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Autore: Nana_13    16/06/2019    1 recensioni
"...Fa male. Un dolore lancinante mi attraversa tutto il corpo e mi sento quasi morire. Però devo resistere. Non posso permettere che lui mi scopra. Non ancora almeno. Devo dare il tempo agli altri di fuggire o il mio sacrificio non sarà servito a niente…"
Come promesso ecco il secondo capitolo della saga Bloody Castle. Claire, Juliet e Rachel hanno dovuto affrontare di tutto per salvarsi la vita. Una vita che ormai, è evidente, non è più quella di tre semplici liceali. Riusciranno a cavarsela anche questa volta? Non dovete fare altro che leggere per scoprirlo ;)
Genere: Angst, Romantico, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 6 - Mirare al centro


 
Anche quella mattina Rachel e Claire si erano alzate di buon ora, più o meno pronte ad affrontare un’altra estenuante sessione di allenamenti con Rashid e la sua banda di marmocchi. Qualcuno di loro era simpatico e non approfittava della loro inesperienza per prenderle in giro, anzi, spesso le aiutava, ma continuavano comunque a sentirsi come pesci fuor d’acqua.

Per certi versi, Rachel era contenta che Jamaal si fosse convinto a farle continuare, mentre per altri la sola idea di tornare al campo ogni giorno la sfiancava. Come se non bastasse, nessuno le aveva ancora confermato se Tareq fosse o meno arrivato a Bran e l’angoscia non le dava tregua. Era trascorso solo un giorno dalla partenza, ma lei era già in fibrillazione.

Come sempre trovarono il maestro già sul posto, ma stavolta non ordinò di mettersi a correre per riscaldarsi in attesa che arrivassero tutti. Nel solito inglese arrabattato fece loro capire che dovevano spostarsi in un altro punto del campo, dove di solito si allenavano i guerrieri esperti, e indicò a gesti la direzione.
Piuttosto confuse, Rachel e Claire obbedirono, credendo che si trattasse di una sua iniziativa per togliersele finalmente di torno. Una volta arrivate, invece, con sorpresa videro che ad aspettarle c’era Jamaal insieme alla sua guardia del corpo da un occhio cieco. L’imponente guerriero aveva sulla spalla un falco dalle piume grigio argento, che quasi scompariva se paragonato a lui, ma che non sembrava per nulla spaventato dalla stazza del padrone.

Wasal jayidaan.” Le accolse il capo tribù con un sorriso; poi, scoppiò a ridere nel vedere l’espressione perplessa che gli avevano rivolto. “Significa ben arrivate.” spiegò.

“Sì beh, non so ancora parlare arabo.” ribatté Claire in tono scocciato. “A quest’ora del mattino meno che mai.”

Rachel provvide a troncare il discorso sul nascere. “Che succede? Rashid ci ha detto di venire qui.”

Jamaal annuì. “Gli ho chiesto io di spostarvi.” rispose, tornando serio. “Visto che avete tanta voglia di mettervi in gioco, ho pensato che fosse giusto alzare il livello.”

“Perciò non ci alleneremo più con i bambini?” chiese Claire speranzosa.

“No, lo farete con me.”

Non ebbero certo bisogno di voltarsi per riconoscere il tono annoiato di quella voce e, quando Najat arrivò in compagnia di Evan e degli stessi guerrieri cinesi che avevano incontrato il giorno prima, l’espressione che aveva in faccia confermò il suo entusiasmo.

Con un balzo elegante la ragazza si mise a sedere sulla staccionata di legno che delimitava il campo, poggiandovi sopra la pianta del piede. “Devo aver fatto qualcosa di veramente grave se il nostro Qayid ha deciso di infliggermi una punizione simile.” disse sarcastica, rivolta a Jamaal.

Lui ricambiò con un’occhiata di finto rimprovero, ma poi tornò sulle ragazze ignorando il commento. “Da oggi vi allenerete con Najat e gli altri. Ho pensato che con loro vi sareste trovate meglio, visto che parlano la vostra lingua. Vi insegneranno a difendervi e a usare le armi.”

