Anime & Manga > One Piece/All'arrembaggio!
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Autore: Io_amo_Freezer    12/07/2019    1 recensioni
Monkey D. Luffy è un ragazzo di diciannove anni, ma con la testa, troppo, tra le nuvole ed un cuore grande e ricolmo di innocenza. Purtroppo si porta alle spalle un grande segreto e dentro un profondo dolore che continua a tormentarlo senza sosta.
Tornare nella sua città natale gli sembra la cosa migliore per cullarsi nella tranquillità e nella pace, ma lo sarà davvero con quello che sta passando?
E se sulla sua strada incontrasse un gruppo di amici ed uno spadaccino leali e molto speciali? Riusciranno a salvarlo dai suoi incubi? In una città invisibile, lasciata indietro e dimenticata; tra nemici e nuove conoscenze, qui, Luffy si ritroverà ad affrontare un po' di avventure e molte e più distrazioni. Ma il suo sogno lo chiama, riuscirà a liberarsi dai suoi fantasmi per tornare a seguirlo?
Genere: Avventura, Drammatico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: ASL, Donquijote Doflamingo, Monkey D. Rufy, Roronoa Zoro
Note: AU, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Giungemmo in una locanda; entrando mi stupì di vederla così piena, ed in un attimo mi fiondai a sedere su uno sgabello al bancone, appoggiandoci sopra il mio amato cappello di paglia, accarezzando di sfuggita la fascia rossa che circondava la base mentre venni subito raggiunto da Zoro. Sorrisi e iniziai a chiedere ripetutamente del cibo, sbattendo frenetico le mani contro il bancone con foga, ignorando che facendo ciò disturbassi gli altri clienti.
-Ma guarda un po' chi c'è... Quello che non paga il conto.- commentò stizzita una ragazza con uno sguardo indignato e la riconobbi come la stessa che avevo quasi travolto quel pomeriggio. Risi imbarazzato, non aspettandomelo e grattandomi il capo con un sorriso enorme. -Smettila di fare fracasso.- ruggì subito a denti stretti, con uno sguardo assottigliato e cupo che mi mise davvero paura, così l'accontentai, ingoiando un groppo di saliva in gola e immobilizzandomi di colpo.
-Intuisco che vi conosciate già.- borbottò Zoro, alzando gli occhi al cielo, temendo forse di dover pagare a lei anche quello che credeva non avessi pagato io.
-Non esattamente. Ci siamo solo scontrati per strada.- spiegò mandandomi di scatto uno sguardo acido nel ricordarlo. Sventolando poi i capelli all'indietro tenne a precisare con una domanda dritta a me: -Hai i soldi?- incrociando le braccia al petto.
-Pago io, Nami. Non preoccuparti.- chiarì il mio amico, con un braccio che gli reggeva il mento, in una posa del tutto indifferente.
-Ottimo! Ordina tutto quello che vuoi, allora!- esclamò giuliva con un sorriso consapevole che avrebbe guadagnato più di quanto si aspettasse quel giorno, forse perché anche Zoro mangiava tanto. -Sanji, prepara i migliori piatti per i nostri ospiti!-
A quell'affermazione mi venne l'acquolina in bocca, mentre urlai di volere della carne: con la lingua di fuori, bramoso di mangiare più che mai. E in poco tempo fui servito con un banchetto di carne da un cuoco biondo vestito in giacca e cravatta nera, con camicia gialla, dalle movenze eccentriche ed una frangetta che gli copriva l'occhio destro, mentre quello scoperto aveva un bizzarro sopracciglio arricciato in senso antiorario.
-E ricordati del tavolo sedici.- gli ricordò la ragazza, tornando a servire dei clienti con in mano un vassoio liscio e nero dove, appoggiati sopra, sovrastavano un paio di bicchieri di birra.
-Certo mia cara Nami; ogni tuo desiderio è un ordine per me!- esclamò, svolazzando con gli occhi a cuore.
Ignorai quelle parole, troppo affamato, e continuai ad abbuffarmi mentre Zoro, guardando con un'occhiataccia il bel cuoco innamorato che non lo degnava nemmeno di osservarlo intanto che lo serviva, troppo occupato ad ammirare con occhi dolci, Nami, beveva, mangiando anche un po' di carne e qualche onigiri, quelle polpette di riso davvero squisite.
