2.
Tonks e Hetta si Smaterializzarono non
appena videro comparire gruppi di Mangiamorte nella zona a sud del
paese.
Poco prima di scomparire Hetta scoprì un
Mangiamorte che le osservava da dietro un albero, un po’ stranito, come se si
fosse appena materializzato e lo schiantò a terra, bloccandolo con delle corde.
Tonks gli prese la bacchetta e la spezzò. Hetta gli chiuse la bocca e lo fece
crollare contro un albero.
Quando comparvero nella strada principale
si trovarono già nel mezzo della battaglia. Si divisero immediatamente secondo
gli accordi presi con Malocchio che aveva diretto la parte strategica con
Kingsley.
Tonks era attesa vicino a casa Potter,
dentro la quale Harry, Ron e Hermione stavano già combattendo contro i primi
Mangiamorte.
In pochi minuti arrivarono tutti i
rinforzi attesi e la battaglia si spostò all’esterno della piccola villetta,
lasciando i tre giovani nelle retrovie per non rischiare la loro
vita.
Tonks si trovò a combattere contro
Dolohov, schernita per il fatto di essere donna. Fu un duello lungo, ma riuscì a
Schiantarlo a terra con un colpo improvviso quando venne distratto da un urlo di
Lucius Malfoy, ferito da Malocchio.
Tonks lo tenne a terra con la bacchetta
alla gola mentre Remus lo finiva riempiendolo di vesciche
urticanti.
La momentanea vittoria su Malfoy senior
non fu sufficiente per Moody: venne attaccato mentre tentava di allontanarsi e
si ritrovò Schiantato a terra. Furono i gemelli ad andare in suo soccorso
portandolo in una piccola viuzza laterale, prima in quel momento di
pericoli.
“Andate, piccoli mostri!!” urlò contro i
gemelli mentre questi lo lasciavano scivolare a terra con poca grazia. “Via di qui!
Non servite a me, disgraziati!”
“Lieti di averti salvato la vita, Moody!”
gli urlò in risposta George mentre con il fratello ritornava verso il cimitero
per riunirsi al gruppo di Lee Jordan e altri studenti di Hogwarts impegnati a
difendere quella zona.
Tonks si era spostata di nuovo vicino a
casa Potter.
Davanti all’ingresso della casa, nel
piccolo giardino che la circondava Hetta era alle prese con un Lucius Malfoy
nuovamente furente.
Gli sprazzi di luce degli incantesimi
mostravano la velocità e la ferocia dello scontro. Hetta era bersagliata di
anatemi e si difendeva cercando ancora di evitare la morte
dell’avversario.
“Uccidilo!” sentì gridare Tonks alla sua
destra, mentre ancora era incerta se intervenire o lasciare campo
all’amica.
Si girò verso la voce e vide arrivare
Remus che correva. Stava urlando contro Hetta, non contro di lei. Facendolo però
l’aveva distratta e Lucius ne approfittò per colpirla.
“Protego!” urlò Tonks riuscendo a sviare
il colpo quando ormai aveva sfiorato Hetta che crollò a terra
semicosciente.
“Bastarda traditrice!” la insultò Lucius.
“Avad…”
“Crucio!” gridò lei colpendolo in pieno
petto. Lucius si piegò in due per il dolore. Tonks tenne la bacchetta contro di
lui per lasciare tempo a Remus di recuperare Hetta e spostarla dal
giardino.
Poi Schiantò Lucius facendolo volare oltre
lo steccato direttamente in un campo di ortiche.
Lo lasciò ad urlare per il dolore mentre
caracollava via già colpito in più punti dalle piante.
“Lo prendo io!” gli gridò Charlie
spuntando da poco distante.
Mentre la battaglia riprendeva tra i due
Tonks corse verso Hetta.
Nel farlo passò di fronte alla porta
d’ingresso di casa Potter e le parve di vedere il volto scavato e teso di
Piton.
Si bloccò un attimo, incredula, guardando
direttamente verso la porta, ma vide solo il legno scuro.
Maledicendosi per la propria stupida
speranza oltrepassò il giardino e vide Remus chino sopra Hetta, appoggiata ad un
masso.
Remus era inginocchiato al fianco
dell’amica e con la bacchetta stava terminando di controllare che non avesse
ferite troppo profonde.
“Hetta!” gridò.
Remus parlò prima ancora di
guardarla.