Detto questo, augurò a tutti buon lavoro e comunicò qualcosa al guerriero cieco, che fece un leggero cenno del capo in segno di obbedienza, rimanendo al suo posto. Dopodiché se ne andò per la sua strada, lasciandole in compagnia dei guerrieri. “Mi raccomando, conto su di voi. Non mi deludete.” Fu l’ultima cosa che disse, mentre lo guardavano allontanarsi.

Rachel e Claire rimasero basite per qualche istante, prima che Najat si abbandonasse a un sonoro sbadiglio.

“Sembrate due stoccafissi. State facendo venire sonno anche a me.”

“Dai, piantala Nat.” la redarguì la bella guerriera cinese. Poi si avvicinò e offrì la mano a entrambe, rivolgendo loro un sorriso cordiale. “Mi chiamo Kira e questo è mio fratello Qiang. Ci siamo già incrociati, mi sembra.”

Claire annuì mentre stringeva la mano anche a lui, ricambiando il sorriso. Fratelli, certo. In effetti, ora che li vedeva più da vicino la somiglianza era evidente. Le avevano fatto una bella impressione fin da subito, cosa che non si poteva dire di Najat. Per qualche motivo che andava al di là della sua comprensione non le aveva mai sopportate.

“Noi ci conosciamo.” aggiunse Evan gioviale come sempre, salutandole con un cenno della mano.

A quel punto, Najat alzò gli occhi al cielo e saltò giù dal recinto, per poi squadrarle dall’alto in basso con le braccia incrociate. “Bene, fine delle presentazioni. Adesso possiamo cominciare?”

Come già in uso da Rashid, le fece correre in cerchio per scaldarsi, solo che stavolta dovettero sorbirsi molti più giri di corsa, oltre a flessioni, addominali ed esercizi per rafforzare le braccia. Lei le guardava insieme agli altri e sembrava godere nel vederle soffrire.

Quando ordinò di fermarsi, credettero che finalmente avrebbe concesso loro una meritata pausa, invece annunciò che sarebbero passati al combattimento corpo a corpo. “Vediamo che sapete fare.” disse ghignante, ben consapevole che non erano in grado nemmeno di mandare al tappeto un adolescente.

Per loro fortuna, si sentiva troppo superiore per metterle alla prova di persona, così le affidò a Kira ed Evan, che ci andarono molto piano.

“Hai la guardia troppo bassa.” suggerì la guerriera a Rachel. “Chiunque riuscirebbe a colpirti nel giro di un secondo.” Allora le spiegò come difendersi al meglio grazie al gumdo, arte marziale praticata da generazioni nella sua famiglia. Spiegò a entrambe che di solito i vampiri puntavano subito a uccidere, mentre lo scopo del gumdo era innanzitutto la difesa. Non era necessario eliminare l’avversario, se si poteva renderlo inoffensivo in altro modo.

A quel punto, Najat borbottò qualcosa in risposta, ma lei non ci fece caso. Disse che la disciplina prevedeva anche l’uso delle spade, ma si trattava già di un livello avanzato.

Claire l’ascoltava affascinata, sognando il momento in cui avrebbe usato il gumdo su Najat, finché finalmente lei sembrò muoversi a compassione e concesse a tutti qualche minuto di pausa.

Mentre tentava di riprendere fiato, Claire osservava il grande guerriero sempre al seguito di Jamaal, che nel frattempo non si era mosso di un centimetro e continuava a vegliare sui presenti con il fidato uccello appollaiato sulla spalla.

Alquanto perplessa, si avvicinò a Evan e gli si sedette accanto. “Siamo in pericolo per caso?” gli chiese a bassa voce.

“Perché?” fece lui, accostandosi per sentirla.

Claire mandò giù una sorsata abbondante di acqua dalla sua borraccia, poi gli indicò il guerriero con un cenno della testa. “Sono ore che se ne sta lì immobile. Sta controllando che un’orda di vampiri non ci piombi addosso da un momento all’altro?”

Allora il ragazzo australiano sembrò capire e si mise a ridere, scuotendo appena la testa. “Tranquilla, tutto a posto. È solo il normale modo di fare di Abe.”

