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Autore: Nao Yoshikawa    02/07/2019    6 recensioni
Minilong - Starker - Titanic!AU
Dal capitolo uno:
Il mio desiderio è sempre stato quello di volare. Potrei farlo, adesso. Volare per poi cadere in mare. Respirare, anche se per un attimo, la libertà.
Aveva fatto di tutto per trovare una soluzione, com’era solito a fare. Era grazie alla sua capacità di vedere il lato positivo nelle cose che era andato avanti. Ma adesso, anche volendo, non avrebbe trovato niente di positivo.
Tremò profondamente e scavalcò il parapetto, reggendosi. Sotto di sé, il mare era scuro e profondo. Lo avrebbero inghiottito. Oppure sarebbe morto per il gelo. L’idea lo spaventata. Morire faceva paura, ma gli faceva ancora più paura l’idea di continuare ad esistere senza poter effettivamente vivere.

Dal capitolo due:
Tony lesse una grande malinconia nel suo tono. Visto dall’esterno, quel ragazzo possedeva tutto che si poteva desiderare. Ma bastava davvero poco per capire che soffrisse di tante mancanze, la libertà prima fra tutti. Lo aveva capito, Tony. Perché di fatto lui possedeva solo quella.
«Si usano ancora i matrimoni combinati? Che cosa medievale. Perché non provi a ribellarti?»
Peter sorrise tristemente.
«Perché non so come si fa.»

7/7
Genere: Drammatico, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Carol Danvers/Captain Marvel, Loki, Peter Parker/Spider-Man, Steve Rogers/Captain America, Tony Stark/Iron Man
Note: AU | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
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Il caos e il panico erano dilagati come la peste. L’imponente nave si stava ritrovando ad affondare, giù nell’oscurità delle acque dell’Oceano Atlantico. Senza sosta alcuna, le scialuppe venivano calate in mare, nel tentativo di portare in salvo più passeggeri possibili. Ma molti erano ancora lì, tanti altri erano già morti e chissà quante altre vittime sarebbero state mietute.
Era stato lanciato poco prima un S.O.S, il Titanic aspettava un aiuto, ma sarebbe mai arrivato in tempo?
Loki tremava per il freddo, aveva dato il suo cappotto a Peter e sperava che quest’ultimo si fosse messo in salvo, in qualche modo. Non osava neanche immaginarselo, travolto dall’acqua e morto con gli occhi vitrei. No, non poteva essere. Peter era troppo forte per morire così, ne era una prova la sua cocciutaggine. Magari, se non fosse stato per lui, non sarebbe successo niente. Perché dopotutto, se stesso era l’unico a cui poteva dare la colpa. Thor lo vedeva, immobile e con lo sguardo vitreo e quasi sentiva il cuore pianger e sanguinare. La situazione era critica, nessuno dei due sapeva se si sarebbero effettivamente salvati, eppure Loki, in parte, pareva già molto.
«Per l’amor del cielo, Loki. Riprenditi. Non ti servirà a nulla rimuginare», gli disse, cercando il suo sguardo che però non trovò.
«Al mio posto reagiresti allo stesso identico modo. Cos’altro dovrei fare? Siamo qui in balia del gelo e della morte, la gente  muore e non possiamo farci niente. Chi mi dice che sono un codardo ho ragione, ma nella mia codardia non dovevo trascinare anche quel ragazzo.»
«Smettila, ti prego», Thor lo aveva afferrato per le spalle, in una stretta in cui non vi era né prepotenza, né rabbia, solo una grande dolcezza e rassicurazione. «Capisco il senso di colpa, ma non provare a formulare strani pensieri. Tu sopravviversi. E anche Peter, Stark tiene a lui, non permetterebbe mai che gli accadrebbe qualcosa.»
«Come fai ad esserne sicuro?»
«Forse perché anche io sto cercando di proteggere qulcuno.»
Ed in effetti, Thor c’era stato. Avrebbe dovuto provare disgusto, ribrezzo nei suoi confronti, per come si era comportato. Avrebbe potuto e in ogni caso sarebbe stato giustificato, ma non lo aveva fatto. Era rimasto, era rimasto sempre, nonostante tutto. Nonostante per quelli come loro la vita non fosse mai facile, era rimasto.
«Se dopo tutto questo tempo mi sei ancora accanto o sei pazzo oppure…»
«Oppure, forse, semplicemente ti amo. E proprio perché ti amo, andremo via di qui insieme. O moriremo insieme. Preferirei la prima opzione, ma in ogni caso non intendo affrontare nulla senza di te.»
Si era avvicinato e le punte dei loro nasi si erano sfiorati. Loki non aveva mai osato neanche rubargli un bacio, non in mezzo a tanta gente.
Ma la gente non guardava loro, troppo impegnata ad avere paura. Il suo atto di coraggio su azzerare le distanze e baciarlo ad occhi chiusi, forse per paura che potesse essere l’ultima volta. Non aveva capito niente, fino a quel momento. Non aveva capito quanto lui e Peter provassero le stesse cose. Al di là di tutto, del ceto sociale, dell’età, del sesso, era lo stesso identico sentimento.
 
