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno
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Wůlfus correva a perdi fiato, libero, indomito, ribelle, per questo era il suo cavallo preferito. Balthazar sentiva le mille foglie verdi degli alberi cadere e i vari ramoscelli spezzarsi al passare dell'imperioso stallone, creando una sinfonia incalzante ed armonica che seguiva il ritmico e bruciante respiro del destriero. Il vento frizzante portava con sé il fresco profumo dei laghi misto al pungente odore di resina degli alberi addolcito, però, da quello lieve e delicato dei fiori che risplendevano colorati e dispettosi per l'ultima volta. Quel giorno era il cosidetto "Solstizio degli Dei" un evento memorabile,oltre che il più atteso in tutti i 4 continenti. Ogni cinquant'anni, nelle terre dell'Altopiano, infatti, solo in quel giorno dalle undici fino allo scoccare della mezzanotte, si assisteva a quello che, a detta di molti, era un vero e proprio miracolo:la rivalsa della vita sulla morte, un inno alla bellezza ed alla rinascita un'effettivo rifacimento della meraviglia e della potenza del creato divino. Intorno alle undici,invero,tutti i saggi alberi ormai moribondi e millenari, coraggiosi e composti come i più prodi dei soldati davanti all'inevitabile richiamo della morte, cadevano rovinosamente al suolo ormai privi di vita. Lo stesso facevano i vecchi fiori, i quali chinavano le loro preziose corolle, come fosse un elegante inchino, un raffinato addio, prima di appassire perdendo i propri artistici colori. I laghi zittivano con fermezza le tante creature che li abitavano, salutando la natura amica e morente, in un muto e solenne silenzio, facendo sprofondare, anche le più chiassose terre, nel pietrificante ed agghiacciante silenzio tipico del Nord, dando vita ad un misterioso e tetro ma allo stesso tempo affascinante e coinvolgente spettacolo. Il demone Zeme, protettore della notte e delle ombre, veniva, infatti, lasciato libero e distruttivo, fino allo scoccare della mezzanotte, quando la Luna di Sangue si ergeva nel suo punto massimo, rossa ed inquietante nell'oscurità. I suoi raggi, simili a fiumi di lava, pochi minuti prima della mezzanotte, scendevano copiosi e  frettolosi per toccare le magiche acque nere della Dea protettrice dell'Altopiano:Riona, segretamente custodite nell'antico Pozzo dei Ricordi. Era stata, infatti, la divinità primordiare stessa a creare il continente del Nord dando alla luce, in contemporanea anche la sua figlia primogenita:Niamh, semidea dell'amore, della bellezza e dei sentimenti. Questa nacque però con misteriosi problemi di salute che, neanche con il tempo e con l'aiuto della balia ed Eletta Iris,si erano riusciti a risolvere,facendola diventare sempre più debole e fragile. L'Eletta vedendola ormai preda delle grinfie di Zeme, deciso ad averla con sé nel suo regno di ombre, sofferenza ed incubi, trovò uno stratagemma per evitarle quel tremendo ed eterno destino. Secondo l'incantesimo di Iris, infatti, la semidea sarebbe rimasta viva, sana, bella e felice come spirito onnipresente nella natura rigogliosa di quelle terre, per poi raggiungere Zeme nel suo regno dalle undici alla mezzanotte,  rinascendo ciclicamente, insieme all'Altopiano stesso, una volta che i raggi della luna vermiglia toccavano le acque del pozzo mistico. Quando, infatti, Niamh ritoccava, trepidante ed euforica, le sue amate terre gli antichi alberi moribindi sparivano nel nulla insieme ai vari fiori scialbi ed appassiti, dando spazio però a tanti piccoli nuovi e possenti arbusti ed alle più nuove, giocose ed affascinate piante che si moltiplicavano seguendo l'allegra e magica corsa della fanciulla. Questa era la leggenda che gli aveva raccontato, anni prima, Gorän e che ancora riusciva ben a ricordare, così come le tante  altre preziose parole che uscivano dalla bocca del vecchio e saggio filoso. Il veloce e spavaldo trotto di Wůlfus stava rallentando  sempre di più e solo allora il giovane