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Autore: LondonRiver16    24/06/2019    4 recensioni
Quando aprì nuovamente l’Impala, si concesse un momento per osservare come si era ridotto Sam e sospirò abbattuto: suo fratello era zuppo dalla testa ai piedi. Sotto la spessa coperta di lana che un vigile del fuoco gli aveva messo addosso, i suoi vestiti estivi gocciolavano quanto le ciocche di capelli e l’adolescente tremava violentemente per il gelo che doveva esserglisi infiltrato nelle ossa. Le mani, paonazze, stringevano i lembi della coltre; i piedi, coperti solo da calzini che ormai sembravano alghe masticate, non avevano mai smesso di strofinarsi uno contro l’altro nel vano tentativo di recuperare almeno una scintilla di calore.
"Sedici anni di pane perso", aveva pensato Dean con fare implacabile quando, nemmeno un’ora prima, aveva capito in che razza di guaio si fosse ficcato Sam.
Genere: Angst, Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Bobby, Dean Winchester, John Winchester, Sam Winchester
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: Tematiche delicate
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1. La scommessa

 

 

I'm sorry for everything
Oh, everything I've done
From the second that I was born

It seems I had a loaded gun

(Shots, Imagine Dragons)

 

 

Dean fermò l’auto appena in tempo per non mandarla a sbattere contro il cancelletto della veranda. La frenata fu l’equivalente di uno strillo, capace di squarciare la serenità della notte come un pugnale contro un velo di seta, e il ragazzo si maledisse per non aver riflettuto prima di agire. Avrebbe potuto pensarci prima. Essere cauto. Parcheggiare lontano, così da fare meno chiasso.

- Merda - mormorò come se una sola parola potesse rimediare all’errore, strappando via le chiavi dall’auto prima di lanciare un’occhiata irrequieta alla casa.

Se ci fosse stato qualcuno, rifletté, a quell’ora l’inchiodata impietosa della Chevrolet Impala l’avrebbe svegliato. Ma nessuna luce era stata accesa, tutto rimaneva immobile malgrado Dean sentisse il cuore battergli forsennatamente contro una cassa toracica che minacciava di esplodere. Forse l’abitazione era davvero ancora vuota.

- Okay - sussurrò, più per incoraggiare se stesso che il suo passeggero. - Okay, andiamo.

Con un balzo di tutto rispetto per il suo addestramento da cacciatore, uscì dall’auto, chiuse la portiera con tutta la grazia che trovò e raggiunse quella del passeggero con pochi passi decisi, senza mai smettere di gettare sguardi concitati all’abitazione silenziosa.

Quando aprì nuovamente l’Impala, si concesse un momento per osservare come si era ridotto Sam e sospirò abbattuto: suo fratello era zuppo dalla testa ai piedi. Sotto la spessa coperta di lana che un vigile del fuoco gli aveva messo addosso, i suoi vestiti estivi gocciolavano quanto le ciocche di capelli e l’adolescente tremava violentemente per il gelo che doveva esserglisi infiltrato nelle ossa. Le mani, paonazze, stringevano i lembi della coltre; i piedi, coperti solo da calzini che ormai sembravano alghe masticate, non avevano mai smesso di strofinarsi uno contro l’altro nel vano tentativo di recuperare almeno una scintilla di calore.

Sedici anni di pane perso, aveva pensato Dean con fare implacabile quando, nemmeno un’ora prima, aveva capito in che razza di guaio si fosse ficcato Sam.

Ma nell’istante in cui si era ritrovato davanti suo fratello minore bagnato come un pulcino e senza scarpe, miracolosamente illeso benché reduce da un tuffo nel tratto più profondo e pericoloso del fiume, il suo cuore si era ammorbidito al punto che non aveva potuto fare altro che soffocarlo in un abbraccio. Lo sguardo terrorizzato con cui Sam aveva accompagnato il racconto del vigile del fuoco, grazie al quale Dean aveva saputo tutto, aveva convinto il maggiore di quale fosse la priorità del momento. E sorprendentemente, non si trattava di prendere a sberle Sam fino a fargli dimenticare perfino come si chiamasse.

Una volta venuto a conoscenza della festa e del tasso alcolico che era stato trovato nel sangue di Sam e dei suoi cosiddetti amici - compagni di tuffi suicidi nella corrente gelida, sarebbe stato meglio chiamarli -, Dean aveva lanciato un’occhiata esasperata a suo fratello minore. Ma poi aveva implorato il vigile del fuoco di lasciare che lo scapestrato tornasse a casa con lui senza prima passare dalla stazione di polizia. Sia Dean che Sam sapevano cosa ciò avrebbe comportato: Sam non sarebbe stato autorizzato a uscire di lì se non accompagnato da un tutore, e Dean non avrebbe potuto passare come tale dinnanzi a un poliziotto sospettoso. Avrebbero dovuto aspettare che John venisse rintracciato e si degnasse di andare a prendere il figlio minore.