-Tsk.- mi rivolse un mezzo sorriso alla visione di me che mi infilavo tutto in bocca senza alcun ritegno -Sei un vero mangione.- ridacchiò, scuotendo piano il capo, divertito; finché le porte non si spalancarono di botto, facendo voltare tutti, ma io non ci feci caso, voglioso di dedicarmi solo a quel cibo succulento.
-Eccomi tornato!- esclamò, entrando; ed io adocchiai di sottocchio che fosse un ragazzo dal naso lungo, vestito con una t-shirt gialla ed un jeans lungo marrone, mentre attirò a sé l'attenzione di tutti -Il grande Usop è qui tra voi!- urlò fiero, reggendosi con una mano una borsa a tracolla.
-Piantala e siediti!- ruggì Nami, accigliata quando ebbe capito chi fosse, tornando dietro il bancone e demoralizzando Usop che decise di ubbidire con la coda tra le gambe, con tutti che tornarono al loro cibo con naturalezza, forse perché accadeva un po' tutti i giorni. 
-Dovresti finirla con questa pagliacciata!- sbuffò seccamente Sanji con in bocca una sigaretta spenta.
-Ma quale pagliacciata? Sono un grande uomo io!- spiegò puntandosi un dito al petto, sedendosi accanto a me, e senza volere iniziò a studiarmi incuriosito -Ehi... Ma a te non ti ho già visto?- chiese sorpreso, mentre osservava il mio cappello davanti a lui.
-No, ne dubito.- borbottai con la bocca piena sputacchiando un po' ovunque.
-Ergh..- fece una smorfia, disgustato da quello spettacolo, ma poi tornò serio, allungando una mano verso l'oggetto di mia proprietà.
-Ehi! Non toccare il mio tesoro!- protestai irritato, levandoglielo dalle mani. Lui mi fissò stralunato, alzando un sopracciglio incredulo.
-Il tuo tesoro?- domandò curiosa Nami allungandosi con il busto sopra il bancone nella mia direzione, intanto che Zoro e Sanji mi osservarono seri, vogliosi tutti di sapere.
-Sì, è un regalo di due persone a me molto care. Rappresenta un tesoro per me, e nessuno può toccarlo senza il mio permesso!- asserii soddisfatto, annuendo convinto, mentre masticavo il cibo a bocca aperta.
-Davvero?- si sorprese la ragazza, stupita dalla mia prima affermazione. 
-Eppure ti ho già visto da qualche parte...- tornò a dire il nasone tra i sussurri, reggendosi una tempia pensieroso con un dito. Mentre lo osservai curioso di sottecchi, appoggiando il cappello sul bancone, più tranquillo.
-Smettila e vedi di ordinare qualcosa, altrimenti sloggia.- affermò il cuoco seccato.
-Ma sì, invece! Ti avrò visto su qualche giornale...- si fermò, cercando di stringere le meningi per ricordarsi, portandosi una mano sotto al mento.
-Smettila con le tue bugie, e lascia il cliente in pace.- sbottò Nami, con le mani piantate sui fianchi, osservandolo infastidita, intanto che il cuoco, Zoro e tutti i clienti mi scrutavano in modo un po' troppo sospetto per i miei gusti. 
-Non sto mentendo. Stavolta dico davvero!- commentò lui di rimando, offeso, rovistando nella sua borsa finché non tirò fuori da esso un giornale, facendo echeggiare il suono delle carte che si stropicciavano.
Vedendolo sfogliare quel giornale sentì il sudore invadermi la fronte ed un caldo torrido seccarmi la gola, mentre, inghiottendo un altro boccone, smisi di mangiare, temendo per ciò che poteva esserci scritto.
-Eccoti!- esclamò vittorioso, schiaffeggiando più e più volte sulla pagina in questione con soddisfazione, dove vi era anche la mia foto, per poi iniziare a leggere ad alta voce, il giusto perché lo sentissero solo loro quattro e me. -Il famoso campione di nuoto, Monkey D. Luffy, lascia tutti sbigottiti dopo la sua decisione di lasciare lo sport a cui ha dedicato la maggior parte della sua vita. E così che finirà l'era del miglior nuotatore giapponese? Purtroppo non possiamo saperlo. Il ragazzo non ha voluto lasciare commenti.- finì di leggere nonostante l'articolo non fosse finito, mentre si voltò a guardarmi come gli altri tre, ma io ero più tranquillo: non c'era nulla di quello che mi aspettavo per fortuna e, forse, per quello, dovevo ringraziare mio nonno, che non voleva che cose di famiglia si sapessero così apertamente.
