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Autore: Nao Yoshikawa    19/06/2019    12 recensioni
Storia partecipante alla challenge “Look at the mirror” del gruppo facebook: Boys love - Fanfic&Fanart’s world
E se tutto ciò che conosciamo in realtà non fosse mai esistito?
«Tu eri il bambino che era sopravvissuto ed io facevo parte di una famiglia Purosangue. Eravamo in due case diverse e ci siamo scontrati, alle volte anche aiutati. Abbiamo avuto due percorsi difficili, e ad un certo punto io sono passato al lato oscuro. Perché ero un codardo. Ed effettivamente, ciò è veritiero. Ho sentito dire che i sogni sono un po’ il riflesso di noi stessi, delle nostre paure.»
Genere: Introspettivo, Malinconico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Draco Malfoy, Dudley Dursley, Harry Potter | Coppie: Draco/Harry
Note: OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Altro contesto
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E se la storia prendesse una direzione differente?
E se i personaggi si muovessero in altra maniera, modificando di fatto il corso degli eventi?
E se noi fossimo i fautori di questi cambi di rotta, così da stravolgere il canon e reinterpretare il tutto?
What if: E se fosse stato tutto un sogno?
 
Storia partecipante alla challenge “Look at the mirror” del gruppo facebook: Boys love - Fanfic&Fanart’s world

Eravamo un sogno
 
Harry era morto. O almeno, credeva di essere senza dubbio morto. Voldemort lo aveva colpito, decretando la sua fine. Lui, il bambino che diciassette anni addietro era sopravvissuto, poteva forse andarsene così?
Che ne sarebbe stato dei suoi amici e dell’intero modo magico che contava su di lui?
Chiuse gli occhi e incredibilmente non sentì male. Si disse che da qualche parte sarebbe dovuto finire, eppure ebbe la sensazione di non stare andando lì, dove sarebbe dovuto andare.
Sentì di cadere, giù, giù, nell’oblio. Il suo corpo era pesante e respirare stava diventando difficile. Era questo quindi che si provava quando si moriva?
Harry se lo chiese più di una volta, dovendosi poi rendere conto di come le sensazione cambiassero, man mano che il tempo passava.
Non era come addormentarsi. Era come svegliarsi.
Svegliarsi da un lungo sonno durato fin troppo.
 
Svegliati. Svegliati. Devi svegliarti.
Che mi succede? Dove sto andando?
Non capì più se si trovava steso su qualche superficie o semplicemente sospeso nel nulla. Davanti i suoi occhi chiusi iniziarono a susseguirsi immagini, sfocate. E suoni lontani. Improvvisamente tutto stava sfumando, non dalla sua mente, ma da tutto ciò che era stato il suo mondo fino a quel momento.
 
Svegliati.
Hai dormito per troppo tempo!
 
Tornò a respirare. E paradossalmente smise di vivere.
Gli ci vollero pochi secondi per rendersi conto di ciò che aveva davanti. Nulla, il buio più totale. Si sentì oppresso, confuso, con una sensazione di malessere a pervaderlo.
Si raggomitolò nel suo materasso, aspettando che il cuore riprendesse a battere al suo solito ritmo.
Una voce lo aveva chiamato.
«Dannato ragazzo! Sbrigati, farai tardi a scuola!»
Riconobbe la voce infastidita di sua zia Petunia. E subito rimase confuso. Scuola? Cosa ci faceva lui lì, a Privet Drive? Fino a un attimo prima si era ritrovato faccia a faccia con Voldemort, quest’ultimo lo aveva ucciso.
Come aveva fatto a trovarsi lì?
Si alzò lentamente, inciampando in qualcosa. La poca luce che filtrava le finestre proveniva da fuori. La testa gli doleva maledettamente, era come se stesse camminando in una bolla d’aria.
Uscì in corridoio e ascoltò il silenzio. C’era qualcosa che non andava.
Scese lentamente le scale. In cucina, scorse zia Petunia, zio Vernon e suo cugino Dudley.
«Finalmente! Quanto ancora dovrò chiamarti?!» esclamò la donna.
Harry si sistemò gli occhiali, strizzando gli occhi.
«Ma… come ho fatto ad arrivare qui?» domandò guardandosi intorno.
