Anime & Manga > L'Attacco dei Giganti
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Autore: LazyBonesz_    25/06/2019    1 recensioni
“Questa canzone mi faceva pensare a te”, mormorò il ragazzo, contro un mio orecchio quando la musica cambiò. Mi concentrai sul testo. Ascoltammo la canzone in silenzio fin quando, verso la fine, Eren non parlò nuovamente, quasi cantando.
“But I just cannot manage to make it through the day without thinking of you, lately.”
Accennai un breve sorriso e mi sporsi verso di lui, senza aprire gli occhi. Riuscii a baciare le sue labbra piene e sentii il sapore delle lacrime su di esse.
“Eren”, sussurrai confuso. Sollevai le palpebre e vidi qualche goccia salata sulle sue guance. Però sorrideva.
“Sono felice, non preoccuparti. E penso che ti dedicherò un’altra canzone perché questa è fottutamente triste”, mormorò e decisi di bloccare la sua parlantina con un altro bacio. Un altro ancora e ancora un altro finché non ci addormentammo con le labbra stanche ma i cuori felici.
Genere: Angst, Fluff, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Eren Jaeger, Levi Ackerman
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno
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Los Angeles- 27 novembre 2019

Eren

Quando uscii dalla mia casa vidi Kenny sul marciapiede con lo sguardo puntato sull’abitazione della sua defunta sorella. Non vedevo quell’uomo da un po' e gli feci un breve cenno con la testa quando si voltò verso di me. Dal suo viso notai che stava male, veramente male. Lo ricordavo come un uomo che parlava spesso, inserendo parolacce nei tre quarti del discorso. Aveva una voce squillante e litigava quasi sempre con il nipote perché adorava prenderlo in giro o sfidarlo a stupidi giochi. Quattro anni fa mi avrebbe salutato con una battuta sul mio ematoma mentre ora non schiuse neanche le labbra e la sua espressione rimase tesa e sofferente. 

Cercai le chiavi della mia auto nella tasca esterna del mio zaino e quando le trovai vidi Levi raggiungere quella di suo zio. Lo guardai di sottecchi, notando come i suoi capelli neri si muovessero leggermente mentre camminava. La sua espressione era illeggibile e distaccata. Capivo perché più di mezza scuola lo adorasse, sembrava quasi una bambola di porcellana con quei lineamenti e la pelle candida. 

Mi riscossi ed entrai in auto, sbrigandomi a mettere in moto per sfuggire da quei due il prima possibile. Ne avevo già abbastanza di Levi. 

Percorsi le strade con una velocità sbagliata, fregandomene delle regole e dei divieti, e arrivai a scuola in anticipo. Vidi l’auto di Armin e mi affiancai, parcheggiandomi nel posto vicino. Scesi con il mio zaino consumato e mi avviai verso l’entrata della scuola, pensando a cosa prendere dalle macchinette per fare merenda. 

Raggiunsi il primo distributore e quasi sbuffai quando notai Erwin vicino ad esso con in mano un bicchierino scadente di caffè. Tra le dita dell’altra mano teneva la bacchetta per mischiare la bevanda e mi guardava come se non aspettasse altro che me. 

‘’Come mai non eri a lezione ieri?’’, mi domandò con un finto tono curioso. Non dissi nulla e infilai le monete nel distributore, scegliendo una merendina tra le meno costose.

‘’Eren, sono preoccupato.’’

Strinsi la mano a pugno contro la plastica trasparente, ‘’lo è solo perché sono mancato il giorno dopo che mi sono preso un pugno. Non è una buona motivazione per starsene a casa?’’

‘’Temi altri eventi del genere?’’

Aggrottai la fronte, sentendo un moto di rabbia rimontare dentro di me. Ora non potevo neanche saltare la scuola senza subirmi un interrogatorio. 

‘’No, volevo solo starmene per conto mio. E’ un reato?’’, domandai con tono canzonatorio, facendo innervosire il professore. Per quattro anni nessuno di loro si era preoccupato di chi veniva maltratto o cose del genere, e poi lo facevano con me, che non ne avevo bisogno.

‘’Sono sicuro che Levi avrebbe bisogno della sua consulenza molto più di me.’’

‘’Levi ha già chi si occupa di lui.’’

Mi chiesi chi potesse essere ma poi pensai alla donna di lunedì e a suo zio. Dovevano esserci in mezzo anche i servizi sociali, dopotutto lui non aveva nessun padre e neanche altri parenti oltre a Kenny. 

‘’Allora è tutto risolto, posso andare ora?’’, presi la mia merendina e la strinsi fin troppo fra le dita quando Erwin mi bloccò una spalla per non farmi andare via. 