Lo osservai in faccia, ignorando i loro sguardi stupiti e così, con nonchalance, decisi di continuare a mangiare, sentendo ancora un leggero vuoto nello stomaco.
-T... Tu sei il famoso nuotatore?- quasi urlò il nasone, ma si trattenne, e con gli occhi sgranati Nami aspettò la mia risposta.
-Sì, lo ero.- farfugliai con sufficienza, sempre con il cibo in bocca.
-Incredibile...- sussurrò basito, Sanji, per poi sorridere come il resto della combriccola mentre terminai finalmente di mangiare.
-Grazie per il cibo, era tutto buonissimo!- esclamai sincero, congratulandomi con il cuoco, leccandomi i baffi e tenendo le mani sull'enorme pancione che adesso avevo per colpa del cibo assimilato, ma trattenni il respiro, con i polmoni pieni e iniziando a riscaldare il mio corpo che arrossì producendo un po' di vapore, cercando di digerire e di bruciare le calorie il più in fretta possibile: ed eccomi, ero subito magro e pimpante come al solito, lasciando tutti fin troppo basiti.
-Oh, sono felice ti sia piaciuto.- rispose, gradendo il parere con un immenso sorriso, anche se stranito da quella performance di "dimagrimento istantaneo". 
-Bene. Ora posso andare.- ridacchiai, alzandomi energico.
-Se vuoi puoi restare ancora.- commentò Nami, tenendo il malloppo che Zoro aveva sganciato per la cena, in mano, con gli occhi a forma di Berry; forse vogliosa di altra grana.
-No, grazie. Penso che mi farò un giro.- borbottai, rimettendomi il cappello in testa.
-Non ti disturba se ti faccio compagnia, vero? Infondo, tutti vorrebbero stare insieme al grande Usop!- esclamò il nasone e così, alzando le spalle annuì, avviandomi seguito anche da Zoro che salutò i due amici locandieri come anche Usop, i quali ricambiarono, mentre sentivo gli occhi dei clienti su di me che sussurravano tra loro: "ma quindi chi è?", non avendo ascoltato a pieno la nostra conversazione, però li ignorai con indifferenza.
-Allora, hai girato il mondo immagino.- decise di spezzare il ghiaccio, Usop, camminando tra la folla in tono fiero, come una star, venendo beatamente ignorato dal "suo" pubblico.
-Esatto.- risposi con naturalezza, ma a ripensare a quelle esperienze e alle gare mi emozionai come se fossi in quei posti meravigliosi tutti assieme, mentre Zoro mi teneva costantemente d'occhio, non capivo il perché, forse voleva chiedermi qualcosa.
-E perché ora sei qui?-
Osservai Usop e pensai alla sua domanda per pochi istanti; annusando l'aria gelida intorno, il cielo immenso di blu che mi sovrastava, pieno di puntini bianchi scintillanti; scrutando la luce lampante dei lampioni e dei negozi costantemente aperti nonostante il tardo orario, prima di rispondere:
-Vacanza. Starò qui per un po' e poi..-
-Tornerai alla tua carriera, giusto?- mi interruppe, orgoglioso della scelta che credeva avessi fatto -Infondo ti capisco, chissà quanto ti stressano. Essere una star è difficile, fidati io ne so qualcosa.- annuì convinto.
-Ah, ma smettila! Cosa vuoi saperne tu!- scattò Zoro, sbuffando stanco per le sue continue bugie mentre con un dito punzecchiava la sua fronte ripetutamente, come per farlo smettere.
-No, non penso.- commentai piano, rispondendo alla sua domanda e guardandomi attorno curioso; in quegli anni la città era cambiata parecchio, ma infondo io non ci avevo vissuto così tanto da ricordarmi tutto.
-C... Cosa?- urlò spaventato e incredulo indirizzato a me, attirando tutta l'attenzione della gente su di noi che passeggiava tranquilla, cercando di capire cosa accadesse per quelle urla. -Ma... perché? Era il tuo sogno essere il re, il miglior nuotatore del mondo, e c'eri quasi!- sbottò gesticolando basito, il nasone, con Zoro che si affrettò a farlo tacere prima che la folla capisse e mi si buttasse addosso per l'emozione come si fa con qualsiasi altra star.