«Forse camminando?» lo rimbeccò sua zia.
«No, intendo qui. Mi trovavo da un’altra parte», si portò una mano sulla testa, sentendola pulsare con forza.
«Il ragazzo qui sta ancora dormendo», borbottò zio Vernon mentre leggeva il giornale. «Sarà stato solo un sogno, vedi di riprenderti.»
Harry sollevò lo sguardo. Giusto, un sogno.
Solo un sogno?
«… Eppure sembrava così reale…», mormorò. «E c’eravate anche voi. Mi sento come se avessi vissuto un’altra vita.»
«Cavolo, doveva essere un sogno davvero strano.» commentò Dudley accanto a lui.
«Sì… effettivamente… era molto strano.»  
Per Harry fu quasi necessario dover fare un riepilogo di quella che era la sua vita, come per paura di dimenticarla. Lui, Harry Potter, era un comunissimo diciassettenne che viveva con gli zii in seguito all’incidente d’auto dei suoi genitori, che lo aveva reso orfano. La sera prima era andato a dormire e aveva fatto un sogno che nella sua testa era durato per ben sette anni. In quel mondo che non esisteva, ma che gli era sembrato così reale, lui era un mago e frequentava una scuola di nome Hogwarts. Aveva un nemico, Voldemort, colui che lo aveva ucciso – colui che lo aveva risvegliato – e degli amici. Ricordava i loro nomi, ricordava anche i loro visi e l’affetto e i legami che aveva costruito con ognuno di loro. Assurdo, si disse. Perché nulla di quello che aveva sognato era reale.
Non lo erano né le persone, né i legami, né le sue avventure. Tutto ciò che aveva imparato e  conosciuto quella notte – per lui sette anni – in verità non era mai esistito. Nell’apprendere ciò, Harry si sentì triste.
Non capiva il perché. Fino al giorno prima era stato tutto normale. Poi era andato a dormire ed ecco che aveva vissuto un’altra vita. Perché sì, perché quelle sensazioni, lui era certo di averle provate davvero.
In genere i sogni finivano con lo sfumare, eppure le immagini, i suoni, i visi e i volti erano vividi nella sua testa.
Stava provando una sensazione simile al lutto. Coloro che avevano vissuto nella sua testa, erano morti, scomparsi come ombre al sorgere del sole.
E insieme alla tristezza arrivò anche un insopportabile sensazione di nausea.
Di positivo c’era che lì, nel suo mondo reale – ma lo era davvero? – la sua famiglia non era affatto terribile come nel sogno. E per forza, che motivo ci sarebbe stato di odiarlo dal momento che era un comunissimo essere umano?
Tutti lo erano.
«Dudley, giuro che è vero!»
Aveva deciso di raccontare al cugino il suo incredibile e così tanto realistico sogno, mentre andavano a scuola.
Giusto, lui andava in una scuola babbana. No, una scuola normale, perché lì tutto era normale, la magia non esisteva. In alcuni momenti se ne scordava completamente.
«Te l’ho sempre detto che leggi troppi libri, soprattutto prima di andare a dormire. Era un sogno molto realistico, e allora? Sai a me quante volte capita?»
«Ma non è solo questo! All’inizio del mio sogno ero un bambino. E scoprivo di essere un mago e andavo in questa scuola che si chiamava Hogwarts. Voldemort, il Signore Oscuro, mi ha ucciso. Ed  è per questo che mi sono svegliato, perché nei sogni, quando muori ti svegli! E per la cronaca, c’eri anche tu! Ed eri anche piuttosto prepotente», affermò indicandolo.
Dudley lo osservò per qualche istante.
«Sì, confermo. Tu leggi troppi libri. Ti prego, non dire certe cose in pubblico, d’accordo? Altrimenti penseranno tutti che sei pazzo.»
Ed effettivamente, Harry un po’ pazzo si sentiva. Stava iniziando a mettere in dubbio quella che era stata la sua vita reale.
E se magari fosse stato incastrato? Se magari quella che stava vivendo adesso fosse in realtà il sogno? Più si arrovellava il cervello e più la testa doleva.
Era solo un sogno. Un sogno che gli aveva dato sensazioni reali. Troppo reali. Ma dover accettare che tutto ciò che aveva vissuto fosse finzione, era difficile da digerire.