“Abe?”

Evan annuì. “Abdul Hadi Majid Mandhur. È il suo nome completo.”

“Okay, Abe va benissimo.” ribatté Claire, che era rimasta ad Abdul.

Intanto, anche Rachel si era avvicinata per ascoltare. “Ma è muto? Finora non l’ho mai sentito pronunciare una sillaba.”

“No, solo di poche parole.” rispose lui. “Conoscete la storia di come ha perso la vista all’occhio sinistro?”

Quando entrambe scossero la testa, l’espressione del ragazzo sembrò illuminarsi. Chiaramente non vedeva l’ora di raccontarla, così assunse un’aria misteriosa e si fece guardingo, invitandole ad avvicinarsi di più.

“Molti raccontano che sia successo in Africa, la sua terra natia. Laggiù usano temprare i guerrieri con incursioni nella savana, direttamente nei territori di iene e leoni. Beh, si vocifera che sia stato colto di sorpresa da un branco di leonesse in cerca di cibo, mentre era appostato dietro una macchia di vegetazione. Il bello è che le ha affrontate a mani nude, uscendone indenne. A parte l’occhio ovviamente.” spiegò, visibilmente preso dal racconto. Di lì a poco, però, tornò ad assumere la solita aria rilassata. “Oppure potrebbe essere stato qualche succhiasangue. Chi lo sa.” minimizzò, facendo spallucce.

Purtroppo non passò molto tempo prima che Najat li richiamasse all’ordine, così dovettero rinunciare ad altri aneddoti su Abe e le sue incredibili imprese.
Non contenta di averle distrutte fisicamente, ora voleva che imparassero come erano fatte le varie armi utilizzate dai guerrieri Jurhaysh. Ogni tribù ne aveva di proprie e Kira fu la prima a mostrare come a Xiamen, nell’arcipelago cinese, facessero uso delle spade.
Rachel e Claire rimasero imbambolate a guardarla mentre le faceva roteare con maestria, come se si trattasse di una danza, talmente rapida e leggera da provocare il minimo spostamento d’aria. Nessuna delle due sarebbe mai riuscita a muoversi con tanta destrezza, tantomeno avrebbe avuto il coraggio di usare quelle spade.

Al termine della sua esibizione, Qiang batté le mani. “Complimenti, sorella. Ora però è il mio turno.”

Accennando un ghigno, venne avanti e la invitò a farsi da parte con un cenno del braccio. Kira alzò un sopracciglio e sogghignò in risposta, poi lo accontentò. Lo guardarono impugnare uno strumento simile a una balestra, anche se di dimensioni ridotte. Somigliava molto a una di quelle pistole che si vedono nei vecchi film, con il caricatore a tamburo e il grilletto, ma era più una sorta di ibrido.
Una volta preparata l’arma, Qiang tese il braccio, mantenendolo perpendicolare al corpo, e la puntò contro quella specie di tettoia per riparare dal sole chi assisteva agli allenamenti. La struttura di legno si trovava molto distante da loro, dall’altra parte del campo, ma questo non sembrò scoraggiarlo. Si concesse qualche istante per prendere la mira, dopodiché fece pressione sul grilletto e la freccia partì con un sibilo, andando a conficcarsi precisamente nel mezzo del palo che sosteneva il tendone.

Najat lanciò un grido di entusiasmo, mentre il guerriero osservava compiaciuto il risultato ottenuto.

“Naturalmente questo non basta a uccidere un vampiro. Il segreto è puntare alla testa o al cuore, quando possibile.” spiegò a Rachel e Claire, ancora rivolte verso la direzione in cui era schizzata la freccia.

“Per noi sarebbe già un’impresa riuscire a usare quell’arnese.” ribatté Claire. Era rimasta allibita dalla rapidità con cui Qiang aveva scelto il bersaglio, preso la mira e scagliato la freccia. Il tutto nel giro di pochi secondi.

Il guerriero cinese rise divertito, poi si preparò a lanciare di nuovo. Stavolta però, uno sparo improvviso riecheggiò nell’aria e la freccia venne intercettata sulla sua traiettoria prima di andare a segno. Successe tutto troppo velocemente, ma Qiang fu il primo di loro a capire.

