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Autore: MadLucy    29/06/2019    0 recensioni
E se la realtà alternativa descritta in The cursed child, in cui Voldemort ha vinto la guerra, fosse quella del presente?
Delphini Riddle, l'Augurey, è il braccio destro di Lord Voldemort. Al grido di "il futuro è nelle nostre mani", il suo compito è fungere da modello per la nuova generazione di maghi, infondere in loro ambizioni di potere e asservirli alla causa dell'Oscuro Signore.
Ted Lupin, orfano come fu il suo padrino, si dà alla macchia insieme a Ron e Hermione, ormai rimasti gli unici membri in vita dell'Ordine della Fenice, e cerca vendetta contro il regime che ha ucciso i suoi genitori e lo vuole morto.
Roxanne e Dominique Weasley combattono dall'interno di una Hogwarts ormai ostile, che non è più la casa di nessuno, con il sostegno di un unico professore ancora fedele ai valori dell'Ordine, Severus Piton.
Victoire Weasley invece è un'anti-eroina, si sente sempre più incompresa e distante dalla posizione che i Weasley hanno sempre occupato, stregata da una sinistra attrazione per chi non dovrebbe.
Lysander e Lorcan Scamander, giovani veggenti, recitano una profezia. Tutto viene messo in dubbio. Cosa accadrà?
Genere: Azione, Dark | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash | Personaggi: Delphini Riddle, Dominique Weasley, Roxanne Weasley, Teddy Lupin, Victorie Weasley | Coppie: Teddy/Victorie
Note: What if? | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Nuova generazione, Da VII libro alternativo
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Note: Ciao a tutti! Ecco a voi il secondo capitolo. Mano a mano le informazioni sui destini dei personaggi che in The cursed child non trapelano, e che ho quindi inventato, vengono fornite. Spero che la storia vi piaccia, se così fosse lasciate pure una recensione, anche per indicare ciò che secondo voi non è convincente, eccetera. Grazie anche solo a chi legge!



For Voldemort and Valor

Capitolo 2: The future is ours to make


«C'è un motivo se preferisco le Babbane. Perchè non sanno chi io sia veramente» spiegava Delphi. Camminava in tondo intorno ad una strega magicamente avvinta a una sedia, Hannah Abbott. Nella sua mano pulsava cruento un organo che ruscellava di sangue fresco, un cuore. «Non sono tutte impaurite e sottomesse, come le streghe... Non ho di questi kink, giuro. Anzi, se mi si prende per il verso giusto, mi piace pure farmi comandare un po'... Ma senza esagerare» puntualizzò, indicando Hannah con la bacchetta, a mo' di biasimo, come se fosse stata lei ad insinuarlo. «Con le Babbane io posso essere, sai, solo Delphi. Essere sadici è faticoso, Hannah. A volte fare la ragazza qualsiasi e sparare un po' di stronzate è come tirare un respiro di sollievo.»
Delphi giocherellava con il cuore. Ogni volta che piantava una falange tra le fibre del muscolo, Hannah Abbott si contorceva tra i tralici neri che la serravano allo schienale della sedia, fino a rovesciarla. 
«Pietà!» pianse, con un filo di voce. 
«Non sono io il boss» rispose Delphi, facendo spallucce, pragmaticamente. «Non spetta a me elargire pietà. Io sono l'Augurey del Signore Oscuro, niente di più.»
«Uccidimi» gemette Hannah. La ragazza non le diede ascolto. 
«Mio padre... Per lui è difficile accettare che ormai sono grande. "Sei troppo incauta, Delphini"» gli fece il verso, distorcendo la voce in una tonalità più bassa. «Ho vent'anni, accidenti. Ho bisogno dei miei spazi. Glie l'ho detto tante volte!»
Quasi come riflesso involontario, Delphi diede una strizzata al cuore, e Hannah Abbott lanciò un grido lacerante. 
«Ho persino instagram, non per vantarmi ma quasi cinquantamila follower, non è da tutti... Sai che cos'è instagram? No?» Delphi scartò la sua ascoltatrice con la mano. «Beh, pazienza. Non potrei mai rinunciare all'estetica della mia pagina. È una fortuna che il Signore Oscuro non sia interessato a leggere quel genere di ricordi, altrimenti mi tirerebbe le orecchie.» Il suo tono allegro si fece improvvisamente serio. «Non mi fraintendere. Non ci sono segreti tra me e mio padre. A proposito di segreti... c'è qualcosa che vuoi dirmi, Hannah? O dovrò estrapolarlo?»
Hannah articolò le parole lentamente, difficoltosamente. 
«Ciascuno di noi... prende un antidoto al...Veritaserum e -alla rimozione dei ricordi. Se proverai... le informazioni che cerchi... si cancelleranno.»  
«Granger» inveì Delphi, un po' come deduzione, un po' come imprecazione. «Astuto, ma non sufficiente. I nascondigli, Hannah. Elencami i nascondigli e ti lascerò morire.»
Hannah Abbott fece segno di no, debolmente. Era ancora a terra, sotto la sedia, il viso coperto dai capelli.
«No?» Delphi parve delusa. Nella sua mano comparve un ago. Con quello, cominciò a bucherellare la superficie del cuore, senza interruzione. Hannah tremava, singhiozzava e supplicava di morire, ma non parlava. Delphi spremette il cuore, lo scottò con il fuoco, lo aprì in due. Hannah morì due ore più tardi, quando finalmente anche il resto del corpo, diviso dal cuore, cedette all'oblio, e la sua mente riuscì a spegnersi. Delphi mollò lì dov'era il cadavere, nelle grotte di Aillwee, e tornò in superficie, dove Rookwood e Selwyn attendevano sue istruzioni. 
«Andiamocene» ordinò seccata. Voleva solo farsi una doccia e pulirsi via quel sangue copioso ed estraneo. Sprecare l'incantesimo appena inventato per un tentativo fallito sembrava di cattivo auspicio. Ora la bellezza dell'incantesimo in sè sarebbe passata in secondo piano: la formula era cardium erue e permetteva di manipolare il cuore della persona mantenendone attive le funzioni vitali, ma condannandolo ad una lunga, atroce sofferenza; oltre a questo non c'era altra utilità. Ma il semplice fatto di poter rendere il corpo indipendente dal cuore per un certo lasso di tempo aveva una certa rilevanza accademica, puramente teorica. Delphi sperava di ricevere i complimenti del Signore Oscuro, ma non era più certa che sarebbe andata così. Hannah Abbott era stata eliminata, ma dalla sua morte non si era ricavato nulla.