Di positivo, c’era che almeno non era stato ucciso. Era vivo.
Sì, lo era davvero?
Avrebbe preferito di gran lunga non andare a scuola. Ma ormai era lì e non poteva tornare indietro. Si rese conto di quanto tutto gli risultasse estraneo. Strano. Come se non facesse parte di lì. Lui apparteneva ancora ad Hogwarts e a quel mondo mai esistito, se non proprio nella sua testa, dove era un mago, aveva combattuto, costruito legami, perso delle persone importanti. E invece? Cos’era stato tutto se non un bellissimo e troppo realistico sogno?
Lui era Harry Potter, ma non era un mago. Era una persona normale che quella notte aveva vissuto un’altra vita, ma doveva farsene una ragione.
Mentre attraversava i cancelli della scuola, che lo avrebbero poi condotto nel cortile in cemento, Harry avvertì un senso di pesantezza allo stomaco. Aveva dimenticato come fosse la sua vita fino al giorno prima, perché per lui quella che c’era stata era stata un’altra vita. Aveva amici? Altri amici che non fossero Ron, Hermione, Neville, Luna e… ricordava tutti i loro nomi, si guardava intorno per trovarli tra la gente, eppure nessuno di loro sarebbe più comparso.
Perché nessuno di loro era reale.
«Harry, ma ti sei rimbambito? Stai ancora dormendo, tu!» sbuffò Dudley, facendo segno di seguirgli. Harry si sistemò lo zaino in spalla. Sarebbe scomparsa quella sensazione assurda, avrebbe ben presto dimenticato i loro visi, le sue avventure, le emozioni e i legami costruiti.
Non ci poteva aggrappare ad un sogno.
Non è reale.
Ci mancò poco che Harry non inciampò. Lui no, ma qualcuno che aveva colpito accidentalmente era finito a terra e si stava ora rivolgendo a lui con tono aspro e duro.
«Ma si può sapere dove guardi, razza di idiota? Hai anche gli occhiali, usali!»
«Mi dispiace, ero distratto e…»
Non lo aveva ancora guardato, eppure sentì che non ce ne sarebbe stato bisogno. Quella voce, quel tono, quel modo di rivolgersi a lui erano appartenuti ad una persona che nel suo sogno si era definita il suo eterno rivale.
Draco. Era questo il suo nome, un Serpeverde dai biondi capelli e dagli occhi grigio tempesta con cui non era mai andato d’accordo, con cui si era sempre incontrato e scontrato. Una persona molto più profonda e fragile di quanto chiunque potesse pensare, eppure Harry, seppur per poco, era riuscito a scorgere quella fragilità.
La voce era la stessa. Era possibile o forse si trattava solo di essere troppo suggestionati?
Gli parve di impiegarci una vita a sollevare lo sguardo per posarlo su di lui: il ragazzo che aveva urtato si stava ora sollevando da terra e si stava sistemando la camicia, non più immacolata. I suoi capelli erano di un biondo particolarmente chiaro, come quelli di Draco. E anche il viso era lo stesso, solo che non sarebbe stato possibile.
E se non è possibile, com’è che lui è davanti a me?
«Che eri distratto lo avevo ben capito! Sembri ubriaco, bevi prima di venire a scuola?»
È lui, non può essere altrimenti. Lo riconoscerei tra mille.
Sgranò gli occhi, senza preoccuparsi di sistemarsi gli occhiali e lo afferrò per le spalle. Poteva toccarlo, quindi era reale, non se lo stava immaginando.
«Malfoy? Draco! Sei tu! Tu esisti davvero, almeno tu!»
L’altro ragazzo fece una smorfia, un misto tra il sorpreso e il fastidio.
«Già, esisto, ma tu chi sei? E come fai a sapere il mio nome?»
«Sono io, Harry. Harry Potter, il tuo rivale da sempre, non mi hai mai sopportato. Sono così felice di vederti, non ne hai idea!»
Draco – perché effettivamente era quello il suo nome – indietreggiò. Quel Potter gli pareva matto da legare, come se non bastasse adesso tutti gli altri studenti avevano preso a guardarli con interesse.
«Oh, senti, Potter, io non ti conosco, non ti ho mai visto prima, mi avrai scambiato per qualcun altro, quindi lasciami in pace.»