si accorse di essere arrivato nel piccolo, allegro e campagnolo villaggio. La frenesia per l'irripetibile evento era più che palpabile:flotte di persone si muovevano, come spinte da un'incessante marea, di qua e di lá, indaffarate,confuse ed energiche, come piccole api operose, di negozio in negozio per acquistare le ultime decorazioni e pietanze. Era tradizione, infatti, decorare le umili case con milioni di ghirlande, medaglioni dorati a forma di sole, simbolo dell'Altopiano, gemme brillanti e colorate bandiere. Dopo la mezzanotte, al termine del Solstizio, un enorme tavolo veniva disposto in mezzo alla natura bambina, festeggiando e ringraziando gli Dei e dando inzio ad un lungo, ghiotto ed abbondante banchetto, rallegrato dalle canzoni dei musici, dal pungente odore del vino e dalle tante chiassose risate. Al termine del banchetto si dava inizio ai balli tradizionali,alla premiazione della casa più bella, ai tuffi nei laghi ed alle gare di corsa nelle foreste, andando avanti fino al mattino, dove ad accoglierli vi era un sole, anch'esso vestito di sangue . Mentre il poderoso destriero cercava di farsi largo con fatica tra folla, Balthazar notò un particolare gruppo di persone intente a battere le mani ed i piedi, seguendo le conosciute note ed il coinvolgente ritmo di una canzone, incantati dai mistici ed armonici suoni della fisarmonica del flauto e della nychelharpa, che guidavano i leggiadri piedi scalzi dei tanti improvvisati ballerini. Nell'Altopiano ogni momento era buono per far festa, la folla,infatti, sempre più presa dalla scatenata danza, si unì subito a loro dando vita ad un coro di voci, creando una sinfonia di parole e note chiassose e confuse. Tra tutte le voci, però, Balthazar ne riconobbe in particolare una, più leggera, ipnotica e soave delle altre. Indirizzó, infatti, Wůlfus in quella direzione ed elevandosi sopra le altre persone grazie alla stazza dell'animale, distinse, nella frenetica ed eccitata massa, sua sorella Soraya,d'altronde, i suoi capelli lunghi di un particolare ramato scuro,i suoi occhi felini, il suo solare sorriso ed i suoi eleganti movimenti, erano impossibili da non notare. Guardandola constató ancora una volta quanto fossero diversi caratterialmente:lei estroversa, orgogliosa, ribelle ed imprevedibile;lui riservato, riflessivo, responsabile e sognatore. A Balthazar inoltre non piaceva affatto ballare, preferiva molto di più correre con il suo cavallo, allenarsi con le sue preziose scimitarre ed ascoltare i misteriosi segreti dalla foreste leggendo, tranquillo e rilassato, un buon libro. Questa sua, apparente,freddezza e rigidità, lo aveva fatto sentire più volte fuori luogo, un estraneo in quelle terre così vivaci con persone così aperte e spigliate ma con il passare degli anni aveva creato il proprio piccolo angolino, il suo posto nel mondo in cui, solo pochi fortunati, potevano accedere. Come se avesse sentito il suo abissale sguardo, la sorella si giró subito nella sua direzione e quando i loro occhi si incrociarono questa si aprì in un ancor più amplio sorriso bambinesco e sincero, incorniciato dalle solcate fossette che le davano un'aria tenera e buffa. Questa si ritirò subito dalla danza euforica andandogli incontro e chiudendolo in un abbraccio. <> chiese spiritosa e provocatoria una volta staccatasi dal giovane, facendolo ridere. << Questo è ovvio sorella, infatti, sfortunatamente, la mia tranquilla passeggiata è stata interrotta dalla tua acuta voce da gallina>> risponse lui facendola diventare rossa dalla rabbia. <> disse indispettita sferrandogli un coppino sulla nuca, ancora imbronciata. I due fratelli amavano stuzzicarsi, provocarsi a vicenda ma alla fine si ritrovavano sempre insieme ed uniti da un legame che si consolidava ,diventando sempre più stretto, giorno dopo giorno. Entrambi montarono sullo stallone dirigendosi verso i campi appena arati, i quali non erano più, però, del classico e conosciuto color ocra e dorato, ma riflettevano come specchi