Una volta a Gaunt Manor, Delphi si diresse in camera propria. Era molto sobria, con mobilio in legno di noce, drappeggi di seta nera che pendevano dal soffitto, una chaise-longue damascata e un letto con baldacchino a muro con tende di broccato; però, a Delphi bastava ruotare il paralume della lampada sul comodino per rivelare i graffiti alle pareti, il televisore e le scarpe disseminate sul pavimento. Su un trespolo stava appollaiato un bellissimo esemplare di Augurey, di grandi dimensioni, che appena la vide emise un verso e sbattè le ampie ali grigio-verdastre. Delphi gli accarezzò il becco, schioccando la lingua sul palato. «Sì, sì, anche tu mi sei mancato...» Appena notò che aveva dei piccoli singulti, si voltò verso il corridoio, stizzita. «Terry! Lo sai che Nergal è allergico al gelsomino, stupida elfa. Se spruzzerai di nuovo quella roba in camera mia ti farò impiccare sul posto, intesi?!»
L'elfa domestica biascicò delle scuse. Delphi si spogliò e si infilò nel suo bagno, provata. L'acqua si portò via la stanchezza e il ribrezzo dei flidi corporei altrui. Erano diventate operazioni fuori porta di routine, e quand'era più piccola le aveva tanto bramate, anche se ora aveva finito per trovarle sfinenti. Infine si concesse di indossare una t-shirt e buttarsi nel letto, sul quale si addormentò non appena sfiorò il cuscino con la testa. 

***

I seguenti due giorni a Hogwarts furono una seccatura per Dominique e Roxanne. Tutti quanti non facevano che parlare della visita dell'Augurey, confezionare omaggi da offrirle, esercitarsi in incantesimi che difficilmente avrebbero potuto sfoggiare. Loro due si tenevano defilate, come Ted, Hermione e Ron avevano raccomandato, senza esibirsi negli impertinenti commenti che di solito non trattenevano mai, nemmeno davanti ai professori. 
«Molly ha organizzato una specie di esibizione piena di lucine, una cosa imbarazzante» riferì Roxanne, storcendo il naso. «Sembra che si sia dimenticata che il suo idolo sta dalla parte delle stesse persone che hanno ucciso zia Ginny e zio Fred. Quando l'ho detto a Lucy, lei mi ha risposto che spargere l'odio non serve a niente, e scemenze varie. Sembrano lobotomizzate.»
«Sappiamo che la colpa è di zio Percy e che i nonni ce l'hanno con lui per questo. È il motivo per cui Lucy e Molly si comportano così, anche se non lo dico per giustificarle. Ma Victoire!» protestò Dominique, ferita. «Nostro padre non leccherebbe mai i piedi ai Mangiamorte, e non si umilierebbe facendo certe dichiarazioni. Certo, non è un ribelle, i nostri genitori hanno fatto questa scelta per proteggere noi, ma sa ancora riconoscere cosa è giusto e cosa è sbagliato. Quando siamo soli in casa smette di fingere, dice che gli fa schifo tutto questo. Io e Louis siamo normali, infatti. Allora perchè Victoire è impazzita?»
«Ha diciassette anni» le fece notare Roxanne. «A diciassette anni impazziscono sempre. Aspetta l'anno prossimo e anche Fred ci lascerà con il cervello.»
«Non fa altro che scrivere lettere in francese alla mamma, studiare e isolarsi da tutti. Le interessano solo i voti e l'obbedienza. Se spera di ricevere qualche riconoscimento scolastico, purtroppo fare la traditrice non l'aiuterà molto, perchè per quelli là il suo sangue è sporco e non c'è rimedio» commentò Dominique, acidamente. La sua voce si fece triste. «Sembra che non le piaccia nemmeno più Teddy. Oh, Roxy, sarebbe uno schifo se non si mettessero insieme. Non si sposerebbero mai, e lui non diventerebbe mai veramente parte della nostra famiglia.»
«Lo è già, dai» la confortò Roxanne, battendole una mano sulla spalla. «Non c'è bisogno di un matrimonio. Gli vogliamo tutti bene.» Fu incerta se continuare, notando l'abbattimento della cugina. «Per tua sorella in realtà sarebbe meglio dimenticarsi di Teddy. Anche mia madre lo diceva, un giorno.»
«Perchè mai? Teddy è il ragazzo migliore del mondo» s'accalorò Dominique.
Roxanne la scrutò in viso con tristezza. «Beh, sì, ma... è un ricercato, no? Mantenere una relazione con un ricercato è impegnativo. O lo dovrebbe diventare anche lei, o dovrebbe rassegnarsi all'idea che suo marito non c'è quasi mai, e può morire in qualsiasi momento.»
Dominique non potè ribattere, ma scosse la testa, ombrosa. «L'amore dovrebbe andare oltre a queste cose, dovrebbe vincere sempre.»
«Anche Harry Potter avrebbe dovuto vincere» obiettò Roxanne, cupa.
