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Autore: viola_capuleti    24/06/2019    0 recensioni
Raven ha sempre avuto la certezza di essere una ragazza normale, nonostante la famiglia ristretta alla madre Elen e l'amico di famiglia Andrea che non la lasciano mai sola, i numerosi traslochi e la vistosa cicatrice che ha sul petto.
Ma tutto cambierà quando un misterioso uomo comparirà davanti a casa sua, insieme ad un particolare trio di ragazzi, proprio quando sua mamma dovrà andarsene di casa per lavoro e un misterioso coniglio albino le farà compagnia nei suoi sogni per avvertirla di un pericolo.
Scoprirà ben presto di far parte di una relatà ben più grande di quanto avrebbe mai potuto immaginare...
Genere: Azione, Fantasy, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash
Note: Lime | Avvertimenti: Tematiche delicate, Violenza
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CAPITOLO 5
Regina


-Non sei in grado di curarti da solo? –.
Chuck scosse la testa, tenendola chinata.
Sentì il medico schioccare la lingua e borbottare a bassa voce: -Mezz’umani… neanche in grado di curare un graffietto. -.
Il mezzo demone sentì le guance andare in fiamme per la vergogna. Avrebbe voluto andarsene, ma l’occhio gli faceva veramente male. Il dolore era talmente intenso da fargli stringere i denti tanto che aveva il timore di schiantarli
Buck aveva insistito per portarlo a far vedere la ferita, quando lui non avrebbe neanche voluto… con che soldi potevano permettersi le cure?
-Quanto hai? – chiese infatti il demone, continuando ad occupare l’entrata della sua minuscola clinica.
Nei dintorni era conosciuto per essere un semplice segaossa, che cauterizzava le ferite e cavava denti marci ai poveracci. Lui non si sarebbe mai sognato di anche solo degnare d’una occhiata quel posto da infime speranze, ma non osava presentarsi dal medico reale.
Se lo avesse visto con quella ferita che continuava a sanguinare…
Meglio andare da qualcuno attaccato ai soldi che agli ideali.
Si mise una mano in tasca e tirò fuori due monete d’argento, con la stella a sette punte da un lato e la testa di Hydra dall’altra. Buck avrebbe voluto prendere di più, ma Chuck lo aveva fermato dal mettere mano ai risparmi: servivano per l’affitto e il cibo.
Il demone saggiò subito le monete con i denti, grattandole poi con l’unghia del pollice per vedere se rimaneva attaccato un qualsiasi residuo che avrebbe potuto indicare che cercava di fregarlo.
Gli lanciò comunque un’occhiata sospettosa e gli disse di entrare con un grugnito infastidito. Come se in quel momento avesse avuto molto di meglio da fare che dare una controllata e guarire un occhio accecato.
Con un cenno sbrigativo della mano gli indicò una sedia, su cui il mezzo demone si sedette.
-Fai vedere. – ordinò il dottore stringendogli due dita grassocce sul mento, obbligandolo a guardarlo. Con l’altra mano gli tolse la benda provvisoria che si era stretto attorno alla testa con un fazzoletto e un po’ di garza a tamponare il sangue.
Con l’occhio buono vide il demone fare una smorfia disgustata, tirando addirittura fuori la lingua dalla bocca, mentre buttava a terra il bendaggio casalingo.
Si mise le mani sui fianchi e gli chiese: -Come diavolo hai fatto a farti una ferita del genere? -.
-Un incidente. – si limitò a rispondere Chuck.
-Tutto qui? -.
-Sì, signore. -.
Sembrò deluso e indispettito dal fatto che non sembrasse voler approfondire l’argomento. Come se quello avesse la priorità rispetto all’occhio. Con uno sbuffo si allontanò da lui per andare ad indossare un grembiule disseminato di macchie, dicendo con tono disinteressato: -Per quello che mi hai dato posso toglierti la scheggia che ti sei piantato nell’occhio e disinfettarti. Nient’altro. Solo perché sei un cane di Regina non vuol dire che avrai un trattamento di riguardo, mezzo uomo. -.
Lo guardò in tralice come se si aspettasse che controbattesse o s’indignasse per quello che aveva appena detto. Chuck sapeva già che avrebbe ricevuto quel tipo di trattamento. Non lo risparmiavano a corte, figuriamoci nei bassifondi. Tuttavia trovò il coraggio di chiedere: -Non bastano per un antidolorifico, signore? -.