‘’Sembra che ci sia del rancore fra voi due e potremmo parlarne. Vorrei evitare situazioni peggiori.’’

A quel punto scoppiai, sentendo di non poterne più di parlare delle solite cose. Era morta sua madre, il trauma era suo eppure sembrava il mio. Allontanai la mano di Erwin con un gesto violento. ‘’Parlare un cazzo, voglio solo essere lasciato in pace’’, esclamai con troppa forza e vidi degli sguardi su di me. Stavo diventando lo zimbello della scuola in meno di una settimana, che record.

‘’Eren, le parole’’, mi rimproverò Erwin ma ormai ero andato, non riuscivo più a bloccare la mia bocca. ‘’Mi lasci fottutamente in pace, okay? Non ho bisogno di aiuto ne di parlare, ne di chiarire qualunque cosa ci sia da chiarire con Levi!’’

Durante il mio discorso da pazzo avevo afferrato un braccio dell’uomo senza neanche accorgermene e poi avevo iniziato a sentire dei mormorii. Sapevo cosa si stessero chiedendo perché ero sempre stato in disparte e, invece, negli ultimi tre giorni mi ero sempre più invischiato nella faccenda Levi. La gente si chiedeva che cosa c’entrassi io con il ragazzo più popolare della scuola. E, diamine, anche io me lo sarei chiesto al loro posto. 

‘’Hai due ore di detenzione dopo le lezioni’’, disse Erwin, prendendo la mia mano per allontanarla da se. Poi mi diede il foglio della punizione, prendendolo da un blocchetto che teneva in tasca, che accartocciai nella mano una volta solo. ‘’Fanculo’’, mormorai e iniziai a dirigermi verso la mia prima aula, cercando di ignorare gli sguardi degli impiccioni.
Incontrai quello di Armin e gli rivolsi un breve sorriso forzato. 

‘’Guarda cosa ho vinto’’, dissi con ironia, mostrando il foglio stropicciato al mio amico. Lui scosse la testa e pressò le sue labbra fra di loro, per niente divertito dalla mia battuta.

‘’E non è neanche cominciata la scuola. Che hai fatto?’’

‘’Discussione con Erwin, credo di averlo tipo mandato a quel paese’’, gli raccontai mentre camminavamo lungo il corridoio, verso le nostre aule che erano vicine il mercoledì.

‘’Chissà quando imparerai a trattenerti.’’

Scrollai le spalle e raggiunsi la mia aula così mi fermai davanti alla porta. Armin guardò il mio viso e mi sfiorò la guancia colpita con due dita, facendomi rabbrividire. ‘’E’ stato bello ieri, senza andare a scuola?’’

‘’Si, ho fatto tipo un party con me stesso.’’

Il mio amico mi guardò scocciato e abbassò la mano lentamente, riportandola al suo fianco, ‘’potresti anche rispondermi sinceramente invece di farlo con ironia ogni volta.’’

Rispondevo così quando ero arrabbiato, forse per mostrare come mi sentissi senza doverlo spiegare. L’unico risultato che ottenevo era quello di irritare gli altri. 

‘’Non ho pensato a Levi, almeno. Per un giorno ho fatto finta di non averlo mai conosciuto, quindi si, è stato bello’’, borbottai con lo sguardo basso. La campanella mi salvò dal nostro piccolo scambio di sentimenti e così salutai Armin prima di entrare in classe, prendendo posto sul fondo di essa.
 

**********


L’ultima campanella della giornata era suonata ma per me non era ancora finita. Mi alzai dal mio banco e uscii dopo tutti gli altri, per niente pronto per due ore di punizione. Mi avviai verso l’aula che veniva usata per questo ma qualcuno mi toccò un braccio e mi dovetti voltare, incontrando degli occhi azzurri su un viso piuttosto carino. 

‘’Si?’’, chiesi alla ragazza alla mia destra, sapendo bene chi fosse. Avevamo fatto le elementari assieme e qualche volta avevamo parlato. Si chiamava Historia ed era nota per essere una delle ragazze più carine della scuola.

‘’Hey, volevo chiederti come stai’’, mi disse con la sua dolce voce.

‘’Alla grande, sto per farmi due ore di detenzione.’’

‘’Mi spiace. E il livido?’’ La sua voce mi impediva di rispondere male. Inoltre, oltre ad Armin, era l’unica che si stava preoccupando per me senza mettere in mezzo Levi. Neanche i miei genitori lo avevano fatto dopo che mi ero inventato la scusa di aver sbattuto e dopotutto non potevo neanche biasimarli, non avrebbero mai creduto che il loro piccolo figlio nerd facesse delle risse.