"Perché?"... Pensai a quello che aveva detto attentamente. Era stata dura lasciare il mio sogno alle spalle, per non parlare quanto era stato doloroso, e che lo fosse tutt'ora, ma lo era ancora di più praticarlo conscio del fardello che portavo. Scuotendo il capo per distrarmi non gli risposi, continuando a camminare alla ricerca di un qualche svago, e incrociando gli occhi di tutte quelle persone ficcanaso che mi fissavano per capire che cosa avessi mai fatto per procurare scompiglio nel ragazzo nasone, ma che sembrava già aver dimenticato tutto nel notare dei ragazzi in particolare, in un angolo tra due edifici ben illuminati e caldi, pieni di fiori dentro a vasi colorati.
-Usop, Zoro!- sentì i loro nome venire chiamati da quel gruppetto in mezzo a tutto il trambusto che c'era; e mentre loro si fermavano a salutare ne approfittai per uscire di corsa dalla città, ritrovandomi nella vegetazione più totale della foresta del monte Corbo, lontano da tutti. 
Lasciai all'aria di entrare tutta nei polmoni prima di correre tra gli alberi alla ricerca di quel posto, quel nascondiglio, sperando che ci fosse ancora, che in tutti quegli anni non si fosse rovinato o logorato per via del tempo; non lo avrei sopportato.
Con le gambe che fremevano per la troppa corsa, quasi cedendo ad ogni passo per la stanchezza arrivai in fretta alla destinazione: alla casa sull'albero, quello più alto, e quella che avevamo costruito insieme. Sospirai prima di salire. In quel momento avevo solo bisogno di immergermi in quei ricordi, e non mi interessava se mi avrebbero distrutto, infondo, era l'unica cosa che mi rimanevano.
 
 
Era entrato nella foresta proibita senza troppi pretesti, e non potei che chiedermi se avesse tutte le rotelle a posto, ma ghignai. Era il posto più pericoloso che potesse esistere, con bestie fameliche e feroci; non per questo era uno dei luoghi dei miei allenamenti più intensi.
-Chi era quel ragazzo?- chiese Brook con la sua solita e strana risata, strimpellando con la sua chitarra, solleticando le corde tese con le sue lunghe dita fatte unicamente di ossa.
-Era solo il mio amico Luffy, il campione mondiale di nuoto.- rispose con nonchalance, Usop, lasciando tutti basiti, esagerando come al solito.
-Davvero? E cosa ci fa qui?- Chopper sgranò gli occhi restando stupito e a bocca aperta, muovendo le sue piccole orecchie da renna e stringendo con le mani la base del suo cappello blu e rosa che teneva sempre in testa, con una speciale di X bianca al centro.
-Non è che è una delle tue solite bugie?- disse Robin, ridacchiando, tenendo le braccia conserte sotto al prosperoso seno, avvicinandosi ad un vaso sopra la finestra per annusarlo, portandosi una ciocca corvina dietro l'orecchio.
-No, è tutto vero.- assicurai piano, annuendo per poi recarmi a casa dopo averli salutati uno per uno, lasciandoli parlare tra loro del nuovo arrivato.
Aprendo la porta della mia stanza mi avvicinai alla scrivania, sedendomi sulla sedia nera con le rotelline, e accendendo il computer voglioso di appagare la mia curiosità. Digitando il suo nome attesi i risultati di Google; non mi ero informato molto sulla sua vita perché, francamente, mi bastava solo sapere il suo nome che a volte sentivo nei telegiornali o in quei programmi di sport. In città, anche se chiamarla così era un'ironia per quanto fosse piccola, lo adoravano come ogni altra celebrità, ma con la differenza che lui fosse cresciuto qui, e per loro era una cosa speciale. Ma anche se lui era di queste parti non faceva famosa questa città, o meglio, paese, ormai poco conosciuto quanto un'isola in mezzo all'oceano, quasi inesistente ed era grazie a questo piccolo, ma forte particolare che ognuno faceva a modo suo. Non essendoci poliziotti o altri guardie della legge la gente si sentiva libera di dare il meglio, ma soprattutto il peggio di sé. Scesi con il mouse, leggendo ogni articolo, incuriosito, per poi dedicarmi alle informazioni delle sue interviste. Leggendo le sue risposte schiette mi venne spontaneo sogghignare, era così ingenuo e spontaneo anche davanti ai giornalisti, ma smisi subito di leggere. Non volevo conoscerlo in quel modo avendo la possibilità di farlo di persona, sarebbe stato interessante.
