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Autore: Emmastory    10/07/2019    4 recensioni
Dopo essersi unita al suo Christopher nel sacro vincolo del matrimonio, Kaleia è felice. La cerimonia è stata per lei un vero sogno, e ancora incredula, è ancora in viaggio verso un nuovo bosco. Lascia indietro la vecchia vita, per uscire nuovamente dalla propria crisalide ed evolvere, abituandosi lentamente a quella nuova. Memore delle tempeste che ha affrontato, sa che le ci vorrà tempo, e mentre il suo legame con l'amato protettore complica le cose, forse una speranza è nascosta nell'accogliente Giardino di Eltaria. Se avrà fortuna, la pace l'accompagnerà ancora, ma in ogni caso, seguitela nell'avventura che la condurrà alla libertà.
(Seguito di: Luce e ombra: Essere o non essere)
Genere: Avventura, Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'Luce e ombra'
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Luce-e-ombra-III-mod
 
 
Capitolo XIII

Vera e libera

Ripresami dopo il mio sonno in quella grotta, ero ancora circondata da coloro che mi amavano, e in silenzio, ascoltavo lo scorrere dell’acqua e del tempo. Silenziose, alcune piccole pixie mi svolazzavano intorno come farfalline, e Sky era ancora con me. Infastidita, le scacciava come se fossero stati insetti, e divertito, Noah rideva con lei. “Non ti piacciono?” le chiese, confuso e stranito da quei gesti nervosi. “No, sono carine, ma anche noiose.” Rispose lei, tesa e con lo sguardo fisso sull’acqua del laghetto. Stranita a mia volta, mi fermai a guardarla, e fu allora che le vidi. Lacrime. Piccole e quasi invisibili, ma pur sempre lacrime. Non avevo idea di cosa le stesse accadendo, e restando in silenzio, le posai una mano sulla spalla. “Sky…” chiamai, a voce bassa. “Non è niente, Kaleia, tranquilla.” Replicò, veloce ed evasiva. Seppur preoccupato, rispettai la sua quiete, e incontrando prima gli occhi di nostra madre e poi quelli di Aster, tremai. Un brivido mi scosse corpo e anima, e indietreggiando, per poco non caddi. Ritrovando in fretta l’equilibrio, cercai subito un appoggio, trovandolo non appena appoggiai la schiena alla parete di roccia. Al contrario della mia amica ninfa, le sue sorelle si erano già ritirate nell’ombra, e sempre vicina, Lucy faceva del suo meglio per confortarmi. “Come stai? Sky oggi sembra triste.” Osserva, tenera e dolce come sempre, scivolando poi nel silenzio mentre attende una mia risposta. Distratta, punto lo sguardo in avanti, felice di scoprire che anche Noah fa ciò che può per consolarla. Lui e Sky stanno insieme da tempo, è un bravo ragazzo, tiene a lei e le vuole bene, e mentre le pixie non smettevano di tormentarla, ora lei era scoppiata a ridere. A quanto sembrava, una di loro si era spinta troppo oltre nel volo, finendo per perdere il controllo delle piccole ali e lasciarsi trasportare dai venti che spiravano attraverso le crepe nei muri della grotta, sforzandosi di mantenere un seppur goffo equilibrio e fallendo, ritrovandosi poi in terra e tentando di riprendere il volo. “Lo è stata per un momento, Lucy. Guarda, ora sorride.” Le dissi, accennando anch’io a un sorriso e prendendole la manina. Felice, la bambina mi lasciò fare, e attimi più tardi, anche la sorellina si unì a noi. A quattro anni, ancora non parlava correttamente, e se lo faceva, usava solo parole singole, ma la sua famiglia c’era come abituata, e ben presto ogni membro era arrivato a convincersi che ce l’avrebbe fatta. Forse non oggi, forse non domani, ma ce l’avrebbe fatta. Ricordavo ancora il giorno in cui giocando aveva finito per perdersi nel bosco senza più riuscire a tornare indietro, proprio come Lucy, persasi però durante il rito di passaggio al fianco dei suoi genitori. Era stato allora che l’avevo trovata, e che tempo dopo avevo trovato