‘’Sta guarendo. Come mai me lo stai chiedendo?’’

‘’Tutti non fanno altro che parlare di te dicendo che sei stavo cattivo per quello che hai detto e fatto, ma volevo sapere come ti sentissi tu. Posso capire perché Levi faccia così ma anche tu avrai i tuoi motivi e non è giusto quello che dicono di te.’’

Alzai le spalle, sapevo già cosa la gente poteva pensare dopo che io avevo insultato il re della scuola, addirittura dopo il trauma che aveva avuto. Historia aveva le migliori intenzioni ma forse ero davvero una persona cattiva perché avevo scelto il momento peggiore per prendermela con Levi. 

‘’Grazie, suppongo’’, dissi a bassa voce, sentendo un po’ di sensi colpa dentro di me quindi cercai di essere gentile per non farli aumentare. 

‘’Se vuoi parlare io ci sono’’, mi rispose la ragazza per poi salutarmi con la mano e andare verso l’uscita. Guardai i suoi capelli biondi che ondeggiavano ad ogni passo che faceva e mi chiesi perché persone così gentili dovessero perdere tempo con gente come me. 

Ripresi a camminare verso l’aula dove avrei scontato la mia pena. Quando entrai guardai subito i banchi per capire chi ci fosse. L’unica persona di mia conoscenza era un ragazzo dai capelli neri e dai lineamenti affilati: Levi. Era in uno degli ultimi posti e non sembrava molto interessato al libro che aveva davanti. 

Mi sistemai nel banco vicino al suo, non volendo andare nei posti davanti, e lasciai cadere lo zaino proprio quando Erwin entrò in classe. Che fortuna, proprio oggi toccava a lui. 

Presi posto e tirai fuori un libro a caso per far finta di fare i compiti, e iniziai a leggere nel perfetto silenzio di quella classe. Stavo quasi per addormentarmi contro il banco quando sentii la voce di Erwin mentre rimproverava Levi. Sollevai lo sguardo sull’uomo e poi lo posai sul ragazzo non troppo lontano da me. 

‘’Non hai compiti da fare?’’, stava chiedendo il professore, guardando dubbioso il libro aperto di Levi. Il ragazzo scrollò le spalle e gli rivolse uno sguardo strafottente, senza dire nulla. 

‘’In tal caso ti darò qualcosa da fare, sei pur sempre in punizione.’’

‘’Ora come ora non mi interessa dello studio’’, rispose Levi, sollevando un sopracciglio sottile per qualche istante. Sembrava che davvero non gli importasse nulla eppure aveva sempre avuto ottimi voti. Mi chiedevo anche perché fosse in punizione. 

‘’Non costringermi a farti venire anche domani.’’

Mi chiedevo anche perché Erwin non lo stesse trattando con riguardo dopo averlo difeso almeno dieci volte in tre giorni. 

Levi fece un piccolo verso di irritazione, facendo schioccare la lingua, ma per fortuna il professore non lo sentì. Quando Erwin uscì dall’aula per cercare qualcosa da far fare al ragazzo al mio fianco, mi girai verso di lui. 

‘’Che vuoi, Jaeger?’’, domandò scocciato e mi morsi la lingua per non dover rispondere male.

‘’Ti conviene lasciar stare Erwin, ultimamente è diventato una rottura di palle più del solito’’, gli dissi, cercando di mostrarmi comprensivo. Levi sembrò notarlo e annuì. La considerai una piccola vittoria su i miei sensi di colpa.

Erwin tornò poco dopo e diede al ragazzo un libro di letteratura americana assieme a un test da compilare. Levi iniziò a leggere qualche capitolo, facendo di nuovo calare il silenzio in quella stanza.


Los Angeles- 29 novembre 2019


Ymir viveva in un minuscolo monolocale non troppo distante dal mio quartiere. Sapevo che pagasse poco l’affitto poiché quel posto era pieno di macchie dovute all’umidità e spesso non c’era neanche l’acqua calda. Per non parlare dell’aria condizionata, era praticamente inesistente. Ma a lei andava bene stare lì, non doveva preoccuparsi di rovinare le cose se lo erano già. E poi pagava davvero poco, così non aveva bisogno di trovarsi un altro lavoro oltre a quello che aveva in un famoso fast food americano. 

Ogni volta che entravo il mio naso si arricciava per il forte odore di erba che ormai si era impregnato nelle pareti macchiate. Ymir fumava abbastanza, sopratutto il venerdì sera quando io e gli altri andavamo da lei. Gli altri erano Connie e Sasha, avevano la mia età ma frequentavano un altro liceo. Ci eravamo conosciuti a un festival di videogiochi, due anni fa, e avevamo trascorso il pomeriggio a giocare a Dungeons and Dragons assieme ad Ymir che a quel tempo frequentava ancora la scuola. Si era diplomata quell’anno.