«Ma non ti ho scambiato per qualcun altro!» Harry insistette, afferrandolo per una manica. Non era pazzo, non stava perdendo la testa, quel Draco era lo stesso del suo sogno. «Abbiamo frequentato Hogwarts, io ero in Grifondoro e tu in Serpeverde, al primo anno ho rifiutato la tua amicizia ed è da allora che siamo rivali. Ma tu sei molto meno cattivo di quello che vuoi far credere, anzi, non lo sei affatto. Non ti ricordi proprio di niente? Ce l’hai il marchio nero sul braccio?»
Senza alcuna esitazione, Harry fece per alzargli la manica, ma prontamente Draco si scostò.
«Dannazione, vuoi togliermi o no le mani di dosso? Ti ho già detto che non ti conosco, tu sei tutto matto, ma di cos’è che vai blaterando?»
«… Vivevamo… in un mondo di magia…» mormorò, guardandolo dritto negli occhi. Draco fece una strana smorfia che non seppe interpretare. Harry non sembrava né pericoloso né sembrava lo stesse prendendo in giro, ma quel suo modo di fare aveva attirato l’attenzione dei loro compagni di scuola.
«Cosa? Ma la magia non esiste. Senti, lasciami in pace, d’accordo? Farò tardi in classe.»
Gelido. Era esattamente lo stesso Malfoy che aveva incontrato nei suoi sogni, solo che quello pareva non conoscerlo. Oh, ma non poteva trattarsi solo di una coincidenza! Avevano costruito un legame, un legame che doveva essere reale. Non sapeva se gli altri esistessero effettivamente, ma lui sì, lui era lì e non poteva essere un caso, rifiutava di crederci o di credere che fosse diventato pazzo.
«Oh, ma cosa hai combinato?» domandò Dudley a disagio.
«Lui… lui era… quel ragazzo! Era nel mio sogno!»
«Ah, Malfoy, eh? Beh, non vedo come tu possa averlo già conosciuto, è arrivato a scuola solo ieri e…»
«Ma io l’ho già conosciuto, molto prima di incontrarlo!»
Si rese conto di quanto effettivamente non avesse senso, anche a giudicare dall’espressione confusa di Dudley.
Non poté aggiungere altro, poiché il trillare della campana segnò l’inizio di una lunga giornata di lezione. Lezioni che effettivamente Harry non riuscì a seguire. La testa doleva e continuava a pulsare, temeva che continuando a pensarci sarebbe diventato pazzo. Stupidaggini! Non era pazzo e di ciò ne era sicuro. Ricordava chiaramente l’immagine di Draco Malfoy nei suoi sogni, il nome era lo stesso,  motivo per cui doveva esserci qualcosa dietro. Forse aveva perso la memoria? Forse quello non era stato un sogno, gli avevano lanciato un incantesimo e fatto perdere tutti i ricordi. Sì, era fattibile.
Ma in fondo lo sai, lo sai che non è così. Stai solo cercando di convincerti perché non puoi accettarlo.
Stravolto sarebbe stata la parola perfetta che avrebbe potuto descriverlo. Per tutto il tempo non riuscì a togliersi l’immagine di Malfoy dalla testa, i suoi occhi grigi che lo scrutavano con sorpresa. Doveva assolutamente parlargli, poco importava che l’altro gli desse effettivamente del matto.
Per tutto il giorno se ne rimase tutto nervoso ad attendere la fine delle lezioni. Anche durante la pausa, Harry camminava per il corridoio con gli occhi che vagavano velocemente da una direzione all’altro. Dudley, che davvero non riusciva a spiegarsi un comportamento tanto strano, decise di parargli, dopo essersi schiarito la voce.
«Allora, non ti vedi con Tom?»
«Chi è Tom?» chiese distrattamente.
«Come sarebbe a dire chi è? Il tuo migliore amico!»
Harry si fermò, di scatto. Giusto, Tom. Nel suo sogno il suo migliore amico in verità si chiamava Ron, aveva i capelli rossi e molte lentiggini. Ed aveva tanti amici. Sì, c’erano anche gli amici della vita reale, ma com’è che si chiamavano?