il caldo e romantico arancio scuro del tramonto infuocato;gli uccelli piumati e dispettosi, al passare di Wůlfus abbandonavano a terra i semini rubati aprendo le colorate ali e riprendendo il loro misterioso e libero volo lasciando la scena ad un mare di lucciole le quali cercavano, con la loro lucentezza, di imitare le stelle. Dopo poco erano arrivati presso la piccola e graziosa casa di lord Tholomeus,anche questa abbondantemente decorata e sprizzante di colori che risaltavano sul legno chiaro delle pareti. Una volta entrati trovarono lady Elda, la moglie del lord, ad accoglierli:la donna grassottella ribalzava da una parte all'altra come un piccolo grillo,così concentrata ed indaffarata nel continuare ad adornare la propria dimora, da accorgersi solo dopo un po' di tempo dei giovani che, sorpresi e sconvolti dalla velocità dei suoi movimenti, erano rimasti ancora fermi sulla porta d'ingresso. Appena, però, incontró i loro volti, sul sui viso, dolce, giocoso ed affaticato si aprì subito, tra le guance mordibe e rosse, un elettrizzato sorriso e scattó subito nella loro direzione con due copiosi cestini, tra le mani paffute, pieni dei più vari ornamenti. <> disse velocemente la donna con la sua irrefrenabile parlantina ed i suoi buffi borbotii. Soraya, spinta dalla donna, si mise subito al lavoro, seguendo la pacchiana governante e ridendo dei suoi discorsi sulla sua futura vittoria, Balthazar, invece, dopo aver lasciato libero il fidato Wůlfus, il quale corse tranquillo per i colli insieme agli altri cavalli selvaggi, si limitó a mettere pochi fiorellini qua e lá. Lui era, infatti, una persona molto semplice e minimalista e quella casa, era già fin troppo esagerata e fuori dalle righe per i suoi gusti, d'altro canto era però sufficientemente furbo da sapere di non dover contraddire Elda. <> domandò lord Tholomeus accecato dagli oggetti appariscenti. La moglie, come Balthazar ormai sapeva bene, indispettita e furente corse verso il marito puntandolo con un dito e scuotendolo ripetutamente davanti al suo viso. <> terminò ciaccicando parole a caso, sotto lo sguardo divertito del marito, che la fece inviperire ancora di più. I due, dopo poco, inziarono uno dei loro soliti battibecchi che finivano sempre con l'insultare i comportamenti eccessivi ed esuberanti della moglie in contrasto con quelli calmi e placcidi del marito. Eppure,era proprio durante quelle liti che Balthazar riusciva a vedere l'intensità e la profondità dell'amore che, anche dopo così tanti anni, li teniva uniti come il primo giorno,un'intesa così pura e sincera, capace di avvicinare anche i più distanti e diversi dei poli e più li guardava più si chiedeva se un giorno anche lui si sarebbe ritrovato stretto tra le mani di Niamh, perso nelle oscure, misteriose e viscerali fila di quell'imprevedible sentimento. <> disse Soraya smorzando l'aria tesa con la sua voce delicata. <> disse subito Elda dando una pacca all'uomo<> terminò poi acida sottovoce. <> rispose Soraya decisa. Balthazar in questo era molto simile alla sorella:entrambi amavano fare lunghe camminate ed ascoltare le fiabe dell'Altopiano, era un momento così intimo tra uomo e la natura,immersi nella vegetazione si entrava, infatti, in contatto con il proprio vero essere abbandonando e dimenticando le maschere false ed opprimenti che si indossavano nella vita quotidiana. <>  concluse Balthazar sostenendo la sorella e convincendoli definitivamente,nonostante l'ancora titubante sguardo di lady Elda. <> disse questa dandogli un affettuoso abbraccio prima di uscire dalla casetta iniziando ad incamminarsi verso il Castello dal Doppio Volto inseguendo le lucciole ed i possenti cavalli selvaggi. Balthazar la osservò allontanarsi per poi, una volta scomparsa dietro le tante colline, sedersi sull'erba fresca, sollevando il marino sguardo al cielo: l'ardente sole aranciato aveva lasciato gradualmente spazio ad un intenso blu cobalto mentre da lontano poteva già intravedere, tra i colli, la luna