“Cerca di convincerla a fare il suo
lavoro!” Era decisamente inferocito, pensò Tonks. “Non possiamo farcela se lei
ha paura di uccidere!”
“Non ho paura, stupido!” urlò Hetta
mettendosi a sedere.
Remus scattò in piedi guardandola quasi
sconvolto dall’insulto. Le aveva appena salvato la vita e quella ragazzina gli
si rivoltava contro?
“Non ho paura!” continuò lei con
altrettanta determinazione. “Penso che sia ancora meglio averlo vivo con delle
informazioni che morto senza poterci ottenere nulla!”
Mentre parlava si era messa in piedi,
anche se barcollava. Remus d’istinto allungò una mano e le prese il braccio per
sostenerla.
Hetta lo fissò. Remus colse disagio, forse
fastidio e un luccicare strano degli occhi.
“Non permetterti più di giudicare il mio
lavoro. Non sei neppure il mio capo!” gli disse con astio, liberandosi il
braccio con uno scatto e andandosene verso Tonks.
“Come sono?” le chiese. Remus rimase alle
sue spalle, senza mai perderla di vista.
“Cerca Charlie, se la sta vedendo ancora
con Lucius… per il resto…” Tonks guardò verso Remus.
“Siamo in netta supremazia,” le aggiornò
lui, mentre anche Hetta si girava a guardarlo e arrossiva. Lui rimase perplesso
per quella reazione. “Ancora non si vede Voldemort, ma stanno arrivando i suoi
luogotenenti più vicini, quindi…”
Remus di bloccò. La terra stava tremando.
Continuava a tremare.
“Giganti!” urlò Tonks. “Sono
giganti!”
Tutti e tre si guardarono intorno e li
videro. Stavano marciando da sud ed erano una decina. Enormi, brandendo mazze di
legno grandi come tronchi d’albero
Remus rimase fermo un attimo, cercando di
pensare ad una soluzione. Gli ultimi informatori davano per sicura la neutralità
dei giganti impegnati in quel periodo in una faida interna tra gruppi per la
definizione della loro sovranità. Era stato preparato un piano di emergenza che
però adesso doveva essere coordinato.
“Remus, ci penso
io!”
Alla sua destra stava arrivando,
zoppicando, Moody. “Mandami Charlie e Hagrid!” gli urlò.
“Prendo il posto di Charlie!” gridò in
risposta Hetta, guardando Remus e correndo poi verso l’altro lato del
giardino.
“Ricompongo la difesa qui davanti!” disse
Tonks. E corse verso il centro del giardinetto, guardandosi attorno. Oltre ad
Hetta erano con lei Bill, Fleur, Dean Thomas e Kingsley.
Li vide tutti impegnati contro due
Mangiamorte. Quando riuscirono a finire uno dei Carrow, si sentì la risata acuta
di Bellatrix arrivare dal fondo della strada. Kinglsey e Fluer erano alle prese
con l’altro Carrow.
“Siamo agli sgoccioli se arriva lei!”
gridò Tonks agli altri. “Preparati Harry!” gridò verso la
casa.
Sentì dei passi alle spalle e girandosi
vide arrivare Ron e Hermione.
“Adesso stiamo qui,” le dissero
semplicemente.
“Harry?” chiese
Tonks.
“Sa cosa fare,” disse Ron, cercando con lo
sguardo Bellatrix. “Sei con noi?” le chiese.
“Certamente. Dean!”
chiamò.
“Dimmi!”
“Moody si sta organizzando contro un
gruppo di giganti e Hetta è andata contro Malfoy, alla tua sinistra! Aiutalo e
ritornate qui!”
Dean non rispose nulla e corse nella
direzione indicata da Tonks.
“Paciock!” stava gridando sua zia. “Non
puoi fami nulla, come quei due disgraziati…”
Sentirono l’urlo di Neville. Ron e
Hermione scattarono verso la strada decisi a dare una
mano.
Tonks tenne la posizione, affiancata da
Kingsley.
Bill e Fleur erano andati da Moody,
facendo un cenno a Tonks.
I due Auror si guardarono attorno,
ansanti. Non c’era segnale di nessun movimento. Intorno c’erano grida, scoppi,
scintille colorate, ma lì vicino tutto era innaturalmente
fermo.
Poi sentirono il grido di Bellatrix e
all’improvviso tutti alzarono gli occhi al cielo per guardare Voldemort che
planava davanti al cancello di casa Potter.