“Dannazione!” imprecò, voltandosi verso Evan e fulminandolo con lo sguardo. “Sei un maledetto stronzo!”

Lui scoppiò a ridere, mentre soffiava scenicamente sulla bocca di un grosso fucile da caccia dall’aspetto un po’ datato. “Dai, non prendertela. Volevo solo dimostrare che ormai le armi bianche sono superate.”

“Voi occidentali e la vostra dannata polvere da sparo.” mugugnò Qiang risentito.

Evan ghignò, rinfilando il fucile nel fodero che portava dietro la schiena. “La vostra, vorrai dire.” lo corresse. “L’avete inventata voi, se non sbaglio.”

Da offesa che era, l’espressione del guerriero cinese si distese e lentamente sul suo volto comparve un sorriso divertito, mentre dall’altra parte anche Najat e Kira ridevano sotto i baffi.

“Te la sei cercata, Qiang.” gli disse la sorella.

Presi com’erano dal momento, non si accorsero dell’arrivo di Jamaal, venuto a controllare come procedesse l’addestramento.

“È così che vi allenate?” li rimproverò.

Nessuno sapeva cosa rispondere, perciò fu Najat a parlare per prima. “Ci stavamo solo riposando un po’, capo.” si giustificò.

-Noi ci riposavamo- pensò Claire. –Tu non hai mosso un dito-

I tratti del viso di Jamaal, dapprima tesi, lentamente si rilassarono e lui si appoggiò alla staccionata, mettendo in mostra i muscoli delle braccia. A quella vista, Claire non poté fare a meno di avvertire uno strano fremito. “D’accordo, allora fate ridere anche me.”

“Niente di importante. Il nostro amico australiano ha appena umiliato mio fratello.” intervenne Kira.
Jamaal annuì, guardando Qiang. “Se è così, dovrai rifarti.”

Lui annuì in risposta e rivolse a Evan un’occhiata di sfida. “Senza dubbio.”

A quel punto, Najat riconobbe che per quel giorno avevano faticato abbastanza, così dichiarò terminati gli allenamenti e ognuno poté far ritorno ai propri alloggi.

Mentre si apprestava a trascinarsi verso casa dietro a Rachel, Claire venne affiancata da Jamaal, che le rivolse un sorriso. “Allora? Tutto bene?”

Lei si abbandonò a un sospiro. “Un’altra giornata così e dovrete seppellirmi, ma sì. Sto bene.”

Jamaal scoppiò a ridere. “Non è possibile, sei messa così male? Dov’è finito il temperamento di ieri?” scherzò.

“Dammi due minuti e vedrai.” reagì, punta sul vivo. “Sono diventata imbattibile nel corpo a corpo.” Per dimostrare la sua forza, sferrò un pugno a mezz’aria, ma le ginocchia le tremarono e, se non fosse stato per Jamaal che la sorresse, per poco non si afflosciò a terra.

“Lo vedo, lo vedo.” disse, prendendola in giro.

Claire avrebbe voluto sotterrarsi per l’imbarazzo, ma cercò di non darlo a vedere e, per tutto il tragitto verso casa di Laurenne, camminò da sola, senza accettare l’aiuto che lui gentilmente le offrì. Con loro c’era anche Rachel e non voleva darle alcun pretesto per continuare a pensare che tra lei e Jamaal ci fosse qualcosa.
Ogni suo sforzo, tuttavia, andò a farsi benedire quando furono davanti alla porta. Rachel entrò per prima, quindi per fortuna non ebbe modo di vedere quanto sarebbe successo di lì a poco.
Dopo un saluto alquanto frettoloso, Claire fece per seguirla, ma si sentì trattenere per una mano e quando si voltò Jamaal era a pochi centimetri da lei.

“Aspetta.” le disse, assumendo un’aria seria.

Lo guardò incuriosita, non aspettandosi quel gesto da parte sua.

A quel punto, le labbra di Jamaal si piegarono in un sorriso. “Prima scherzavo. Ti ho osservata durante l’allenamento e non sei andata così male. Se ti impegni, potresti diventare un’ottima guerriera.”