Sempre che creda sia conveniente farlo, aveva riflettuto Dean, ricordando la volta in cui suo padre era stato capace di lasciarlo nelle mani della giustizia per due mesi pur di punirlo per aver rubato del cibo.

- La prego, me lo lasci portare a casa - aveva supplicato, appellandosi alla bontà che era riuscito a scorgere negli occhi del giovane volontario che aveva contribuito a salvare l’incauta combriccola. - Ha fatto una stronzata, lo so, ma è un bravo ragazzo. Non lo farà mai più, mi creda. Non è vero, Sam?

Suo fratello aveva annuito con veemenza, distribuendo goccioline di fiume tutt’attorno.

- È la procedura, ragazzi - aveva opposto resistenza il vigile del fuoco.

Al ché Dean non si era vergognato di afferrargli la mano.

- La scongiuro - aveva rimarcato. - Suo padre… nostro padre non gliela farebbe passare liscia se dovesse andare a recuperarlo alla polizia. La prego.

Sensibile all’urgenza nei suoi occhi, il vigile finalmente aveva capitolato.

- E va bene - aveva sospirato, mettendo una mano sulla schiena di Sam per spingerlo delicatamente verso Dean. - Se prometti che lo farai visitare da un medico.

- Promesso! - aveva esclamato Dean, già guidando il fratello verso l’Impala parcheggiata poco più in là. - Grazie infinite, signore, grazie!

Aveva atteso di essere in auto per rifilare uno scapaccione liberatorio sulla nuca del sedicenne.

- Ma che cazzo, Sam?!

- Scusa, Dean - aveva risposto lui, già singhiozzante in mezzo a tutto quel tremore incontrollabile. - S-scusa…

- Okay, spiegazioni rimandate. Devo riportarti a casa e metterti a letto prima che torni papà, altrimenti…

Non aveva nemmeno avuto la forza o il coraggio di completare la frase, ma si era messo a guidare con rabbia per allontanarsi il più in fretta possibile da quella maledetta curva del fiume.

- M-mi d-dispiace, Dean, m-mi dispiace…

I singulti di Sam avevano seguito l’incedere dell’Impala finché il freddo non aveva avuto la meglio sul senso di colpa. E ora eccolo lì, il suo fratellino. Di nuovo a casa, sì, ma sull’orlo di una polmonite. Dean deglutì il vuoto, scrutandolo e pregando che non accadesse niente del genere.

Dannato te e dannati i tuoi amici del cazzo, Sam, maledisse silenziosamente prima di aiutare il sedicenne a rimettersi in piedi.

- Forza, fratellino - lo incitò, mettendogli un braccio attorno alle spalle e tirandolo su, cercando di essere saldo per contrastare il suo tremore. - Non riuscirò mai a sollevarti, perciò coraggio, un passo alla volta. Solo fino in camera. Vieni, Sam.

Gli si rivolse col tono più dolce che conosceva, preoccupato a morte che le forze gli venissero meno da un momento all’altro. Gli effetti dello shock termico erano spaventosi. La sua pelle era fredda e umida, le labbra livide e in perenne movimento. Dean doveva evitare di guardarlo in faccia per non stare male per lui, perciò si concentrò sui loro piedi.

- Gli scalini della veranda, Sam… bravo. Ora mi servono le mani per aprire la porta, tu reggiti a me, okay? Forza.

Finalmente furono in casa. Dean accese la luce nell’atrio e chiuse il battente alle loro spalle prima di portare la mano di suo fratello al corrimano.

- D’accordo, ora mancano solo le scale. Coraggio.

Era consapevole di star confortando se stesso quanto Sam, in quel frangente. L’agitazione e la fatica avevano iniziato a farlo sudare e non vedeva l’ora di poter rimettere in sesto suo fratello con una doccia calda, metterlo sotto le coperte, fargli bere del brodo bollente e magari anche una tachipirina per prendere in contropiede la febbre.

La casa era silenziosa, oltre i loro respiri affannati, e buia com’era sembrata a un’occhiata esterna. Fu anche per questo che, quando la luce del soggiorno si accese all’improvviso, Dean ebbe la sensazione che dieci anni della sua vita fossero appena andati in fumo. Ma fu niente in confronto all’apparizione di una figura stoica sulla soglia del salotto.

- Dove eravate finiti? - scandì suo padre, con dardi al posto degli occhi.

