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Autore: taisa    04/07/2019    2 recensioni
Bulma ha le potenzialità per realizzare tutti i suoi sogni, ma può riuscirci mantenendo un segreto chiamato Vegeta?
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Bulma, Vegeta | Coppie: Bulma/Vegeta
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Per le persone care

Da quando Vegeta aveva venduto la sua moto, il parcheggio all'interno del cortile era rimasto vacante. Essendo l'unico attuale proprietario del locale, Nappa ne aveva approfittato e ne faceva uso.
Uscendo dalla sua autovettura i suoi occhi si scostarono sui materiali inutilizzati per la riparazione delle tubature avvenuta il mese precedente. Si annotò mentalmente di avvisare i dipendenti che aveva assunto di spostarli in un luogo più appropriato. Dov'erano ora erano solo fastidiosi.
Aprendo il bagagliaio dell'auto, Nappa estrasse una scatola di cartone. Era andato a recuperarla dalla prigione alcune ore prima. Non avendo altra famiglia, Vegeta aveva segnalato il nome del socio come unico contatto in caso di emergenze, oltre a quello del suo avvocato.
Pertanto l'omone era stato incaricato di andare a riprendere gli averi che il prigioniero aveva indosso il giorno del suo arresto. Gli abiti, le chiavi di casa attaccate a quelle del locale, un paio di fogli sulla quale aveva scritto alcuni promemoria, il portafoglio e il cellulare la cui batteria era ormai scarica da tempo e che nessuno sarebbe più stato in grado di accendere, non conoscendo il codice della sua riattivazione e che avrebbe quindi conservato per sempre i suoi segreti.
Sul pianerottolo davanti alla porta dell'appartamento, Nappa infilò la mano nella scatola per recuperare le chiavi. L'abitazione era rimasta sigillata da quando Vegeta era stato incarcerato. Il problema non era tanto la serratura rimasta chiusa, c'era un secondo mazzo in qualche cassetto nel bar in caso d'emergenza, ma nessuno aveva davvero motivo per mettervi piede.
Entrando nel piccolo bilocale il colosso sentì un fremito di nostalgia. Dall’ultima volta che era stato lì dentro erano passati almeno tre o quattro anni, il giorno nella quale aveva aiutato Vegeta a trasferirsi.
Tuttavia prima di lui era stato Nappa il precedente inquilino di quella casa, occupandola per quasi quindici anni, per poi lasciarla al figlio del vecchio proprietario.
Doveva tutto al vecchio, quando aveva diciotto anni era allo sbando senza avere un posto dove andare o qualcuno alla quale chiedere aiuto. Era stato lui a dargli il primo lavoro al bar, come garzone, e un tetto sopra la testa facendogli pagare un piccolo affitto.
Il locale non era soltanto un luogo di lavoro per Nappa, rappresentava anche la sua salvezza e un debito nei confronti della persona che lo aveva tirato fuori dai guai quando ne aveva più bisogno.
A cinque anni dalla sua morte, seppellire il figlio in una nuvolosa giornata d'inizio settembre, gli diede una sensazione di dejavu, nonché una percezione di fallimento e di sconfitta.
Il bar che aveva costruito da zero e il ragazzo che aveva allevato da solo erano le sole cose che il vecchio gli aveva lasciato, insieme all'indiretta responsabilità di prendersene cura. Il locale aveva rischiato di essere allagato e Vegeta era finito a far compagnia al defunto padre.
Tuttavia, guardandosi attorno per un attimo ebbe l'impressione che quella casa non fosse mai stata lasciata libera. Sì, c'era un po' di polvere accumulatasi negli ultimi mesi, ma tutto il resto sembrava attendere il rientro dell'inquilino.
Stoviglie ancora nel lavello, indumenti poggiati sul divano e un maglione pesante abbandonato su una delle sedie attorno ad un piccolo tavolo, segno che era ancora inverno quando era stato dimenticato lì.