Poi avevamo deciso di vederci nella sua nuova casa per continuare a giocare, ogni venerdì sera. Era il mio momento preferito della settimana, potevo fingere di essere qualcun altro, qualcuno di molto figo, e creargli una vita migliore della mia in un mondo più bello. 

Stavo compilando la scheda del mio personaggio, seduto sul vecchio divano di Ymir mentre lei stappava una birra scadente e molto poco costosa, quando Sasha iniziò a parlare.

‘’Ma veramente hai sbattuto la faccia contro un palo?’’, mi chiese, continuando a fissare il mio viso in modo inquietante. Il mio livido stava scomparendo ma era ancora abbastanza visibile e loro tre lo avevano notato e non avevano creduto alla mia bugia. La stessa che avevo detto ai miei.

‘’Esatto’’, risposi senza sollevare lo sguardo dal mio foglio, indeciso se essere un paladino o uno stregone. 

‘’Non puoi essere davvero così idiota’’, rise Connie mentre girava la prima canna della serata, facendolo con una notevole abilità. Allora anche lui aveva un qualche talento. Anche Sasha rise. Invece Ymir rimase seria. Certe volte mi ricordava Levi con quella sua espressione fredda ma per il resto erano abbastanza diversi. 

‘’Secondo me ti hanno picchiato’’, continuò Sasha, allungando una mano verso il mio viso e poi premette l’indice sul mio livido come per appurarsi che fosse vero. 

‘’Che cazzo…’’, sussultai, allontanandomi da lei.

‘’Controllavo che fosse vero.’’

‘’Perché diavolo non dovrebbe?’’, sbottai scocciato, rinunciando a compilare la mia scheda, per il momento. Sasha alzò le spalle e rimase qualche secondo in silenzio per pensare a una risposta. 

‘’Magari volevi sembrare tipo un delinquente per flirtare con una ragazza.’’

Connie rise per la strana teoria e anche Ymir fece un sorrisetto divertito. ‘’Neanche così ci riuscirebbe, sembra comunque un nerd’’, disse il ragazzo.

Alzai gli occhi al cielo ma poi sorrisi, in realtà mi andava bene sembrarlo. E non volevo rinunciare a cose che mi piacevano per poter stare con qualcuno. 

‘’Voi non siete meglio, sfigati’’, li presi in giro e tornai a concentrarmi sul mio personaggio. Alla fine optai per il paladino, almeno in questa vita potevo fare del bene.

Connie accese la canna e la portò alle labbra mentre pensava al suo personaggio. Ymir e Sasha avevano già scelto. 

Amavo davvero quelle serate dove ero completamente me stesso o quasi. Loro non sapevano di Levi e l’argomento non saltava mai fuori per questo. Era un grande lato positivo e me lo ripetevo ogni volta per convincermene. Però sentivo anche che Levi era stato una persona importante e , in parte, era grazie alla nostra amicizia se io ero così e non in un altro modo. Anche se avevo pensato poco a lui negli ultimi anni, quando lo facevo sentivo ancora una morsa al cuore come se tra di noi non fosse tutto concluso. Chissà se provava la stessa cosa o lui aveva già messo la parola ‘’fine’’ sul nostro vecchio rapporto. 

‘’Tutto bene?’’, mormorò Ymir, cercando di non farsi notare dagli altri due che ridevano di chissà cosa. La guardai aggrottando la fronte e annuii. ‘’Mi sembri un po’ su un altro pianeta stasera’’, si spiegò.

‘’Colpa del mio diploma imminente, a scuola mettono troppa pressione.’’

‘’Quindi non c’è nessuna ragazza in mezzo? O… ragazzo?’’, chiese con una strana espressione di chi sapeva più di quello che diceva. Scossi la testa e le rivolsi un sorriso per rassicurarla, ‘’è tutto okay.’’

Iniziammo a giocare, bevendo della birra e fumando dell’erba, almeno fino a mezzanotte. In quelle ore dimenticai Levi, Erwin, la preoccupazione di Armin, la gentilezza di Historia. Tutte quelle cose che mi mettevano l’ansia di dover far qualcosa, di dover essere diverso, migliore, più comprensivo, più disponibile. Invece in questo minuscolo monolocale potevo rispondere come volevo e fare quello che volevo.