L'Augurey era uno di quei personaggi che conoscevano da sempre, in un certo senso, e di cui non sapevano in realtà nulla, per altri versi. C'era sempre stata, come Voldemort c'era sempre stato. Non c'era un prima, ed era difficile immaginare un dopo. Se il padre conferiva l'aura di potere incrollabile al regime, la figlia ne era l'immagine. La magia oscura aveva lasciato a Voldemort un aspetto inquietante, serpentesco, emaciato, che ricordava più la morte che la vita. Delphini invece era una ragazza di ordinaria bellezza, un ritratto di giovinezza e salute, il fasullo incarnato florido del regno dell'Oscuro Signore: prometteva un futuro roseo per tutti, non soltanto la cerchia dei Mangiamorte. Un erede, l'anello di una catena dinastica, era qualcosa di rassicurante, che poneva le basi per un punto di partenza, un orizzonte solido, di continuità, che faceva ben sperare i genitori in giorni nuovi per i figli. Quella non era presentata come una dittatura, bensì come la forma di governo migliore per il mondo magico, in grado di portare più ricchezza e più benessere, grazie all'obiettivo del regime di smettere progressivamente di nascondersi e prendere il sopravvento sui Babbani. Ci sarebbero state tante nuove cariche prestigiose per i giovani maghi purosangue nel Ministero e la promessa di uno stato sociale superiore per i Mezzosangue, con il trascorrere delle generazioni e la scomparsa di Babbani nell'albero genealogico. La piramide sociale che era stata stabilita permetteva che anche i membri del mondo magico svantaggiati e disciminati dal sistema avessero comunque una classe inferiore su cui accanirsi, da disprezzare e su cui rigettare la colpa dei problemi della società. Il timore verso i maghi di classe superiore veniva a sommarsi all'odio per Nati Babbani, Babbani, ibridi o Maghinò, fortemente fomentato dal regime tramite la stampa, il quale impediva l'associazione e le rivolte di massa dei più deboli, che solo insieme avrebbero costituito una minaccia. Fintanto che i gruppi rimanevano isolati l'uno dall'altro, diventavano gli uni i carcerieri degli altri, utili ed efficaci quanto i Mangiamorte.
L'Augurey rappresentava il nuovo prototipo di giovane di successo, eccelsa nella magia, devota all'Oscuro, discendente di un'antica famiglia purosangue. Tutti volevano essere lei, e di conseguenza emulavano tutto ciò che veniva lasciato trapelare sulla sua persona. Le sue parole passavano di bocca in bocca tra gli studenti di Hogwarts, che le ripetevano rapiti, come un incantesimo, un rituale, quasi che potessero sprigionare un effettivo potere. Dominique e Roxanne erano cresciute con l'abitudine di trovare articoli che riguardavano le sue prodezze sulla Gazzetta del Profeta. Nelle foto, che la raffiguravano da una certa distanza per mantenere una buona cortina di mistero, era sempre fiera, seria, con il mento alto e la divisa militare del suo vestiario caratteristico: piume nere significavano morte per i Nati Babbani. Non era raro vedere il suo simbolo, un Augurey racchiuso in un blasone, inciso dagli studenti sui muri di Hogwarts. I Mangiamorte si guardavano bene dal ripulirli. 
Le cugine Weasley si sforzavano di condurre le solite vite: Roxanne partecipando agli allenamenti di Quidditch, in cui era Battitrice, e Dominique leggendo libri sugli Unicorni, la sua passione. Però si verificò un incidente, al di là delle loro previsioni. Durante la lezione di Pozioni, che i Grifondoro avevano in comune con i Serpeverde, Scorpius Malfoy cercò di impedire l'assegnamento di compiti per il giorno seguente, in quanto "l'Augurey sarebbe venuta in visita", quindi non ci sarebbe stato modo di farli il mattino dopo.
«Nessuno ti obbliga ad andarla ad ascoltare, Malfoy, magari è meglio se resti a studiare» si lasciò sfuggire Roxanne, pentendosene subito dopo, ma sommamente infastidita dal suo modo di fare pomposo, come se essere imparentato con un'assassina fosse motivo di vanto. 
Il viso di Malfoy si aggrottò di ostilità. «Non ci vai, Weasley? Perchè, pensi che te lo avrebbero permesso? I parenti dei Nemici dello Stato non sono ben accetti.»
«I veri nemici dello stato sono quelli che vogliono la morte di metà della popolazione» intervenne Dominique. 
Il professor Piton spense sul nascere il litigio, assegnando alle due Weasley una punizione, al solo scopo di sottrarle alle vere punizioni di qualche altro insegnante e per fare loro una ramanzina.
«Comportarsi in quel modo, il giorno prima dell'arrivo dell'Augurey» sibilò, dopo aver messo in sicurezza il ripostiglio degli ingredienti affinchè non fossero sentiti. Nessuno, a parte Roxanne, Dominique, Hermione, Ron e Teddy, sapeva che in realtà Severus Piton stava dalla parte dell'Ordine della Fenice, e il segreto andava ben custodito, al fine di trarne dei vantaggi. 
«Faccio fatica a trattenermi con Malfoy» sbuffò Roxanne, riconoscendo il proprio errore. 
«Fai fatica a trattenerti?» scandì Piton, gelido. «Non vi rendete conto che i Mangiamorte aspettano solamente un minimo pretesto per espellervi, o peggio?»
«Tutto per colpa dell'Augurey. Vorrei che se ne fosse già andata, e non venisse a mettere Hogwarts sottosopra» mugugnò Roxanne. Dominique annì in segno di approvazione. 
Piton guardò prima l'una, poi l'altra, fulminandole. «Non la temete, vero? Cadete nel fatale sbaglio del mago medio di considerarla semplicemente l'ereditiera viziata del Signore Oscuro? Se non cominciate ad immaginarla come una prosecuzione del suo braccio e della sua volontà, nonchè i suoi occhi ovunque la mandi, passerete grossi guai. Giocare alle eroine in sua presenza potrebbe essere l'ultima cosa che farete.»
«Ron e Hermione ci hanno dato un compito...» iniziò Dominique.
«Credete che non lo sappia? Allora obbedite e tacete, invece di dare masochisticamente aria alla bocca.» Piton le fece andare, con un'espressione scettica che indicava quanto poco si aspettasse da loro. «Non sarò sempre qui a coprirvi. Non trasformate in un'abitudine l'evasione dai confini della prudenza perchè fate affidamento su di me.»
Dominique e Roxanne gli erano comunque molto grate, nonostante Piton facesse il reticente.

***

L'Augurey comparve nel camino dell'ufficio della preside di Hogwarts in ritardo di esattamente quindici minuti, come trovava appropriato fare per rendere spasmodica l'attesa del suo arrivo.