Il dottore sbuffò: -Certo che no. Fai come tutti, prenditi una bella sbronza e dormici su. Se dovesse continuare a fare male, ripeti, se te lo puoi permettere. Prima o poi passerà. -.
-Grazie per il consiglio. -.
In poco meno di qualche minuto era tutto finito.
Con una nuova benda legata alla testa, si avviò giù per le scale del palazzo dove il dottore aveva la sua clinica, appoggiandosi al corrimano come se fosse un bastone per camminare. Aveva perso un bel po’ di sangue da quella ferita e come se non bastasse la lotta con Jaguar l’aveva sfiancato. Non c’era un osso che non gli facesse male, ma solo in quel momento se ne rese completamente conto. Forse era colpa dell’adrenalina.
Maledetto suo cugino e le sue manie di compiacere Regina… che diavolo gli era passato per la testa? Buttarsi a testa bassa in una lotta con la cricca di Milord, che razza di idee!
Lo seguivano da anni per riuscire a trovare la Portatrice e quando fosse successo avrebbero dovuto tornare a casa ed avvertire chi di dovere.
Ma a vederla sola Buck non aveva resistito a tentare di portarla al cospetto della sovrana senza l’aiuto di nessuno. Un’idea da megalomane che li aveva morsi nel didietro.
Come aveva fatto ad assecondarlo, non lo sapeva neanche lui.
Uscì fuori nella strada, dove Buck lo aspettava.
Si girò verso di lui con l’aspettativa dipinta in volto, per poi cambiare completamente espressione quando lo vide trattenere una smorfia di dolore e portarsi una mano alla benda.
-Che ti ha fatto? – gli chiese alzandosi da terra, spazzolandosi i pantaloni con qualche colpetto sbrigativo sul retro delle gambe.
-Non molto. Ha disinfettato e tolto qualcosa che ci era rimasto dentro. – rispose lui.
-Cosa?! – sbottò Buck stringendo i pugni –Gli abbiamo dato due monete d’argento! Poteva fare qualcosa di più! Ha almeno cercato di curarti offrendoti un po’ di energia? -.
-Perché me lo chiedi se sai la risposta? – sospirò Chuck. Buck fece per entrare nel palazzo, ma il cugino lo afferrò per il polso, bloccandolo: -Che vuoi andare a fare? Lascia perdere Buck, i soldi non li riavremo e neanche un trattamento di riguardo. Sto bene. -.
-Siamo uomini di Regina. – replicò lui dando uno strattone al braccio per fargli perdere la presa.
-Già. – disse Chuck, tacendo i suoi pensieri ancora una volta sull’argomento, mitigando il discorso: -E dovremmo essere da lei a dirle cos’abbiamo trovato. Meglio non farla aspettare. -.
-Dannazione, va bene. – si arrese Buck –Ma solo perché non voglio ricevere strigliate da Taylor o da McMastiff. Altrimenti gliel’avrei già fatta pagare a quello strozzino… -.
-Come no. – fece Chuck e, prima che suo cugino potesse controbattere, aggiunse: -Meglio sbrigarsi e correre. -.
Nonostante provasse dolore ad ogni movimento, ce la mise tutta per restare al passo di Buck, che correva come il vento per arrivare alla fortezza, fatta di pietra nera, come se fosse stata lambita dal fuoco.
Sgusciarono nei vicoli e si affrettarono nei carruggi, a volte passando anche pericolosamente vicino a qualcuno che camminava tranquillamente, pur di arrivare in fretta al cospetto della sovrana e riferire la loro scoperta.
Ad un certo punto la loro corsa divenne una competizione amichevole.
Chuck non seppe dire se avesse iniziato lui a rendere giocoso quello che stavano facendo o se fosse stato Buck, ma in un modo o nell’altro iniziarono a correre fianco a fianco, spalleggiandosi ogni tanto, lasciandosi scappare qualche risata.
Sapeva che quel comportamento era fuori luogo.
Non dovevano fare una cosa del genere, essere spensierati… ma stare con Buck gli portava alla mente bei ricordi.
Adorava ricordare le volte in cui suo padre li mandava al torrente a pescare rane, per mangiarle la sera fritte nel burro. Gli piacevano ancora ed erano anni che non ne mangiava. Anche quelle occasioni diventavano una scusa per poter giocare alla lotta con suo cugino, che era molto meno bravo di lui a scovare le rane nell’acqua, tra i sassi o le piante acquatiche. In qualche modo finivano sempre per battibeccare perché qualche animale riusciva sempre a sfuggire agli agguati di Buck.
