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Autore: Nao Yoshikawa    09/07/2019    6 recensioni
Minilong - Starker - Titanic!AU
Dal capitolo uno:
Il mio desiderio è sempre stato quello di volare. Potrei farlo, adesso. Volare per poi cadere in mare. Respirare, anche se per un attimo, la libertà.
Aveva fatto di tutto per trovare una soluzione, com’era solito a fare. Era grazie alla sua capacità di vedere il lato positivo nelle cose che era andato avanti. Ma adesso, anche volendo, non avrebbe trovato niente di positivo.
Tremò profondamente e scavalcò il parapetto, reggendosi. Sotto di sé, il mare era scuro e profondo. Lo avrebbero inghiottito. Oppure sarebbe morto per il gelo. L’idea lo spaventata. Morire faceva paura, ma gli faceva ancora più paura l’idea di continuare ad esistere senza poter effettivamente vivere.

Dal capitolo due:
Tony lesse una grande malinconia nel suo tono. Visto dall’esterno, quel ragazzo possedeva tutto che si poteva desiderare. Ma bastava davvero poco per capire che soffrisse di tante mancanze, la libertà prima fra tutti. Lo aveva capito, Tony. Perché di fatto lui possedeva solo quella.
«Si usano ancora i matrimoni combinati? Che cosa medievale. Perché non provi a ribellarti?»
Peter sorrise tristemente.
«Perché non so come si fa.»

7/7
Genere: Drammatico, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Carol Danvers/Captain Marvel, Loki, Peter Parker/Spider-Man, Steve Rogers/Captain America, Tony Stark/Iron Man
Note: AU | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
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7x7
 
Tony e Peter erano riusciti a raggiunger l’esterno, solo per vedere morte, distruzione e il mare che inghiottiva ogni cosa. Che rimaneva del Titanic, del suo splendore, di tutti i coloro che avevano creduto di poter raggiungere l’America oltre l’Atlantico? Niente.
Era calato il buio e coloro che era rimasto stava cercando di mettersi in salvo, correndo all’impazzata, ma invano.
«Oh, no. Dove sono gli altri? E Thor. E Loki? Sono morti tutti? Non me lo dire, non me lo dire.»
Peter aveva iniziato a tremare, probabilmente anche a farsi prendere dallo sconforto. Adesso poteva constatare con i suoi occhi quanto  terribile il loro destino fosse.
«Tony… io non voglio morire. Dio, salvaci, salvaci, ti prego, ti prego.»
Aveva chiuso gli occhi e se Tony non fosse stato lì a sorreggerlo, probabilmente sarebbe caduto.
«Ragazzo, non ti servirà a niente pregare, se ora non corri. Dobbiamo andare dall’altro lato, dobbiamo rimanere più che possiamo su questa nave, hai capito? Non lasciarti andare, non adesso.»
Peter annuì e, senza smettere di tremare, si aggrappò a lui. Era tutto ci a cui poteva rimanere aggrappato, per sopravvivere, forse per vivere.
 
Loki sentiva il braccio di Thor stringergli forte la vita, poteva sentire il battito accelerato del suo cuore. Avvertivano, tutti loro, la stessa identica sensazione, la paura, l’adrenalina, il respiro mozzato e il disperato desiderio di mettersi in salvo.
«Cammina, non fermarti», gli sussurrò.
«Cadremo», mormorò Loki.
«Non cadremo. Ho detto cammina. Clint ci ha preceduto, andiamo. Lotta fino alla fine.»
C’era odore e presagio di morte nell’aria. La nave si stava innalzando, fra qualche istante si sarebbe ritrovata a galleggiare verticalmente in mare e infine sarebbe affondata.
«Andiamo, sbrigatevi!» Clint si arrampicò, incitandoli a darsi una mossa. «Prendete molta aria, ci servirà quando questa nave affonderà.»
Loki avvertì una fastidiosa morsa allo stomaco. Era vivo ma fra un secondo sarebbe potuto morire. Oramai non importava più il ceto sociale. Anzi, non importava più niente di niente. Perché la morte avrebbe preso tutti indistintamente.
 