-Ehi, Zoro!- mi voltai verso la voce dolce e stridula di mia sorella sul ciglio della porta che galleggiava da terra con in mano un ombrellino da sole, nero dai bordi viola chiaro, e i suoi fantasmini dalle lunghe braccia alle sue spalle, bianchi, con gli occhi profondi e le occhiaie nere e la lingua di fuori e la bocca spalancata mentre spensi il computer, alzandomi e prendendo le mie fidate katana -Dove stai andando?- mi chiese scorbutica.
-Taci Perona.- dissi, seccato della sua presenza.
-Nostro padre non sarebbe felice se sapesse che stai sempre fuori e non ti preoccupi della tua cara sorellina.- affermò, andandosene indignata. 
-Da che pulpito...- 
Ghignai poi, consapevole che comunque mi volesse bene, mentre tornai fuori per poi correre nella foresta proibita, chiedendomi se Luffy avesse trovato il mio nascondiglio. Sarebbe stata la prima meta, se sarei riuscito a non perdermi...
 
 
Tirai su col naso, accucciato di fianco, con le gambe all'addome e con le mani che stringevano al petto il mio cappello, insieme alla luna che mi sovrastava dalla finestra, illuminandomi il volto. Socchiusi gli occhi, mentre sentivo le lacrime solcarmi il volto copiose e il corpo tremare e la gola bruciare. Assaporai ogni attimo, coccolandomi in quella casa che prima mi apparteneva ed ora era l'unico luogo in cui potevo stare con loro, forse solo a soffrire. Cercai di rallentare il mio respiro, ripensando a tutte le nostre avventure, a tutte quelle volte in cui eravamo uniti, in cui litigavamo per poi scherzare e ridere, o a tutte quelle volte che parlavamo dei nostri sogni... Avrei voluto urlare, chiedere scusa. Non stavo mantenendo i miei sogni, e la loro dipartita mi aveva spezzato troppo per potermi tirare su. Ero così disperato!
Singhiozzai portandomi le mani agli occhi, cercando di urlare, ma la voce non usciva, era sparita, ed io ero solo, completamente solo... Non volevo essere così! Ma lo ero, ero debole, e l'unica cosa che potevo fare era piangere. 
Mi irrigidì di scatto nel sentire i rami fuori scricchiolare; mi asciugai velocemente gli occhi, rimettendomi in testa il cappello e gattonando vicino alla porta con esitazione e curiosità, ritrovandomi davanti il verde chiaro delle ciocche dei capelli di Zoro.
-Z... Zoro?- borbottai incredulo, ascoltando il rimbombo nelle orecchie della mia voce tremante vacillare, ancora succube del pianto, osservandolo alzare lo sguardo e i suoi occhi smeraldo brillare alla luce della notte penetrare nei miei, neri, pozzi senza fine.
-Ti senti bene?- mi chiese confuso, e mi affrettai ad annuire e sorridere, indietreggiando a carponi per farlo salire.
-Certo, ho solo... un po' di tosse.- spiegai con voce spezzata e rauca, sudando freddo senza guardarlo negli occhi e con la bocca che, senza mio volere si sporse di lato a forma di tre, mentre sperai che ci credesse; non ero mai stato bravo a mentire.
Lo sentì tentennare per il mio sguardo e, con il cuore in gola, lo osservai salire sopra, mettendosi seduto e scrollandosi le spalle, passandosi una mano tra i capelli.
-Che hai?- mi domandò ancora con uno sbuffo, brusco. 
Risi per smorzare il fiato e scrollai il capo per rassicurarlo nonostante avvertivo gli occhi pizzicare, di sicuro erano rossi per il pianto di prima, così li nascosi, piegando il cappello su di essi. Sentivo la straziante tristezza che mi opprimeva il cuore avvolgermi nelle sue spire per trascinarmi sempre più giù nell'oblio, mentre le lacrime mi stavano piegando; pretendevano di uscire, ma io, deciso, ripetevo continuamente nella mia testa "Non adesso." ed era davvero terribile, mi sentivo impotente del mio dolore, nel mio dolore. Sentivo di essere completamente fuori posto, che ormai il mondo non facesse più parte di me, che non sentisse il bisogno di avermi. Faceva male sentirsi perso, sentirsi senza una meta, senza sapere cosa fare del proprio presente. Ma una cosa la sapevo... Volevo stare solo, ora.