«Giusto. Io… io non mi sento bene», sussurrò, portandosi una mano sulla testa.
«Ma non mi dire, è da stamattina che ti comporti in modo strano. Quel sogno ti ha fatto male, cerca di non pensarci, sei solo suggestionato!»
«Dudley, devi ascoltarmi, dannazione!» sbottò, con tono più aggressivo di quel che avrebbe voluto. «C’è qualcosa che non va. D’accordo, quello di stanotte è stato solo un sogno. Un sogno assurdo e che pare durato una vita, ma quel ragazzo, Malfoy, io l’ho conosciuto. Non so come sia possibile, ma credi che sia un caso che si chiamino allo stesso modo e siano praticamente identici?»
Dudley parve pensarci un po’ su.
«Effettivamente è una roba strana. E mi fa venire i brividi se penso a quanto è inquietante. Ma hai visto come ha reagito stamattina, vero? Sicuramente penserà che tu sia matto da legare. Voi… cos’eravate esattamente nel tuo sogno?»
Già, una bella domanda. Cos’erano esattamente? Due rivali, sì, ma non solo. Draco era l’opposto di Harry, colui che affermava sempre di non sopportare, ma che in un modo o nell’altro finiva sempre col cercarlo. In verità finivano sempre per cercarsi e trovarsi. Forse tutti i legami che aveva costruito non erano reali – e la cosa gli provocava una profonda tristezza – ma almeno quello con Draco doveva essere, in qualche modo, reale.
«È complicato», si limitò a dire. «Comunque io adesso vado a parlargli.»
«Andiamo. E non pensi a me? Se sei pazzo tu, sarò pazzo anche io, per gli altri!» esclamò Dudley, senza però ricevere risposta alcuna.
Harry si insinuò nei bagni e giunto al lavandino si bagnò il viso un paio di volte. Poi guardò la sua immagine riflessa nello specchio e sospirò. Non si sentiva più se stesso. Aveva bisogno che Draco gli desse una conferma, altrimenti sarebbe davvero impazzito.
Sentì dei passi dietro di sé interrompersi bruscamente. Malfoy non avrebbe mai immaginato di ritrovarsi davanti quel pazzo, Potter. Ed era l’ultima persona che avrebbe voluto vedere. Harry si volse a guardarlo e allora spalancò gli occhi.
«Malfoy…»
«Oh, no. Non ricomincerai con la storia di stamattina, vero?»
«Questo ti porterebbe a credermi?»
Draco alzò gli occhi al cielo, infilandosi le mani in tasca.
«Hai reso il mio secondo giorno di storia indimenticabile, questo è poco ma sicuro, ma di qui a crederti. Tutte quelle robe… su un sogno.»
«Già. Sono arrivato al punto che non so più cosa è reale e cosa non lo è.» affermò malinconico, per poi zittirsi. A quel punto, Malfoy avrebbe voluto andarsene, ma non ci riuscì. Rimase ad osservare Harry che con lentezza si scostava un ciuffo di capelli dalla fronte.
«Cosa… stai facendo?»
Il corvino si lasciò andare ad un sorriso amaro.
«Nel sogno qui avevo una cicatrice a forma di saetta. Adesso è scomparsa. Ovvio, no? Non ho fatto altro che cercare di convincermi che fosse tutto reale, ma forse sto perdendo la testa. Sì, mi sa che sto diventando un po’ pazzo.»
Draco adesso non lo stava più guardando, aveva posato gli occhi da tutt’altra parte.
«E così… nel tuo sogno c’ero anche io? Cos’è che facevamo?»
Harry fece spallucce.
«Niente di che a parte litigare, insultarci, duellare. Oh, ti ho anche salvato la vita una volta. Non eri proprio mister simpatia, non con me almeno.»
«Per forza, non volevi essere mio amico», disse pensieroso.
«… Cosa?»
«Cosa cosa? Lo hai detto tu stamattina. E cos’è… l’ultima cosa che ricordi?»
Era strano il fatto che Draco fosse così interessato, che stesse iniziando a credergli?
«Un tizio di nome Voldemort mi ha ucciso. Sono abbastanza certo che quando nei sogni muori, ti svegli di colpo.»
«Già» Draco si era fatto più vicino, azzerando di molto le distanze. «Incredibile quanto a volte i sogni possano sembrare reali.»