L’unica cosa che sapeva fare bene e, soprattutto, che Chuck non avesse cuore di fare, era di uccidere le rane. Gli bastava sbattere la loro testolina su un sasso ed era finita.
Tante volte aveva cercato inutilmente di convincerlo almeno a provare a dare il colpo di grazia alle bestiole, esattamente come faceva con i pesci che pescavano nello stesso torrente, facendolo arrossire fino ai capelli per la vergogna che provava nel non avere lo stomaco di ucciderle. Suo padre ci aveva provato molte volte, ma aveva capito che non si sarebbe azzardato a uccidere qualcosa di più grosso o diverso di una trota.
Arrivati i portoni borchiati di punte acuminate, però, non riuscì a continuare.
Con un gemito, rallentò la corsa di colpo, per poi stramazzare al suolo.
L’occhio disinfettato sembrava pulsare talmente tanto da rimbombare nella sua testa, dolorosamente.
Buck, corso avanti, tornò indietro, con lo sguardo preoccupato, e si affrettò a rassicurarlo: -Mi sono sforzato troppo. Stai tranquillo, va tutto bene. -. Provò anche a sorridere, ma fece solo una smorfia.
-Mi dimentico che non sei più giovane. – provò a scherzare Buck, ritrasformandosi e inginocchiandosi accanto a lui –Forza, vecchio mio, ti porto. -.
-Abbiamo pochi mesi di differenza, cretino. -.
Gli passò le braccia sotto il corpo e lo sollevò, con un po’ di fatica, dirigendosi verso i portoni.
Di guardia c’erano solo due uomini di Regina, con le uniformi nere bordate di rosso, con il doppio petto e il colletto rigido che fasciava metà collo.
Li guardarono con disprezzo ma non gli sbarrarono la strada: le prime volte adoravano intimorirli.
Chuck si comportava ancora con cautela in loro presenza, abbassando gli occhi e salutandoli con riverenza, allontanandosi il più in fretta possibile prima che decidessero di usarlo come bersaglio di scherno. Buck non condivideva la sua idea di prostrarsi alla loro arroganza.
Infatti, si fermò per fare una domanda: -Regina è nella fortezza? -.
-Sua maestà. – lo corresse uno di loro con un ringhio feroce, che fece drizzare il pelo sul collo di Chuck.
-Che si è fatto all’occhio? – chiese l’altro, ignorando completamente la domanda del mezzo demone, che stizzito la ripeté, con l’accortezza di correggersi.
Le due guardie si guardarono, come per decidere chi avrebbe dovuto sprecare tempo a dare una risposta. Alla fine fu la seconda a dire: -Sua maestà è uscita un paio d’ore fa con suo fratello e il suo lacchè. Non abbiamo idea di quando possano tornare. -.
-Intanto che ci fate qua? Non avete un lavoro da fare nel mondo degli umani? -.
-Di questo possiamo solo risponderne a sua maestà. – rispose Buck con tono di superiorità, entrando.
Quando si furono allontanati Chuck lo sgridò: -Devi smetterla di parlare in quel tono con loro… potrebbero farcela pagare, lo sai. Non ci vorrebbe niente per quei due a… -.
-La vuoi smettere? – lo interruppe Buck con tono scocciato –Loro lavorano per Regina e anche noi. Sono solo degli spocchiosi, a loro non è stato affidato il compito che invece è stato dato a noi due: non dovrebbero essere così orgogliosi di sorvegliare una porta, tsk! -.
Chuck lasciò perdere ancora una volta la discussione. Suo cugino era più testardo di un mulo.
Il cortile interno era deserto, non c’era nessuno. La cosa era normale, dato che era usato solamente per gli allenamenti delle guardie e per ricevere ospiti importanti. Il motivo per il suo scarso uso era l’inquietante fontana al suo centro, una grossa vasca circolare di pietra scura opaca.
L’acqua zampillava dalle sette teste di un’Hydra scolpita nella stessa pietra della vasca, in circolo, dagli inquietanti occhi di rubino brillante. Era rappresentata nell’atto di fendere l’aria con gli artigli delle zampe anteriori in un gesto di vittoria, arricchita dalle ali spiegate, mentre con le posteriori teneva inchiodata a terra un’altra creatura, più piccola, dalla quale anche fuoriusciva un rigagnolo d’acqua, dove gli artigli affondavano: una Volpe a nove code.