Era emaciato, scheletrico, con due pupille
rosse fiammeggianti. Non aveva volto, né espressione. Si mise in piedi davanti
al cancello, la bacchetta che danzava tra le mani, senza dire una
parola.
Tutto si fermò, tranne la battaglia contro
i giganti.
Senza che nessuno dicesse nulla dietro a
Voldemort si misero, a scudo, tutti i Mangiamorte rimasti. Erano otto persone.
Lucius, Bellatrix, uno dei Carrow. Tonks vide anche il volto giovane di un
ragazzino dell’età di Harry. Non c’era Narcissa, né il
figlio.
Vicino a lei e a Kinglsey era arrivato
Remus, i due Weasley maggiori, Hetta e Dean.
Dalla sua destra arrivarono Ron e Hermione
che si spostarono davanti al portone d’ingresso, quasi a fargli da
scudo.
Lentamente, a lato del giardino,
arrivarono anche altri componenti dell’Ordine, tutti i più giovani ed i feriti.
Dall’altro lato qualche sparuto Mangiamorte.
Tonks sentiva i brividi lungo la schiena,
brividi freddi. Cercava di controllare il respiro, quasi fosse proprio quello a
regolare le sue emozioni. Sentiva salire dentro la rabbia soprattutto nei
confronti di sua zia, che rideva con un’espressione da pazza alle spalle del suo
Signore.
“A quanto pare Lucius, i piccoli Weasley
sono meglio del tuo figliolo,” sibilò Voldemort, squadrando Bill, Charlie e Ron.
“Anche se mi pare che ne manchi qualcuno. Siamo riusciti a decimare la famiglia,
Bellatrix?” chiese con tono suadente.
“Ancora no, mio Signore. Sono sparsi per
il campo di battaglia, ma purtroppo vivi…” sghignazzò la
donna.
“Beh, ci penseremo dopo. Voglio Potter,
tutti voi potete sparire. Volontariamente o meno,” disse Voldemort osservandoli
in attesa che si spostassero.
“Sono qui,” sentirono dire da
Harry.
Solo allora, lentamente, si spostarono di
lato per lasciargli posto.
Tonks si portò vicina a Charlie, la
bacchetta pronta ad agire, tesa.
Nessuno sapeva quello che Harry avrebbe
fatto.
“Il piccolo Potter. Ci rivediamo,
dunque…”
“Già.”
Tonks non poteva che ammirare l’apparente
freddezza e determinazione di Harry. Se ne stava in piedi dritto davanti a
Voldemort, guardandolo negli occhi. Al suo fianco erano rimasti solo Ron e
Hermione.
“Manca la tua piccola Weasley, Potter.
Come mai?” chiese con scherno.
“Non ti riguarda,” rispose Harry. Ma c’era
un leggero tremore nella sua voce e Voldemort riuscì a sentirlo perché si mise a
ridere.
“Ancora l’amore, Potter. Che sciocchezze
senza significato,” minimizzò con uno scatto della bacchetta. “Sei qui per
morire Potter, lo sa anche lei vero?”
“Se muoio io te ne vai anche tu,
Voldemort,” gli rispose Harry con un piccolo sorriso.
Voldemort rise.
“Non è una minaccia, ma la verità,” ribadì
Harry con una sicurezza tale che Voldemort bloccò il dondolare della sua
bacchetta e lo fissò apertamente.
“Sorpresa…” sussurrò Harry. “Hai commesso
un errore. E quell’errore sono io. Se io muoio tu muori con
me…”
“Che stai dicendo Potter?” Il tono di voce
era irato e stupito.
Tonks per la prima volta vide un’immagine
di Voldemort senza la solita fredda perfidia. Era incerto. Non sapeva se credere
al ragazzo.
Tonks sentì crescere la speranza, proprio
a causa di quello stupore che incrinava la sicurezza di Voldemort. Si guardò
intorno e vide che altri percepivano le sue stesse emozioni. Bill aveva gli
occhi sgranati. La mano di Fleur, che lo aveva raggiunto, stringeva quella del
marito con tanta forza da essere esangue.
Senza muovere la testa Tonks riuscì a
intravedere Arthur e Molly, Hetta e Moody. Tutti impietriti dallo stupore, dalla
paura e forse da una minima speranza.
