Cap.3 Bonkon
La fiamma costante,
che è in uno Status differente da tutti voi
I deboli faranno
meglio a venerarmi.
Skull ricominciò a
camminare e raggiunse la sua
motocicletta, appoggiata contro una statua di marmo ritraente una donna
con
un’anfora.
“Tutte le grandi famiglie
discendono da un’unica, tranne una”
spiegò.
“I Simon?”
tentò Xanxus, giocherellando con la mezza perla
che teneva tra i capelli ferma con un laccetto.
“Le fate. I Simon era uno
dei primi rami cadetti della
stessa famiglia” rispose Skull.
Xanxus lasciò andare di
colpo la mezza perla e allontanò le
mani così velocemente da far ondeggiare la sua coda di
procione.
“Le fate?”
domandò sorpreso.
“Notate le ali sulle spalle
di Tsuna quando attiva i suoi
poteri da divinità? Ultimamente so che le sta allenando
parecchio per evitare
che l’oscurità che avete imprigionato vi
scappi” disse Skull, voltando il capo.
“Sì, le ho
notate. Chi non le ha notate?” domandò Xanxus.
< Hanno preso la sua
iscrizione alla scuola delle
divinità per settembre, una volta finite le medie a
Namimori, proprio per
quello. Il bambino non fa altro che svolazzare e ho l’ansia
che quando andrà a
Tokyo diventerà un bersaglio proprio per la sua
vistosità > pensò.
Skull si strinse l’addome.
“Settimo cercò
di cambiare le cose, alleandosi con le
creature fatate. I veri nemici dell’unica famiglia. Quella
tra Vongola e
Atlantidesi, tra Agartha e demoni, è una guerra civile della
famiglia
originaria. Per questo i Vongola puniscono nel sangue i traditori
interni”
spiegò.
< Quel movimento…
Sembrava uno spasmo. Non è che sta
male? > si domandò Xanxus.
“Quindi sono tutte guerre
civili tranne quelle con le fate?”
chiese.
< Probabilmente la regola dei
Vongola di essere uniti
nasce proprio dalla necessità non si creassero guerre civili
all’interno delle
fazioni già impegnati in una guerra civile >
rifletté.
“Le altre creature fatate o
si sono estinte o hanno cambiato
in parte il loro DNA. Hai notato che adesso gli elfi sono tecnologici?
Era per
non essere sterminati. Le fate sono puriste, piccole e
caparbie” spiegò Skull.
“…
Tsuna…” esalò Xanxus.
“Sei l’unico
figlio del ‘vero’ Nono ad avere sangue fatato,
come il fratello.
Vedi, gli dei originari si
stabilirono al centro della
Terra. Schiavizzarono gli uomini e mischiarono il loro sangue con essi,
creando
la stirpe originaria. Che dominò il mondo.
Capisci perché
mezzosangue?” domandò Skull.
Xanxus si massaggiò la
fronte, avvertiva un fastidio alle
tempie.
< Vero Nono? Perché
quello che conosco io è falso?
Spiegherebbe strane frasi che dicevano Levi e mia madre, ma…
Ah, non ho tempo
per pensare anche a questo.
Quello che mi sta dicendo questo tipo
è già abbastanza
complesso e non devo perderne niente se voglio davvero fare il re
> pensò.
“Perché sono
mezzofata?” tentò.
Skull ghignò e si
leccò i denti bianchi.
“Squalo è
mezzostrega. A ognuno il suo” scherzò.
Xanxus tentò un sorriso.
“Una bella
accoppiata… Però che vuol dire?”
s’informò.
Skull si mise davanti a lui e
piegò il capo, guardandolo in
viso, le mani sui fianchi.
“I maledetti dagli dei sono
o streghe o alchimisti. Per
quanto sia un’arte che si può imparare, di solito
si eredita sin dalla nascita.
I mezzosangue in quel senso sono mezzi maledetti. Anche i traditori che
non
vengono uccisi, come Daemon, vengono maledetti a quel modo”
spiegò.
“Ricardo era alchimista
mezzostrega” esalò Xanxus,
avvertendo un dolore lancinante alla testa.
< Non so perché lo
so, ma lo sento… Ecco che sento
nuovamente quella sensazione d’intorpidimento. Forse non sono
i postumi del
ghiaccio, forse è altro > rifletté.
“Sai da che famiglia
discendono i Vongola?” chiese Skull,
sporgendosi verso di lui.
“Dai Borbone”
rispose Xanxus.
“Chi erano?”
chiese Skull, guardandolo ritirarsi.
“Erano
gl’imperatori del pianeta?” tentò
Xanxus,
massaggiandosi la spalla.