-Avanti parla.- incitò incrociando le braccia al petto e scrutandomi attentamente dopo essersi adagiato con la schiena contro le assi di legno del muro. Presi un profondo respiro singhiozzante, affermando:
-Niente... davvero.- per poi continuare -Tu che ci fai qui?- volendo cambiare discorso, continuando a prendere profonde boccate d'aria a scatti, ancora succube dei singhiozzi e dei pianti.
-Vengo spesso qui. E' il mio nascondiglio. Tu come lo hai scoperto, invece?- sospirò, consapevole che non avrei sputato il rospo.
-Beh, questo posto l'ho costruito io. E' come la mia casa.- spiegai con un sorriso tremolante. Lui sgranò gli occhi, non aspettandoselo.
-Oh. Allora ti chiedo scusa se ho varcato il suolo di questo luogo senza il tuo permesso.- disse, riferendosi al discorso di prima per il mio cappello, in quel modo bizzarro per rallegrare un po' la situazione. Ridacchiai sincero dicendogli che non importava.
-Puoi venire quanto vuoi, tranquillo.- specificai, calmandomi finalmente.
-Ottimo.- affermò, portandosi le braccia dietro la nuca e adagiando le spade al suo fianco.
Sorrisi tirando su con il naso un'ultima volta e asciugandomi gli occhi un po' umidi prima di strisciare, mettendomi accanto a lui. Adocchiai le sue katana e ne rimasi strabiliato, allungando una mano per prenderne una dal manico bianco e sguainandola dalla fodera, con gli occhi del mio amico che mi scrutavano costantemente.
-Le sai usare?- domandai, rigirandomi la katana tra le mani un po' goffamente, quasi rischiando di tagliarmi con la lama davvero affilata.
-Sì. Uso la tecnica delle tre spade.- e prese la katana prima che potessi farmi davvero male, così risi.
-Non vuoi proprio dirmi cosa ti turba?- domandò volgendo uno sguardo al cielo e scuotei il capo in segno negativo, con occhi cupi e vuoti, troppo silenziosi e affogati nel dolore.
-Io... Non ho niente, fidati.- borbottai, tenendo forte la base del cappello tra le dita per coprirmi il volto. 
Rizzai la schiena sentendo una mano sulla mia spalla stringerla dolcemente. Mi scappò uno sguardo implorante senza volere, e lui capì che era meglio non interferire, o approfondire.
-Okay, allora conosciamoci; inizio io. Sono il figlio di Drakul Mihawk, ho una sorella minore di nome Perona. Come sai gioco a football, e tra poco partirò per poter sconfiggere la squadra di Doflamingo.- ghignò, come consapevole e sicuro di ottenere la vittoria -E il mio sogno è di diventare il più forte del mondo. Lo farò per me e per lei, manterrò la promessa che ci scambiammo.- finì, ma senza aspettarsi la mia biografia, perché era conscio che non l'avrebbe ottenuta, non in quel momento.
-Lei?- chiesi, sorpreso da tutta quella determinazione.
 
 
Quanti ricordi mi tornarono alla mente con quella semplice e banale sillaba. Lei, la mia amica guerriera, l'unica ad avermi sconfitto, e per ben 2001 volte. D'istinto ripensai a quella promessa, quella che ci scambiammo pochi giorni prima che mi lasciasse. L'avrei mantenuta, in nome mio e della sua spada bianca che ora apparteneva a me per avverare i suoi, i nostri sogni.
-Era una mia cara amica... Kuina.- sorrisi.
-Oh.. Condiglienze, no, ehm.. condo-condo.. Mi dispiace per la tua perdita.- disse infine, sorridendo comprensivo.
-Grazie.- dissi, mentre mi venne un'idea -Senti, ci sarà una festa a breve. Vorresti partecipare?- 
-Uh! Bello. Certo, mi farebbe piacere!- esclamò pieno di gioia, con gli occhi che finalmente luccicavano contenti, proprio come desideravo.