“La tua anima, Voldemort. Divisa in sette
parti, giusto?” gli chiese.
Tonks sentì rimbombare quelle parole
nella testa. Horcrux… oh, Merlino… Horcrux. Voldemort aveva usato
Di scatto cercò Remus per una conferma. Lo
vide scambiare uno sguardo d’ansia con Arthur e con Moody. Neppure lui sapeva
quello che Harry aveva fatto. Poi lo vide riportare l’attenzione su Harry e
Voldemort.
Harry aveva fatto quello in quei mesi?
Aveva cercato l’anima di Voldemort?
“Tu che ne sai?” sibilò
Voldemort.
“Molto, molto. Diario…” iniziò ad elencare
mentre lo sguardo di Voldemort si allargava di stupore e
terrore.
Harry sorrise.
“Coppa di Tassorosso… Tiara di Corvonero…
L’anello di tuo nonno, dei Gant…” continuò ad elencare di fronte ad un Voldemort
che stava vivendo il suo incubo peggiore.
Tonks vide lo smarrimento negli occhi dei
Mangiamorte alle spalle del loro Oscuro Signore. La completa ignoranza. Nessuno
di loro capiva quello che stava accadendo. Neppure sua zia sembrava seguire quel
dialogo.
Poi Harry rimase in silenzio e Voldemort
sorrise, inclinando la testa di lato.
“Ah, già,” aggiunse allora Harry. “Il
medaglione nel lago…”
Voldemort urlò il suo furore. Un grido che
scosse tutti quelli che lo sentirono. Un urlo di rabbia
incontrollabile.
Harry era apparentemente impassibile,
pensò Tonks quando riportò lo sguardo su di lui. Anche Hermione e Ron erano a
conoscenza di quanto stava dicendo. Erano impassibili,
determinati.
Il rumore secco di un oggetto di metallo
che cadeva a terra fece sobbalzare tutti. Ron aveva ancora la mano alzata e ai
suoi piedi c’era una coppa annerita e bruciacchiata. Subito dopo Hermione lasciò
cadere a terra un anello e una tiara in diamanti. Anche questi oggetti erano
anneriti e rovinati.
Harry aprì la mano e mostrò a Voldemort un
medaglione aperto a metà e bruciato. Lo lasciò cadere a
terra.
“Il diario sappiamo dov’è Riddle,”
aggiunse Harry. “Per ultimo il tuo serpente, Naningi, quello che hai lasciato in
custodia a Piton, perché lo proteggesse con la sua stessa vita,” disse
Harry.
Nel sentire quel nome Tonks rabbrividì
visibilmente. Sentì un braccio avvolgerle le spalle e quasi sobbalzò, prima di
accorgersi che era Hetta, al suo fianco.
“Quello non lo avrai, Potter,” affermò con
sicurezza Voldemort.
“Troppo tardi.” La voce giungeva da un
punto alle spalle di Harry. Secca.
Tonks si girò di scatto, la bocca aperta,
il cuore in gola, i brividi sul corpo.
Era lì.
Sulla porta.
In piedi, al centro
dell’uscio.
Braccia incrociate.
Con un enorme serpente morto ai suoi
piedi.
Emaciato, bianco in volto. Un volto
scavato e spigoloso.
Con un maglione arancione e dei pantaloni
grigi.
I capelli raccolti.
Tonks si aggrappò alle mani di Hetta e
fissò Severus Piton che contrastava lo sguardo di Voldemort dopo averlo
definitivamente tradito.
La rabbia dell’Oscuro Signore esplose
immediata.
“Avadra Kedavra!”
La fiammata verde uscì dalla sua bacchetta
diretta verso Piton.
Le bacchette di Harry, di Ron e Remus si
alzarono quasi contemporaneamente.
“Protego!” Tre voci distinte eressero uno
scudo davanti a Piton tale che l’anatema di Voldemort non solo si spezzò contro
la barriera, ma la sua stessa forza lo fece rimbalzare all’indietro colpendo un
inconsapevole Amicus Carrow che cadde morto ai piedi di
Lucius.
Prima che volassero altri incantesimi,
Harry gridò.
“Ne manca uno, Voldemort. Ancora un
Horcrux!”
Fu sufficiente.
Voldemort alzò un braccio e tutte le
bacchette dei Mangiamorte si femarono.
Remus e Kingsley fecero dei cenni affinché
anche dalla loro parte le bacchette fossero abbassate.
