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Autore: Kokky    25/07/2009    3 recensioni
Un mondo parallelo e antico, popolato da vampiri che si muovono nell'ombra e umani troppo ciechi sui nemici succhiasangue. L'esercito, i positivi e gli alchimisti sono gli unici che possono proteggere l'umanità da ciò che stanno bramando i vampiri...
Un'umana insicura. Due piccoli gemelli. Un vampiro infiltrato. Una squadra di soldati. Una signora gentile e un professore lunatico. Una bella vampira e il capo. Due Dannati. L'Imperatore e i suoi figli. Una dura vampira. E chi più ne ha più ne metta!
Di carne sul fuoco ce n'è abbastanza :)
Provare per credere!
Genere: Fantasy, Sovrannaturale, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'Positive Blood' Questa storia è tra le Storie Scelte del sito.
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82 – Dietro di sé

Someday, somehow
I’m gonna make it al right

(Someday; Nickelback)

 

Ginger si svegliò nella penombra della stanza di Sofia.       

Non sapeva quanto tempo fosse passato. Aveva perso il conto delle ore – o dei giorni? – che passavano, perché non le interessava il tempo che scorreva, bensì quello che preservava dentro di sé ogni momento con la sua Sofi: Ginger si immergeva nei ricordi.

Arthur, d’altro canto, si muoveva con rabbia per le stanze di quella casa, così come un tempo aveva camminato per smaltire la perdita di Juliet. Appariva come un’ombra nella visuale di Ginger, le dava un po’ d’acqua e continuava a muoversi freneticamente.

Le lacrime si erano asciugate tempo prima.

Ginger si rigirò nel letto che profumava di Sofia, fissando con gli occhi neri il soffitto. Era stremata.

Il professore si sedette accanto a lei, sospirando.

«Ginger cara... dovremmo fare qualcosa», fiatò, guardandola garbatamente.

«E cosa?», domandò la donna. La sua voce era secca ed arrochita, poiché non parlava da tempo e l’ultima volta che l’aveva fatto era riuscita solo a singhiozzare ripetutamente e a mugolare il nome di Sofia.

«Non saprei… magari dovremmo preparare qualcosa da mangiare, o diventeremo talmente magri da non poter più vivere», e Ginger, se fosse stata quella di un tempo, avrebbe ribattuto che gli uomini pensavano sempre a riempirsi la pancia.

«Non posso sopportare l’idea di aver perso nuovamente qualcuno a causa dei vampiri! Quelle bestie… quei mostri assetati di sangue hanno preso la mia Juliet, prima, e adesso Sofia», sbottò Arthur, subito dopo.

Ginger sorrise stentatamente al professore. «Non penso che ci sia speranza per… la nostra Sofi», sussurrò, voltandosi verso la porta-finestra spalancata sulla villa bianca, dove giorni prima era avvenuta la battaglia.

«Questo non vuol dire che dobbiamo demordere… p-proverò a cucinare qualcosa, se non te la senti di farlo tu», sospirò Arthur. Solitamente era un uomo lunatico, dalle idee astratte e gli atteggiamenti tipici di un bimbo, ma nonostante tutto aveva la sua cinquantina d’anni e, dentro di sé, li dimostrava tutti in alcune occasioni.

In quel momento serviva un uomo, il professore doveva essere forte e non piangersi addosso. Avrebbe aiutato la povera Ginger, raggomitolata nei propri ricordi e immersa nella disperazione della perdita, e insieme sarebbero andati avanti, sperando per il futuro di loro figlia.

«Allora vado in cucina, aspettami», annunciò Arthur, alzandosi dal letto.

Ginger tese una mano scura e afferrò la canotta di lui, fermandolo. «Dammi solo un istante», sussurrò. Si asciugò lacrime che ormai non c’erano più, già secche da tempo, passando le dita sopra le gote morbide, e poi si sollevò dal letto di Sofia.

Barcollò un po’ sui suoi piedi e Arthur la sorresse, facendola appoggiare a sé.

«Prepariamoci il pranzo».

«Sì».

 

Ginger si mosse sulla sedia, osservando il giardino della casa che si vedeva dalle porte-finestre della cucina.

