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Autore: louisismyhusband    01/07/2019    0 recensioni
Le storie più belle iniziano sempre dai momenti più difficili e, si sa, chiunque prova gusto nel raccontare le sue sventure per poter essere compatito.
Questa storia racconta tutt'altro.
Questa storia inizia con due occhi chiari che si schiudono alla prima luce del sole che traspare attraverso le vetrate opache della finestra. Pochi movimenti e poi, finalmente, il risveglio della protagonista di questo racconto, mai narrata da altri perché fin troppo comune e banale, per essere ritenuta importante.
Sebbene si tratti di una storia già letta, state pur certi che la sua singolarità trasparirà da queste righe e che verrà contemplata, adorata e persino raccontata altre volte.
Sappiamo tutti che la vita di ogni singola persona è unica, ma uguale ad altre, eppure quella di Sophia era già conosciuta, già sentita, ma unica nel suo genere.
Genere: Azione, Fantasy, Mistero | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Casa White è da sempre uno dei luoghi più profumati che abbia mai conosciuto.
Mrs. White, o meglio, mia madre adottiva, è così attenta all'igiene che persino uno sconosciuto è stato messo al corrente dell’importanza del pulirsi le scarpe prima di entrare in casa o del fare attenzione a cosa o chi possa nuocere alla perfezione di questo posto. Sebbene la sua fissa sia evidente, Suzanne non ha mai assunto la parte della "padrona petulante ed insistente" che tartassa non solo i suoi ospiti o noi, effettivi residenti della casa ma, anzi, è sempre stata una persona estremamente tranquilla e dolce, esigente di rispetto e considerazione verso le regole che questo tetto ha da sempre imposto.
Essendo stata adottata alla tarda età di undici anni, sono diventata una White a tutti gli effetti da pochi mesi. Registrarmi all'anagrafe come Sophia Nadia White, modificare il mio cognome e diventare finalmente chi ho desiderato essere da molto tempo a tutti gli effetti è stata una bellissima sensazione di libertà che chiunque realizzi un importante desiderio può affermare di comprendere. 
Nadia, mia madre biologica, si sia stata una donna giovanile, solare, allegra, che avrebbe fatto di tutto per permettere a me, la sua unicogenita, di nascere, persino sacrificando la sua stessa vita. Io, però, non ho mai conosciuto né lei, né mio "padre". 
La mia esistenza è stata caratterizzata da vari episodi che custodisco e condivido solamente con me stessa: non potrei mai rivelare a nessuno i più segreti ricordi e pensieri che ho accumulato durante la mia esperienza di vita in orfanotrofio e, per questo motivo, ho finto ed ho provato da sempre ad essere chi non sono mai stata, almeno fino ad oggi.
Da quando vivo in casa White ho tentato di mettere da parte ogni brutto ricordo che ha abitato la mia mente per anni ed anni, lasciandomi persino coinvolgere da quella che dovrebbe essere una normale vita per una tutt'altro che normale ragazza della mia età. Il liceo, le nuove amicizie che ho instaurato, i miei interessi, contribuiscono a farmi sentire una semplice diciottenne che si rispetti e, soprattutto, di vivere a pieno la mia vita.
Iniziare a pensare al mio futuro, però, non è per niente facile in quanto sono estremamente decisa a non iscrivermi ad una facoltà di lettere. Seppur io abbia una grande passione per la scrittura, sono convinta di voler coltivare questa passione come un semplicissimo passatempo e, perciò, ho optato per una facoltà che possa darmi lo spazio che necessito per mettermi alla prova: la facoltà di giurisprudenza. Essere un avvocato, "l'avvocato White", suonerebbe bene?

Riuscirei a fantasticare ore ed ore su quale vorrei fosse il mio destino ma, essendo ancora una liceale che attende il giorno del diploma, aspetterò che l'estate mi dia il tempo di incamminarmi verso un capitolo completamente nuovo della mia vita. 