anche Lune. Sola, spaventata e con le mani costellate di ferite simili a morsi. Scuotendo la testa, mi liberai in fretta da quel pensiero, e in un solo istante, la sua voce mi permise di tornare alla realtà. “Fatina?” mi chiamò, quasi spaventandomi. “Sì?” risposi, rialzando lo sguardo e incontrando il suo, che luminoso e profondo, mi colpì come pochi. Sorridendo, la piccola si avvicinò di qualche passo, poi indicò un punto lontano. “Guarda.” Disse dolcemente, mentre il suo corpo iniziava a splendere di una tenue luce color dell’oro. Stando ai miei ricordi, indicava felicità nelle fatine come lei, e guardando in direzione di ciò che indicava, rividi Christopher. “Tutto bene, tesoro? Ti sei…” azzardò, muovendo passi lenti e incerti verso di me. Fra una mossa e l’altra, non diceva nulla, e perfino la frase che aveva pronunciato si era interrotta. “Cosa?” indagai, indecisa. Incerta sul da farsi, mi limitai a guardarlo, poi la verità mi travolse come un’onda di marea. “Sì.” Risposi soltanto, decisa. Nel farlo, scattai in piedi come una molla, e felice ma sempre lontana, Aster sorrise. Proprio come me, anche lei osservava ciò che aveva intorno restando pacificamente chiusa nel silenzio, e ora che sorrideva, io potevo dirmi felice. Ero restia ad ammetterlo, ma ora capivo che la grotta in cui viveva con le sorelle era davvero un luogo sicuro, e animata da una forza che non credevo di possedere, sentii la mia energia magica agitarsi in risposta. Non stavo più male, quella sensazione era positiva, e per la prima volta, conoscere i miei poteri era bellissimo. Il mio ciondolo a forma di foglia brillò di luce propria, e orgoglioso, Christopher mi tese la mano. “Sei pronta?” chiese poi, serio. Annuendo, mi ritrovai a sorridere e a spazzar via la tristezza, e accettando quella mano come una vera ancora di salvezza, gliela strinsi. Cogliendomi di sorpresa, Christopher mi strinse a sé, e lasciandomi stringere, non osai interrompere quel momento. Eravamo insieme, lo amavo e mi fidavo, e concentrata sul battito del mio cuore, desiderai solo poter restare ferma in quell’abbraccio, come immobile in quell’attimo perfetto. Guidata dai sentimenti, coronai quel momento con un bacio, e dapprima sorpreso, il mio amato mi strinse le mani con forza ancora maggiore, sorridendo in quel contatto e non tardando ad approfondirlo. “Sì, sono pronta.” Risposi non appena ci staccammo, già ebbra di felicità. In completo silenzio, Christopher si limitò ad ascoltarmi, e in silenzio, uscimmo tutti dalla grotta. Vicini o lontani, tutti i miei amici avevano assistito a quel momento, e con loro la mia famiglia, e mia madre, con le lacrime agli occhi, ora non riusciva a smettere di piangere. Fortuna volle che le sue fossero lacrime di gioia, e che osservandola per un istante, un sorriso mi increspasse le labbra. Non era la mia vera madre, e lo sapevo, ma lo era stata per tutto questo tempo, ragion per cui allontanarla e cancellarla dalla mia vita sarebbe stata una pazzia. Come avrei potuto dopo tutto ciò che aveva fatto per me, prendendomi con sé e crescendomi assieme a mia sorella come sua figlia, salvandoci entrambe da un oscuro e funesto destino di orfane? Quella la domanda che a volte non facevo che pormi, e che pregando volgevo anche al cielo, sperando ardentemente in un futuro migliore per ognuno di noi. Pensavo a me, a Christopher e al nostro amore, all’avvenire di Sky e Noah, ad augurare ogni bene a Lune e alla sua non più così piccola sorella Lucy, e seppur da molto meno tempo rispetto agli altri, avevo iniziato a sperare anche per Aster. Non sapevo molto di lei, e avrei scoperto altri dettagli solo parlandole, ma questo non mi impediva di considerarla amica, e avvolta dalle coperte e dalla quiete notturna, pregare per lei. Così, con quei pensieri in testa, muovevo