tonda e sanguigna. Non sapeva per quanto tempo fosse rimasto a contemplare il lento susseguirsi dei colori nel cielo, perdendosi nei suoi foschi ed imperscrutabili pensieri, ma a giudicare dal blu sempre più scuro illuminato dalle stelle, doveva essere passato molto tempo. Dopo poco si decise infatti a rientrare, cominciando a prepararsi, inziando ad indossari gli scuri vestiti tradizionali:la maglia lunga e marrone  con un profondo taglio a 'V' era decorata da ornamenti dorati, gialli e rossi, così come gli stretti pantalloni lunghi che gli fasciavano alla perfezione le gambe toniche. Balthazar, però, non si era mai trovato a suo agio con quei colori così caldi che sbattevano in forte contrasto con la sua pelle talmente pallida e diafana da farlo apparire ancora di più,splendente e lucente come la luna in un mare di tenebre, in mezzo a quelle pelle abbronzate ed olivastre. Anche i suoi capelli bianchi ed argentei, insieme al corpo muscoloso, anche se pur sempre fanciullesco ed agli occhi blu cobalto, oscuri e misteriosi come i più profondi degli abissi ma che allo stesso tempo presentavano leggere sfumature celesti simili a nuvole  limpide e sincere, contribuivano ad attirare sguardi interdetti, estasiati ed incuriositi che non facevano altro, però, se non infastidirlo. Lui che, aveva da sempre preferito starsene tranquillo in un confortante e rassicurante angolino, si  ritrovava paradossalmente sempre al centro dell'attenzione come indesiderato e timido protagonista di uno spettacolo scadente e triste e, sfortunatamente, sapeva che questo  sarebbe successo anche quella sera suscitando in lui una forte ansia e risvegliando le sue antiche e segrete paranoie. Un insistente bussare alla porta lo salvó dalla marea feroce e furibonda che già lo stava facendo schiantare come,un naufrago solitario e disperso, nei luoghi più oscuri della sua mente. <> disse Elda, entrando nella stanza con il suo leggero abito bianco e pieno di ricami floreali che metteva ben in mostra il suo fisico formoso,perfettamente truccata e pettinata. Lei era sempre stata come una madre, sia per lui che per Soraya, lo aveva sempre capito, confortato e lasciato solo quando era necessario, eppure stranamente le sue dolci parole non erano riuscite del tutto a togliere le aspre ed insistenti emozioni che sembravano attanagliarlo per la gola senza lasciarlo andare. <> chiese infatti questa preoccupata. Neanche il giovane in realtà lo sapeva con precisione, sentiva una dura morsa alla bocca dello stomaco,un brutto presagio, un demone maligno che lo punzecchiava ripetutamente, un cattivo presentimento continuava ad animare l'incessante e grigia tempesta nel suo cuore. <> rispose Balthazar iniziando ad indossare la giacca giallo scuro  insieme ad un sorriso di circostanza,non era bravo a mentire e mai lo sarebbe stato. <> disse questa sistemandogli meglio la camicia,ancora fortemente sospettosa, ma d'altronde, non c'era abbastanza tempo per approndire ed indagare,quindi si limitó a dedicargli un suo sincero sorriso di incoraggiamento per poi dirigersi verso la porta della sua camera. <> disse lei scherzando riuscendo a suscitare un sorriso anche al giovane,prima si uscire definitivamente dalla stanza. Questo si avvicinò al tavolino di legno sulla quale questa, lunga e dorata, era disposta, mettendola frettolosamente all'interno della tasca destra della giacca. La candela era, infatti, di fondamentale importanza:aveva un valore simbolico che si tramandava di generazione in generazione, per questo tutti, all'inizio del Solstizio, erano tenuti ad accenderla per commemorare la natura morente e per pregare gli Dei di riportare la luce nelle tenebre. Antiche leggende popolari, inoltre, dicevano che la luce di queste li proteggeva dalla furia distruttiva dei demoni che, nel caso si fossero spente, li avrebbero portati con sé nel loro oscuro mondo. I suoi incessanti pensieri vennero interrotti all'improvviso, da un delicato ma intenso suono che giunse