La preside Umbridge l'accolse, eseguendo il saluto a polsi incrociati ch'era segno della lealtà verso Lord Voldemort. «Benvenuta, mia signora. Mi auguro che abbiate fatto buon viaggio!» Si era messa in tiro, con un abito ancora più rosa e farcito di volant del solito. Delphi si sforzò di non osservare il suo orrido studio, un tripudio di micini gnaulanti dipinti su porcellane antiquate, e tirò un sorriso. «Dolores. Non c'è male, anche se sai che prediligo il volo alla Metropolvere.» Il volo però la esponeva più facilmente a potenziali imboscate. 
«Gli studenti vi aspettano in Sala Grande da più di un'ora. Si sono spintonati per aggiudicarsi le prime file» la informò la Umbridge, elettrizzata, con la sua vocina acuta. 
«Fantastico» commentò l'Augurey distrattamente. «Sarebbe possibile per me vedere una persona in privato, prima?»
Scorpius se lo aspettava, e più che lo stupore fu l'entusiasmo a strappargli un'esclamazione quando, entrando nello studio della Umbridge, vide la cugina a braccia spalancate. 
«Delphi» sorrise, accettando l'abbraccio, un po' goffo. Il suo nuovo corpo da adolescente era vulnerabile a qualsiasi contatto fisico. 
La ragazza lo strinse vigorosamente, ridendo. «Cosa ti danno da mangiare in questa scuola? Fra poco sarai più alto di me. Come stai, cuginetto?»
«Io sto bene, ma tu- tu sei diventata tipo una superstar» scherzò Scorpius. «Tutti ti vogliono, tutti ti adorano.»
«Sai com'è, è per via del fascino naturale che mi è sempre appartenuto.» Delphi mise su un'aria inquisitrice. «E la ragazza, l'hai trovata?»
Scorpius avvampò. «No.»
«Ragazzo?»
Diventò ancora più rosso. «No, che dici!»
Delphi inarcò le sopracciglia, assumendo una parodica espressione minacciosa. «Scorpius... Lo sai che se dopo individuo la persona e mi accorgo che mi hai mentito, te la faccio pagare.»
Stava facendo la spiritosa, ma Scorpius percepì un vero brivido scendergli lungo la schiena, immaginando come dovessero sentirsi le persone che venivano davvero minacciate da lei. «E tu?» si affrettò a chiedere.
Delphi fece una faccia buffa, maliziosa. «Io cosa? Io sono un'adulta, ragazzino, non ho tempo per queste cose.»
Scorpius si sentì piacevolmente in confidenza con lei, come se il tempo che avevano perso in realtà si fosse assottigliato fino a sparire. «Sì, come no.»
«La monogamia non fa per me. Quando sarai grande capirai» concluse Delphi, dandogli un buffetto sulla spalla. In realtà, entrambi sapevano di stare ciarlando per il gusto di farlo. Entrambi avrebbero dovuto sposare esattamente chi i loro genitori avrebbero deciso per loro. Non erano diversi in questo.
Finalmente, pochi minuti dopo che Scorpius ebbe raggiunto i compagni Serpeverde in Sala Grande, l'Augurey fece la sua apparizione di fronte ad una platea di studenti in visibilio, che però non emisero un suono: compirono tutti quanti il saluto di Voldemort, all'unisono, poi tacerono rispettosamente, in attesa che parlasse. Era statuaria: quel portentoso abito piumato, il marchio sulla fronte, e il dettaglio più peculiare del suo aspetto, i formidabili capelli bicolori, che, riprendendo la costellazione a cui doveva il suo nome, erano argento e blu. 
Ad occupare la prima metà della sala erano appunto i purosangue, coloro che avevano avuto accesso privilegiato, perlopiù Serpeverde, e i Serpeverde mezzosangue poi; per quantità di affluenza, secondi ai Serpeverde erano i Corvonero, terzi i Grifondoro; i Tassorosso erano una decina. Roxanne e Dominique erano riuscite ad aggiudicarsi una discreta posizione, per essere Grifondoro, lasciandosi dietro diversi Serpeverde grazie alla loro abilità nello svicolare. Avevano notato che Lucy e Molly erano riuscite ad entrare, sdilinquite per l'Augurey, e che c'era anche Victoire, appiattita ad una parete, come se tentasse di nascondersi, con un'espressione profondamente infelice. 
Dopo aver espresso quanto fosse orgogliosa del fatto che la scuola avesse ricevuto una così insigne visita, la preside Umbridge si congedò. «Lascio la parola all'Augurey, che ha qualcosa da dire a tutti voi. Noi corpo docenti abbiamo deciso di concedervi un momento di confronto generazionale, senza intrometterci, così che possiate aprire il vostro cuore in libertà. Comportatevi degnamente.»
Non appena le porte della Sala Grande si chiusero dietro di lei, l'Augurey tirò un plateale sospiro di sollievo. «Ok, adesso possiamo finirla con queste manfrine...» Fece un gesto intorno a sè con la bacchetta, e subito il manto di piume nere venne sostituito da vestiti alquanto spartani: una giacca di pelle, pantaloni strappati sulle ginocchia, ai piedi comuni stivali, una coda di cavallo approssimativa. Fece un'espressione quasi di scusa, come se tutta la formalità precedente la imbarazzasse. «Io sono Delphi. Chiamatemi pure così. Tutte le persone che mi piacciono davvero lo fanno.» Perfettamente consapevole di avere lo sguardo di tutti loro addosso, e a suo agio, balzò seduta sul tavolo da pranzo dei professori. «Allora, vi chiederete cosa sono venuta qui a fare, oltre che a farvi perdere qualche ora di lezione...?» Si levarono dei risolini. «Beh, in teoria avrei dovuto parlare di cose serie, quindi... ci proverò. Vi chiederete come ho fatto a imparare questo e quell'incantesimo alla mia età, eccetera eccetera. Sapete, in realtà non c'è un segreto chissà che dietro. Non ho fatto altro che fare quello che il Signore Oscuro desidera da tutti noi: lasciare che la magia emergesse. Perchè la magia è in noi, in ciascuno di noi. È nel nostro sangue. Ma ai nostri genitori hanno insegnato a reprimerla, a nasconderla, a vergognarsene, a mischiarsi con chi la magia non ce l'aveva, come se questa nostra immensa risorsa non valesse niente. Ma la magia vale, i maghi valgono. La magia non è accessibile a tutti. Smarrire le nostre radici sarebbe la nostra fine. Mescolare il sangue umano e quello babbano non porta ad altro che all'indebolimento di questo potere ancestrale che è dentro di noi, fino a che lo perderemo per sempre. Non saremmo più nemmeno in grado di percepire la magia: sarebbe come diventare gradualmente ciechi. Non possiamo dimenticare chi siamo. L'antica arte della magia va preservata, tramandata. E solo noi possiamo farlo, possiamo agire, adesso.» L'Augurey annuì, costernata. «Il Signore Oscuro ha bisogno dell'aiuto di tutti voi, e ve lo chiede per favore. Voi, maghi e streghe di domani. Sì, perchè noi streghe non abbiamo nulla da invidiare agli uomini -casomai il contrario» aggiunse, ma questo più a bassa voce, scatenando un'altra ondata di ilarità. «Non dimenticate che le luogotenenti più fidate di Lord Voldemort sono donne. È in noi che si cela la forma di magia più misteriosa e potente, ed è per questo che siamo indispensabili, sia sul campo di battaglia sia in quanto educatrici delle nuove generazioni. Un ruolo non contraddice l'altro.» Scorpius sbirciò Polly Chapman: ascoltava con la bocca semiaperta, come davanti ad un oracolo. «Saremo noi a fare la differenza. Saremo noi a riportare il mondo magico agli antichi fasti dei fondatori di Hogwarts.» L'Augurey fece una pausa drammatica. «Perchè il futuro è nelle nostre mani.»