Anche Peter e Tony avevano raggiunto la poppa e poi il parapetto. Si erano arrampicati e il ragazzo era stato costretto a chiudere gli occhi. Erano sospesi e sotto di loro la gente precipitava in mare, a volte prima schiantandosi malamente e sfracellandosi le ossa. Tony era accanto a lui, lo stringeva.
«Peter, ti ricordi cosa è successo qui?» domandò a bassa voce, quasi dolcemente.
«Qui? Qui  è dove ci siamo conosciuti», ricordò, aprendo gli occhi. Si ricordò, di quando era ancora ignaro, di quando credeva che avrebbe vissuto da miserabile. Si ricordò del sole che sperava di rivedere ancora.
Tony annuì e lo strinse cautamente a sé.
«Io sento di amarti», gli disse poi. Non avrebbe mai detto quelle parole con leggerezza, probabilmente in un altro contesto avrebbe anche aspettato. Ma adesso non c’era tempo e probabilmente non c’era neanche futuro. Peter sorrise, con le lacrime agli occhi.
«Sento di amarti anche io.»
Avrebbe voluto baciarlo. Sì, magari donargli l’ultimo bacio. Ma non ne fu in grado, perché si ritrovarono entrambi a sussultare a causa di un movimento improvviso. Ecco che la nave, completamente eretta, stava iniziando la sua discesa nelle profondità dell’oceano. E le urla si erano levate in alto.
«Tony… Tony, cosa…?»
«Ascolta, Peter. Devi trattenere il fiato, il più a lungo possibile. Lo so che hai paura, ma è importante che tu faccia come dico.»
Lo stava ascoltando sì, ma con gli occhi sgranati che fissavano il mare di fronte a sé.
«Peter, al mio tre, hai capito?»
Annuì.
Trattieni aria, il più possibile.
«Tre.»
Non sei arrivato fino a questo punto per morire così.
Non è giusto.
«Due.»
Vedrete insieme sorgere il sole.
«Uno.»
Spalancò la bocca a incamerò tutta l’aria possibile. Infine non avvertì niente se non un gelo disumano e il buio. Stava annegando e stava andando giù, eppure poteva chiaramente sentire Tony ancora stretto a sé. Solo fino ad un certo punto, perché poi non lo avvertì più e la sua mano si muoveva disperata nel tentativo di afferrarlo.
Solo dopo una manciata di secondi riuscì a tornare in superficie, a respirare e gridare il suo nome. Erano tutti lì, che si dimenavano e chiamavano aiuto. E lui che lo cercava, pregando Dio o qualsiasi altra entità, che non fosse annegato.
«Tony! Mio Dio Tony, dove sei?»
«Peter, Peter sono qui!»
A causa dell’oscurità non era in grado di vedere come avrebbe dovuto, ma gli bastò seguire il suono della sua voce. A grandi bracciate lo raggiunse e, se non si fossero ritrovati sommersi, probabilmente lo avrebbe abbracciato,
«Stai bene, temevo fossi affogato!»
«Sì che sto bene, ma dobbiamo trovare qualcosa a cui aggrapparci»
Era spaventoso. Il gelo era entrato loro nelle ossa e nelle orecchie erano entrare le urla di angoscia e dolore, in alcuni casi anche urla di bambini.
Iniziarono a nuotare in mezzo a quel mare di disperazione, fin quando Tony non lo richiamò a sé.
«Ho trovato qualcosa, vieni qui, avanti!»
Peter non capì bene di cosa si trattasse, pareva una zattera a vederla così, ma qualunque cosa fosse, li avrebbe sicuramente aiutati.
«Ce la fai a salire? Ti do una spinta?» ansimò Tony. Peter fece un cenno con il capo, sforzandosi di tirarsi su. L’aria era altrettanto gelida, ma sempre meglio che essere sommersi. Poco dopo anche Tony si tirò su, potendo finalmente sospirare. Adesso che erano accanto, stesi su quella zattera di legno, potevano rimanere in silenzio a riprendere fiato e ad ascoltare il rumore della morte.
 