alle sue orecchie come una dolce carezza: i due grandi campanili dorati, situati presso il Pozzo dei Ricordi, inziarono, infatti, a suonare, segno che tra pochi minuti le undici sarebbero arrivate ed il Solstizio sarebbe iniziato. Balthazar, insieme a Tholomeus ed Elda, si era unito alla lunga fila indiana che, lenta e composta, guidava la miriade di persone nei pressi del magico pozzo per poi dividersi in tante vari gruppi per disporsi, come da tradizione, in cerchi concentrici intorno ad esso. La Luna di Sangue ora si ergeva con più coraggio oltre le colline, anche se ancora troppo debole e timida per ergersi al massimo splendore. <> <> sentì distintamente Balthazar tra le voci estasiate intorno a lui. Questo si guardó subito intorno ed i capelli ramati della sorella, catturarono subito i suoi svelti occhi, come la tela di un furbo ragno;la fanciulla eterea, innocente ed affascinante era riuscita ancora una volta a suscitare l'invidia e la meraviglia di tutti i presenti mentre si limitava a ringraziare tutti ed a salutare il fratello con un dolce sorriso. Balthazar si sorprese però di non vedere, accanto alla sorella, l'ipnotico, seducente e violento re Haures, il quale, si convinse, doveva aver deciso di non venire, ritenendo l'evento popolano, di poco conto e di cattivo gusto. <> gli disse Ambros, uno dei suoi più fidati amici, vedendolo distratto. Il giovane fece subito quanto gli era stato detto infilando la mano nella tasca dove l'aveva messa poco prima, ma nulla trovó se non la semplice stoffa, sbigottito e preso dal panico controlló nuovamente ribaltando le tasche guardando con maggiore attenzione, non poteva essere possibile, era sicuro di averla messa lì. <> disse  Balthazar con voce tremante di agitazione. <> rispose questo per poi aiutarlo ad aprire un varco tra la folla di persone. Balthazar prese a correre salendo a grandi falcafe e frettolosamente le varie colline, per raggiungere la propria casa;sentiva l'adrenalina scorrergli nelle vene, il vento fresco scompigliargli i ricci e lunari cappelli ed i piedi muoversi scattanti e veloci come dei ghepardi affamati,mentre si destreggiava per le, ormai note, scorciatoie del villaggio . Una volta arrivato, con un forte fiatone e le gote rosse, spalancò la porta di casa che sbattè con un rumore secco ed assordante, mentre questo era già intento a salire le scale che portavano alla sua camera. Sopraggiunto nella camera ordinata iniziò a cercare disperatamente, in ogni mobile, cassetto, angolo, ma nulla, della candela non c'erano tracce. Un innaturale e tetro silenzio,iniziò a soffocare il brusio ed il chiacchericcio che vi era stato fino a quel momento,facendolo impietrire sul posto:troppo tardi, le undici erano scoccate, il Solstizio degli Dei, era iniziato. Guardó fuori dalla propria finestra, la luna si ergeva ora più maestosa avvicinandosi silenziosamente al suo punto massimo, l'Altopiano risplendeva delle tante e luminose luci delle candele in contrasto con le tenebre che mai, se non in quell'evento, avevano toccato quelle solari terre. Balthazar sbuffó rumosamente infastidito:candela o no, non poteva perdersi quel mistico ed irripetibile spettacolo, doveva andare. Fece dunque per scendere le scale, ma uno strano vocio lo lasciò sorpreso, delle urla lontane e tetre avevano spezzato il silenzio, che fino a quel momento permetteva di udire solo i sordi tonfi provocati dagli alberi morenti,uno strano odore di bruciato si era ora mischiato a quello della natura morente. Si riavvicinó presso la finestra, osservando con maggiore attenzione, sporgendosi un po' di più per trovare la perfetta visuale e ciò che vide lo lasció senza fiato costringendolo a sfregarsi gli occhi ripetutamente nella sperenza di esserselo solo immaginato:innumerevoli candele si spegnevano, infatti, velocemente davanti ad i suoi occhi attoniti e piangenti, rumori e sussurri sinistri si trasformarono gradualmente in un coro di acute e disperate grida lontane, mentre uno strano fuoco