Gli ultimi giorni del liceo sono stati decisamente troppo intensi: le ultime prove d'esame e la sensazione di libertà che si sta avvicinando sempre di più, sembrano terrorizzare e tranquillizzare, allo stesso tempo, ogni studente, mentre altri, invece, sono esaltati all'idea di diventare "grandi".
Perché questo desiderio li fa sentire così felici? Da quando diventare adulti è un bene? Troppe responsabilità, troppe difficoltà da dover affrontare da soli e, soprattutto, l'intravedersi di un futuro buio, indecifrabile, impossibile da definire in quanto la società che ci circonda ci impone delle regole troppo ardue da rispettare con facilità. Cosa c'è di bello in tutto questo?
Crescere troppo velocemente è, ormai, lo stile di vita che mi porto dietro sin dalla mia nascita, ma questo scoglio, la fine del liceo, è realmente un passo troppo grande per me da affrontare adesso. Non credo di esser pronta a superarlo.
La mia vita mi piace così com’è ora: adoro mia madre adottiva, Suzanne, che ogni mattina mi sveglia con un dolce profumo di caffè appena preparato e poi adoro mio padre adottivo, Richard, che mi porta perennemente dei regali dai suoi viaggi lavorativi e mi fa sentire parte integrante della famiglia.
Un dettaglio che, invece, non amo particolarmente è mio fratello adottivo, Jason, che non fa altro che rompermi le scatole. Con Jason non siamo mai stati molto uniti, anzi, il "tipetto" è sempre stato geloso di me, a detta di Suzanne.
Lui non è stato adottato, ma, secondo i due White, io sembro essere caratterialmente più simile a loro, rispetto che a lui. Non molto più grande di me, Jason è un tipo sulle sue: cupo, distaccato, disinteressato e taciturno. Da bambina, spesso, mi chiedevo se parlasse, se mi sentisse… quando, poi, a tredici anni mi domandò finalmente, dopo un anno e mezzo, quale fosse il mio nome, capii che era semplicemente indifferente alla mia presenza ed il mio desiderio di avere un fratello maggiore in grado di proteggermi svanì assieme alle sue cose, che raccattò e portò in un'altra stanza per starmi lontano.
Il figlio unico, il primogenito, si sa, cerca sempre tutte le attenzioni dei genitori e quando il secondogenito arriva, tutta la felicità sparisce ed è come se un estraneo ti "rubasse" qualcosa, invadesse il tuo spazio ed il tuo ritmo e, con ciò, le attenzioni che ti sono sempre state dedicate.
Le mie intenzioni non sono mai state queste e Jason lo sa bene, ma ha comunque trovato il coraggio di accusarmi di aver distrutto l’equilibrio della loro famiglia ed io sono convinta che l’unica cosa che io abbia mai distrutto siano state le sue intenzioni di avere un monopolio sui suoi genitori, che non tratta poi così bene come, invece, dice di fare.
Così, mi sono rassegnata all’idea che non sarebbe mai stato un fratello geloso, un amico, e che io non sarei mai stata in grado di capire quale reale sentimento provi realmente per me.
Gli occhi ignavi di Jason mi hanno reso consapevole molte volte di quanto io sia diversa da lui. Sono una diciottenne dai capelli color della cenere, che però amo molto tingere di un color mogano e dagli occhi verdi. I White hanno tutti una carnagione chiarissima e perfetta, soprattutto Suzanne che, per i suoi cinquant’anni, dovrebbe ricevere un premio per essere così bella e curata. Richard sta perdendo i suoi capelli folti e castani ed i suoi occhi verdi mi ricordano degli smeraldi. Per fortuna, non somiglio nemmeno un po’ a Jason, visti i suoi capelli biondi ed i suoi occhi chiari, simili a quelli di suo nonno. Io e Suzanne siamo andate spesso dal parrucchiere insieme e lei ha deciso di tingere i suoi capelli dello stesso colore che io, ormai, sono solita usare da un paio d’anni. Questa somiglianza che c’è tra noi ora mi consola un po’, mi fa sentire più simile a lei, anche se so che saremo sempre e comunque provenienti da mondi diversi. Essere adottata, avere dei tratti fisici diversi dai loro, però, non mi fa sentire del tutto un'estranea.
