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Autore: Bethesda    22/06/2019    1 recensioni
Una serie di flash-fic con tema tanto banale quanto piacevole: i sette vizi capitali.
Genere: Erotico, Generale, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Aziraphale/Azraphel, Crowley
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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«Ma devi per forza lavarla a mano?»
 
L’angelo era seduto su di un muretto, ed osservava.
Aveva deciso quella mattina stessa di passare dall’appartamento dell’amico per trascinarlo in un nuovo localino che aveva aperto nella zona di Highgate, ma con suo grande disappunto lo aveva trovato intento a lavare la macchina.
Ora, disappunto sino a un certo punto, dacché lo stava facendo indossando come parte superiore unicamente una canotta esageratamente attillata, nera, che per un istante gli parve quasi gli si fosse incollata addosso, come fosse una seconda pelle.
Aveva provato a distrarlo, a convincerlo con garbo, ma a nulla era valso.
Era come cercare di interrompere un rituale.
 
Dunque si era seduto su di un muretto subito accanto alla Bentley, lievemente rialzato rispetto alla scena, di modo da poter osservare dall’alto.
Fu una scelta peculiare, perché da quella esatta posizione poteva osservare al meglio la reazione della muscolatura di Crowley a certi movimenti. Tipo, i grandi movimenti circolari che effettuava con una spugna morbidissima – scelta appositamente di modo che non potesse rigarla in modo alcuno - gli permettevano di godere al meglio del lavoro dei suoi bicipiti, delle spalle magre ma toniche e ben tornite.
Quando cercava di raggiungere un posto un poco più lontano, tipo il centro del tetto della vettura, si allungava tutto, l’addome e il petto in appoggio sulla carrozzeria bagnata, tanto che quando ripeté l’operazione più volte, andando a bagnare nuovamente la spugna nel secchio che Crowley stesso aveva messo giusto sotto i suoi piedi, l’angelo non poté fare a meno di notare quanto l’acqua fosse andata a disegnare sulla canotta, che adesso risultava ancora più aderente di prima. Per un istante quasi pensò che potesse essere unicamente un trucco del suo amico e che quelle fossero in realtà le sue scaglie, e dovette trattenersi dal chiedergli di togliersela per provare la propria teoria.
 
Quando pose quella domanda, non fu per mettergli fretta. Non ne aveva più ormai, ma per pura e semplice curiosità.
La macchina, da novant'anni a quella parte, era sempre stata intonsa, lucente, senza un graffio, e non poteva credere che fosse un qualcosa dovuto unicamente al lavoro maniacale del demone.
 
«Ovvio che non devo per forza», iniziò Crowley, che con un piccolissimo panno di tessuto pregiato stava asciugano i finimenti della vettura. «Ma questa bellezza si è comportata in modo eccelso negli ultimi mesi e ogni tanto va premiata».
 
Non si stupì quando lo vide fare un grattino allo specchietto retrovisore sinistro.
Si stupì solo quando sentì l’autoradio accendersi sommessamente dall'interno della macchina stessa, di modo che della musica particolarmente bassa riempisse l’aria circostante. Dovevano essere per forza i Queen, ma non riusciva a cogliere né la melodia né le parole. Ciò che ne risultava era che sembrava che l’auto stesse facendo le fusa.
 
Una morsa prese lo stomaco di Aziraphale per un istante, e non si trattava di fame.
 
L’avrebbe volentieri rigata, se non fosse stato che difficilmente Crowley lo avrebbe perdonato.
Non tanto per il gesto in sé, risolvibilissimo con un miracolo, quanto per le intenzioni.
Scrollò il pensiero di dosso e decise di distrarsi, cominciando a decantare al proprio amico il menù del luogo dove lo avrebbe portato di lì a poco.
   
 
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