sembrava divampare presso il Pozzo dei Ricordi. Le mani gli presero a tremare per il terrore, non sapeva cosa stava effettivamente succedendo ma di sicuro non se ne sarebbe stato in disparte a guardare, impugnó quindi le sue due fidate scimitarre scendendo con decisione i gradini e muovendosi velocemente. Quello che trovó una volta arrivato al piano di sotto fece fermare, però, il suo sicuro e determinato passo e per un momento il tempo sembrava essersi fermato, lasciandolo intrappolato ed impotente difronte alla ferrea ed audace figura davanti alla sua porta d'ingresso. I lunghi ed argentei capelli del mistico cavaliere, sembravano grondanti di sangue sotto il volto della luna vermiglia, la sua bianca ed argentata armatura perfetta, preziosa e curata, che sembrava però essere già stata usata in innumerevoli e faticose battaglie, nascondeva malamente un fisico muscoloso ed allenato ed infine, il suo volto niveo, era completamente nascosto da una ricca maschera d'argento che faceva intravedere solo gli occhi di un blu molto più scuro dei suoi. Solo dopo un'accurato sguardo Balthazar vide che nella mano sinistra, l'uomo impugnava la sua candela e lo stupore gli fece spalancare incontrollabilmente gli occhi, perché mai avrebbe dovuto prendergliela? Come e quando aveva avuto occasione di farlo? Era forse un Demone o un fantasma?  Mille domande inziarono a lottare nella sua intricata mente per chi dovessere avere la precedenza, solo dopo, infatti, ad un profondo respiro il ragazzo riprese il controllo sulla propria ragione e, dal momento che il cavaliere non sembrava intenzionato a proferir parola, il giovane fu costretto ad armarsi di coraggio e prendere l'iniziativa cercando di camuffare la sua paura ed il suo terrore dietro ad una robusta, impenetrabile e gelida corazza. <>  chiese a quel punto Balthazar, riuscendo a non far trasparire alcuna emozione. Attimi interminabili seguirono la sua domanda e, per la prima volta nella sua vita, si ritrovó ad odiare il vuoto e vacuo silenzio che gli stava intorno e che non faceva altro se non schiacciarlo, soffocarlo e giudicarlo nutrendo il suo nervosismo che cresceva di secondo accompagnato a braccetto da tutte le sue paure più profonde e nascoste che sembravano essere ormai libere e pronte ad inghiottirlo da un momento all'altro;impugnó,quinidi,quasi a voler proteggersi, con maggior decisione le sue fidate scimitarre che fino a quel momento non avevano fatto altro se non tintinnare ritmicamente seguendo le convulsioni ed i tremori di quelle piccole mani che erano, però ora, pronte ed ansiose di sferare il colpo mortale. <> disse il Cavaliere D'Argento con una voce scura, metallica ma allo stesso tempo estremamente calma e rassicurante. Balthazar non ebbe neanche il tempo di rielaborare la sua frase che, silenzioso ed impercettibile come un fantasma, veloce, elegante e ponderato come un'aquila quando impugna la preda, il cavaliere lo aveva disarmato e caricato sulle proprie spalle uscendo dall'abitazione. Questo cercò di liberarsi con forza scalciando e lottando, ma il suo corpo ormai sembrava non elaborare più i suoi comandi e nella sua mente ormai vi era il caos più totale:i suoi sensi catturavano così tanti rumori da idurlo a volersi strappare le orecchie per smettere di sentire le risate sinistre e cupe della morte maligna,che ormai,gli avevano toccato e graffiato l'anima. Quando ritrovò momentaneamente lucidità realizzó di essere stato caricato su un destriero, ed a quel punto fallì:la sua corazza cadde velocemente come l'aveva creata, la disperazione, la paura, il terrore si liberarono in un urlo strozzato ed acuto, che però non riuscì mai ad udire,quello,infatti, piccolo ed insignificante,era stato sopraffatto, da urla ben più pietrificanti e ruggenti,che gli tolsero definitivamente il fiato, facendolo cadere in un mondo ancor più ocuro e confuso,succube di un profondo ed angoscioso sonno senza sogni.
   
 
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