Nella camera da letto il materasso era sfatto, dando l'impressione che qualcuno si fosse appena alzato. In un angolo un cestello era pieno di indumenti che dovevano essere lavati. Mentre un paio di scarpe era rimasto al centro della stanza, sfilate forse di fretta.
Nappa adagiò lo scatolone sul mobile più vicino all'accesso della stanza e guardò al suo interno. Ne estrasse gli abiti, ma quando lo fece sentì un piccolo tonfo.
Scostando lo sguardo accanto ai suoi piedi si accorse che il portafoglio era balzato fuori dal contenitore. Forse era finito sopra i jeans all'interno della scatola e quando Nappa li aveva estratti anche portafoglio ne era uscito.
Si chinò per recuperalo. Quando l'oggetto era finito al suolo si era aperto e guardando con vago interesse il suo contenuto riconobbe lo stile di Vegeta.
Era riservato in tutto quello che faceva e tendeva a non personalizzare mai nulla di privato. La sua casa non aveva quadri o poster, cosa che invece aveva fatto Nappa a suo tempo, la sua scrivania nel retro del bar era spoglio di chincaglierie e il suo portafoglio era privo di effetti personali.
C'erano solo un paio di banconote, carte di credito e delle monetine nell'apposito scompartimento. Nulla di più. Nappa lo riadagiò sul mobile accanto alla scatola e distolse lo sguardo, portandolo al resto della stanza. Finì per riporre gli abiti nel cestello, come se qualcuno potesse lavarli, e si diresse verso la porta della camera.
Fu allora che i suoi occhi catturarono un particolare che non aveva notato prima. Nascosto in uno scompartimento interno del portafoglio l'angolo di un foglietto spuntò appena, rilevando la sua presenza. Nappa lo afferrò incuriosito, qualsiasi cosa fosse, Vegeta aveva fatto bene attenzione a tenerlo nascosto, ma la caduta doveva averlo scosso abbastanza da renderlo visibile.
Quello che estrasse fu, con somma sorpresa, una fotografia. Vegeta non sembrava molto felice di essere al centro della foto, la sua espressione era tutt'altro che sorridente... ma quello era Vegeta anche nel suo giorno migliore, chi lo conosceva sapeva che ottenere un sorriso da lui era chiedere l'impossibile. Benché sembrasse infastidito, i suoi occhi raccontavano una storia diversa. Riflessi nella profondità delle sue iridi scure c'era una luce di tranquillità che Nappa non gli aveva mai visto prima di allora.
Accanto a lui c'era una ragazzina. Sapeva di averla già vista da qualche parte, ma aveva il brutto vizio di non prestare troppa attenzione ai visi degli sconosciuti. Tuttavia ebbe l'illuminazione necessaria quando riaffiorò un'immagine di lei in piedi di fronte alla porta della propria casa mentre era pesantemente gravida. Non ricordava il suo nome, se non per il fatto che iniziasse con la B, forse.
Al contrario di lui, la ragazza sembrava al culmine della felicità, espresso non solo negli occhi azzurri, ma anche col sorriso che le abbelliva il viso. La foto era stata scattata da un cellulare e a giudicare dalla posizione della ragazzina, nonché del suo braccio, doveva essere stato il suo e doveva essere stata lei a scattarla. L'altro braccio di lei era appoggiato sulle spalle di Vegeta, per impedirgli di sfuggire dall'inquadratura.
Nappa non riconobbe il posto, doveva essere da un'altra parte della città o completamente in un altro paese, ma non doveva essere stata scattata molto prima del fatidico arresto. Alle loro spalle, in quello che sembrava essere un ristorante, c’era una vetrata. La gente all'esterno camminava stretta in pesanti giacche invernali e in un lato della strada era ben visibile la moto di Vegeta, quella nuova non il vecchio catorcio che aveva prima.
“Vegeta, tenevi davvero così tanto a questa mocciosa?” gli chiese Nappa nel silenzio.