Bloccai il gioco quando sentì la suoneria del mio telefono. Lo presi e ritornai alla realtà, sentendo la voce preoccupata di mia madre dall’altra parte. In effetti tornavo sempre per le undici o undici e mezza. Le risposi che ero per la strada e chiusi la chiamata. 

‘’Continuiamo la prossima volta’’, dissi pigramente, accorgendomi del mio strano tono di voce rilassato, fin troppo. Doveva essere l’erba. Mi alzai senza aspettare risposta, e andai in bagno. Anche quello era piccolo e puzzava ancor di più del salone. Quell’olezzo di marijuana era letteralmente ovunque. 

Guardai il mio riflesso cercando di non svenire alla vista del mio viso. Il mio zigomo era ancora viola e i miei occhi arrossati. Mi lavai la faccia con acqua fredda per cercare di riprendermi inutilmente. Sentivo un gran bisogno di dormire per sempre. Anche i miei capelli erano un disastro e andavano da tutte le parti così li bagnai con dell’acqua. 

Uscii dal bagno e vidi Connie ridere di me, ‘’ti sei fatto una doccia vestito?’’, disse. Presi la mia felpa nera e la infilai, sollevando il cappuccio sulla mia testa.

‘’Vaffanculo, nerd’’, dissi ironicamente e dopo aver preso lo zaino mi avviai verso l’uscita. I miei amici mi fecero un cenno di saluto e io oltrepassi la porta, trovandomi fuori. 

In California non faceva mai troppo freddo però, quando il sole calava, le temperature si abbassavano notevolmente grazie al deserto attorno alla mia città. Non amavo particolarmente l’inverno però era piacevole il vento fresco della notte quando dovevo schiarirmi le idee. Aveva anche un buon profumo se andavi verso i dintorni di Los Angeles. 

Camminai per la strada, incontrando poche macchine, e raggiunsi la mia via in un quarto d’ora. Mentre percorrevo il marciapiede abbastanza largo, calciai una lattina di coca cola per terra e non mi accorsi, almeno non subito, di Petra. Quella ragazza risultava attraente anche quando indossava una tuta che copriva la maggior parte del suo corpo. Dalla felpa sbucavano i suoi capelli biondi, tendenti al rosso. Mi guardò e mi sorrise prima di andare a suonare il campanello degli Ackerman. 

Io suonai il mio, trovandomi davanti mia madre con un’espressione furente. Entrai, iniziando a scusarmi, dicendo che non avevo visto l’ora e alla fine mi perdonò, anche se mi costrinse a tornare prima delle undici la prossima volta. Accettai solo perché volevo andare a dormire e salii al piano di sopra, grato che non avesse notato i miei occhi rossi. 

Entrai in camera e mi spogliai, infilandomi una vecchia maglietta dei Beatles e dei pantaloncini. Decisi di mettere della musica per addormentarmi e optai per il nuovo album degli Arctic Monkeys. 

Le dolci note di Ultracheese invasero la mia camera mentre ero sdraiato sul letto, fissando il soffitto in legno. Quella canzone mi ricordò Levi e sentii gli occhi pizzicare. ‘’Fanculo’’, mormorai, portando le mani sul mio viso, dando la colpa all’alcol, all’erba, alla voce di Alex Turner e alle parole della canzone per la mia emotività. Avrei voluto smettere di pensare perché, ormai, in quella settimana lo stavo facendo troppo. E troppo spesso il soggetto principale era Levi Ackerman. 

Abbassai le mani dal mio viso e guardai fuori dalla finestra, notando che quella del mio vicino fosse priva di tende. Vidi Petra con il reggiseno ma ancora i pantaloni della tuta. Stavo per distogliere lo sguardo ma poi notai che non fosse felice, anzi stava probabilmente piangendo. 

Cambiai posizione per poter guardare meglio e notai Levi seduto sul suo letto. Lui non era agitato come lei e non fece niente quando Petra si rivestì in fretta e uscì dalla camera. 

Mi alzai in piedi e mi avvicinai alla mia finestra, troppo curioso per bloccarmi. Anche se non potevo sentire, sussultai comunque quando Levi diede un pugno contro la porta. Avevo una mano poggiata sulla mia scrivania e ne strinsi il bordo, desiderando, non so per quale motivo, di essere nella casa di fronte alla mia. 

Levi si accorse di me e mi guardò negli occhi per secondi che mi parvero ore, tanto che riuscii a leggere nei suoi qualcosa che non fosse indifferenza o freddezza. Poi chiuse la tenda così velocemente che mi domandai se la scena di poco prima fosse stato solo un sogno. 

Sentii qualcosa di caldo scorrere sulle mie guance e capii che fossero lacrime. Era arrivato il momento di andare a dormire.

 
   
 
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