«Ma tu sei reale. E lo sono anche io.»
Il biondo scosse il capo.
«No, Potter. Eravamo un sogno
«Ti ho rincontrato. Ci deve essere un motivo.»
Nel tentativo di tenerlo a sé, Harry gli strinse un polso. Anche quello era reale. Le sensazioni erano estremamente vivide nella sua mente.
Draco provò disagio nell’avvertire quel contatto, Harry poté capirlo facilmente. Non lo guardava negli occhi, c’era qualcosa che non andava.
«Non ti ho mai detto che potevi avvicinarti», mormorò infatti. «Forse ti ho dato troppo corda.»
«N-no! Malfoy, aspetta, parliamone! Un momento!»
Tentò di richiamarlo a sé, ma invano. Draco infatti era uscito dal bagno in fretta e furia, lasciandolo lì come un idiota. Forse aveva esagerato?
No, perché per dei brevi istanti, lui e Draco erano stati sulla stessa lunghezza d’onda, come se potessero avvertire le stesse sensazioni.
Forse non avrebbe mai trovato una risposta, forse l’indomani si sarebbe svegliato e allora sarebbe sfumato tutto, Hogwarts, i duelli, la magia, le persone. E lui? Come poteva lui sparire, dal momento che era così maledettamente reale.
Uscì dal bagno con lo sguardo chino, trovando Dudley che ancora lo attendeva. Era una fortuna che fosse giunto il momento dell’intervallo, con l’umore che aveva non sarebbe riuscito a stare fermo e seduto.
Il cortile era interamente in cemento, nulla a che vedere con Hogwarts e la Foresta Proibita. Anche se non erano luoghi reali, erano decisamente più belli. Vi era qualche albero rado, a cui Harry si era poggiato con la schiena per riprendere fiato.
Si sentiva incompreso. Un povero pazzo incompreso, influenzato dai propri sogni infantili. Vide Dudley sollevare una mano e salutare qualcuno.
«Ehi, Tom.»
«Ciao, ragazzi. Ehi, Harry, non ti sei fatto vedere oggi, che hai? Ti senti forse male?»
Il corvino si perse a guardarlo. Chi era lui? Ah, giusto. Era Tom, non Ron, con i suoi rossi capelli e le sue lentiggini, no, Tom era completamente diverso, ed era il suo migliore amico, quello reale.
«Amh… sì, effettivamente sta proprio male», Dudley prese parola al posto del cugino. «Ha fatto… uno strano sogno, sembrava così reale che adesso non sa più cos’è vero e cosa non lo è.»
Tom rise e allungò un braccio, toccando la spalla di Harry.
«Tutto qui? Pensavo fosse qualcosa di molto più serio.»
«Per me è una cosa seria», sibilò. «Avevo costruito dei legami, lì.»
«Ma davvero? E dimmi, avevi anche un altro migliore amico?»
Tom non era cattivo, molto probabilmente non era in grado di comprenderlo, come tutti del resto. Ma ad Harry questo non importò. Nessuno poteva capire e di conseguenza nessuno poteva proferire neanche una singola parola.
«Lasciami in pace, dannazione!» violentemente si staccò, passandogli accanto e lasciando piuttosto stupiti entrambi i ragazzi. Harry aveva sempre avuto un temperamento mite, ma quel giorno non pareva più lui.
«Ma che gli è preso?» domandò Tom.
Dudley fece spallucce.
«Non lo so. Ma di qualsiasi cosa si tratti, dubito che potremmo capirlo.»
E aveva ragione. Ne aveva fin troppo.
 
Harry camminò per un po’. Preferiva allontanarsi, non guardare in viso i suoi coetanei che di fatto conosceva, ma che credeva di non conoscere più oramai. Tutto in quel mondo non gli apparteneva più, tutto in quel mondo era distante e lui era un povero pazzo che galleggiava in una bolla.
Si ricordò del campo di football – uno dei tanti campi sportivi in realtà – e decise di rifugiarsi, poiché non vi era nessuno intento ad allenarsi.
