Jeff si ingobbì davanti allo
specchio, puntellandosi sulle braccia. Aveva i capelli fradici
appiccicati al
volto. Sollevò lo sguardo, incrociando gli occhi chiarissimi
del demone che era
diventato. Era frustrato: Evelyn non faceva progressi. Appena metteva
un piede
oltre la soglia, stava male, e lui era costretto a riportarla
all'interno
dell'abitazione. Di quel passo non avrebbe mai raggiunto Liu.
Il killer scese in cucina e
raggiunse i fornelli. Non era un ottimo cuoco, ma almeno ciò
che preparava era
commestibile. Mentre cucinava, svuotò la quinta bottiglia di
vodka in tre
giorni. Aveva finito le sigarette, e la cosa non faceva certo bene al
suo
umore. Terminato di preparare il pranzo, ne mise una porzione in un
piatto,
agguantò una forchetta e si diresse verso il divano.
- Ehi Eve, hai fame?
Lo sguardo spaventato della
ragazza, legata e imbavagliata, lo seccò. Dopotutto, le
stava offrendo un
trattamento di favore. Jeff le si inginocchiò accanto, le
liberò la bocca e
prese ad imboccarla:- Oggi ci riproviamo, eh, Eve? Cosa ne pensi?
Evelyn scosse freneticamente
il capo. Era pallidissima, non solo perché non prendeva il
sole da quasi un
anno. Il killer le accarezzò la guancia: Ssssst... Sai bene
che non intendo
farti del male... Prendere un po' d'aria fresca farà bene
anche a te, vedrai.
Fu un altro fiasco. Jeff era
furibondo, ma non poteva fare niente per uscire da quella situazione. Minacciare Evelyn non
sarebbe servito.
Sovrappensiero, il ragazzo si diresse verso le cartellette in cui la
ragazza teneva
i disegni. Non aveva mai avuto l'occasione di guardarli tutti.
Erano tanti, tantissimi.
Anche se non aveva una ragione per farlo, il killer badò a
non rovinare i
fogli, rimettendoli ordinatamente nelle rispettive cartellette,
addirittura
lisciando le pieghe sulla carta. Poi, un disegno attirò la
sua attenzione.
Erano loro tre, insieme, come nella fotografia che si erano scattati
una
settimana prima.
Che cosa sto facendo? Cosa
sono diventato?
Jeff si alzò, estrasse il
coltello dalla tasca e si avvicinò a Evelyn, addormentata
sul divano.
Eve chiuse gli occhi,
cercando di calmarsi. Non aveva la più pallida idea di cosa
fare.
- Scusami. Ho sbagliato, non
avrei dovuto coinvolgerti.
Jeff fece roteare il coltello
nella mano, poi cominciò a tagliare le corde che bloccavano
i polsi e le
caviglie della ragazza. Quando ebbe finito, si calò il
cappuccio sul volto e la
salutò con la mano:- Spero tu possa ricominciare a uscire,
prima o poi. Ti
farebbe davvero bene, credimi.
Il killer uscì dalla
finestra, senza voltarsi a guardarla.
A quanto pareva, si era
portato via la fotografia. Eve raccolse i capelli dietro la nuca,
fermandoli
con la matita, cercando di trovare una soluzione a quella situazione.
Non
voleva che Jeff venisse arrestato. Improvvisamente, le venne un'idea.
Jeff digrignò i denti nel
vedere la macchina della polizia. Aveva il coltello, ma la spalla non
era
ancora guarita. Cercando di non attirare l'attenzione,
svoltò in un vicolo,
resistendo a stento alla tentazione di voltarsi per accertarsi di non
essere seguito.
- Ehi, tu! Fermati un attimo!
Il killer eseguì, senza
voltarsi. Correre via significava ricevere un proiettile nella schiena.
- Girati.
Con voce mortalmente calma,
il ragazzo domandò:- Per quale motivo, agente?
- Voltati e levati quel
cappuccio.
Jeff si girò lentamente.
L'uomo davanti a lui era alto e robusto, pelle chiara, stempiato,
capelli e
occhi castani. Appariva sospettoso, ma non poteva immaginare cosa lo
aspettava.
Il diciottenne infilò la mano destra nella tasca della
felpa, stringendo le dita
sul manico del coltello. Con calma, portò la sinistra sul
cappuccio, ma non lo
abbassò.