Mentre tutto questo accadeva, Tonks cercò
con il proprio sguardo quello di Piton, ma lui sembrava evitare di distogliere
il suo da Voldemort.
Tonks sentì il cuore chiuso da artigli
dolorosi. Era vivo. Si accorse di aver trattenuto il
respiro.
Gli occhi bruciavano di vento, polvere e
dolore, umidi di lacrime. Lui continuava a non guardarla. Aveva lo sguardo fisso
davanti a sé, rivolto a Voldemort.
“Soffrirai Severus,” sibilò Voldemort.
“Soffrirai per questo…”
“Lo so,” gli rispose l’uomo senza
spostarsi dalla casa e senza abbassare gli occhi da quelli rossi e brillanti
dell’Oscuro Signore.
Tonks aveva brividi su tutto il
corpo.
“Harry Potter…” disse lentamente Voldemort
rivolgendo lo sguardo verso il ragazzo. “Una profezia che ci
unisce…”
“E un tuo errore…” aggiunse
Harry.
“Io non commetto errori,” affermò con
astio Voldemort, lentamente.
“Io sono un tuo
errore.”
Voldemort rimase in silenzio, fissando il
ragazzo. Poi un lampo di comprensione gli attraversò il volto e la bacchetta
riprese a girare tra le sue mani.
“Tu… sei parte di me…” Sorrise
leggermente, ironico.
“Una parte di me è una parte di te,”
scandì Harry con decisione. “Io sono figlio dei miei
genitori.”
“Rivendichi questo e sminuisci il nostro
legame?” ironizzo Voldemort puntando la bacchetta contro di
lui.
“Esatto.”
“Errore,” lo corresse Voldemort. “Io so
più cose di quante ne sappia tu sulla divisione dell’anima umana, Potter. So di
poter sopravvivere senza di te.”
La tensione intorno a loro era sempre più
forte.
Oramai molti dei presenti erano riusciti a
ricostruire quello che Harry e i suoi amici avevano fatto.
Tonks stessa sentiva l’orgoglio per la
loro impresa, la soddisfazione di averli aiutati in questo. Ma Piton non la
guardava ancora.
“Dove si trova Ginny?” sentì sussurrare da
Hetta al suo orecchio.
Tonks si guardò intorno. Ginny non si
vedeva e non si era vista per tutta la battaglia, a dire il
vero.
Scosse impercettibilmente la testa verso
Hetta, con un sguardo di perplessità.
“Uccidimi,” affermò Harry nel silenzio
generale.
Si sentì un gemito, ma non era possibile
capire da chi proveniva.
Voldemort alzò subito la bacchetta, ma si
fermò prima di puntarla contro Harry.
“Troppo sicuro di te, ragazzo…” osservò.
“Non hai paura di morire?”
“No,” rispose Harry, con la bacchetta
ancora allungata contro un fianco.
Quella sicurezza, pensò Tonks, era
allarmante.
Voldemort sembrò non prenderla in
considerazione e sferrò l’attacco.
“Avadra Kedavra!”
L’anatema colpì Harry, facendolo
inginocchiare a terra, tra gli sguardi atterriti di tutti.
Ron e Hermione comparvero al suo fianco
sbarrando la strada agli altri, mentre inspiegabilmente parte del lampo
proveniente dall’anatema si disperdeva attorno ad Harry, come polvere al
vento.
Harry rimase in ginocchio a fissare
Voldemort, sbattendo gli occhi e annaspando.
Non cadde a terra.
Tonks lo fissava con il cuore in tumulto,
la bacchetta sguainata contro il gruppo di Voldemort e dei Mangiamorte, ma lo
sguardo fisso su Harry.
Mentre il respiro accelerava lo vide
allungare le mani verso Ron e, con l’aiuto dell’amico, rialzarsi lentamente
sulle sue gambe.
Incredula lo fissò come tutti attorno a
lei.
E, più di tutti,
Voldemort.
“No!” urlò puntando nuovamente la
bacchetta contro di lui.
Tonks lo guardò incredula. Barcollava,
stringendosi una mano al petto, gli occhi che brillavano, lo sguardo di un uomo
all’improvviso consapevole di quello che gli sarebbe
accaduto.
Da dietro il corpo di Harry arrivò un
lampo verde mentre la voce fredda di Severus Piton urlava.
“Avada Kedavra!”