La platea ruggì, esaltata, come se pregasse: «Il futuro è nelle nostre mani.»
Dominique ascoltava e fingeva di applaudire, come tutti gli altri, ma dentro di lei ribolliva la rabbia, nel capire qual era il gioco dell'Augurey. Non si metteva su un piedistallo, ed era questo il segreto del suo successo. Si presentava come una ragazza affabile, un po' imbranata, che avrebbe potuto essere una compagna di classe di quegli studenti, allo scopo di far apparire il suo successo accessibile a tutti. Se io sono arrivata fin qui, potete farlo anche voi. Tutto quello che serve è determinazione, sicurezza in se stessi, e fedeltà al regime, ovviamente. 
La parte seria era finita, e Delphi fece eccezionalmente ruscellare Burrobirra a fiumi dai boccali degli studenti, cosa che fece esplodere boati di giubilo. A quel punto, gli studenti che desideravano donare qualcosa all'Augurey si fecero avanti. Molly Weasley si esibì con qualche compagna nella sua coreografia di Trasfigurazioni, con scarsi risultati. Polly Chapman le pianse su una spalla, facendosi confortare da una sghignazzante Delphi, e le regalò una scatola di cioccolatini che Scorpius non poteva giurare non fossero ripieni di Amortentia. Quando fu il turno di Roxanne, lei si sforzò di rimanere impassibile, limitandosi ad osservare negli occhi l'Augurey, con la precisione che Teddy aveva richiesto. La ragazza ricambiò lo sguardo, tranquillamente. Roxanne provò il viscerale timore che in qualche modo le avrebbe letto nella mente, avrebbe capito tutto e che Teddy sarebbe morto. Ma l'Augurey si limitò ad abbracciarla e lasciarla andare, senza il minimo indizio di averla riconosciuta. 
Victoire era una delle ultime. Si era tenuta lontana dalla folla. Aveva un'aria timida e spaventata. Quando arrivò di fronte all'Augurey, piantò gli occhi sul pavimento, umilmente. Sul palmo della sua mano scintillava un filo d'oro.
«Per voi» balbettò Victoire.
L'Augurey strizzò le palpebre, raccogliendo delicatamente il filo ed esaminandolo. «Cos'è?»
«Un capello di Veela... Ha grandi poteri magici» sussurrò lei, pentendosi poi di averlo precisato, come insinuando che l'Augurey non lo sapesse. Non aggiunse nemmeno che la Veela in questione era sua bisnonna: gli ibridi erano una categoria infima. 
Delphi ora osservava lei. «Tu sei figlia di Fleur Delacour, non è vero?» Sua madre, in quanto partecipante del Torneo Tremaghi ai tempi di Harry Potter, era famosa. Più tristemente famosa ai tempi della Seconda Guerra Magica: una Nemica dello Stato. La somiglianza fisica tra madre e figlia era innegabile. 
«Sì, Augurey» rispose Victoire, umiliata. 
«Non ho detto che potete chiamarmi Delphi?» la corresse l'Augurey, con voce più dolce. «Poverina, sarai in pena per tuo zio Ron.» C'era del carezzevole sarcasmo nella sua voce. La Sala Grande piombò in un silenzio tombale. Era stato nominato un Ricercato, da sempre proibito agli studenti. 
Victoire deglutì a vuoto, la gola di sabbia ardente. «Non è più mio zio per me. In quanto nemico dell'Oscuro Signore, è anche nemico della mia famiglia. Il suo comportamento non deve gettare ombra sulla mia fedeltà.» Il suo sguardo rimaneva per terra.
Delphi sorrise. Non era facile capire se fosse persuasa dalle sue parole, ma non era arrabbiata. «Come ti chiami?»
«Victoire, Augurey» rispose subito lei, obbediente. «Sono nata il due maggio. Il nome mi è stato conferito in onore della vittoria del Signore Oscuro.» Era una spudorata menzogna, e Dominique percepì un feroce attacco di nausea. Avrebbe voluto vomitare in mezzo alla Sala Grande.
Il sorriso di Delphi si fece più largo. Con un braccio circondò le spalle esili di Victoire, mentre si rivolgeva agli studenti. «Oggi abbiamo imparato una lezione importante. Il Signore Oscuro è misericordioso, e volenteroso di offrire il perdono a chi lo chiederà con l'autentico desiderio di servire. Anche un figlio di Traditori di Sangue, se di fine intelletto e orgoglioso di essere mago, può sperare di riabilitare la sua linea genealogica. Che i Weasley di domani possano essere come Victoire Weasley.»
Dominique aveva sentito abbastanza. Lasciò la sala facendosi largo tra la folla, seguita da Roxanne, mentre tutti quanti inneggiavano a Victoire, fino al giorno prima evitata come un'appestata. 