ogni passo con sicurezza, stringendo la mano di colui che amavo e non sentendo altro che il suono dei miei passi uniti a quelli del resto dei miei congiunti. C’eravamo tutti. Io, Christopher, Sky, nostra madre, Aster, Lucy, Lune, Isla e Oberon. Imitandoci, anche loro camminavano tenendosi per mano, e abbassando lo sguardo, notai che una delle bambine mi si era avvicinata abbastanza da riuscire a tirare lievemente un lembo della mia veste. “Sei forte, Kia, forte.” È Lune, che dolce come sempre, fa quanto in suo potere per infondermi coraggio. Commossa, trattenni le lacrime, e scambiandomi con Christopher una veloce occhiata d’intesa, sentii il cuore battere veloce. Ero emozionata, e quella piccola pixie aveva ragione. Mi giudicavo fragile, eppure ero forte, così forte da essere riuscita a difendere l’amore per mio marito fino a quel momento. Sincera con lui e con me stessa, avevo sempre dato ascolto al mio cuore, anche ora che non avevo idea di cosa sarebbe accaduto. Per quanto ne sapevo, sia ninfe che fate erano anime gentili, ma data la precedente reazione di Amelie alle parole di Lucy, ora dubitavo. Ansiosa, mi guardai intorno cercando di capire dov’ero, e ormai lontana dalla spelonca, sospirai. Pochi passi, solo pochi passi e avrei vissuto il momento più importante della mia vita, che ora sembrava davvero appesa ad un filo. Amelie avrebbe potuto accettarci come esiliarci, ma come capii solo guardando Christopher, valeva la pena tentare. “Non possiamo arrenderci, ora, Kaleia.” Mi disse, sussurrando ogni parola per farsi sentire dalle bambine, a suo dire ancora troppo piccole per capire. Per niente d’accordo con lui, credevo il contrario, e mentre il sogno di costruire una famiglia al suo fianco era ancora vivo dentro di me, rispettavo quell’opinione come facevo con qualunque altra, e innamorata come sempre, ora attendevo. Il viaggio era stato lungo, ma finalmente eravamo giunti a destinazione, e proprio davanti a noi, seduta sul suo trono di foglie, rami e viticci, Amelie scrutava l’orizzonte. Improvvisamente impacciata, non seppi come muovermi, e incoraggiata da Aster, mossi qualche passo in avanti. “Puoi farcela, in fondo è ancora una di noi.” Disse soltanto, sempre sicura e fiera delle sue origini. Annuendo, ebbi appena la forza di sorridere, e dopo meri secondi di silenzio, sentii ancora l’unica voce che le mie stesse emozioni mi avevano quasi spinta a odiare. “Bene, bene, bene. Chi abbiamo qui? La fata innamorata e il suo caro protettore? Un vero onore rivederti, Kamila. ” Irritata, sostenni il suo sguardo, e una sola occhiata bastò a farmi infuriare. Mordendomi la lingua, mi imposi il silenzio. Il sibilo di quella ninfa iniziava già a farmi ribollire il sangue nelle vene, e il solo fatto che avesse sbagliato a pronunciare il mio nome lasciava trapelare tutto l’odio che provava per me. Ovvio era che in quell’istante quel sentimento fosse reciproco e ricambiato, ma lei non lo sapeva, e soltanto elevandomi al di sopra di lei mi sarei salvata. Respirando a fondo, mi preparai a parlare, ma all’improvviso, la voce del mio amato precedette la mia. “È Kaleia.” Corresse aspramente, la calma che pian piano lo abbandonava. “Chris, no. La battaglia è nostra, non agirai da solo.” Replicai, restando al suo fianco e sperando che le mie parole riuscissero a calmarlo. “Hai ragione.” Si limitò a rispondermi, a denti stretti e con il respiro già corto. Era strano a vedersi, e a me non era mai successo, ma per lui era diverso, e accadeva spesso, praticamente ogni volta che si arrabbiava. Adirata come e più di lui, avanzai ancora, e sorprendentemente, anche Lucy. Nervosa, stringeva i pugni, e a testa alta, fissava la donna che ora consideravamo una nemica. Rimanendo ferma e inerme, sussultai, e solo allora, la terra iniziò a tremare. Era