I White sono stati la famiglia che pensavo di non poter avere mai, coloro che mi hanno tirato su, che mi hanno salvato da un tremendo destino. Mi hanno per messo di diventare chi sono ora, donandomi tutto ciò di cui avevo bisogno.
Sono stati la mia ancora di salvezza.
Sebbene sia stata, da sempre, un po' “particolare”, tutti quanti, soprattutto a scuola, mi hanno accettato inevitabilmente, un po' per dovere ed un po' perché fortunatamente mi hanno trovata simpatica.
Sin da bambina, mi sono accorta di essere leggermente fuori dall’ordinario.
La prima allucinazione si è presentata quando avevo sette anni: mi ero nascosta da alcune ragazze dell'orfanotrofio che si stavano divertendo ad appendermi a testa in giù in giardino. Essendo piccola, mingherlina e furbetta, non riuscivano sempre a catturarmi ma, quando lo facevano, il gioco diventava pesante ed io restavo rinchiusa in qualche armadio, sotto qualche mobile, ad aspettare che qualcuno arrivasse per salvarmi.
Un particolare giorno di ottobre mi ero nascosta in un armadietto nel bagno delle cuoche, dove nessuno mi avrebbe trovato prima di sera. Gli occhi bruciavano già da qualche giorno e la testa aveva iniziato a pulsare insistentemente. Continuavo, inoltre, a percepire un pensiero che, inconsciamente, mi stava convincendo che, se avessi fissato un mobile, un lavandino, insomma, qualcosa di solido, avrei potuto finalmente liberarmi dal dolore. Pensavo davvero di essere al sicuro in quel posto, ma non ero al sicuro da me stessa e dalle allucinazioni dolorose che, da qualche giorno, avevano iniziato a perseguitarmi. Fu quando sentii le voci stridule di quelle bullette che mi sporsi leggermente ed iniziaii ad osservare attraverso una piccola fessura il lavabo di fronte a me.
Quest’ultimo, dopo pochi secondi, aveva iniziato a rigettare acqua sporca, quasi come se fossi stata io a ordinarglielo. In pochi attimi, tutto era diventato completamente incomprensibile ed il mal di testa si trasformò in un dolore così forte che svenni, incapace di capire cosa fosse realmente successo.
Ancora oggi mi domando perché quel giorno stetti così male, ma ricordo semplicemente di essermi risvegliata in piena notte, di essere sgattaiolata nel dormitorio e di aver scampato l'ennesima tortura. 
Assieme alla mia famiglia, al mio migliore amico Harry ed alle persone conosciute a scuola sono riuscita a non pensare più alle allucinazioni e ad infischiarmene se in mia presenza fosse accaduto qualcosa di inspiegabile e strano. Ad ogni allucinazione, ormai, ho constatato che inevitabilmente mi ritrovo svenuta, priva di sensi e di spiegazioni per ciò che mi accade. Odio essere così fragile, così incapace di reagire agli orrori che si celano nella mia testa e, di tanto in tanto, che mi ritrovo davanti agli occhi senza volerlo.
So che c’è qualcosa di particolare in me, ma non è nulla che un medico possa risolvere. Sono in perfetta salute, ho sempre fame ed i miei svenimenti non si spiegano. Eppure, sono convinta che un giorno Suzanne deciderà di portarmi da un medico e da lì ci vorrà poco prima che mi rinchiudano in un manicomio.
 
Tornando ad oggi, mi sono accordata con Harry per una passeggiata per prepararci psicologicamente alla consegna dei diplomi che ci sarà tra due giorni. Ho conosciuto Harry al secondo anno, dopo aver passato il primo a crogiolarmi beatamente tra libri e solitudine, senza mai parlare con nessuno. Non sono mai stata definita "strana", ma semplicemente taciturna e solitaria rispetto alle mille diverse personalità presenti alla Holloway School, la mia scuola superiore.