“Non ti vedo molto
convinto” gli soffiò Skull in faccia.
“No, ne sono
convinto” brontolò Xanxus, indietreggiando.
“Erano i sovrani del
pianeta tranne America, Giappone e
Cina. Ed ovviamente non possedevano né Atlantide,
né Agartha, né Laputa”
spiegò
Skull.
Xanxus si grattò la testa.
“Il re dei Borbone, Pietr,
non aveva conquistato Laputa e
Atlantide?” domandò.
< Se ricordo bene,
c’era scritto questo nei libri che
stavo studiando prima del congelamento > rifletté.
“Laputa è
caduta, Atlantide resiste. Agartha è alleata solo
perché ne ha sposato la regina e l’ha promessa in
sposa nelle sue molte
reincarnazioni ai suoi discendenti. Contaminando la sua stirpe a tal
punto da
fargli sviluppare un demone” spiegò Skull,
tornando alla sua moto.
“Quindi è per
questo che i Vongola finiscono per avere un
demone?” chiese Xanxus, guardando le fattezze della statua.
< Mi deve dire qualcosa?
> pensò.
“Sicuro sia quello il tuo
interesse?” domandò Skull, tirando
su il cavalletto.
“Non te l’avrei
chiesto altrimenti” borbottò Xanxus.
“Sì ed
è per questo che abbiamo un diapason che ci divide
dal nostro demone, sdoppiandoci” rispose Skull.
“Ho capito”
borbottò Xanxus, allontanandosi.
“Il dio degli dei venne
ucciso dalle altre divinità per
prendere il suo potere” disse Skull, dando gas.
Xanxus corrugò la fronte.
“Il suo uccisore
sposò la dea moglie del dio degli dei”
proseguì Skull, mettendo in moto.
“Cosa c’entra con
quello che stavamo dicendo?” si lamentò
Xanxus, vedendo che gli girava intorno.
“La madre di Giotto, moglie
di Pietr, regina di Agartha, è
questa dea. Che ora si è gemmata fino ad essere Aria e
presto sarà Yuni. Lei,
il cielo degli arcobaleno…” spiegò
Skull.
“Bah, Squalo mi aveva
accennato qualcosa del genere. Per
questo io ero promesso a una tipa blu, forse…”
rifletté Xanxus, grattandosi la
testa.
“Ti chiarisco le
idee… Tu sei promesso ad Aria, Tsuna a Yuni”
disse Skull, distanziandolo lungo una stradina di ciottoli.
“Lo so, lo so.
Però ero anche promesso alla contessa di non
mi ricordo cosa…” brontolò Xanxus,
inseguendolo.
“La contessa
l’hai uccisa” disse Skull, fermandosi davanti
al cancello.
“Giusto”
borbottò Xanxus, mentre Skull parcheggiava
nuovamente.
“Non mi chiedi chi sono i
signori degli altri paesi?”
domandò, scendendo dalla motocicletta.
“L’imperatore
della Cina, l’imperatore del Giappone e il
presidente dell’America…”
enumerò Xanxus.
“Ti aveva parlato di una
famiglia unica” lo richiamò Skull,
iniziando ad aprire il cancello.
“Evidentemente Borbone,
presidenti e imperatori discendono
tutti dalla stessa famiglia” disse Xanxus, mentre si sentiva
un cigolio.
Strofinò gli stivali sul ciottolato, togliendosi il fango
che si era solidificato
dagli stivali. “A quale famiglia?”
domandò.
“La dea e il nuovo dio
degli dei fondarono Agartha e il loro
figlio primogenito conquistò tutta la Terra. Anche Atlantide
e Laputa, qui creò
l’oggetto con cui cambiare DNA alle creature fatate che si
piegavano a lui.
Tutte le altre, come gli umani che si ribellavano, li spazzò
via” spiegò Skull,
finendo di aprire il cancello.
“Quindi discendiamo tutti
da questo figlio del dio degli dei
e regina?” domandò Xanxus.
“E
dell’umana che
costrinse a sposarlo, fondendo le specie” disse Skull,
mettendosi sulla moto.
“Ah” disse
Xanxus, mettendosi davanti alla moto.
“Per questo Pietr secoli
dopo dovette cambiare le fiamme.
Avevano perso troppo dei poteri divini, le fiamme antiche non potevano
più
padroneggiale e perciò creò un nuovo
tre-trinisette” rispose Skull, posando i
piedi per terra.
“Un nuovo cosa?”
domandò Xanxus, afferrandolo per il polso.
Skull rabbrividì,
rispondendo: “Un tempo c’era un
trinisette, ora, quello che voi conoscete come trinisette, in
realtà sono tre
trinisette”.