Tony aveva tenuto la mano ancorata a quella di Peter e grazie a ciò erano riusciti a non separarsi. Finalmente erano di nuovo fuori e anche lì il caos era dirompente. La gente correva e spintonava all’impazzata, tutti volevano salvarsi. Anche loro.
«Abbiamo perso di vista Bucky e Steve», gli fece notare Peter.
«Lo so. Ma non preoccuparti per loro, sapranno cavarsela. Adesso è a te che devo pensare.»
«A me? Cosa intendi dire? Tony?»
Aveva chiamato il suo nome, ma Tony lo aveva ignorato, trascinandoselo dietro. Su di lui non aveva alcuna certezza, ma quel ragazzo forse poteva salvarsi in qualche modo. Era così giovane, lo avrebbero fatto salire su una scialuppa senza alcun problema. O almeno ciò sperava.
Peter lo tirò per un braccio, cercando di  riprendere aria. E nel cercare di farsi spazio tra la folla, andò ad urtare qualcuno.
«Peter!»
Nell’immediato riconobbe subito la voce di Thor.
«Thor…?» domandò.
Subito aveva sentito due braccia stringerlo. Loki non lo aveva mai abbracciato, in realtà non era mai stato un tipo particolarmente affettuoso, ma adesso lo stringeva con una foga non indifferente.
«State bene! Come vi è venuto in mente di andarvene così? Potevate morire, siete ferito?»
Non avrebbe saputo dire se fosse arrabbiato, spaventato, sollevato o semplicemente tutte e tre le cose.
«Io…? Io sto bene. Ma voi…?»
Tony non si era staccato da lui. Anzi, lo stringeva con maggior vigore e lo tirava a sé. Aveva fatto caso a come stesse guardando Loki.
«Lasciatelo stare.»
«Tony, aspetta»
«Cos’avete in mente? Peter si è messo in pericolo per venire a salvarti.»
«Oh, sentiamo, chi è che mi ha incastrato? Mi avete fatto passare per un ladro e quasi morire affogato! Lasciate stare Peter, siete una persona orribile!»
«Vi sembra questo il momento di discutere?!» Thor cercò di sovrastare le loro voci.
«Mi sembra il momento eccome! Cosa vuoi sentirti dite? Che ho sbagliato nel cercare di incastrarti? Che le mie convinzioni erano sbagliate e che ho agito per codardia?! D’accordo, lo dico. Ma non vedo cosa possa cambiare. Tengo a quel ragazzo come se fosse mio figlio. E non hai idea, Stark, di cosa si possa arrivare a fare per un figlio. Anche diventare il diavolo in persona.»
Peter aveva sgranato gli occhi. Era sempre stato convinto che mai si sarebbe sentito dire quelle parole.
Tony adesso sembrava meno infervorato, tuttavia non aveva ancora mollato la presa sul suo polso.
«Questo cosa significa? Che non tenterete di separarmi da lui facendomi ammazzare?»
«Se lo facessi, Peter sarebbe infelice. E poi è inutile fingere di non capirvi. Sono come voi.»