Si lasciò cadere sull’erba sintetica e si sbottonò un po’ la camicia. Doveva riprendere fiato e ragionare. Non poteva continuare a comportarsi da pazzo, ma quel pensiero che ci fosse qualcosa, anche se minima, di reale nel suo sogno, continuava a tormentarlo. Malfoy però si era dimostrato abbastanza restio nel parlare con lui, quindi probabilmente si era solo sbagliato.
Sarebbe tornato alla sua solita vita, si diceva. Sarebbe tornato a vedere la normalità lì dove ora vedeva solo stranezza. Avrebbe smesso di credere che la magia e tutto ciò che aveva vissuto, fosse reale.
Harry non lo sapeva, ma Draco non lo aveva perso di vista un attimo. Dopo il loro incontro nei bagni della scuola, gli era andato dietro, lo aveva osservato e aveva aspettato il momento giusto per saltare fuori.
Momento che era appena arrivato.
«Potter.»
Una e solo una era la persona che lo aveva sempre chiamato così. Sì, nell’altra vita, quella del sogno.
Si voltò lentamente.
«Malfoy…?»
Draco si fece più vicino, con apparente indifferenza negli occhi.
«Ho pensato un po’ a quello che mi hai detto e…»
«Ti prego, lascia perdere. Adesso che ci penso a mente più lucida, mi rendo conto che i miei erano deliri. Non ti importunerò più, io…»
«Dannazione, parli sempre troppo. Almeno fammi finire», fece scontroso, sedendoglisi poi accanto. Ed Harry aspettò.
«Sai, non credo tu abbia avuto la possibilità di conoscermi nel migliore dei modi»
«Cosa…?»
«Sì. Voglio dire, il me del tuo sogno non era poi una così bella persona. Chiariamoci, non sono davvero una bella persona, ma lì credo di aver dato il peggio di me.»
«… Io non capisco cosa dici.»
Un sospiro. Draco sembrava star compiendo un grande sforzo.
«Tu eri il bambino che era sopravvissuto ed io facevo parte di una famiglia Purosangue. Eravamo in due case diverse e ci siamo scontrati, alle volte anche aiutati. Abbiamo avuto due percorsi difficili, e ad un certo punto io sono passato al lato oscuro. Perché ero un codardo. Ed effettivamente, ciò è veritiero. Ho sentito dire che i sogni sono un po’ il riflesso di noi stessi, delle nostre paure.»
Harry si era irrigidito. Quello che Draco stava dicendo corrispondeva a verità. Ma era a conoscenza di informazioni che non avrebbe dovuto conoscere, poiché dopotutto quello era il suo sogno.
«Sì, questa cosa è vera ma… come fai a saperlo?»
Draco sollevò lo sguardo verso il cielo azzurro.
«È strano. È una cosa che non so spiegarmi. Quando mi sono svegliato ho creduto che fosse un semplice sogno, un lungo sogno durato anni nella mia testa. Ma poi ti ho visto. Eri tu, eri proprio tu. Quando hai iniziato a blaterare quelle cose, mi sono spaventato. Perché è semplicemente assurdo», finalmente lo guardò negli occhi. «Abbiamo fatto lo stesso sogno, i nostri mondi si sono incrociato ancor prima che potessimo conoscerci veramente.»
Harry ascoltò ogni singola parola di Draco, senza interromperlo una sola volta. E man mano che lo ascoltava, non poteva fare a meno che spalancare gli occhi, meravigliato, poiché tutto nella sua testa stava finalmente iniziando ad avere senso.
«Questo vuol dire che tu… tu sai chi sono? Cioè… ricordi tutto, proprio tutto?»
Draco annuì lentamente.
«Ho cercato di convincermi che non fosse possibile, che probabilmente dovevo star perdendo la testa. Ma tu ed io abbiamo vissuto una vita insieme in un mondo che non esiste. Se non nella nostra testa.»
Se Harry avesse potuto, avrebbe urlato dalla gioia. Non era un pazzo. E il suo sogno non era irreale, non del tutto almeno. Non si spiegava, certo, come fosse possibile che lui e Draco si fossero conosciuti senza prima essersi incontrati realmente. Di fatto, nella realtà, non aveva mai visto quel ragazzo, ma in verità lo conosceva. Si conoscevano entrambi meglio di chiunque altro.
Sospirò e, forse a causa del grande sollievo che stava provando, si lasciò cadere con la schiena contro il manto d’erba sintetica.