Dean, fermo sul secondo gradino assieme a un Sam semi-incosciente, credette che stesse per mettersi a urlare come mai prima. Ma non appena lo sguardo di John si posò sul figlio minore, alla collera si sostituì il panico.

- Che cosa è successo? - soffiò.

Dean comprese che, ancora una volta, le spiegazioni esaustive potevano aspettare. Suo padre, in quel momento, era in apprensione per Sam quanto lo era lui.

- Il fiume - disse soltanto. - Sta congelando, papà, dobbiamo…

- Di sopra - sentenziò l’uomo, finalmente accorrendo per sollevare Sam e facendo un cenno secco al maggiore. - Apri l’acqua calda in bagno, presto. Corri!

Dean scattò come il bravo soldato che era, lasciandosi alle spalle i passi pesanti del padre per raggiungere il piano superiore, infilarsi in bagno e aprire il getto della doccia. John arrivò e fece sedere Sam sull’unico sgabello presente, intimando a Dean di aiutarlo a togliergli di dosso gli abiti fradici.

Accorgendosi dei suoi occhi chiusi e della pesantezza dei suoi arti, John schiaffeggiò il figlio minore più volte, anche se senza troppa convinzione.

- Sam. Sam! Svegliati! Sam! Riprenditi, dannazione!

Una sberla più forte delle precedenti fece sussultare il sedicenne, che annuì e si fece aiutare a togliere la maglietta, cui seguirono i calzini, i jeans e i boxer. Dean deglutì mentre aiutava il fratello a entrare nel box doccia, ma fu bene attento a evitare lo sguardo di suo padre. Anche quando lui gli parlò, una volta che Sam fu sotto il getto di acqua calda e loro due in ginocchio accanto alla doccia.

- Chi lo ha soccorso?

- I vigili.

- Sanno il suo nome completo?

- No, signore.

- Ne sei assolutamente certo?

- Sissignore.

Dean udì John sospirare di sollievo proprio mentre i brividi di Sam si attenuavano, e si morse un labbro. Suo padre era contento, se così si poteva dire, che la copertura non fosse saltata, o meglio, che Sam avesse attirato l’attenzione senza conseguenze per il suo lavoro. Era lo stesso motivo per cui non avrebbe portato il figlio al pronto soccorso, se proprio non fosse stato obbligato.

Non appena si accorse che Sam stava riprendendo un colorito più simile all’umano che al bluastro, John si rimise in piedi e squadrò il figlio maggiore dall’alto.

- Assicurati che si scaldi per bene, poi aiutalo a mettersi a letto. Vado a preparargli qualcosa di caldo.

Dean annuì, continuando a fissare l’espressione del fratello, ora meno sofferente e quasi soltanto esausta. Ma per suo padre non fu sufficiente.

- Dean - lo chiamò, pretendendo di avere i suoi occhi nei propri. - Una volta che avrai finito con lui, ti aspetto in salotto. Voglio che tu faccia rapporto.

Dean deglutì. Aveva sperato che suo padre avesse pietà anche della sua stanchezza.

- Stasera? - ebbe l’ardire di domandare, ma quando John lo fulminò chinò il capo in segno di obbedienza. - Sissignore.

L’uomo stava per marciare fuori dal bagno quando un inatteso mugolio da parte di Sam lo fece attendere. Dean si chinò rapidamente sul fratello accoccolato sul fondo della doccia, inquieto.

- Hai detto qualcosa, Sammy?

Sam prese un respiro profondo, per quanto arduo fosse riuscirci tra un sussulto e il successivo, ma poi riaprì gli occhi e cercò lo sguardo severo di John Winchester.

- È colpa mia. La… la colpa è mia - balbettò con un filo di voce pronto a spezzarsi. - Non pren- non prendertela con Dean.

Dean osservò di sfuggita la reazione di suo padre, ma non ve ne fu nessuna di visibile. John Winchester riprese il suo cammino senza una parola, lasciando i figli a chiedersi cosa gli vorticasse nella mente.

È incazzato come una bestia, si costrinse a ricordare Dean. Inutile ipotizzare che sia altrimenti.

Dopo un ammontare di tempo che si dilatò di fronte alla sua percezione, Dean passò il termometro al fratello perché si misurasse la temperatura.

- 36,5 C° - lesse poi sullo schermo, sentendo il cuore sgonfiarsi di tutta l’ansia in un unico spasmo. - Perfetto. Oddio, quasi non ci credo.