Peter non fece domande. Aveva capito bene cosa si celasse dietro quel “Sono come voi”. Lo aveva capito ancor meglio quando aveva visto Thor portargli una mano intorno alle spalle, con delicata dolcezza. Aveva compreso, ciò che era stato celato per anni. E capì anche Tony, capì che quella poteva essere forse l’inizio di una tregua.
Solo l’insistente scrosciare dell’acqua li riportò alla realtà, facendo ricordare loro che dovevano far qualcosa se non volevano morire lì.
«Peter, tu salirai su una scialuppa», annunciò Thor, lasciandolo piuttosto sbigottito.
«P-perché? Possono andare solo le donne e i bambini, io non sono un bambino.»
«Per l’amor di Dio, Peter, dacci un taglio. Qui nessuno ti permetterà di morire così, d’accordo? Sei giovane, non ti lasceranno qui.»
«I-io non vado da nessuna parte! Non vi lascio qui, Tony…?»
Sperare che quest’ultimo lo ascoltasse sarebbe stato inutile. Voleva che si mettesse al sicuro, ma come poteva andare e lasciarlo lì, così? Non aveva alcuna certezza che si sarebbe salvato e da quella nave dovevano scendere insieme. Insieme avrebbero dovuto attendere la prossima alba.
«M-ma Tony…»
Mormorò appena il suo nome, ma quest’ultimo lo spinse verso la scialuppa.
«Vai, ti prego», sussurrò, chiudendo gli occhi. Peter sgranò gli occhi, guardò lui, poi guardò Thor e anche Loki, intuendo quanto per nessuno dei tre dovesse essere facile, quanto tutti si stessero sforzando di non lasciarsi andare ad un addio strappalacrime, perché altrimenti sarebbe stato troppo difficile.
«Dannazione, vai Peter, vai!», Tony lo incitò, dandogli un’altra spinta. Il ragazzo non se ne accorse neanche, ma aveva indietreggiato e quasi cadendo si era ritrovato dentro la scialuppa assieme ad altra povera gente che piangeva e si disperava.
Poi la barca iniziò ad essere calata, lentamente, verso il basso.
Cosa diamine stava facendo?
«Almeno lui si è messo in salvo», sospirò Tony, portandosi una mano sul viso. Non aveva rimpianti. O forse sì, solo uno, il più grande: il mantenere fede alla parola data, il portarlo via con sé.
«Tu sai… che non c’è alcuna garanzia di salvezza per noi, vero?»
Loki gli aveva sussurrato, con gli occhi lucidi, quella domanda. C’era rassegnazione nel suo tono.
Abbassò lo sguardo.
«Lo so.»
Peter, cosa stai facendo? Perché stai andando via?
La sua coscienza poneva domande. Tony, tutti loro, volevano che si salvasse, che avesse la possibilità di continuare a vivere, perché era giovane e non meritava di morire. E loro? Neanche loro lo meritavano.
Non lo meritava Tony, che lo aveva salvato, salvato da se stesso, da uan vita vuota.
«Ce l’hai un nome, ragazzino?»
«S-sì. Sono Peter Parker.»
«E io sono Tony Stark. Sei stato fortunato che ci fossi io.»