successo durante la mia ultima discesa nell’incoscienza, e fattasi più vicina, ora anche Aster aveva lo sguardo serio, gli occhi fissi su quella scena. “No.” Esordì la bambina, agitandosi e quasi piegando il terreno al suo volere. “Devi smetterla.” Aggiunse poco dopo, mentre le vibrazioni attorno a noi si facevano sempre più forti. Spaventata, trasalii, e con il terrore nell’anima, mi scoprii paralizzata. Provavo a muovermi, ma non ci riuscivo, e intanto quel moto non accennava ad acquietarsi. Deciso, Christopher mi prese per mano attirandomi a sé per proteggermi, e con lo scorrere del tempo, osservammo insieme il prosieguo della scena davanti ai nostri occhi. “Devi smetterla.” Ripetè Lucy, con la rabbia nella voce e nei gesti della mano, ancora saldamente stretta a pugno. “Loro… sono miei amici, e si amano. Si amano davvero, perché non vuoi… capirlo?” il suo discorso proseguì lento, scandito da pause legate alla quasi totale instabilità dei suoi poteri, che come la terra, ora più calma, avevano già iniziato a vacillare. Del tutto sorda alle parole della pixie, la ninfa si alzò in piedi, e richiamando a sé la natura con un gesto della mano, ordinò al mormorio terreste di tacere. “Tutto qui quello che sai fare, piccolina? Sei troppo giovane, ma dovresti sapere che ci vuole molto di più per affrontare una ninfa. Considerala una lezione, d’accordo?” le rispose, per poi tornare a guardarla e aprire di scatto la mano. Al suo comando, innumerevoli viticci si sollevarono dall’erba, fallendo nell’intrappolarla per un soffio. Veloce, la pixie riuscì ad evitarli, ma nonostante tutto non lo fu abbastanza, e mai doma, una di quelle verdi catene le si strinse attorno al piede, immobilizzandola. “Lucy!” gridò sua madre, precipitandosi ad aiutarla. Ferita, la bambina provò a divincolarsi, ma la presa era troppo forte, e lamentandosi per il dolore, cadde in ginocchio. Per sua fortuna, la madre riuscì a liberarla, e non osando arrendermi, tenni alta la guardia. Preoccupata per Lucy, mi voltai appena a guardarla, felice di scoprirla al sicuro fra le braccia della sua famiglia. Paralizzata dal terrore, non riuscii a muovermi ancora, e ormai deciso a farsi valere, Aster prese la parola. “Amelie, ti prego, ascoltali, e lasciala andare, è soltanto una bambina.” La pregò, giungendo le mani e sperando di convincerla. “Aster, dici sul serio? Li difendi anche tu?” le rispose quest’ultima, per nulla impressionata. “Amelie!” insistette la cugina, testarda. Di lì a poco, il silenzio cadde attorno a noi, e dopo un tempo che ci parve indefinibile, gli eventi ripresero a scorrere. “E sia, cuginetta, dimmi. Parlami e dammi una sola ragione per cui dovrei crederti e lasciargli vivere questa menzogna.” Ancora una volta, fu la voce della stessa Amelie a riscuoterci, e spaventata, mi limitai a fissarla, un onnipresente terrore nei miei poveri occhi. Interdetta, Aster aprì la bocca per parlare, ma non ne uscì alcun suono. Prendendomi la mano, Christopher mi incoraggiò ad avanzare ancora, e insieme, ci ritrovammo a pochi metri da lei. Fu quindi questione di attimi, e ci ritrovammo vicini, verde nel veleno e nell’azzurro. “Se permette, lo farò io, Amelie.” Stavolta fu Christopher a parlare, e ridotta a un calmo e religioso silenzio, attesi. “Che coincidenza, il cavaliere salva sempre la donna amata, giusto?” proruppe la ninfa, interrompendolo. “Già, e sarà così anche in questo caso. Vede, Kaleia, non è soltanto la mia fata, è mia moglie, la donna che più amo, e stia sicura che è lo stesso anche per lei. La nostra amica Lucy non stava mentendo, ha visto il nostro amore crescere, proprio come ora sta accadendo anche a lei. È una pixie, ma presto sarà fata, e le auguro davvero di vivere in un luogo, anzi, un mondo come questo. Abbiamo scelto Eltaria pensando al vostro mantra, lo