Sam, spossato, fece spallucce dinnanzi alla sua allegria e si lasciò aiutare per uscire dal cubicolo. Si arrangiò ad asciugarsi e a infilarsi il pigiama, ma preferì appoggiarsi al braccio di suo fratello nel tragitto fino alla camera che condividevano. Non appena premette l’interruttore della luce, Dean notò le coperte extra che erano state appoggiate sul letto di Sam - quello in fondo, attaccato alla parete, rasente la finestra -, la borsa dell’acqua calda vicino al cuscino e la tazza fumante sul comodino, accanto all’abat-jour e al legal thriller che Sam stava leggendo dalla fine di aprile.

- Papà ha pensato a tutto - disse Dean al fratello, cercando di rincuorarlo dopo l’esperienza di ipotermia scampata per quello che doveva essere un miracolo. - Starai bene, vedrai.

Sam si dimostrò straordinariamente docile nell’infilarsi sotto le lenzuola e nel sorbire almeno qualche sorso di brodo caldo quando suo fratello insistette. Dean immaginò si sentisse in colpa per tutto lo scompiglio che aveva creato a un’ora tanto infame e ne ebbe la conferma pochi minuti dopo.

- Dean, mi dispiace così tanto.

- Lo so - replicò l’altro istintivamente.

- È stato così stupido da parte mia, io… non avrei dovuto accettare la scommessa, è stato da idioti tuffarsi…

- Sì, lo è stato - confermò Dean con un sorriso stanco, sia per calmarlo che per interrompere quella fiumana di parole. - Ora però voglio che pensi solo a recuperare le forze. Parleremo di questa storia quando sarò sicuro che stai bene.

Sam fece per opporsi, ma la fermezza di Dean lo fece assentire malvolentieri. La tregua durò solo un battito di ciglia, però, perché Dean si ritrovò subito addosso gli occhi del sedicenne, ora umidi di lacrime trattenute.

- Dean, ti giuro, te lo giuro, non sarei mai uscito di nascosto se avessi saputo che papà sarebbe tornato proprio stasera.

- Ah, è questo il tuo modo di dirmi che rispetti la mia autorità? - replicò Dean, alzando un sopracciglio ma senza calcare sul tono sarcastico.

Ora che Sam somigliava di nuovo alla sua versione da vivo, il sollievo lo invogliava perfino a scherzare, ma suo fratello era dannatamente serio.

- No, volevo dire che… non volevo che la responsabilità ricadesse su di te ai suoi occhi, ma lui…Dean, digli anche tu che è stata tutta colpa mia, che me la sono andata a cercare e che tu non c’entri niente.

- Sam…

- Ti prego.

- D’accordo - mentì Dean, soffiando. - Se in cambio ti darai una calmata e ti metterai a dormire, va bene?

Sam indagò gli occhi di suo fratello, quindi fece cenno di sì con la testa, riluttante.

- Finalmente! - esclamò Dean, allargando le braccia con fare esasperato prima di allungare una mano a scompigliargli i capelli. - Riposa. Domani avrai delle belle spiegazioni da dare, papà o non papà. Mi hai fatto morire di paura, razza d’imbecille.

- Dean?

Il ventenne era già sulla soglia e stava per spegnere la luce quando la sua voce lo trattenne una volta ancora.

- Sì?

- Grazie di avermi recuperato. Di avermi risparmiato il commissariato e… di avermi ripescato dai ghiacci.

Dean socchiuse le labbra, incerto dinnanzi all’espressione da cucciolo riconoscente che Sam aveva ancora appiccicata addosso dall’infanzia. Avrebbe voluto dire “Aspetta a ringraziarmi. Ancora non ho idea di come ti salverò il culo da papà, stavolta”. Ma alla fine si cavò un sorriso dalle labbra.

- Non c’è di che, stronzetto.

- Fesso - bofonchiò distintamente il sedicenne.

- Buonanotte, Sammy.

Spense la luce, accostò la porta della stanza. Poi ci ripensò e la chiuse cautamente prima di inspirare tutta l’aria che i suoi polmoni erano in grado di sopportare e avviarsi in direzione delle scale. Suo padre lo stava aspettando al piano terra e a Dean sembrava di poter già sentire l’aria sfrigolare.








Angolino dell'autrice

Ciao a tutte/i!

Ho iniziato ad avventurarmi nell'universo di Supernatural soltanto qualche giorno fa, eppure non sono riuscita a frenarmi dal cominciare a scribacchiare forsennatamente su questa storia. Chi mi conosce potrebbe dire che dove c'è un personaggio con un padre più o meno difficile, prima o poi arrivo io.

Ancora non so dire quanti capitoli avrà questa storia, ma penso saranno almeno tre.

Grazie di aver letto il primo capitolo di questo sfogo da fan pivellina! Ci vediamo al prossimo, se vi fa piacere.

Continuate a splendere,


a.

   
 
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