Lei e il professore erano seduti a tavola, sazi del pranzo.

«Lì si sedeva Sofia, fra quell’albero e quel cespuglio di fiori», disse ad Arthur, indicando un punto là fuori.

«E su quella panchina le ho chiesto, forse un mese fa, se si era innamorata. Mi ha detto di no, sai, però c’era qualcosa di strano nella sua voce… come se avesse trovato qualcuno che riuscisse ad interessarla e a renderla viva».

«Forse c’era qualcuno», mormorò il professore in risposta. «Mi aveva fatto delle domande strane sui vampiri… un’ipotesi. Se si potesse amare un vampiro, e io a quel tempo, scioccamente, parlai di me stesso, cercando di persuaderla ma senza troppa forza, probabilmente. E ora l’abbiamo persa a causa di quelle bestie».

«Io… non saprei, è così strano pensare che le possa essere passato per la testa di provare qualcosa per un vampiroo», mormorò Ginger. «Quello che riesco a ricordare è una ragazza forte e combattiva, con una profonda tristezza dentro di sé. Mi… mi piacerebbe rivedere il posto in cui l’ho incontrata, se solo riuscissi a camminare. Ma il mio corpo è debole, così come la mia anima affaticata», sospirò stancamente.

«Ti aiuterò io», disse Arthur, sentendosi la gola piena di sofferenza. Non riuscì più a parlare e nemmeno Ginger provò a farlo; rimasero sulle proprie sedie, immobili nella stanza ombrosa.

Infine, il professore si alzò dal suo posto e raggiunse Ginger, le porse una mano, che lei afferrò debolmente, e le sorrise.

Andarono.

 

La radura dove era atterrata Sofia era come cinque anni prima, ancora verde e ancora costeggiata da alberi dalla chioma folta. Lo stormire delle foglie era l’unico rumore che accompagnava Arthur e Ginger.

Gli occhi scuri della donna si soffermarono sul luogo dove Sofia, ancora bambina, era apparsa da un altro mondo.

E poi… poi l’aria sembrò fratturarsi.

Non era il solito effetto che produceva il caldo, quando l’atmosfera sembrava percorsa da crespe onde. Era diverso: le crepe percorrevano una parte d’aria, ingrossandosi a poco a poco.

«Cos’è?», domandò il professore, sgranando gli occhi dietro gli occhiali.

«Quello che ci ha raccontato Sofia…», disse Ginger, emozionata. «È un segno, forse?».

Arthur osservò le spaccature dilatarsi, divenire uno squarcio grande nell’aria, mentre questa iniziava a vorticare come un ciclone posto in orizzontale.

Il gorgo attirava a sé granelli di terra secca, foglie cadute a terra e rametti spezzati.

«Magari dovremmo andare. Ci attira a sé, come raccontò Sofia nel mio studio. Qui ci resta una villa vuota».

«Ma forse rimanendo qui potremmo incontrare Sofi», esclamò Ginger.

«Eppure questo non è forse un segno, mia cara? Mi sembra difficile sperare in un altro incontro in questa vita», ribatté il professore. La sua tipica curiosità da uomo di scienze si riaccendeva, e la donna capì che quel vortice portava loro la possibilità di dimenticare tutto ciò che era appena accaduto. Di scordare per sempre quella sofferenza, incominciando qualcosa di nuovo.

«Ho soltanto paura che Sofi si senta sola…», mormorò piano Ginger, afferrando la mano di Arthur.

«Andiamo via, allora, se non rimane più nulla da fare. Siamo troppo vecchi e stanchi, forse, per sperare in qualcos’altro».

Si incamminarono verso la frattura spazio-temporale, tenendosi stretti con le mani congiunte. Si guardarono negli occhi spenti, cercando di sorridere.

Nella loro mente Sofia li abbracciò, svanendo nel buio di una notte di lotta.

Anche loro svanirono nel buio di un vortice, uniti e con una fitta al cuore. Tutto rimaneva dietro di loro, all’apparenza immutato.

*

 

















Grazie a Silvia per la recensione <3. Spero di postare altri capitoli a breve, ma questo caldo mi sta uccidendo e non so quanto riuscirò a ragionare XDDD Speriamo bene +_+
   
 
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