***

“Siamo sicuri che sia una buona idea?” domandò Yamcha, voltandosi verso il sedile del passeggero sulla quale erano seduti i suoi amici. “Mi sembra troppo tardi per avere dubbi. Ormai siamo arrivati” gli fece notare Lazuli portandosi una ciocca di capelli dietro l'orecchio. Crilin, seduto al centro del sedile accanto alla ragazza, si grattò la nuca “E se non volesse vederci?” mormorò altrettanto preoccupato quanto l'altro.
“Non ha nessuna importanza” esordì all'improvviso Goku “Dobbiamo farle capire che abbiamo almeno provato” disse loro, aprendo la portiera dell'auto ed uscendo dalla vettura.
Lapis si appoggiò al volante con l’avambraccio, girandosi a sua volta “Ehi, il ragazzino è più sveglio di quanto pensassi” commentò ironico nella sua tipica tonalità piatta.
Goku attraversò la strada e raggiunse l’abitazione. Non era mai stato a casa di Bulma e non sapeva a quale finestra appartenesse la sua stanza, ma sul lato ovest le tapparelle erano chiuse ed intuì che doveva essere una di quelle.
Si adagiò le mani intorno alla bocca “Bulmaaaa!” urlò.
“Ehi, che stai facendo?” gli chiese Crilin “Basta suonare il campanello” dicendo ciò si prodigò a premerlo. Goku lo guardò sorpreso “Oh” mormorò.
Lapis si chinò verso l'orecchio della gemella “Ritiro tutto” bisbigliò, lei roteò gli occhi verso il cielo.
Panchy apparve sulla soglia della porta, osservando gli amici della figlia che si erano radunati davanti all’ingresso. “Mi dispiace tanto ragazzi, ma Bulma non vuole vedere nessuno” spiegò amareggiata.
Erano settimane che la ragazza si era barricata in camera e si rifiutava di uscire, nonostante i tentativi dei genitori e della sorella.
“Era come temevo” mormorò Crilin, afflitto. Al suo fianco Yamcha sospirò “La prego, può dirle che siamo passati e che siamo preoccupati per lei?”.
La madre della ragazza annuì “Ma certo” li rassicurò.
Goku osservò la scena per un momento. Era con i suoi genitori quando Radish aveva raccontato loro la storia, riferendo i fatti dal suo punto di vista.
Il fratello aveva detto che uno degli assalitori era armato di un coltello artigianale, usando un vecchio spazzolino da denti alla quale era stato applicato un frammento appuntito di un vetro. Radish aveva visto l'improvvisata arma conficcarsi nello stomaco di Vegeta più e più volte, nonostante l'instancabile resistenza che quest'ultimo aveva opposto.
Aveva cercato di salvarlo, ma alle sue spalle qualcuno gli diede una botta in testa, facendolo svenire. Al suo risveglio i tafferugli erano stati sedati e si era ritrovato in infermeria con una fasciatura alla testa.
Nel letto accanto al suo Vegeta aveva lottato per rimanere aggrappato alla vita e molti degli infermieri si erano detti sorpresi che ci stesse riuscendo sebbene i soccorsi fossero stati tardivi.
La morte di un prigioniero era stata la causa principale per la quale il carcere era rimasto isolato per alcuni giorni.
Goku non aveva mai conosciuto Vegeta e ora non avrebbe mai avuto occasione di farlo, ma da come lo aveva descritto Bulma e da quello che aveva raccontato Radish il ragazzo provò un istintivo moto di simpatia nei suoi riguardi.
Suo padre gli aveva confidato che gli ricordava lui, con la stessa tenacia e lo stesso fuoco che ardeva quando si trovavano su un ring, nel caso di Kakaroth, o in una rissa, come invece accadeva per Vegeta.
Goku si avvicinò al cancello che delimitava il giardino posteriore e cominciò a scavalcarlo. “Ehi! Che stai facendo?” esclamò sorpreso Crilin, Goku lo ignorò.
Dopo aver trovato una posizione stabile sul punto più alto della cancellata si poggiò le mani alla bocca, come aveva fatto poc'anzi “Bulmaaaaaa! Vegeta non vorrebbe vederti triste!” urlò a quella che ipotizzò essere la sua camera, “Mi hai sentito Bulma?” continuò a strillare.


CONTINUA…

  
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