ricordate?” quello fu il discorso del mio amato, che pieno di verità e dolcezza, sperai riuscisse a far breccia nel cuore della donna. Colpita, questa fu scossa da un brivido, e protendendo una mano in avanti, cercò la mia. Insicura, accettai il suo gesto con riluttanza, e non appena le nostre dita si intrecciarono, lei ritrasse la mano, terrorizzata. “Cielo, no! Chi è stato?” chiese, sostituendo improvvisamente la rabbia alla paura. Confusa, non seppi cosa dire, e fu allora che lo notai. Passato in secondo piano fino ad ora, lo strano simbolo incisomi sul polso in prossimità del mio segno c’era ancora, e non appena lo vidi, sentii mille ricordi farsi spazio nella mia mente. I miei continui svenimenti, il giorno in cui l’avevamo incontrata per la prima volta, la sorta di seduta spiritica a cui avevo preso parte, la visione momentanea della mia vera madre, e poi quello strano simbolo che per lungo tempo avevo nascosto e sopportato, paragonandolo ad un livido testardo nello scomparire. Una croce in una macchia di nero inchiostro, che agli occhi della ninfa apparve come una maledizione. “L-La strega.” Balbettai, timorosa come mai ero stata. “Zaria Vaughn?” azzardò Amelie, volendo sincerarsi della sua vera identità. “Esattamente. Hanno cercato il suo aiuto prima del mio, e gliel’ho promesso, ma ora quello che manca è  il tuo. A pochi passi da noi, ora anche Aster cercava di salvarci, e ancora sconvolta da quella nera croce, la ninfa non parlava, mostrandosi restia anche a sfiorarmi. “Decidi, Amelie. Con o senza speranza, adesso.” La incalzò Aster, forzandola a compiere quella scelta di vitale importanza. A quelle parole, la ninfa esitò ancora,e  chiudendo gli occhi, mi riprese la mano. A voce bassa e quasi inudibile, diede vita a una sorta di formula che non capii, e in un attimo, quel simbolo e tutto il mio dolore sparirono. Sollevata,  sorrisi al mio amato, e fu allora che capii che non era finita. “Fidatevi di me, Amelie. Fidatevi, e sappiate che sarò al suo fianco per sempre. Mi è stata assegnata come fata da proteggere, ma io l’ho scelta come fata da amare. Lei lo sa, ma voglio che lo sappiano tutti. Voi, questo bosco e le vostre sorelle. È entrata nella mia vita per una ragione, e se questa è amarmi a sua volta, allora l’amerò con tutto me stesso, fino alla fine del tempo.” Parole semplici, belle e pure, colme dell’amore che provavo per quell’uomo. L’uomo che oltre ad essere il mio protettore era anche il mio migliore amico, era stato il mio ragazzo, e ora era mio marito. Sopraffatta dalle emozioni, scoppiai a piangere, e quando mi colse di sorpresa con un bacio, non osai rifiutarmi. Felice e innamorata, concentrai in quel contatto tutta la passione che ci univa, e restando stretta a lui, respirai a fondo, chiudendo gli occhi e non sentendo attorno altro che pace. Come già sapevo, non ero più sola, avevo lottato e vinto questa battaglia, al termine della quale, professandogli per l’ennesima volta amore eterno, lo baciai ancora, incurante della platea di visi amici ancora intenta a fissarci. “Ti amo.” Gli dissi più volte, sorridendo in quel bacio e abbandonandomi a quel momento, con la cui fine, potei finalmente respirare e dar sfogo ai miei sentimenti, senza più vergognarmi o doverli nascondere. Strettamente connessa alle mie emozioni, quel giorno la mia magia fu più potente che mai, e lasciando il verde per tornare a casa, sentii il cuore leggero, e voltandomi, vidi l’ombra di un sorriso sul volto della dura Amelie. Una ninfa all’apparenza diversa dalle altre, ma che forse mossa a compassione dalle parole del mio amato, ora ci permetteva di vivere il nostro amore rendendoci felici, e soprattutto dandomi modo di essere, come avevo sempre voluto, vera e libera.

 
   
 
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