Quella era un’aggiunta recente alla scultura, altrimenti Chuck l’avrebbe ammirata. Quel “tocco di classe” faceva venire i brividi a chiunque sapesse la storia celata dietro di esso.
Buck lo mise a terra e lui si alzò per bere dalla vasca.
Diede poche lappate, trovando l’acqua tiepida.
Alzò lo sguardo. Non aveva mai visto la statua da così vicino, riusciva a vedere bene la Volpe. Lo scultore era stato davvero bravo, non c’era che dire: l’animale non era stato rappresentato in agonia, ma già morto. Poteva quasi percepire l’intenzione dell’artista di far sembrare che la cosa fosse appena accaduta, che le orbite vuote e scure della Volpe si fossero appena spente.
Nonostante l’acqua fosse anche più che tiepida, provò un brivido.
Buck si sedette accanto a lui, appoggiando la schiena alla fontana, guardando in alto il cielo scuro. Sospirò: -A quanto pare non c’è. Dobbiamo aspettarla. -.
-Ti stupisci? – ribatté Chuck leccandosi la bocca che gocciolava acqua –Non è mai dove serve quell’oca. -.
-Chuck! – lo sgridò Buck, girandosi per guardarlo con aria truce, occhiata che lui sostenne –Regina è impegnata, ha molte cose da fare. -.
-Cosa? – ribatté a muso duro Chuck, sedendosi, e senza attendere risposta continuò: -Trovare quelli come noi e rinchiuderli nel Mattatoio? Cercare di scovare la Resistenza e fare fuori gli unici demoni che non vogliono vedere quelli con il nostro sangue misto morti? -.
-Gli angeli… -.
-Gli angeli non ci danno problemi da anni. – lo interruppe il cugino –L’hai sentito: è fuori con suo fratello e il fidanzato. È uscita a divertirsi. Non che sia una novità, dato che il suo lavoro lo fa Taylor. -.
Buck arrossì, serrando le labbra. Ma non distolse lo sguardo.
Chuck insistette: -Che c’è? Ti dà fastidio avere la verità schiaffata in faccia o che lei sia in compagnia di suo fratello e di quel codardo che sposerà presto? -.
-Stai zitto Chuck. -.
E Chuck stette zitto.
Si vergognò di quelle uscite rancorose. Guardò la piccola Volpe con il corpo squarciato dagli artigli dell’Hydra, chiedendosi se era stata la sua vista a farlo parlare troppo. Per dissimulare l’imbarazzo si leccò una zampa.
-Avete finito di litigare? -.
I due mezzi demoni sobbalzarono, con un nodo alla gola.
Si girarono verso la statua dell’Hydra, dal quale proveniva la voce fin troppo conosciuta. Con passi appena udibili, Taylor, il fratello della sovrana, li raggiunse incrociando le braccia dietro la schiena, facendolo sembrare ancora più alto di quello che già era.
Tutto del suo aspetto gli dava un’aria affilata, dai lineamenti del viso, al taglio sottile degli occhi (reso ancora più accentuato dal fatto che li teneva perennemente socchiusi) color sangue, cosa che lo rendeva molto intimidatorio agli occhi di Chuck: sembrava che qualsiasi cosa lo interessasse poco, anche quando faceva del male a qualcuno.
Buck balzò in piedi, affiancandosi al cugino, e si affrettarono ad inchinarsi, anche per evitare il suo sguardo: molti poteri dei demoni usavano come canale di esecuzione proprio gli occhi. Bastava avere un minimo contatto visivo e se si era deboli, come un mezzo demone o una persona non allenata a resistere a questo tipo di potere, si era perduti. Come un serpente che incanta la preda.
Loro l’avevano già subito da parte del principe.
Chuck deglutì, irrigidendosi man mano che il demone si faceva più vicino.
Santa Volpe, li aveva sentiti. Lo aveva sentito parlare di cose per il quale si sarebbe meritato di tornare nella polvere dal quale era stato raccolto dopo che suo padre e sua zia erano morti. Per cui avrebbe dovuto pagare con la vita.
-Mi stupisce sentirvi litigare voi due: mi sembravate una famigliola affiatata. – continuò Taylor, fermandosi davanti a loro –Ma soprattutto mi sembra ancora più strano vedervi qui tutti e due: avete novità dal mondo umano? -.