Claire ridacchiò scettica. “Sì, certo. Vallo a dire a Najat.” ribatté, guardando da un’altra parte.

“Dico davvero.”

L’espressione che le rivolse la costrinse a deglutire, se non voleva strozzarsi con la sua stessa saliva. E adesso perché la stava guardando in quel modo? Tra l’altro, si era fatto anche più vicino. In breve Claire intuì dove volesse andare a parare e il cuore prese a batterle come un tamburo impazzito. Il momento sarebbe stato anche perfetto, ma una vocina nella sua testa la martellava, dicendole di non lasciarlo fare.
All’ultimo secondo, quando ormai poteva sentire il respiro di Jamaal fondersi con il suo, interruppe il contatto visivo tra loro e si scostò leggermente.

Per sua fortuna, lui sembrò capire e non andò oltre.

Claire allora ne approfittò per defilarsi. “Ci vediamo in giro.” tagliò corto, mettendo finalmente piede dentro casa e chiudendosi la porta alle spalle. 

La prima faccia che incontrò fu quella di Rachel, che la studiava perplessa con un sopracciglio sollevato. Poco distante, Cordelia era seduta al tavolo a sorseggiare una tisana.

Claire avrebbe voluto sgattaiolare verso il retro, ma Rachel andò subito alla carica con le sue domande giuste al momento sbagliato. Proprio quello che temeva.
“Allora...Di che avete parlato tu e il bel capo tribù là fuori?” chiese con una punta di malizia e allo scopo evidente di insinuare qualcosa.

“Niente di che.” le mentì in tono vago, pregando che bastasse. “Mi ha dato qualche consiglio sul combattimento.” 

I suoi patetici tentativi di eludere il discorso, però, non sortirono alcun effetto su Rachel, che ormai la conosceva come le sue tasche. “Consigli, sì…” Continuando a fissarla con aria eloquente, annuì, appoggiando la schiena contro il tavolo e incrociando le braccia.

Claire detestava quelle sue capacità deduttive. Non si riusciva mai a nasconderle niente. “Okay, ha cercato di baciarmi. Contenta?” ammise infine esasperata.

A Cordelia per poco non andò di traverso la tisana e allontanò la tazza dalla bocca per non versarsela addosso. Dopodiché la fissò basita.

“Ma non gliel’ho lasciato fare.” si difese, prima che entrambe potessero dire qualsiasi cosa.

“E vorrei ben vedere!” esclamò Rachel. “Per fortuna che non gli piacevi.”

Claire sospirò. “Sì, ma adesso datti una calmata. Lui continua a non interessarmi e la situazione è perfettamente sotto controllo.” Chissà perché si sentiva ancora in dovere di rassicurarla su quel punto. Come se dovesse renderne conto a lei. “Ora, se l’interrogatorio è finito, io mi farei un bagno.” le liquidò, dirigendosi poi sul retro.



Il giorno dopo, tornate al campo di addestramento, trovarono ad aspettarle soltanto i “fratelli Cina”, come li aveva soprannominati Claire. Najat ed Evan, infatti, erano in missione. Non per questo però fu un allenamento riposante, nonostante i due avessero modi decisamente più gentili.
Dopo i soliti esercizi di riscaldamento e qualche minuto di corpo a corpo, Qiang mostrò loro come usare arco e frecce, sostenendo che fossero troppo inesperte per usare fin da subito la balestra. Così diede a ciascuna di loro un arco di legno e una faretra piena di frecce, per fare pratica con dei bersagli che Kira stava posizionando all’interno del campo.
Non erano molto lontani, ma comunque a una certa distanza, e Rachel era già sicura di fallire. Ciò nonostante non si mostrò scoraggiata e, indossato il parabraccio in cuoio, incoccò la freccia, scoprendo quando fosse difficile tendere l’arco ancor prima di riuscire a lanciarla.  

“Usa la guancia per ancorarti.” le suggerì Qiang lì accanto.