 
«Vorrai dire che mi porterai al mare?»
«Già. A giocare a pallone e a bere birra scadente.»
«Sembra meraviglioso. Allora promettimelo, Tony! Io e te al tramonto, sulle rive del mare

 
Gli occhi si riempirono di lacrime nel ricordare. Di tutto ciò che aveva provato, tutto ciò che aveva detto, tutto ciò che gli aveva donato.
No. Sarebbero andati via da quella nave insieme. Da morti o da vivi non aveva importanza.
Fu così, che silenziosamente, prese la decisione più importante della sua vita. Continuare a vivere.
E spiccò un salto.
«Peter!»
Lo aveva visto saltare, arrampicarsi come un piccolo e agile ragno e poi rientrare nella nave, solo un piano più giù.
«Ma che sta facendo?!» gridò Loki senza ottenere però nessuna risposta.
Tony allora corse. Un folle, era un folle! Oh, ma lo avrebbe rimbeccato per bene, quello sconsiderato!
Si ritrovarono nella sala delle feste e delle serate di gala, tutta in oro, si videro e poi si corsero incontro. Peter piangeva e, incredibilmente, piangeva anche lui.
«Peter, dannato ragazzino, sei un pazzo! Perché sei qui, perché?» esclamò afferrandogli il viso tra le mani, guardandolo tuttavia senza alcun rimprovero.
Peter gli sorrise tra le lacrime.
«Perché vedremo insieme sorgere il sole», gli sussurrò.
Allora lo capì, Tony. Capì che l’unico modo che entrambi avevano per vivere era rimanere insieme, fino alla fine. Forse era un pensiero egoista, ma era l’unico modo. Era il loro modo. Si scambiarono un abbraccio, lungo, un bacio altrettanto disperato, dimenticandosi del pericolo costante in cui si trovavano. Tony sollevò lo sguardo e avvertì un rumore che aveva  oramai imparato a riconoscere molto bene.
«Maledizione», imprecò. Peter, ancora stretto a lui, fece una smorfia. Gli ci volle poco per capire. L’acqua era arrivata anche in quella parte della nave e stava ora avanzando verso di loro come un fiume in piena.
«Tony!»
«Peter, devi correre, hai capito? Non fermarti per nulla al mondo, io ti vengo dietro!»
Non si erano ritrovati per morire subito dopo, sarebbero usciti di lì, in qualche modo. Peter corse così veloce che gli parve quasi si sfrecciare il volo.
Ma il mare sapeva essere meraviglioso, quanto nemico, molto spesso. Arrivò loro alle caviglia con una forza impetuosa, facendoli cadere. Peter sbatté, si fece male, ma non ci pensò neanche, troppo occupato a cercare la mano di Tony e, nel frattempo, a tentare di tenersi a galla. Ma l’acqua era gelida e respirare era sempre più difficile.
«Tony, non voglio morire così!»
«Chiudi la bocca e cerca di non ingoiare acqua!», lo afferrò, usando tutte le forze per attirarlo a sé. Poi si aggrappò al muro, scorgendo una rampa di scale davanti a loro. «Sali qui, coraggio!»
Peter tremava, mentre piano si reggeva sulle sue fragili gambe. Arrivati in cima alle scale, a sbarrar loro la strada c’era l’ennesimo cancello chiuso.
«Oh, no! Come usciamo di qui?! L’acqua presto ci sommergerà!»
«Deve esserci qualcuno che può aiutarci! Dannazione, che qualcuno venga a darci una mano, adesso!» si sforzò di gridare, cosa non facile visto il terrore e la mancanza d’aria.
Le loro preghiere furono ascoltate, poichè poco dopo scorsero un uomo tutto intento a correre, probabilmente un membro dello staff a giudicare dalla divisa.
«Lei! La prego, ci aiuti!» supplicò Peter. «Non ci lasci morire, veda se riesca ad aprire questo cancello!»
Quello, dopo un primo momento di dubbio, decise di dare il suo aiuto a quei due sconosciuti. Tirò fuori dalle tasche un mazzo di chiavi e con mani tremanti iniziò a cercare. Ma tra la paura e la corrente che continuava ad andare e tornare, il mazzo finì con il cadere malamente in acqua.
«M-mi dispiace. Le chiavi sono cadute, non c’è niente che posso fare!» esclamò l’uomo mestamente.
Peter sgranò gli occhi, allungando una mano.
«No, aspetti, la prego! Dannazione! Tony, che facciamo?!»
Il livello dell’acqua stava continuando ad alzarsi, senza dare tregua a nessuno dei due. Tony prese un respiro profondo. Doveva assolutamente ritrovare quel mazzo di chiavi, unica loro salvezza. Così chiuse gli occhi e si immerse, allungando un braccio e cercando a tentoni di ritrovare il mazzo perduto.
Qualche istante dopo tornò in superficie, tossendo.
«Le ho trovate!»
«E qual è quella giusta?! Tony, ti prego, io ho paura», tremò, ormai certo che sarebbe morto affogato.
«Non dirlo neanche per scherzo, ragazzino!»
Il suo compito era sempre stato proteggerlo, fin dall’inizio. Sì, anche quando non lo sapeva ancora, era sempre stato quello il suo compito.
Dopo un paio di tentativi a vuoto, Tony provò la chiave più piccola. Riuscì ad infilarla nella serratura, non con poca difficoltà visto che l’acqua era arrivata loro fin sopra al collo.
«T-Tony…» boccheggiò Peter.
Lui non rispose, limitandosi a girare la chiave e ad aprire, con una forte spinta, il cancello. Afferrò Peter per un polso, riuscendo a trascinarlo via da quel luogo di morte certa e tornando, finalmente, a respirare.
 