Il giorno in cui ho conosciuto Harry mi sono accorta che anche io potevo essere una semplice ragazza con, almeno, un amico con cui condividere delle emozioni, delle esperienze ed è stato solo grazie a lui se durante gli anni del liceo sono riuscita a socializzare un po' di più con gli altri ed a smettere di usare gli occhiali da vista, per aggiunta finti, per evitare di sembrare più nerd di quanto già non fossi realmente. 
Ogni tanto è capitato che qualcuno mi abbia deriso o fatta sentire diversa solo perché orfana, adottata e con evidenti problemi di equilibrio mentale addizionati ad un look estremamente classico, ma Harry c’è sempre stato, pronto a sostenermi nonostante io non sia mai stata fiera di me stessa o delle mie potenzialità.
Sta di fatto che, questa mattina, non ho alcuna voglia di alzarmi, vestirmi e fare una passeggiata. Tutto sembra troppo lontano visto dal mio letto, io ho caldo e sono così stanca pur non avendo fatto nulla tutto il giorno. Sono circa dieci minuti che il mio cellulare, che è in carica sul comodino accanto al mio letto, sta squillando ininterrottamente. So di essere troppo pigra: non ho voglia nemmeno di allungarmi per afferrarlo e penso che osservarlo e desiderare che si catapulti “magicamente” da me sia estremamente inutile. Certe volte mi ritrovo a fantasticare su come sarebbe la mia vita se facessi parte di una delle tante serie tv che amo guardare. Spesso, quando mi sveglio al mattino, inizio ad elaborare una serie di idee per dei racconti brevi che scrivo. La mia mente è sempre stata ricca di idee, spesso venutemi in sogno. Mi piace pensare di saper volare, di respirare sott’acqua, di essere in un corpo di un animale o di guardare dall’alto ciò che succede in città, seduta da qualche parte nel cielo. Mi piace immaginare spesso di comandare gli oggetti con la mente ed è questo il sogno ricorrente che faccio. E, spesso, odio svegliarmi e non sapere quando ritornerò a sognare così.
I miei pensieri sono nuovamente interrotti dal mio cellulare che sta squillando ininterrottamente ed io decido di voltarmi e di afferrarlo per mettere fine a questo strazio, ma il telefono non c’è. Così, mi siedo velocemente sul letto e mi ritrovo a vedere qualcosa di totalmente inaspettato. Il mio cellulare è sospeso in aria e va a destra ed a sinistra, in alto ed in basso. Sono così spaventata che lancio un urlo e mi metto le mani sul volto, sperando che sia tutto uno scherzo. È come se il tempo si sia fermato per un momento. Tutto nella mia testa inizia ad avere un senso logico, come quando inizio a pensare ad una soluzione ai miei problemi, a quanto voglia essere effettivamente diversa dal resto del mondo, a quanto mi senta tale, ma non so sinceramente come definire questa distanza che percepisco nei confronti del genere umano, se non continuando ad indossare vestiti strani ed a pettinarmi i capelli con treccine o code di cavallo alte, nascondendomi dietro un paio di occhiali rotondi di ferro.
Seppur sia estremamente convinta che nulla di quello che è appena successo sia reale, apro gli occhi non appena il telefono cessa di squillare, come per magia, mi accorgo che tutto sta invece realmente accadendo. 
Il mio cellulare ha iniziato a digitare il numero di Harry mentre levita davanti al mio viso, le mie mani sono impresse sulla mia fronte pulsante di dolore.
Il mio iPhone resta sospeso in aria davanti a me e la voce di Harry è strepitante al telefono. Sono confusa, non capisco cosa stia succedendo.
"Un'altra allucinazione", penso, ma mi accorgo che tutto ciò che sto vivendo è reale. Non ho mai vissuto niente di simile.
In pochi secondi, il tempo ha ripreso a scorrere ed un dolore lancinante è scoppiato nella mia testa, stordendomi completamente. Niente è chiaro, niente è comprensibile, so solo che dopo questa allucinazione ed il cuore che non smette di palpitare velocemente nel mio petto, sono svenuta per l'ennesima volta.
 
  
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