Rachel seguì il consiglio e cercò di prendere la mira nel giro di quei pochi secondi che aveva a disposizione prima che il braccio le cedesse. Alla fine sentì la resistenza abbandonarla e lasciò andare la freccia, che saettò in direzione del bersaglio, per poi andare a conficcarsi con sua grande sorpresa quasi vicino al centro.

Il guerriero si esibì in un fischio di apprezzamento. “Niente male!” commentò entusiasta. “Sei sicura che fosse la prima volta?”

“Giuro.” confermò lei, con lo sguardo ancora fisso sul bersaglio. “È stata solo fortuna.” disse poi, rivolgendogli un mezzo sorriso.

Quando giunse il suo turno, Claire era convinta che non avrebbe saputo fare di meglio e infatti il lancio fu così debole che la freccia non arrivò neanche in prossimità del bersaglio, cadendo tristemente al suolo.

A Rachel scappò una risatina di scherno, a cui Claire rispose con un gestaccio.

“Non ti abbattere. È normale se non l’hai mai fatto prima.” la incoraggiò Qiang, per poi avvicinarsi e mostrarle la giusta posizione delle braccia per tendere l’arco.

Felice di aver trovato una disciplina sportiva in cui riusciva meglio dell’amica, Rachel provò a tirare ancora diverse volte, ognuna mancando di poco il centro o comunque riuscendo a raggiungere il bersaglio.

“Sembra venirti proprio naturale.” notò Kira, mentre la osservava. “Anche se dovrai esercitarti molto per arrivare a colpire un vampiro.”

Fu allora che Rachel realizzò come in effetti tutta quella fatica avesse l’unico obiettivo di uccidere i vampiri e la cosa la fece rabbrividire. Aveva deciso di iniziare quell’addestramento per imparare a difendersi, ma solo ora si rese conto che questo comportava anche il dover attaccare.

Vedendola pensierosa, Kira le si avvicinò impensierita. “Cosa c’è? Qualcosa ti turba?”

Lei scosse appena la testa. “No…Mi stavo solo chiedendo da quant’è che combattete. Voglio dire, questa faida tra voi e i vampiri dovrà finire prima o poi. O avete intenzione di continuare così per sempre?” La domanda le era sorta spontanea nel momento in cui aveva capito che i guerrieri si addestravano fin da piccoli proprio perché consapevoli di doversi scontrare con i vampiri un giorno, come se dessero già per scontato che quella guerra sarebbe andata avanti e ci fosse bisogno di un continuo ricambio di uomini.

Ansiosa di risposte, guardò i gemelli, scoprendoli però titubanti. Non sapevano cosa dire.

“Risponderò io alle tue domande.”

La voce di Jamaal li fece voltare sorpresi, anche se non più di tanto, di trovarlo lì.

I fratelli Cina si portarono la mano chiusa a pugno sul petto in un gesto di saluto, come avevano visto fare anche ad altri guerrieri e lui ricambiò con gesto del capo; in seguito salutò le ragazze, soffermandosi qualche istante in più su Claire, che abbozzò appena un sorriso di risposta.

“Noi combattiamo i vampiri da sempre e la nostra lotta finirà soltanto alla morte di Nickolaij. Da secoli cerchiamo di fermare le ambizioni di quel pazzo, ma purtroppo i numeri non ci sono favorevoli.” spiegò serio.

“Mentre noi siamo mortali e destinati presto o tardi a morire, lui può contare su una quantità sempre costante di seguaci. Per quanti ne eliminiamo, altri ne arrivano.”

Claire avvertì un’evidente nota di frustrazione nella sua voce. “Sì, ma quali sono queste ambizioni?” gli chiese.
“Cos’è che vuole esattamente?”

Jamaal esitò, forse perché in cerca del modo più adatto per dirglielo. Il suo sguardo, dapprima fisso su di lei, si spostò sui gemelli, come a voler trovare nei loro occhi la risposta migliore. “Prendere il controllo sugli esseri umani.” rivelò infine. “Vuole essere il padrone assoluto e per farlo sta cercando di vampirizzare quanta più gente possibile. Se non lo fermiamo in tempo, la sua razza prenderà il sopravvento su quella umana e allora sarà la fine.” concluse.