***

Terminata la visita alla Sala Grande, Delphi si fece scortare dalla preside da un'altra parte del castello, con una meta ben precisa.
«Sono curiosa di sapere se sono infallibili come ho sentito dire, o se i miei informatori gonfiano tutto come al solito» commentò. Indossava di nuovo il sontuoso mantello dell'Augurey. 
«Oh, vi assicuro che rimarrete impressionata» cinguettò la Umbridge. «Non hanno mai sbagliato, finora. Mi hanno persino rivelato un paio di cosette che- uh, forse era meglio non saperle!» Le rivolse un'occhiata leziosa. «È una delle ragioni principali della vostra inaspettata visita, sbaglio?»
«Non sbagli, Dolores» la liquidò l'Augurey. «Non stiamo andando nell'Aula di Astronomia...»
«Oh, no. Non è quello il luogo che prediligono per il... le loro sessioni» concluse la Umbridge, incerta su come definirle. 
Delphi non aveva mai visto la stanza in cui entrarono: era piccola, circolare, dal soffitto estremamente alto a crociera, e le pareti rotonde erano ricoperte di scaffali di legno, sui quali erano allineati minerali. Una quantità sterminata di pietre grezze esponeva il suo nucleo pulsante, la parte più pura, che il taglio di tutti i minerali metteva in evidenza. La luce proveniente dalla porta aperta infiammò di colore l'interno delle pietre, che le sfaccettature scabre amplificavano, riflettendola come in un caleidoscopio. 
«Lysander e Lorcan Scamander, vi trovate al cospetto dell'Augurey» annunciò la Umbridge, pomposamente. 
Al centro della stanza era stato posizionato un tavolino, ricoperto da un drappo viola. I gemelli Scamander erano due minuti ragazzini di undici anni, dall'aria fragile e cagionevole. Erano perfettamente identici, come possono esserlo soltanto una persona e il suo riflesso in uno specchio. I capelli, così biondi da avere riflessi bianchi, sembravano una matassa lanosa e un po' sfilacciata di bambagia, batuffoli vaporosi appoggiati alle loro spalle. I loro visi erano graziosamente inespressivi, e non reagirono alla sua apparizione.
«Ciao, Delphi» pronunciò uno dei due, mentre l'altro rimase in silenzio, quieto, come se fossero due arti di uno stesso organismo. 
La Umbridge fece una smorfia. «Rispetto!»
«No, va bene» la fermò Delphi, intrigata. «Adesso puoi andare, Dolores. Procediamo da soli.»
La preside obbedì: eseguì il saluto e uscì. Delphi potè far comparire uno sgabello e sedersi di fronte al tavolino.
«Allora» esordì allegra. «Qual è il vostro metodo di Divinazione?» Sul tavolo c'era soltanto un sacchetto di velluto rosso scuro.
«Gli spiriti si manifestano attraverso dei simboli che noi interpretiamo per chi non è in grado di percepirli» spiegò un gemello, quello che prima era rimasto zitto. 
«Cosa sono gli spiriti?»
«Cosa sono i morti? Che cosa sono i ricordi? Che cosa sono i sogni?» rimbeccò l'altro gemello, come per dimostrarle la contraddizione della sua stessa domanda. «Spiriti.»
Delphi scrutò l'uno e l'altro, come per smascherare il loro trucco. Era sempre stata scettica nei confronti della Divinazione.
«Questo incontro non è importante soltanto per me» disse, con un sorriso allusivo. «Vostra madre, Luna Lovegood, era una Nemica dello Stato, non è vero? Mettervi in buona luce con me potrebbe favorire la sua posizione, che ora come ora non è affatto buona.»
Nemmeno quell'accenno riuscì a scalfire i gemelli. 
«Noi non ci schieriamo» dichiarò uno dei due, quasi sprezzante. 
«In questo momento siamo qui in vece di interpreti degli spiriti» mise in chiaro l'altro.
Delphi finse di mostrarsi arresa, alzando i palmi delle mani. «E va bene. Torniamo al motivo per cui sono qui. Com'è che fate gli interpreti degli spiriti?»
Uno dei gemelli, quello a sinistra -che, su esplicita richiesta di Delphi, dichiarò di rispondere al nome di Lorcan- allentò il cordone del sacchetto, cavandone fuori un mazzo di carte. 
«Tarocchi» si rispose da sola Delphi, annuendo soddisfatta, come se finalmente potesse inquadrarli.
«Le carte sono soltanto un tramite» ribattè Lorcan. «Avrebbe potuto essere qualsiasi altra cosa. Prima che le nostre abilità venissero scoperte, utilizzavamo le piante selvatiche.»
Delphi li sfidò con lo sguardo. «Voi sostenete di poter dare qualsiasi risposta...»
«Sarai tu a dare la risposta, Delphi» la corresse Lysander, con la sua voce fine e soffice. «Noi non faremo altro che leggerla.»
Delphi ci pensò su. «Vi chiederò tre cose che nessuno sa di me» annunciò, con l'aria di chi se la sta spassando. «Ma se vi sembra un sfida troppo difficile, siete ancora in tempo per tirarvi indietro.»
Lorcan la ammonì con un'occhiata grave, più vecchia della sua età. «Comincia pure. Poni la domanda.»
Delphi finse di pensarci ancora, allungando le gambe davanti a sè, sorniona. «Voglio che scopriate qual è la prova a cui mio padre mi sottopose quando mi assoldò ufficialmente tra le sue fila.»
Lorcan agitò la bacchetta. Le carte, prima ordinatamente impilate, si alzarono a mezz'aria, dove rotearono furiosamente. Lysander diede un ultimo tocco di bacchetta, e quel vortice planò di nuovo sul tavolo, disponendo le carte coperte a raggiera davanti a Delphi. Il dorso era decorato di arabeschi blu chiaro, l'uno intrecciato nell'altro, come una complessa pianta rampicante. 
«Scegli» la invitò Lysander, fievolmente.
«Quante?»
«Questo devi saperlo tu, visto che sei tu a conoscere la risposta. Prendi tutte quelle che saranno necessarie e posizionale davanti a te, nel verso in cui le hai raccolte» suggerì Lorcan. 