Chuck guardò in su con cautela. Non… aveva intenzione di punirlo per quello che aveva detto? Era evidente che li aveva sentiti discutere, aveva chiesto se avessero smesso di farlo. Se li aveva sentiti sicuramente aveva anche compreso quello che dicevano e non aveva detto niente di rispettoso nei suoi confronti o della sorella. L’aveva insultata, la sorella.
Nessuno la passava liscia quando non si rispettava la sovrana del Regno Antico, figuriamoci uno sporco sangue misto come lui.
Ma quando guardò in faccia il demone si accorse che stava solo aspettando una risposta alla domanda. I suoi occhi non brillarono come quando usava i suoi poteri, né sembrava voler aggiungere qualcosa all’argomento litigio.
Temendo che serbasse una punizione per quello che aveva detto per dopo, Chuck rispose nervosamente: -Sì, lord Taylor, signore. -.
-Buone notizie? -.
-Sì, signore. -.
-Ah, molto bene. – commentò voltandosi per guardare verso la torre della fortezza, mostrando loro il lato della faccia che teneva nascosta dai lunghi capelli neri, legati in una coda sulla spalla –Mia sorella sarà contenta di questa giornata: una scampagnata e buone notizie. Spero diciate il vero. -.
-Certo lord Taylor. – assicurò Buck –Sua sorella ne sarà entusiasta. -.
Taylor tornò a guardarli e a Chuck sembrò che osservasse la ferita che si era procurato. Ma anche su quello non disse niente.
-Seguitemi. – disse invece, dando loro le spalle ed incamminandosi –Mia sorella è con il suo fidanzato, ha un altro attacco di emicrania, non lo lascerà solo. Sarà più facile che ci parli nei suoi appartamenti che in qualsiasi altro posto. -.
Regina aveva donato la torre della fortezza della sua famiglia al suo compagno, simpaticamente chiamato Fify. Che Chuck sapesse, una volta quella il luogo dove la madre della regnante aveva i suoi appartamenti. Non aveva idea se la cosa fosse stata presa con orgoglio da parte di Fify o se fosse stata presa come una punizione. Di certo le intenzioni erano state buone.
Non erano mai stati nella torre, dato che non avevano mai dovuto avere a che fare con quel demone. Non avrebbero neanche mai potuto entrare per pura curiosità, dato che le scale che portavano alle stanze erano presidiate sempre da delle guardie.
Seguirono Taylor su per le ripide scale di legno consumato in silenzio. Chuck notò che c’era un buon profumo di fiori nell’aria.
Man mano che salivano, poteva anche sentire versi sofferenti sempre più forti.
Era normale sentire lamenti nella fortezza da parte del demone nella torre, dove si rifugiava sempre a soffrire. Forse non sapeva che da quel punto chiunque fosse nella fortezza lo poteva sentire lamentarsi del dolore, che spesso lo faceva piangere.
Arrivarono davanti ad una porta dalla quale i lamenti si sentivano molto più chiaramente, insieme alla voce della sovrana, che sembrava confortare il suo fidanzato.
Taylor bussò e la voce di Regina rispose: -Non mi disturbare Taylor! Qualsiasi cosa sia, torna più tardi, non è il momento! -.
Sembrava irritata e questo non piacque a Chuck. Con la coda nell’occhio controllò Buck e lo vide stringere i denti. Non seppe dire se era perché anche lui si sentiva tremendamente nervoso o perché volesse essere al posto di Fify.
-Regina. – insistette Taylor –Ci sono notizie della Portatrice. -.
Da dietro la porta si sentì uno sbuffo incerto e qualche parola sussurrata. Rapidi passi ed ecco apparire la sovrana, che scivolò fuori dalla stanza da letto aprendo la porta di uno spiraglio.
Sembrava alquanto contrariata dall’essere stata interrotta nel mezzo delle cure del suo fidanzato, ma quando smise di guardare con irritazione il fratello e posò gli occhi su di loro, ecco che l’espressione cambiò in genuino interesse.
-Siete tornati. – fece, togliendosi un boccolo nero come l’inchiostro dal viso, sfuggito all’acconciatura –Parlate dunque: l’avete trovata? -.
-Sissignora. – rispose prontamente Buck, inchinandosi appoggiando il ginocchio a terra.
Regina fece un verso estasiato, battendo le mani in un momento d’euforia. Si girò addirittura ad abbracciare il fratello, ridendo: -Hai visto Ty? Lo sapevo che avevo visto giusto con questi due! Sapevo che sarebbero riusciti a scovarla. -.