«Credevo di stare diventando pazzo. Tu esisti, Draco. Non penso di essere mai stato così felice di vederti, in vita mia.»
«Devo ammettere che anche per me è lo stesso, Potter», mormorò, adesso meno smarrito, adesso meno solo, in quel mondo che fino a ieri era stato tutto ciò che avevano conosciuto.
Sapere che il loro legame non fosse stato un semplice sogno, li aveva rincuorati entrambi.
«Mi chiedo perché proprio tu», pensieroso, Harry guardò il cielo. «Fra la tanta gente che ho conosciuto, proprio tu eri legato a me.»
Malfoy a quel punto si lasciò cadere accanto a lui.
«Forse dovevamo aspettarcelo. In un certo senso, il nostro era uno dei legami più forti, in quel mondo.»
Le labbra di Harry si dipinsero di un sorriso. Quanto era vero.
Immediatamente, la pessima mattinata che aveva passato sembrava sparita. Stare accanto a Draco lo tranquillizzava. Perché lui era un pezzo di quel mondo perduto, il mondo fittizio dove due anime – forse destinate ad incontrarsi – si erano trovate.
Harry assottigliò lo sguardo.
«Senti, Malfoy. Ma tu pensi che anche qualcuno degli altri… possa essere reale? Pensi che tutti i rapporti che abbiamo costruito, eccetto il nostro, siano irreali?»
Draco non capì il perché di quella domanda. Quasi provò gelosia, fastidio.
Non ti basta aver ritrovato me?
Poi però scacciò dalla mente quel pensiero. Harry aveva ragione. Doveva esserci qualcosa di più. Forse esistevano altri, come loro. O forse no.
E in questo caso, non gli sarebbe dispiaciuto neanche troppo. Perché in questo modo quella sarebbe stata una storia, un legame solo loro.
Si diede mentalmente dello stupido infantile.
«Forse. Se vuoi, potremmo cercarli. Potremmo trovare qualcuno. O nessuno.»
Era stato allora che Harry gli aveva rivolto lo sguardo e gli aveva sorriso. Eccetto la cicatrice assente sulla fronte, quello era stato lo stesso ragazzo che aveva conosciuto, sfidato, odiato e amato senza mai dirlo apertamente.
«Non importa. Ci proverò. E poi non sono solo. Sai cosa, Draco? Io sono felice di aver incontrato te. Sia in quel mondo, che in questo.»
Draco arrossì. Non capì se Harry stesse parlando in quel modo a causa di un’eccessiva felicità o perché lo stesse pensando per davvero.
Preferì pensare alla seconda opzione.
«Sì, anche io. Ma non farmi essere troppo smielato, Harry
Non erano stati solo un sogno.
 
 
Nota dell’autrice
DISEGNO di Aivy_Demy <3 Ringrazio chiunque sia arrivato alla fine di questo delirio. Perché sì, alla fine è un vero e proprio delirio, ma ci tenevo a scrivere questa cosa in particolare, anche se ammetto che, soprattutto nella prima parte, è stato difficile. Il What if in questa storia è che tutto ciò che Harry ha vissuto, è stato solo un sogno (e sì, lo so che girano diecimila memes su questa cosa, ma io ho voluto provare a prenderla seriamente). L’unico elemente che è effettivamente reale, è che i genitori di Harry sono morti. Poiché non è un mago, ho immaginato che il suo rapporto con i Dursley non fosse poi così male, tant’è che lui e Dudley sono amici. E poi c’è Draco. Pensavo fosse estremamente romantico (anche se complicato) il fatto che il loro fosse stato un sogno condiviso, poiché erano legati. Magari proprio perché era destino, o perché sono anime gemelle. E il finale, è aperto, sì. Perché se Draco è reale, magari anche qualcun altro lo è. Dopotutto, quello di Harry e Draco è stato un sogno, ma il loro legame è reale ed esiste.
Era quasi un anno che non scrivevo una Drarry e mi rendo conto che questa OS è abbastanza particolare, ma spero vi sia piaciuta, ammetto che a me non convince molto (a parte l’ultimo pezzo), ma ci tenevo a concluderla e postarla.
Spero di tornare presto in questo fandom ^^
   
 
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