Delphi osservò quei dorsi tutti uguali, indecisa. Avrebbe voluto metterli appositamente in difficoltà, ma non conoscendo le loro tecniche era impossibile. Lei sapeva solo che, se avessero tentato di barare e prendersi la risposta leggendole la mente, sarebbe stata la prima ad accorgersene. Era troppo esperta per farsi fregare, al contrario di Dolores Umbridge. Si comportò nell'unico modo possibile: raccolse una carta a caso, la terza da destra, e la guardò. I contorni della figura erano neri e marcati, come ripassati con un pennello scuro, e i colori erano vividi, profondi e sensuali, di tutte le sfumature dell'acquerello. Rappresentava un uomo vetusto, dalla barba lunga e le vesti ampie, svolazzanti, il cui petto si muoveva magicamente nel respiro. Assomigliava un po' alle pochissime immagini superstiti che Delphi aveva visto di Albus Silente. 
«Il Maestro diritto» pronunciò Lysander, assorto.
Delphi continuò con una seconda. Questa volta era una biga alata con due cavalli, uno bianco e uno nero, i quali agitavano fieri la criniera. L'azzurro del cielo era così terso da apparire reale. La carta era a testa in giù, ma come raccomandato Delphi la posò sul tavolo così. 
«Il Carro rovesciato» disse infatti Lorcan.
Delphi andò avanti: la carta seguente raffigurava una rosa dei venti, alle cui estremità si trovavano simboli esoterici. 
«La Ruota rovesciata» decifrò Lysander.
Delphi scelse un'ultima carta, che fu la più bella tra tutte quelle pescate. Rappresentava un mago con un turbante color corallo e una tunica verde, che agitava la bacchetta e trasformava una moneta in una spada, e viceversa, all'infinito. 
«Il Trasfigurante diritto» decretò Lorcan.
«Beh? Ci avete capito qualcosa?» li apostrofò Delphi, impaziente.
I gemelli contemplarono le carte, come se stessero veramente leggendo delle parole scritte. Dopo una pausa di una decina di secondi, 
«Per scoprire se eri la sua degna erede, Tom Riddle mandò il suo Horcrux in forma di serpente ad ucciderti, quand'eri solo una bambina» mormorò Lysander, senza la minima esitazione. Non disse "Lord Voldemort" o "il Signore Oscuro", bensì "Tom Riddle". 
«Tu parlasti in Serpentese e ammansisti il serpente. Così fu deciso che ti saresti arruolata, una volta cresciuta» terminò Lorcan, la voce evanescente tra il brillio delle pietre preziose.
Delphi era impressionata, ma non lo diede a vedere. «Adesso vediamo se sapete questa. Qual è la persona che mi odia di più al mondo?»
«Fai le tue scelte» la invitò nuovamente Lorcan, dopo aver rimescolato i tarocchi.
Delphi selezionò le due carte alle due estremità della fila: una donna attraente con uno scettro, uno scudo e una corona, e una specie di fortezza invasa dalle fiamme, che ardevano davvero dentro la carta.
«L'Imperatrice rovesciata» annunciò Lysander nel vedere la prima.
«La Torre diritta» fu chiamata seconda da Lorcan. Aggrottò la fronte pallida. «La persona che ti odia di più al mondo è... la tua stessa madre.»
«Teme un rovesciamento rivoluzionario dettato dalla superbia» puntualizzò Lysander.
Delphi fece un sorriso stanco. «Al contrario di Nagini ha cercato di uccidermi diverse volte, tentando di farlo passare per un incidente... Ma la vecchia Delphi ha la pelle dura» disse, dandosi un pizzicotto sul braccio. «Ok, avete azzeccato due volte. Però queste sono cose che non so soltanto io, qualcun altro al mondo in effetti le sa. Adesso vi chiederò qualcosa che proprio nessuno sa, che non ho raccontato ad anima viva.» Fece una pausa teatrale, sperando -senza successo- di tenerli sulle spine. «Da un anno a questa parte faccio un sogno ricorrente, quale?»
«Pesca» ordinò Lysander. Delphi espose la carta di un giovanotto che trotterellava sul bordo di un precipizio con una bella rosa bianca in mano, «il Matto», e un uomo con orecchie da folletto, abiti di foglie e un bastone nodoso, «il Druido.»
Dopo una pausa di esitazione, Lorcan parlò, un po' basito. «Sogni di baciare Hermione Granger.»
«D'accordo, d'accordo, vi credo!» sbottò Delphi, precipitosamente. «Cavolo. E poi dicono a me che sono stramba! Ma i vostri spiriti non si fanno mai i fatti loro? -giuro che non lo voglio affatto, insomma, non è il mio tipo, non le guardo nemmeno così vecchie, è solo... non lo so, una rielaborazione dell'inconscio. Comunque non ditelo a nessuno, intesi?»
L'Augurey non se ne andò da Hogwarts per nulla a mani vuote. Scortava via con sè i gemelli Scamander, i cui genitori sarebbero stati avvisati per lettera che i loro figli sarebbero stati esentati dagli obblighi scolastici per rendere un servizio di pubblica utilità. Prima di andarsene, inoltre, ordinò che venisse regalato a Victoire Weasley un bene che non aveva mai posseduto: un gufo. 

***

Dopo aver rabbonito le lamentele della Signora Grassa per come la cugina avesse attraversato malamente la soglia dando uno spintone al suo quadro, Roxanne raggiunse Dominique nel dormitorio femminile di Grifondoro. La ragazzina si era gettata sul letto a singhiozzare rabbiosamente. 
«Mia sorella ci ha traditi, Roxy» gemette. «Ci ha traditi. È una di loro, adesso.»
«Non dire così» bisbigliò Roxanne, con il cuore spezzato nel vederla in quello stato, sedendosi sul suo letto e facendole una carezza tra i capelli. «Ha detto quello che doveva... Obbedire vuol dire sopravvivere, lo dice sempre anche Teddy...»
«Nessuno la obbligava a fare tutta quella scenetta!» esplose Dominique. «Perchè voleva ingraziarsi l'Augurey?! Per trovare lavoro?! Per purificare il nostro sangue sporcato di Weasley?! Dimmelo!»