“Quindi ci sono tre
trinisette?” chiese Xanxus, guardandolo
in viso.
“Altrimenti dove
collocheresti la fiamma della terra?” gli
domandò Skull.
“Qual è il nome
della famiglia?” lo interrogò Xanxus, la
luce del sole illuminava una goccia viola sulla guancia di Skull.
“I Bonkon”
rispose Skull. Un fulmine cadde dal cielo, Xanxus
saltò all’indietro, rabbrividendo.
“Che
caz…” sussurrò.
< Quindi compresi americani,
atlantidesi, etc.
discendiamo tutti da questi qua > pensò.
“Byakuran ha cercato di
cambiare questa realtà tentando di
possedere tutti i poteri attraverso gli oggetti di tutti i trinisette,
ma ha
finito sempre e solo per distruggere l’universo e fallo
ripartire da capo,
creandone a cascata altri quasi uguali e paralleli”
spiegò Skull.
“Quindi è
immutabile?” domandò Xanxus, afferrandogli il
braccio.
“Quando Giotto decise di
non fare il re obbligando il
fratello a diventare reggente, il tempo si è così
distorto che ha sfogato la
sua immutabilità nel fare in modo che tutto si ripetesse
sempre uguale da lì in
poi. Legando a un giuramento di amicizia, divenuto di
schiavitù, tutti i suoi
amici. Compresi quelli delle altre famiglie, incatenandoli ai diversi
anelli o
oggetti del trinisette. Compresa sua moglie, che si legò al
ciucciotto del
Cielo” rispose Skull.
“Quindi tutto si ripete
perché Giotto non ha voluto fare il
re?” chiese Xanxus e sentì l’altro
rabbrividire.
“Giotto aveva in mano il
destino del mondo, un peso troppo
gravoso per le sue gracili spalle. Avresti perdonato Tsuna nel non
volersi
prendere responsabilità, perché lui
no?” questionò Skull, abbassando la visiera
del casco.
“Perché
così ha condannato tutti quanti? Tsuna non ha
condannato nessuno” ringhiò Xanxus, ed
aumentò la stretta.
“Sei sicuro?”
domandò Skull.
“Sì”
ringhiò Xanxus.
Skull si liberò dalla
stretta e chiese: “E i Dieci anni nel
futuro?”.
“Quelli sarebbero successi
solo se diventava Boss” disse
Xanxus.
Skull si liberò dalla
presa con il tonfa.
“No, è
l’universo che cambia per farlo essere tale proprio
quando si rifiuta. Come si è ribellato alla scelta di
Giotto” ruggì.
“L’’universo
dovrà adeguarsi!” sbraitò Xanxus.
“Più probabile
ci uccida tutti” ribatté secco Skull,
rimettendo il tonfa al suo posto.
“Non puoi costringere
qualcuno ad essere quello che non è”
disse Xanxus secco.
“Se ignori lo spaziotempo,
finiremo per morire tutti”
rispose Skull.
Xanxus si mise nuovamente davanti
alla motocicletta.
“Ci deve pur essere un modo
per sbloccare il tempo” disse
secco.
“Solo il nuovo imperatore
supremo di Agharta e del mondo, un
nuovo Bonkon, potrebbe cambiare il destino e risvegliare il dio degli
dei: il
re dormiente” mormorò Skull con voce tremante.
“Quindi qualcuno dovrebbe
diventare l’imperatore del pianeta
e degli dei?” domandò Skull, le sue iridi rosso
tramonto si tinsero di
sfumature più scure.
“Solo chi ne
sarà degno” rispose Skull.
“E
come scopriamo
chi ne è degno?” tentò Xanxus.
“Ti senti tu un
dio?” lo interrogò Skull, con tono serio.
“Posso diventarlo se
serve” ribatté secco Xanxus,
conficcando le punte delle scarpe.
“Cosa vuoi Xanxus?!
Fare il boss?
Fare il dio?
Fare il re?” lo
incalzò Skull.
“Occuparmi delle persone
che contano su di me, anche a costo
di cambiare lo spazio-tempo” rispose Xanxus.
< Non ce la faccio, non
adesso, non dopo quello che è
successo con Squalo, ma devo > pensò.
“Non credi di
sopravalutarti?” lo sfidò Skull.
“Sono abbastanza forte per
farcela” disse deciso.
“Anche immodesto”
rispose Skull, rialzando il cavalletto.
Xanxus rise.
“Mai detto di non
esserlo” ammise.
“Richiamami quando avrai
deciso cosa vuoi fare precisamente”
rispose Skull e partì con la motocicletta, attraversando il
cancello.