Il pericolo imminente non sembrava scalfire la sua determinazione, ma quelle parole bastarono a pietrificare del tutto sia Rachel che Claire. Di certo nessuna delle due si aspettava una simile realtà dei fatti. L’esperienza aveva loro insegnato quanto Nickolaij fosse spietato, ma mai avrebbero immaginato che progettasse la conquista del pianeta.

“Ma è…folle!” boccheggiò Rachel incredula.

Kira annuì. “Il suo è un piano ben studiato e, per quanto cerchiamo di impedirlo, non fa che realizzarsi di giorno in giorno.”

“No, è impossibile.” Claire si rifiutava di accettarlo. “Non può credere davvero di riuscire a controllare l’intera umanità. Insomma, ci sono i governi, persone di potere che non glielo permetterebbero…”

“E chi ti dice che gli serva il loro permesso?” ribatté Jamaal. “Una volta trasformati, sono sotto il suo potere. Può sembrare che agiscano di loro iniziativa, ma in realtà obbediscono ai suoi ordini. E tutto questo senza che un solo essere umano se ne accorga.”

“Nickolaij è furbo. Agisce nell’ombra dei governi e li sottomette. In più è dotato di pazienza. Sono almeno tre secoli che porta avanti il suo piano.” aggiunse Kira.

“Già.” concordò il fratello. “Bisogna anche dire però che noi Jurhaysh continuiamo a mettergli i bastoni tra le ruote e questo ha contribuito ad allungare i tempi.”

“E non smetteremo mai di farlo. Dovessimo sacrificare fino all’ultimo guerriero.” disse Jamaal risoluto.

Alla fine di tutto il discorso, Rachel sentì che le era scoppiato il mal di testa. Quello che aveva appena sentito andava al di là di ogni sua convinzione. Fino a quel momento aveva creduto che quella storia fosse solo una breve parentesi della sua vita, per quanto tragica, e non un problema di proporzioni mondiali. Di colpo, la mente saettò a Greenwood e a ciò che era successo prima di intraprendere il viaggio con Dean. Ora capiva cosa dovesse aver fatto Nickolaij a quelle persone presenti al ballo, compresi i loro compagni di scuola, oltre al motivo stesso per cui aveva organizzato l’evento. E suo padre? Con orrore pensò a cosa dovesse essergli capitato…

Claire intuì cosa le passasse per la testa, probabilmente perché era ciò a cui lei stessa stava pensando. “Ray…” mormorò, facendo per avvicinarsi.

Rachel tirò su con il naso, sforzandosi di trattenere le lacrime. “Sto bene.” rispose in un soffio, senza tuttavia guardarla.

A quel punto, Qiang ritenne di dover spezzare la tensione cambiando argomento. “Beh, abbiamo faticato abbastanza per oggi. Che ne dite di andare a mangiare qualcosa? Muoio di fame.” propose, imbastendo un tono allegro.

A parte disperarsi in silenzio, al momento non c’era nulla che Rachel e Claire potessero fare, così seguirono i guerrieri verso la taverna del villaggio.
 
-o-
 
Elizabeth percorreva a passo svelto il portico del cortile interno, diretta ai giardini del castello, dove sapeva che sua sorella la stava aspettando. Mentre passava, una coppia di cortigiane si fermò per farle l’inchino, ma le ignorò e andò oltre, stranamente ansiosa di sapere cosa volesse Margaret da lei. Anche se a dire la verità non faceva fatica a immaginarlo.

Una volta arrivata, non si stupì di trovarla ad allenarsi al tiro con l’arco, una delle sue grandi passioni dopo lo studio e la magia. Elizabeth però sapeva quanto ciò non fosse un buon segno.

“Volevi vedermi?” chiese retorica, fermandosi pochi passi dietro di lei e unendo le mani sul grembo con aria paziente, in un gesto di attesa. Forse sarebbe stato meglio mostrarsi cordiali e disponibili.