Voldemort venne colpito in pieno petto,
mentre Ron e Hermione gettavano a terra Harry, proteggendolo e l’anatema uscito
dalla bacchetta di Voldemort passava sopra i loro corpi infrangendosi contro
casa Potter, per l’ennesima volta.
Tonks vide il lampo verde colpire
Voldemort, lo vide crollare a terra e sentì l’urlo di dolore di
Bellatrix.
Il più veloce di tutti fu ancora una volta
Kingsley. Schiantò Bellatrix.
Tonks si riprese solo in quel momento e
entrò in battaglia fermando Lucius Malfoy.
In pochi minuti tutto era finito. I
Mangiamorte erano a terra, morti o immobilizzati e i vincitori, attoniti,
guardavano il corpo di Voldemort e Harry Potter che si alzava in piedi sostenuto
da Ron e Hermione.
Harry sorrise ai due amici, dolorante e
vivo.
Il solo rumore furono i passi affrettati
di qualcuno che usciva da casa Potter correndo.
Harry allungò un braccio e accolse contro
di sé Ginny Weasley, abbracciandola.
Fu quel gesto a far esplodere di gioia gli
altri.
Tra le urla, Moody e Charlie Weasley
riuscirono a riorganizzare l’Ordine della Fenice affinché venissero controllati
i prigionieri e sistemati i cadaveri.
Tonks rimase sul posto, cercando con lo
sguardo ancora una volta Severus Piton. Lo vide parlare con Harry, mettendogli
una mano sulla spalla.
E solo allora lui la
guardò.
Con un’intensità tale che la rabbia di
Tonks, la rabbia di aver pianto di dolore per un uomo che l’aveva ingannata,
venne annullata dalla forza di quello sguardo, dalla determinazione che
mostrava, nonostante tutte le sue bugie.
Rimasero a fissarsi ignorando quello che
avveniva intorno a loro. Il primo a muoversi fu Severus che tentò di avvicinarsi
a lei. Ma barcollò.
Tonks scattò verso di lui, correndo
indifferente a tutto, fino ad arrivargli davanti, gli occhi pieni di
lacrime.
Lo abbracciò per sostenerlo. “Perché?” gli
chiese con voce tremante. “Perché?”
Severus le restituì l’abbraccio e le baciò
i capelli, sporchi di polvere, ma profumati di sole.
“Per non essere tradito dal tuo amore,” le
rispose bruscamente, con la solita fredda sincerità. “E dal mio per
te.”
Tonks allora lo guardò, con le lacrime che
non riusciva a controllare, il respiro che incespicava, le mani che non
riuscivano a stare ferme.
“Ti odio!”
singhiozzò.
Severus chiuse gli occhi. “Lo so, lo so
ragazzina.”
Tonks lo tempestò di pugni, piangendo
contro il suo maglione, lo stesso che gli aveva regalato. Piton rimase fermo,
con la faccia contro i suoi capelli, gli occhi chiusi, respirando il suo
profumo.
Intorno a loro, lentamente, scese il
silenzio.
Le persone se ne andavano via, alla
ricerca dei propri familiari, degli amici e si erano formati alcuni gruppi
sparsi.
Tonks non vide la madre che la guardava
sorridendo, né sentì lo sguardo di Hetta o di Remus su di
sé.
Quando si staccò da Severus fu perché lo
sentiva tremante contro il suo corpo.
“Entriamo in casa,” gli sussurrò
all’orecchio.
Lui non rispose, ma si fece accompagnare
all’interno.
La casa era diroccata e rovinata dalle
intemperie degli anni, ma la cucina era un locale abitabile per quello che
serviva loro.
Tonks lo fece sedere vicino ad un tavolo e
si inginocchiò davanti a lui. Gli mise le mani sul volto e lo
guardò.
Aveva le occhiaie profonde, la pelle del
viso rovinata, le labbra screpolate. Delicatamente lo accarezzò con la punta
delle dita.
“Da quanto non
mangi?”
“Non lo so… non molto comunque…” le
rispose a mezza voce.
“Te la senti di Smaterializzarti con me a
casa mia?”
“No,” le rispose secco, deglutendo. “Non a
casa tua!”
“Severus…”
“No.” Il tono era determinato e
sfinito.
“Aspettami qui…” gli disse accarezzandogli
una mano.