Roxanne non sapeva cosa rispondere. Anche lei aveva avuto i brividi nel sentir dire quelle cose dalla cugina. Se le avesse dette suo fratello Fred, sarebbe come minimo svenuta. Però la priorità non era essere sinceri, era far sentire meglio Dominique. «Magari ha un piano anche lei...»
«Meno male che i nostri genitori non hanno sentito quella bestemmia riguardo il suo nome!» sputò Dominique, asciugandosi le lacrime dalle guance con le mani. «Che problemi ha? Perchè sta diventando una persona orribile?»
Roxanne non smise di carezzarle la schiena, mordendosi il labbro inferiore. «Un governo orribile rischia di creare persone orribili» provò a dire.
«E perchè se noi possiamo resistere non può farlo anche lei?» replicò Dominique, amaramente. «Perchè se Teddy può cercare di salvare il mondo, lei non può almeno chiudere quella stupida bocca?»
«Victoire ha un carattere più debole di me, te e Teddy, a quanto pare.»
«La stai giustificando?»
«No» rispose Roxanne. «Come non giustifico Lucy, e Molly, e Scorpius Malfoy, e nessun altro. Però credo che sia un meccanismo di adattamento che a un certo punto scatta nelle persone... Perchè le persone vogliono sopravvivere, soprattutto.»
«E l'onore? E la dignità?» invocò Dominique.
Roxanne non sapeva che dire. Infine, «non tutti vogliono lottare» ammise.
Dominique andò in bagno a sciacquarsi la faccia. Quando tornò, aveva gli occhi gonfi e arrossati, come se l'avessero pestata. 
«Il mondo meriterebbe di finire solo per questo» sentenziò. «Le persone come Teddy muoiono, quelle come Victoire vivono fino agli ottant'anni e fanno tanti figli. Noi Voldemort ce lo meritiamo.» Dopo queste ultime parole, si rannicchiò nel vano della finestra e non ci fu modo di estorcerle più una parola. Non scese nemmeno per la cena. Roxanne si decise a lasciarla in pace.  
Nel frattempo Ted Lupin, nel nascondiglio sotto il Platano Picchiatore, si allenava davanti allo specchio. Si stava concentrando su un viso che conosceva bene perchè lo vedeva ogni giorno, quello di Ron. Per il colore e il taglio dei capelli non c'erano problemi, e nemmeno per gli occhi e le sopracciglia: ma appena si trattava di modificare naso e guance, veniva un gran pasticcio e finiva per non assomigliarci minimamente. Si sentiva come un ritrattista frustrato, la cui mano non obbediva alla mente. I lineamenti erano da sempre la cosa più difficile, anche perchè erano la caratteristica più impalpabile, meno oggettiva, una questione di impressioni e sensazioni. Magari fisionomicamente era tutto giusto, ma il risultato finale non era convincente, per un qualche fattore olistico che trascendeva la somma delle misure azzeccate. Ted lasciò la presa, estenuato, e il suo volto riassunse i tratti autentici. 
«Questa volta non era così male» lo interruppe la voce di Hermione, alle sue spalle. Ted si voltò a sorriderle.
«Sei gentile» si limitò a rispondere. «Ma sono ancora in alto mare rispetto al livello che mi serve per il piano.»
«Hai solo bisogno di allenarti. Datti tempo» lo consolò Hermione, offrendogli un pezzo di una tavoletta di cioccolato. Ted l'accettò, con un silenzioso ringraziamento. 
Hermione rimase zitta per un po', consapevole di quanto lo avrebbe buttato giù quella notizia. Però poi parlò, dolcemente, come per indorare la pillola. «Hannah è morta ieri notte... Il suo corpo è stato ritrovato in uno stato pietoso. È stata torturata.»
Ted non disse niente. La morte di ciascuno di loro era un fallimento personale di tutti gli altri. Erano così pochi. Uno in meno significava un passo in avanti rispetto a loro che Voldemort guadagnava. Hannah aveva trovato il coraggio di unirsi a loro da poco, non la conosceva bene. Ma di lei sapeva tutto ciò che gli serviva: che era disposta a sacrificare se stessa per deporre Voldemort. «Sarà vendicata. La sua morte non sarà stata invano» si limitò a dire. Ormai era tutto ciò che potevano dire.
Hermione lo vegliò con lo sguardo, apprensiva, finchè Ted non scoppiò a piangere. La donna lo abbracciò, devastata. «Oh, Teddy... Lo so. Lo so. Lo fermeremo. Te lo prometto.» Lo aveva promesso a Harry, prima che a lui, e ora si prendeva la responsabilità di avere successo per entrambi. Lei aveva perso la possibilità di avere un figlio, Ted di avere una madre. Insieme si completavano un po'. Erano una famigliola arrangiata, e per questo più forte di molte altre. Mancanze che si uniscono in corrispondenza dei lembi laceri. 
Ted si staccò dalla spalla di Hermione. «Sapere che lei è lì, in questo momento, e non fare niente...»
L'Augurey era sua cugina di secondo grado, attraverso il legame di sangue di sua nonna Andromeda e la sua prozia Bellatrix. Lei nasceva quando sua madre smetteva di vivere. Ricordava ancora la risata crudele che aveva sulle labbra, il giorno che si erano incrociati soltanto incidentalmente, per un brevissimo tempo. Era stato in quel momento che aveva capito che l'unica opzione era eliminarla, e che doveva essere lui a farlo. 
«Non servirebbe a nulla» gli rammentò Hermione. «Non abbiamo ancora i mezzi per affrontarla con concrete possibilità di successo. Faremmo solo un piacere a Voldemort, facendoci uccidere.»
Ted annuì a malincuore. Tutto quello che poteva fare era esercitarsi e mettere a frutto il dono che sua madre gli aveva fatto. 
Hermione gli diede una pacca sulla spalla. «Tra cinque minuti dò il cambio a Ron al quartier generale. Vieni con me?»
«Resto qui ancora un po'. Il silenzio mi aiuta a provare» rispose Ted. Anche lui, come Dominique, aveva bisogno di stare solo.
  
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