I due avevano lasciato all’esterno il caos più totale. Metà della nave era praticamente coperta d’acqua e di conseguenza l’altra metà si stava sempre più sollevando verso l’alto. Oramai sembra essere scoppiata una guerra, poiché  tutti stavano cercando di accalappiarsi un posto, una salvezza, una possibilità per il futuro.
Bucky tremava per il freddo, ma il calore di Steve in qualche modo gli era di sollievo.
«Steve, che facciamo qui?»
«Tranquillo, Buck. Andrà tutto bene, nessuno dei due morirà qui, te lo prometto.»
La gente intorno a loro spingeva e si accalcava, per questo i sottufficiali, ad una certa, erano stati costretti ad uscire le pistole.
«Fate un altro passo e giuro che sparo!»
«Cazzo, questi lo fanno davvero. Steve…», sussurrò.
«Ho detto che non devi preoccuparti. Ehi, maledizione, non spingete!»
Steve era certo che finché Bucky sarebbe rimasto accanto a lui, niente di male sarebbe potuto succedere. Perché lo aveva stretto tra le proprie braccia. Poi però era bastato il rumore di uno sparo a mandare in frantumi le sue sicurezze. E le sue speranze per il futuro.
Il proiettile aveva colpito Bucky. Ironico il fatto che se fosse stato appena due centimetri a destra, avrebbe colpito lui. Ironico quanto crudele.
«Bucky!»
Lo vide sgranare gli occhi, aprire la bocca e sputare sangue. E poi lo vide cadere. Ancora una volta lo strinse tra le proprie braccia , ma questa volta non avrebbe più potuto proteggerlo.
«No, no! Maledetto, perché?! Bucky, Bucky, resisti! Vi prego, aiutatemi! Bucky, non provare a chiudere gli occhi!»
Urlava eppure nessuno pareva sentirlo. Ecco che ad un tratto non sentiva più freddo. Solo il calore dato dal suo sangue che ora gli sporcava le dita e si mescolava all’acqua.
 
Loki vide Clint Barton venirgli incontro. Pareva stanco, col fiato corto, ed era bagnato fradicio.
«Ho dato una mano a riempire le scialuppe. Oramai non c’è più ordine, è il caos più totale, è per questo che un sacco di gente sta morendo!»
«Un sacco di gente morirà comunque», ricordò Loki, il tono spento. Non sembrava aver para di poter morire. O forse era solo bravo a fingere.
«Forse per noi c’è la possibilità di salvarci.»
«Io non vado da nessuna parte senza Peter. Lui è vivo, è un pazzo, ma è davvero difficile da far fuori. Ma voi, voi dovete andare.»
«Perché dovrei poterlo fare?»
«Perché se morirò, lo farò accanto alla persona che amo. Lady Natasha vi aspetta. Non dategli un dolore tanto grande come quello della vostra perdita.»
Clint sospirò guardando il mare scuro davanti a lui. Non poteva sapere, ma poteva immaginare, che Natasha stesse aspettando proprio lui, mentre cercava di scacciare via il freddo.
«Non perdonerò nessuno dei due, se doveste morire.»
Loki annuì. Era giusto che due amanti potessero stare insieme fino alla fine. Gli ci era voluto un po’, ma alla fine lo aveva capito anche lui.
«Loki, sembri quasi rassegnato», gli disse Thor.
«Anche se fosse? Non sarei l’unico, Qui c’è un sacco di gente che è rassegnata a dover morire.»
«Ma non tu. Hai freddo?»
Il corvino annuì e allora lui gli si avvicinò, circondandogli le spalle con un braccio e poggiando la fronte sulla sua.
Loki allora aveva sentito il bisogno di chiudere gli occhi.
«Farà male? Morire, intendo. Secondo te, farà male?»
«No, non farà male. Fingi di essere in un letto, con me. Fingi che la notte sia arrivata e che stiamo per addormentarci», la sua voce si spezzò inesorabilmente e si odiò per non essere in grado di fargli forza, fino alla fine.
 
