[ W: 502
| C: John Watson ; Mrs Hudson | Tag: inS1 ]
Ago e
filo
Watson
è un ottimo dottore e un eccellente chirurgo. Certo, in guerra le sue doti non
sono state utilizzate al massimo del potenziale: era piuttosto importante
evitare un’amputazione rispetto a rifinire i lembi di una cicatrice con dei
punti di sutura eseguiti alla perfezione. In ogni caso dovrebbe essere bravo a
cucire.
I
video illustrativi che sta cercando di seguire lo stanno solo confondendo,
tanto che non percepisce la differenza tra il punto indietro e quello invisibile.
Queste ultime sono appunto due tecniche che presume possano servirgli per
svolgere il lavoro.
Sbuffa
John, già si è arreso. Se solo avesse prestato un poco più attenzione alla
madre quando era intenta a rammendare qualche panno consunto.
Eccola
l’illuminazione. John potrebbe, con una certa vergogna s’intende, provare a
chiedere alla padrona di casa. Gli è sembrata tanto gentile e accomodante per
quel poco che la conosce. Ma come giustificare i suoi intenti? Perché mai si
sognerebbe di dire alla donna il motivo reale che lo sta spingendo ad imparare
a cucire.
*
«Venga,
si sieda qui che vado a prendere l’occorrente.» la signora Hudson l’ha accolto
dopo che egli si è trattenuto una buona mezz’ora sul pianerottolo a ragionare
sul da farsi. Approfittando dell’assenza del coinquilino alla fine è sceso con
un paio di calzini bucati.
«Mi
faccia un po’ vedere.» Martha inforca degli occhiali dalle lenti spesse e
analizza il foro sulla calza. «Un taglio netto.» commenta con un sorrisetto.
Watson deglutisce a vuoto rammaricato del fatto che la sua piccola truffa è
stata già scoperta.
L’uomo
è quasi sul punto di scusarsi, ringraziare e tornarsene da dove è venuto con la
coda tra le gambe, quando la signora senza scomporsi gli porge ago e filo.
«Potrei
occuparmi io di certi lavoretti, ma se insiste tanto a voler imparare…» lascia
la frase in sospeso facendo cenno a John di infilare anche il ditale.
Assieme
tendono la stoffa scura su un uovo di legno. Il dottore fa passare il filo
nella crune dell’ago e ne fa un nodo all’estremità. Non capisce cosa se ne
dovrebbe fare di quel ditale scomodo che invece di facilitarlo nel compito lo
sta solo intralciando.
«John,»
lo rimprovera bonariamente la signora «nel suo mestiere forse non è abituato,
ma questo la deve aiutare a spingere l’ago nel tessuto: così.» gli spiega
accompagnando i movimenti delle sue dita.
Dopo
un buon tè caldo e qualche esperimento, oltre che sui calzini, anche su degli
scampoli di stoffa, John può dirsi soddisfatto e si congeda prolungandosi in
affettuosi ringraziamenti.
Tornato
in camera ripone i calzini nel cassetto del comodino, togliendo di mezzo anche
le forbici che aveva usato per bucarli. Finalmente può concentrarsi sul suo
reale problema: la piega dei pantaloni.
Non
fa a tempo, per sua fortuna, a tirarne fuori dall’armadio neppure uno, che
sente i passi svelti del coinquilino che rincasa.
John
si sbriga ad uscire dalla stanza, rimpiangendo i tempi in cui gli
confezionavano uniformi su misura e non doveva fare i conti con quei quindici
centimetri di troppo.