- Ha paura dei demoni,
agente?
- Ma cos...!
Jeff tirò indietro il
cappuccio, gustandosi la solita espressione sconvolta di coloro che non
erano
in grado di riconoscere la vera bellezza.
- Torni a dormire, agente.
Con un movimento fluido,
estrasse l'arma dalla tasca. Uno, due, tre colpi rapidissimi
nell'addome
dell'uomo, poi si voltò e fuggì.
Appena svoltato l'angolo,
Jeff si trovò davanti la macchina della polizia.
Evitò di farsi travolgere, ma
i poliziotti notarono le macchie di sangue sulla felpa. Il killer
cominciò a
correre, pur sapendo di essere fuori allenamento. Non si sorprese
più di tanto
quando si trovò circondato. Jeff infilò le mani
in tasca, appoggiando la
schiena al muro dietro di lui.
Liu... Peccato, avrei voluto
salutarti un'ultima volta...
- Louis! Cosa stai facendo?
Jeff si voltò. La voce era
indubbiamente quella di Eve. Quando vide la ragazza, rimpianse il fatto
di
essersi bruciato le palpebre. Quello sarebbe stato un buon momento per
sbarrare
gli occhi. La ragazza indossava un lungo vestito nero, una sciarpa
scura che le
copriva il volto e degli occhiali da sole.
- Scusatelo, quando si tratta
di cosplay si cala troppo nella parte.
- Ah, la mia mortale nemica!
Jane, non ti avvicinare!- improvvisò Jeff.
Gli agenti parvero perplessi,
ma li lasciarono andare. Jeff afferrò Eve per un polso e
cominciò a correre:-
Scusami ma non posso fermarmi, Jane... Cioè, no, Eve... Ho
mandato a dormire un
agente poco fa...
- Jeff...
- Ah il vestito è stupendo,
sembra davvero quello che le ho mandato quando ho scoperto che era
sopravvissuta.
- Jeff...
- E complimenti, davvero. Sei
riuscita a superare l'agorafobia.
- Jeff!
Il killer si fermò nel
sentirsi strattonare verso il basso. Evelyn era rannicchiata a terra,
le mani
premute sulle tempie. Il ragazzo si inginocchiò accanto a
lei:- Eve... Eve,
stai bene?
La ragazza scosse il capo:-
Lui potrebbe essere qui... Potrebbe trovarmi...
- Parli dello pseudo Slendy,
vero?
Evelyn annuì. Jeff le mise
una mano sulla spalla, cercando di tranquillizzarla:- Ehi, calmati. Ci
sono io
con te. Non permetterò a nessuno di farti del male.
Si bloccò, rendendosi conto
di ciò che aveva appena detto. L'aveva sempre pensato, ma
non era mai riuscito
a esprimerlo ad alta voce.
- Dai, torniamo a casa.
Riesci a camminare?
Senza aspettare la risposta,
Jeff si passò il braccio di Eve intorno alle spalle,
aiutandola a rialzarsi.
Nel farlo, la sciarpa della ragazza scivolò via, mettendo in
luce il sorriso
che l si era disegnata sul volto con il rossetto.
- Eve... Cosa sarebbe quello?
- Eri contento... Quando
avevamo tutti il sorriso.
Jeff sentì le lacrime agli
occhi. Se si fosse messo a piangere, sarebbe stato un problema,
così si passò
alla svelta la manica sul viso.
- Jeff... Prima, eri serio?
Il killer lasciò nel catino
pieno d'acqua la felpa che stava lavando, poi si voltò verso
Evelyn:- Di che
parli?
- Del fatto che non avresti
permesso a nessuno di farmi del male...
Jeff si passò la mano
insaponata sulla nuca, evitando di guardarla:- Uhm... Beh... Ecco...
Sì, ero
serio.
Ci era riuscito.
E adesso che gliel'hai detto,
cosa credi che cambierà? Nulla. Sei un assassino, l'hai
minacciata, per colpa
tua ha rischiato di essere uccisa. Parecchie volte, inoltre.
Improvvisamente, Eve lo
abbracciò:- Grazie.
Jeff ringraziò il fatto di
non poter arrossire. Quando era normale, si
imbarazzava subito.
Accarezzò i capelli della
ragazza. Forse sarebbe tornato umano, grazie a lei. Dopotutto, valeva
la pena
tentare.