-Abbiamo seguito Milord e la sua banda. – riprese Buck e Chuck desiderò che stesse zitto –È stato facile seguire le loro tracce e trovarla prima di loro. -.
La demone si staccò dal fratello e domandò: -Dov’è adesso? L’avete presa, vero? -.
Il loro silenzio fu eloquente.
Regina fece una smorfia e finì per digrignare i denti, sibilando: -Cosa? L’avete trovata per primi, perciò dov’è? -.
Buck tacque, abbassando la testa, improvvisamente a corto di parole. Se fossero rimasti in silenzio, Regina avrebbe sbroccato, Chuck ne era sicuro. E se fosse stato in silenzio suo cugino e lo avesse lasciato parlare, Regina non si sarebbe fatta delle aspettative, maledizione.
Perciò rispose: -Milord ci ha messo i bastoni tra le ruote… adesso è sotto la sua protezione. Siamo davvero spia… -.
Chuck chiuse la bocca, vedendo come il viso della sovrana stesse diventando paonazzo man mano che parlava. Come se non bastasse, anche Taylor lo stava guardando e se c’era qualcosa di peggio che avere gli occhi di uno dei due addosso, era di avere gli occhi di entrambi addosso. Ma c’era qualcosa di diverso in quelli di Taylor… non era arrabbiato. Non sembrava neanche deluso dal fatto che non fossero riusciti a prendere la Portatrice.
-Incapaci! – sbraitò Regina pestando un piede a terra con così tanta forza da far rimbombare cupamente il suono contro le pareti –Non siete stati in grado di avere la meglio su una mocciosa mezza umana come voi? Cosa diavolo vi ha fatto credere di poter tornare qui a mani vuote e credere di passarla liscia?! Mh? Rispondete maledetti! -.
Chuck si accucciò a terra, tremando e lasciandosi scappare un guaito involontario, incapace di controllare la paura che di lì a poco avrebbe perso molto più di un occhio. Fino a quel momento non l’aveva ancora vista così arrabbiata da vicino, né nei suoi confronti. Ma nei confronti dei suoi simili, oh... a volte non serviva neanche che fosse di cattivo umore.
-Regina, basta. – disse semplicemente Taylor.
Le appoggiò una mano sulla spalla e la fece voltare verso di lui, aggiungendo: -Non è assolutamente il caso di scomporsi. -. Non attese neanche che lei si calmasse davvero, ma si rivolse ai due mezzi demoni: -Siete stati utili Faoil. Potete andare a riposarvi fino a nuovo ordine. -.
Non se lo fecero dire due volte e i due cugini scesero dalla torre in silenzio, correndo non appena furono lontani dalla loro vista.
Regina si tolse di dosso la mano del fratello, sibilando: -Milord, sempre Milord! Avremmo dovuto ucciderlo non appena la notizia di un cane sciolto alla ricerca della Portatrice ci è arrivata all’orecchio! Dopo che si è rifiutato di farlo per me… ha portato solo guai. Non basta la Resistenza. -.
-Se non lo avessimo lasciato fare non l’avremmo mai trovata. – replicò Taylor –I Faoil hanno fatto il loro dovere, dirci dov’era. Ora tocca a noi disfarci di lei. -.
-Quei due ci sono stati utili, è vero. Ma ora non servono più, sbarazzatene appena puoi. – decise la demone agitando una mano in aria con disinvoltura -Dobbiamo mandare qualcuno di cui ci fidiamo per questo compito, soprattutto competente. -.
-I McMastiff. -.
Regina fece una smorfia dubbiosa: -Loro? Il nonno semmai: ha già fatto secchi diversi ribelli, mentre loro erano contro di me. -.
-Ma ora sono dalla nostra, da diversi anni ormai. Se avessero voluto farti del male lo avrebbero già fatto. – disse Taylor con un’alzata di spalle –McMastiff serve qui, è il comandante delle guardie. I suoi nipoti saranno all’altezza del compito. -.
Regina si portò una mano al mento, riflettendo in silenzio. Infine, fece un cenno con la testa: -Va bene. Occupatene tu Taylor, al momento sono occupata. – aggiunse, appoggiando una mano sulla maniglia della porta della camera da letto. Prima di aprirla, però, lo guardò dritto negli occhi: -Voglio la Portatrice viva. Chiaro? -.
Taylor vide una luce sinistra nel suo sguardo e rispose annuendo.
Quando sua sorella tornò a prendersi cura del fidanzato, un pensiero gli attraversò la mente: -Stupida, sciocca sorella… -.
 
   
 
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