In un primo momento Margaret non diede neanche segno di essersi accorta della sua presenza, limitandosi a scegliere una freccia dalla faretra per poi inserirla tra la corda e l’arco di legno. Dopo aver preso la mira, lasciò la presa e la freccia saettò verso il bersaglio, colpendolo esattamente al centro.

Proprio quando Elizabeth iniziava a spazientirsi, si decise a degnarla di attenzione. “Immagino che ci sia tu dietro la decisione di nostro zio.” disse allora, senza perdersi in convenevoli.

Lei sapeva benissimo a cosa si stesse riferendo, ma comunque si finse innocente. “Non so di cosa parli.”

A quel punto, Margaret sospirò, voltandosi a guardarla per la prima volta da quando era lì. “Mi riferisco alla cerimonia di investitura annunciata per domattina. Vedi, mi risulta davvero difficile credere che di punto in bianco nostro zio abbia deciso di conferire il titolo di cavaliere a uno sconosciuto, senza peraltro particolari meriti. Dunque, non posso fare a meno di pensare che sia stata una tua idea.”

“Nickolaij non è uno sconosciuto. È con noi ormai da diversi mesi.” puntualizzò Elizabeth, sforzandosi di apparire calma e posata. Non si sarebbe tradita, dandole così la soddisfazione di aver colto nel segno. “E inoltre come fai a dire che non ha particolari meriti, quando più di chiunque altro ha dimostrato cieca fedeltà e devozione alla casata? Nostro zio ha fiducia in lui, pertanto lo premierà come merita.” concluse in tono fiero.

Lo sguardo di disappunto di Margaret si posò per qualche istante sulla sorella minore, prima di spostarsi di nuovo sulla faretra piena di frecce.
Visto il suo silenzio, Elizabeth pensò ingenuamente che si fosse arresa ai fatti, ma ciò che sentì in seguito la fece ricredere.

“Se pensi che questa nomina equivalga ad avere il suo permesso di sposarlo, ti sbagli. Io e il principe concordiamo sul fatto che è impossibile.” sentenziò Margaret in tutta semplicità, incoccando un’altra freccia e mirando al bersaglio.

Quelle parole furono come lame nel petto ed Elizabeth sentì tutte le proprie certezze andare improvvisamente in frantumi. Solo allora si rese conto di avere male interpretato ogni segnale di complicità da parte di suo zio, che in realtà l’aveva solo illusa e un senso di rabbia la invase.

“Voi non avete alcun diritto di decidere per me.” disse tra i denti. “Sia ben chiaro, non accetterò come marito qualcuno che mi è stato imposto solo per sugellare un’alleanza. Io non sono Cordelia.”


“No, non lo sei.” concordò Margaret. “Tuttavia, come lei hai degli obblighi verso la nostra famiglia. Questo lui lo sa, ma è così egoista da continuare a darti false speranze. Non illuderti che tra voi possa andare avanti, venite da mondi troppo diversi…”

“Basta! Smettila!” la interruppe Elizabeth, talmente furiosa da sembrare in preda all’isteria. Per lei sarebbe stato impossibile sopportare un’altra parola contro Nickolaij e ad alimentare la rabbia contribuiva la consapevolezza che sua sorella la ritenesse una povera ingenua facile da manipolare. “Noi ci amiamo. Il resto non conta.” concluse più calma.

Margaret scosse la testa rammaricata. “Credimi sorella mia, io per prima sarei ben felice di vederti accanto a un uomo che ti ami e ti rispetti.”

Elizabeth riconobbe l’esatta descrizione di Nickolaij. “E allora…”

“Lui non è quell’uomo, Beth.” sentenziò dura.

Nonostante avesse voluto, non riuscì a evitare che gli occhi le si riempissero di lacrime. Come poteva una sorella essere tanto insensibile? Stanca di averla davanti agli occhi, le voltò le spalle, decisa a mettere quanta più distanza possibile tra loro. Aveva bisogno di stare sola.

Mentre raggiungeva di nuovo il portico, sentì Margaret gridarle: “Si sta approfittando di te, Beth! Vuole usarti solo per i suoi interessi, non lo capisci?”

Ma a quel punto Elizabeth aveva già smesso di ascoltarla.
   
 
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