Poco distante, si trovavano le scialuppe con su i passeggeri che erano riusciti a salvarsi. Natasha ad un certo punto si era alzata in piedi.
«Clint. Oh, no. No, non può essere, dimmi che non è morto»
Subito aveva sentito le braccia di Carol sorreggerla.
«Natasha, va tutto bene, sarà sopravvissuto sicuramente, non temere.»
«Voi donne!» esclamò l’ufficiale con loro nella scialuppa. «Rimanete giù se non volete farci cadere in mare»
«Oh, beh, questa poi», fece Carol. «Invece di rimanere qui a guardare, perché non facciamo qualcosa per aiutarli? Quella è gente come noi che ha bisogno di aiuto!»
«Rimanga ferma e non tocchi nulla! Se adesso li facciamo salire, ci faranno imbarcare acqua. Quindi rimanga in silenzio e al suo posto!»
Carol evitò accuratamente di mal rispondere, aveva qualcosa di molto più importante da fare, come cercare di rassicurare Natasha e sperare che i suoi amici fossero tutti sani e salvi.
 
Quanto tempo era passato, da quando si trovava lì?
Peter non avrebbe saputo dirlo. Si era perso a guardare le stelle sopra la sua testa. Stelle infinte in un cielo ancora più grande. Cercava di distrarsi, di non pensare a quanto orribile fosse il silenzio che man mano calava. Coloro che piangevano, urlavano, si disperavano, finivano pian piano con lo zittirsi, spegnersi, morire.
La mano non si era staccata da quella di Tony. Anche quest’ultimo faticava a parlare, erano entrambi blu in viso, con il ghiaccio tra i capelli e il gelo nelle ossa.
«Ragazzino… rimani sveglio, non costringermi a darti uno scappellotto»
«Tony, ho freddo. E ho sonno. Posso dormire? Posso dormire solo un po’?»
«No, Peter. Non provarci. Rimani qui, con me. Stavi contando le stelle, no? A quanto sei arrivato? Mille? Mille e venti?»
Peter si muoveva a malapena. Doveva avere i muscoli interamente atrofizzati a causa del gelo. Ed era talmente pallido e i suoi occhi tanto vitrei da sembrare quasi una bambola di porcellana.
«Io… ho… perso… il conto… Tony. Tony, inizio ad avere paura. Nessuno ci salverà?»
«Di cosa stai parlando? Certo che ci salveranno. Vivrai, vivrò io, vivremo entrambi.»
Non lo sapeva, in verità. Non aveva mai avuto certezze, adesso peggio che mai. Sapeva che se non fossero arrivati a salvarli entro tempi brevi sarebbero morti, entrambi, mano nella mano. E non sarebbe stato neanche tanto male, se solo non fosse stato per la loro promessa. Volevano vedere il sole insieme, nascere dal mare, un’altra volta.
«Ho freddo, ho freddo Tony. Non respiro.»
Peter riuscì lentamente a voltare il capo per guardarlo. Gli sembrava sempre più fragile, sempre più stanco.
«Peter. Non è ora la tua ora, d’accordo? Prima di morire dovrai vivere tanti e tanti anni, vivere delle esperienze bellissime. Viverle con me, perché non intendo lasciarti andare, adesso. Incontrarti è stata la cosa migliore che mi sia successa.»
«Che ci sia successa… Non farmi chiudere gli occhi, Tony», sussurrò, con le palpebre socchiuse, allungando un braccio, come a voler ritrovare un po’ di calore.
In seguito, nessuno dei due avrebbe saputo dire se si fossero addormentati. Probabilmente no, perché se così fosse stato, sarebbero passati dal sonno alla morte senza neanche accorgersene. Forse erano al limite, un po’ sospesi,  tra la vita e la morte, con i respiri sempre più deboli e il cuore che batteva sempre più lentamente.
E Peter aveva smesso di sentire, quasi di essere cosciente. Voleva vedere il sole, voleva lottare, ma una parte di sé voleva anche lasciarsi andare, era stanca, voleva addormentarsi e scivolare nell’oblio.
Fu una luce ad attirare la sua attenzione. Forse la luce di una torcia e poi delle voci indistinte. Erano venuti a salvarli? Avevano fatto loro la grazia di salvarli?
«Tony… Tony guarda… c’è qualcuno», sussurrò.
Tony aprì lentamente le palpebre. Era stato ad un passo dall’addormentarsi, ma adesso era incredibilmente sveglio. Per quanto privo di forze fosse, doveva attaccarsi a quell’ultima possibilità.
«Grida con tutto il fiato che hai in corpo, anche se non ce la fai, sforzati, devi sforzarti.»
Peter si mise seduto, attento a non cadere in acqua e iniziò a gridare aiuto. E poi pianse, perché adesso non voleva più scivolare nel sonno, né nel gelo. Voleva vivere, voleva vivere veramente, accanto a Tony, voleva ricominciare.
Avvertì un po’ di calore quando la torcia gli fu puntata contro.
Un minimo calore, ma incredibilmente piacevole.
 