Severus fu sul punto di chiederle dove
secondo lei sarebbe potuto andare in quelle condizioni, ma era già sparita oltre
la porta d’ingresso.
Ritornò quasi subito, con
Remus.
“Ciao, Severus.”
Alzò lo sguardo e fece un cenno di
saluto.
“Grazie,” aggiunse
Remus.
“Per cosa?”
“Per quello che hai scelto di
fare.”
Severus accennò ad un sorriso di
scherno.
“Che ne dici di andare a Grimmauld Place?
Saremo solo io e te,” aggiunse Remus.
Piton guardò Tonks con un piccolo
sorriso.
“Ti ha convinto lei a dirlo oppure è
vero?” gli chiese, ironico.
Remus rise apertamente. “È vero,” rispose.
“Anche se credo che sarebbe disposta a picchiarmi pesantemente per farmelo dire.
Harry andrà alla Tana per ora. Ci siamo solo io e te nella sede. E credo Tonks a
questo punto.”
“Cerca comunque di convincerla ad andare a
casa ogni tanto. Io non penso che avrò molta forza per farlo, una volta arrivato
lì.”
“D’accordo,” promise
Remus.
“Grazie per avermi considerata!” sbottò
Tonks, alle spalle di Remus con le braccia incrociate e lo sguardo
furente.
“Buona, ragazzina!” la sgridò Piton. “Sai
anche tu che non sarò un malato facile da trattare.”
“Oh, bah!” sbottò lei. “Ti ho sopportato
pure per tutti quei giorni e non stavi certo bene! E mi posso vendicare del
fatto che sei vivo…”
Severus alzò gli occhi al
cielo.
“Tu lo sapevi?” chiese Tonks
all’improvviso. Severus la guardò. Aveva un dito puntato contro lo sterno di
Remus e la bacchetta contro il suo fianco.
“L’ho saputo solo dieci giorni fa” le
disse lui con tranquillità.
“Non mi hai detto
nulla!”
“Non me lo ha permesso,” spiegò Remus
alzando le spalle.
“Tonks…”
Tutti e tre girarono lo sguardo verso la
porta.
Hetta era ferma sulla soglia. Sporca,
spettinata e dannatamente bella, pensò Remus.
“Non togliermi il piacere,” le
disse.
Tonks tolse dita e bacchetta. “Ah,
già!”
Remus guardò Hetta con insofferenza. Lei
non ricambiò lo sguardo. Severus accennò un sorriso.
“Dove andrai, Hetta?” le chiese
Tonks.
“Devo ritornare a casa e vedere quello che
è rimasto.”
Tonks annuì.
“Rimasto di cosa?” le chiese
Remus.
“Della casa dei miei genitori. Mia sorella
ed io abbiamo abitato lì dopo la loro morte, ma adesso che è stata uccisa anche
lei, devo decidere cosa fare.”
“Quando è stata uccisa?” le chiese Remus,
aggrottando le sopracciglia.
“Nello scontro all’Albert Hall a Londra,
tre mesi fa.”
“Jennifer Miles… mi dispiace Hetta,”
sussurrò Severus.
“Grazie professore.” Hetta lo guardò per
la prima volta.
“La conoscevi?” chiese Remus a
Severus.
“Jennifer e Hetta sono entrambe
Serpeverde. Le conosco bene.”
Hetta gli sorrise tristemente. La voce
aveva un tono dolce, quando parlò.
“Dovrebbe preoccuparsi per lei adesso,
professore.”
Tonks gli si avvicinò e lo aiutò ad
alzarsi.
“Se ti serve qualsiasi cosa, anche una
compagnia per il te, chiamami,” disse a Hetta.
L’amica le sorrise.
“Potrai contare anche sulla compagnia di
due vecchietti ingrigiti e debolucci,” sorrise Severus guardandole con un ghigno
di schermo.
Entrambe arrossirono. Hetta di vergogna,
Tonks di rabbia.
“Quando starai meglio me la pagherai,
credimi!” gli promise.
Remus guardò il trio che aveva davanti,
senza capire.
“Confidenze tra donne, Remus. Tonks non
sapeva che stavo ascoltando…” gli spiegò brevemente
Severus.
“Muoviti!” esclamò sbrigativa Tonks, prima
che il suo uomo si lasciasse sfuggire qualche altra confidenza poco
gradita.
Fece un grazioso giro su se stessa e si
Smaterializzò con lui nell’ingresso di Grimmauld Place.