Tony e Peter erano riusciti a mettersi all’asciutto, ma non al sicuro. Si erano resi conto d quanto la nave fosse instabile, oramai il pavimento in cui correvano non era più orizzontale, bensì obliquo. Dovevano solo uscire di lì e forse avrebbero trovato un modo per salvarsi.
«Tony, aspetta!»
Il ragazzo lo pregò di fermarsi, riconoscendo la figura triste e malinconica di Bruce Banner che, fissando un orologio, pareva star aspettando solo la sua ora.
«Signor Banner?»
«Signorino Parker. Ma allora state bene. Tutti e due state bene», affermò mestamente, ma sorridendo. «Mi dispiace di aver costruito una nave così poco robusta.»
«Signor Banner, ma non cercherà di salvarsi?»
«Non preoccupatevi per me», mormorò, abbassando poi lo sguardo.
«Peter, non c’è più tempo adesso, dobbiamo andare», gli ricordò Tony. Peter sentì il cuore far male. Sapeva che Bruce Banner doveva essere corroso dal senso di colpa e che avrebbe potuto trovare la sua pace solo nel morire assieme alla sua nave. Ma la consapevolezza non lo aiutò a stare meglio. Così lo abbracciò, donandogli il suo ultimo saluto
Sorpreso, Bruce Banner ricambiò l’abbracciò.
«Buona fortuna»
«Buona fortuna anche a voi.»
 
 
L’acqua gelida gli sfiorava le gambe. Nonostante questo, nonostante oramai non riuscisse più a respirare, non si era staccato un attimo da Bucky, inerme e con un proiettile incastrato nel petto che lo stava portando inevitabilmente alla morte. Non ci sarebbe stata speranza per lui di salvarsi. La presenza di Steve era forse l’unica fonte di calore.
«Steve… lasciami andare. Salvati, almeno tu», lo pregò, quasi boccheggiando.
Steve guardò dritto davanti a sé. Stava arrivando, la morte. Incombeva sulle loro teste in maniera soffocante. Oramai lo aveva capito, non avrebbe trovato il modo di sopravvivere, per questo preferiva morire accanto a lui, che disperarsi nel tentativo di trovare una via di fuga.
«Non ti lascio, Buck. Rimango con te fino alla fine.»
Lui tossì, sputando sangue.
«Sei un testardo…h-ho freddo… e ho anche paura…»
Chino su di lui, Steve lo abbracciò.
«Sssh. Sarà finita a breve, Buck. Stiamo andando in un bel posto. Lo posso già vedere. Saremo felici e ci divertiremo.»
Bucky lo sentì piangere e quasi di riflesso gli si aggrappò.
«Stiamo andando a New York?»
Steve annuì, non riuscendo a trattenere un gemito, a causa del pianto.
«Sì., Buck. Stasera ti porto a ballare.»
Venne da sorridere ad entrambi. Tremavano, scossi dai brividi di freddo e dalla paura. Steve gli si strinse ancora di più, mentre l’acqua li raggiungeva. Forse il loro viaggio aveva inizio solo in quel momento, chissà. Ripensò a Tony e si augurò, ma in realtà, ne era quasi certo, che sarebbe sopravvissuto. Lui non era stato così fortunato. Ma qualsiasi posto lui e Bucky avrebbero raggiunto non aveva importanza, perché erano insieme.
 
Il capitano del Titanic si era mostrato impassibile davanti ai passeggeri spaventati. Ma adesso che si ritrovava da solo vicino al timone, non poteva fare a meno di lasciarsi andare allo sconforto. Nick Fury sapeva che un bravo capitano non abbandonava mai la propria nave. Lui non lo avrebbe fatto di certo. Ironico pensare che sarebbe dovuto andare in pensione proprio dopo quel viaggio. Per l’ultima volta, aveva navigato la nave più grande mai costruita al mondo.
Morì qualche minuto più tardi, travolto dall’acqua che entrando aveva rotto i vetri. E nello stesso momento, la forza del mare si era portata via anche Bruce Banner.
 
 
Nota dell’autrice
Questo capitolo è stato emotivamente distruttivo da scrivere. Quando sono arrivata a rileggere la morte di Bucky e Steve mi sono messa a dire “Non ce la faccio”, ma alla fine ho tenuto duro. Ne ho fatto fuori quattro in una volta sola e mi dispiace terribilmente, ma ancor una volta il mio animo sadico ha vinto. Quindi RIP Bucky, Steve, Fury e Bruce. L’ultimo capitolo sarà l’ultimo. La vera domanda è: qualcun altro ci lascerà?
   
 
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