Sorrisi ad occhi chiusi, felice del suo consenso e della partecipazione; gli altri ne sarebbero stati felici, e lui aveva l'impressione di uno che amava fare nuove amicizie, sopratutto uno di cui ne aveva bisogno. Anche se avevo l'impressione che avesse accettato più per far felice il suo cuore distrutto che per semplice cortesia o per lasciarsi trascinare dall'idea dello svago. Lo scrutai ancora con un volto brusco ed una smorfia dura nel concepirlo così spezzato, distrutto come i suoi occhi; erano neri come l'oblio e delicati come una piuma, e avevano celato e incatenato dentro un grande e profondo segreto. Avevo capito la sua sofferenza proprio da quegli occhi, proprio da quei due pozzi scuri e da ciò che nascondevano con tanta cura e bramosia. Non sapevo come ci fossi riuscito, forse perché erano grandi e facili da scoprire, ma poco importava; stava soffrendo, mi mancava solo sapere per cosa.
-Ah...- sospirai ad un tratto, guardandolo osservare le travi del pavimento con malinconica tristezza, quasi ricominciando a piangere, perché lo avevo capito che stava piangendo, prima; stavolta non solo dagli occhi che erano rossi, ma anche perché capivo quello sguardo, era identico al mio quando persi lei. -Ma che ore si sono fatte?- borbottai prendendo il telefono, controllando, per cambiare discorso. Dal mutamento del suo atteggiamento pensai di esserci riuscito abbastanza egregiamente.
-Già le 3:00.- ridacchiò lui precedendomi e iniziando a giocherellare con il suo cellulare ma senza accederlo, giusto rigirandoselo tra le mani per svago; così mi venne un'idea.
-Dammi il tuo numero.- proposi e lui me lo cedette senza troppe storie, dondolandosi avanti indietro con fare curioso, volendo sapere cosa stessi per farci. 
Aprendo la rubrica mi cadde all'occhio, senza volere, che in tutto, aveva solo otto contatti o poco più, e pensai che i più importanti fossero quei sei messi tra i preferiti; non ci pensai e gli memorizzai il mio numero per poi voltarmi verso di lui per restituirglielo, sorprendendomi di vederlo già addormentarlo contro la mia spalla. Mettendogli il telefono in tasca, dopo aver rifoderato le katana nella fodera della mia panciera, lo presi in braccio di lato, sorreggendolo per le gambe con l'avambraccio e con l'altra mano gli tenevo la schiena, mentre la sua testa si adagiò involontariamente contro il mio petto.
Scesi piano dall'albero, con non poca difficoltà avendo un braccio occupato a sorreggerlo per non svegliarlo, per poi recarmi a casa sua. Non conoscendo la strada mi persi un paio di volte, forse dieci in tutto, anche per via del mio scarso senso di orientamento visto che mi ritrovai al Gray Terminal; era una specie di immondezzaio, una montagna di spazzatura, invece che città. Girai intorno alla foresta per chissà quanto ma alla fine trovai l'uscita e mi recai alla meta per pura fortuna. Aprì il cancello lasciato socchiuso ed entrai in casa grazie alla chiave che trovai rovistando tra le tasche dei suoi pantaloncini azzurri.
All'interno era molto vasta, in parte mi ricordava la mia, cambiavano solo i mobili, la struttura e la disposizione delle camere. Salì le scale, osservando le mille porte e mi dannai non sapendo in quale andare, ma non demorsi e iniziai a cercare la sua stanza tra le tante. Aprì la prima porta e ci trovai il bagno, deluso provai con la seconda ma era chiusa a chiave; feci una smorfia confuso, ma non mi soffermai a pensarci; la terza, ipotizzai fosse di suo nonno dal letto matrimoniale e dalla foto di un uomo robusto e alto dalla vispa barba e i capelli grigi che capeggiava sul comodino. Così andai avanti e la quarta fu quella giusta, adagiandolo sul suo letto gli rimboccai le coperte staccando le sue braccia attorcigliate dal mio collo con più difficoltà di quanto mi aspettassi; si era attaccato a me come un koala. Sbuffai, sfinito da quella giornata e mi avviai; ero ormai sulla porta, ma ebbi come un ripensamento, una sensazione. Pensai di sbagliarmi e me ne andai, diretto a casa.
-Mhm.. A.. Acee..- mugugnai con voce impastata, voltandomi fra le coperte che frusciavano ad ogni movimento, mentre la mia mente si inebriò sempre di più del sonno, conducendomi ai miei incubi.
 

 
  
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