Alla fine si addormentò comunque. A condurlo nel sonno era stato il battito del cuore di Tony, riposava sul suo petto e non si sarebbe staccato per le successive ore. Adesso avvertiva di nuovo il calore e la mente si era svuotata e non pensava più a nulla. Tony, dal canto suo, era riuscito a dormire meno di lui, nonostante si sentisse stanco. Stringendo con una mano l’esile corpo di Peter, non poteva che fissare il cielo. Lui si era salvato. Si erano salvato entrambi perché forse non meritavano di morire. Perché meritavano di rinascere e vivere insieme. In quanti erano morti quella notte? Migliaia.
Ripensò a Steve, a Bucky, si chiese se erano riusciti a salvarsi, pensò che quando Peter si sarebbe svegliato avrebbe cercato disperatamente i suoi amici. Non sapeva cosa ne sarebbe stato di loro. Ma non aveva importanza, perché lentamente il sole stava tornando a sorgere, a scacciare la notte e a colorare il cielo di decine di sfumature. E Peter ancora dormiva.
Era mattino inoltrato quando toccarono terra, anche se toccare terra era un modo di dire. Una nave americana era arrivata a dar loro soccorso e ad aiutare coloro che erano sopravvissuti.
Peter tirò un profondo sospiro di sollievo quando poté bere qualcosa di caldo, ancora avvolto nella sua coperta. Era spossato, pallido, stanco, la mente ancora vuota. Erano un gruppo di sfollati sopravvissuti, molti dei quali avevano perso tutto.
A gambe incrociate, sollevò lo sguardo quando vide Tony raggiungerlo, con lo sguardo afflitto.
«Cosa ti hanno detto?»
Gli bastò vedere la sua espressione e le lacrime che gli pungevano gli occhi, per capirlo.
«Né Steve né Bucky sembrano essere su questa nave. Probabilmente sono morti. Ma che dico, lo sono sicuramente.»
C’era rabbia nel suo tono e rancore. Lo vide distogliere lo sguardo e ricacciare invano le lacrime. Il suo migliore amico era morto e non aveva avuto neanche la possibilità di dirgli addio.
«Mi dispiace, Tony. Mi dispiace. Non è giusto», mormorò, chinando la testa.
«Già, puoi ben dirlo. Quei due… avevano tanti progetti per il futuro. Ma qualcosa mi dice che sono insieme anche lì, ovunque si trovino adesso.»
E non poté non sorridere. Ci sarebbero state tante altre cose che avrebbe voluto dirgli, ma sicuramente Steve sarebbe stato bene.
Peter invece non aveva trovato il coraggio di chiedere, né di Thor né di Loki. Come avrebbe potuto? Già una volta aveva perso i genitori, la seconda volta non sarebbe stata più facile da affrontare. Era sospeso, tra il voler sapere e il non voler ricevere una brutta notizia
Dopotutto si parlava sempre della sua famiglia.
«Peter…»
Una voce familiare sopraggiunse alle sue orecchie e in un primo momento credette di averlo immaginato. Si staccò dal braccio di  Tony e quando si voltò vide sia Loki che Thor, pallidi come lui, scossi e infreddoliti.
In un primo momento indietreggiò.
«Voi… voi siete riusciti a salvarvi?» mormorò, con le lacrime agli occhi. Dietro di loro, Clint Barton stava sospirando rumorosamente. Nessuno loro contava di poter vedere nuovamente la luce del sole.
Loki aveva sorriso nella direzione del ragazzo.
«Forse sono sopravvissuto solo nella speranza che tu possa perdonarmi. Lo so che mi odi, che mi odiate. Avete tutte le ragioni del mondo. Ma spero che un giorno riuscirai a capire, il perché. Abbiamo molto di cui parlare, ma adesso… adesso è l’importante che tu stia bene e sei vivo, nient’altro.»
Thor poté finalmente vedere Loki mostrare un minimo di dolcezza e affetto verso Peter, il quale non era di certo in grado di provare odio. Avevano sofferto, ma alla fine ne era valsa la pena. Si portò una mano sul viso.
«Non ti odio», mormorò. «Sono felice che tu sia vivo»
Allora Loki fece una cosa che in genere non avrebbe mai fatto. Lo abbracciò, perché dopo aver rischiato di morire non voleva più perdersi o rimandare nulla. Lentamente Thor si unì al loro abbraccio e Tony rimase in silenzio.
«Sarò libero, adesso?» domandò ad un tratto Peter. Loki lo guardò. E guardò infine Tony.
«Lo saremo tutti.»
Fu allora che Tony capì che quello era il modo di Loki per dirgli che lo accettava, che lo accettava in famiglia.
«Clint, Clint!»
Questa volta era stata una voce femminile a parlare. Natasha si trascinava a fatica, seguita da Carol. Immediatamente aveva spalancato le braccia e aveva stretto a sé il suo amante.
«Sei riuscito a sopravvivere.»
«Te l’avevo detto io che sarei tornato.»
Carol guardò Peter e sorrise nella sua direzione, intuendo l’immediata riappacificazione che c’era appena stata, in quella che era a tutti gli effetti una famiglia.
 
Tony e Peter potevano osservare ancora una volta il tramonto, quello che sarebbe stato uno dei tanti. Sopravvissuit ad un disastro che aveva portato via migliaia di vite, quello era per loro un nuovo inizio. La nave si stava dirigendo verso New York e al ragazzo pareva già di vederla. La città che aveva maledetto, avrebbe segnato l’inizio.
Si portò una mano in tasca e si accorse che il Cuore dell’oceano era ancora lì, non era andato perduto.
«Tony, guarda»
«Quello è il Cuore dell’oceano. Pensavo fosse caduto in mare.»
«No, è rimasto con me per tutto questo tempo.»
Tony sorrise.
«Un vero peccato che il tuo ritratto sia andato perduto, era la mia opera migliore. Ma magari un giorno verrà ritrovato.»
Peter rise, stringendosi al suo braccio, la collana ancora stretta in mano.
C’era profumo di sole.


 
The end
 
Nota dell’autrice
Ed eccoci arrivata alla fine di questa storia. Il finale è migliore di quanto ricordassi, nel senso che mentre lo scrivevo non ero convinta, ma nel rileggerlo ho cambiato idea. Comunque avevo in mente fin dall’inizio di far sopravvivere  sia Tony che Peter, anche se in compenso ho sacrificato altri. Spero che questa storia vi sia piaciuta e spero di aver dato un minimo di giustizia al finale di Titanic che ogni volta mi fa soffrire. Alla prossima e grazie a tutti per essere arrivati fin qui!

 

 
   
 
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