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Autore: NyxTNeko    14/07/2019    1 recensioni
Napoleone Bonaparte, un nome che tutti avranno letto almeno una volta sui libri di scuola.
C'è chi l'ha adorato, chi odiato, chi umiliato e chi glorificato.
Ma siamo sicuri di conoscerlo veramente? Come si sa la storia è scritta dai vincitori e lui, il più grande dei vincitori, perse la sua battaglia più importante.
Dietro la figura del generale vittorioso e dell'imperatore glorioso si nasconde un solitario, estremamente complesso, incompreso che ha condotto la sua lotta personale contro un mondo che opprime sogni, speranze e ambizioni.
Un uomo che, nonostante le calunnie, le accuse, vere e presunte, affascina tutt'ora per la sua mente brillante, per le straordinarie doti tattiche, strategiche e di pensiero.
Una figura storica la cui esistenza è stata un breve passaggio per la creazione di un'era completamente nuova in cui nulla sarebbe stato più lo stesso.
"Sono nato quando il paese stava morendo, trentamila francesi vomitati sulle nostre coste, ad affogare i troni della libertà in mari di sangue, tale fu l'odioso spettacolo che colse per primo il mio occhio. Le grida dei morenti, i brontolii degli oppressi, le lacrime di disperazione circondarono la mia culla sin dalla nascita".
Genere: Drammatico, Guerra, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: Violenza | Contesto: Rivoluzione francese/Terrore, Periodo Napoleonico
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Capitolo 25 - Dietro ogni problema c'è un'opportunità -

Auxonne, 22 luglio


'Ti scrivo questa lettera fra il rumore di tamburi, armi, sangue' iniziava la lettera che Napoleone stava scrivendo al fratello Giuseppe, tornato ad Ajaccio, dopo essersi laureato in diritto il 24 aprile dell'anno precedente.

Dopo l’assalto alla fortezza-prigione, la Bastiglia, i tumulti non erano affatto diminuiti, anzi si erano moltiplicati a vista d'occhio. Qualche giorno prima, il giovane corso aveva dovuto arrestare 33 persone per insurrezione e furto. Trascorse un’ora intera ad esortare i rivoltosi a desistere, riuscendo nell’impresa, anche se misero a dura prova la sua pazienza, che non poche volte fu sul punto di cedere.

Il generale du Teil gli chiese, poco dopo la riuscita della missione, delle opinioni riguardo gli eventi in corso e si sentì fiero di quella domanda, perché quell’uomo riusciva sempre a farlo sentire a suo agio, accettava le sue opinioni senza criticarle, nonostante tutto però restava in guardia, era pur sempre un francese.

Gli rispose che anche se il suo dovere era di eseguire gli ordini che provenivano dai superiori, accoglieva la rivoluzione, seppur diffidasse e temesse della forza delle folle, che non erano in grado di mantenere l’ordine.  Credeva nel governo, che per il momento era nelle mani dell’Assemblée Nationale, gestita da Bailly, eletto sindaco della città di Parigi, due giorni dopo l'assalto alla fortezza, prima dalla stessa Assemblée e poi, una volta che quest'ultima fu riconosciuta e legittimata, dal sovrano in persona, il 17 luglio. Credeva nella Guardia Nazionale capeggiata dal marchese di La Fayette, un uomo che, secondo il suo parere, aveva davvero la stoffa per gestire un esercito di scalmanati, privi di ogni senso dell’onore e della disciplina, spinti a combattere solamente dal patriottismo e dalla voglia di riscatto.

La popolazione francese era comunque stata ferita nei suoi interessi più cari. La nobiltà e il clero la umiliavano con il loro orgoglio e i loro privilegi. Il popolo soffrì a lungo sotto questo peso, ma alla fine volle scuotersi di dosso il giogo, e scoppiò la rivoluzione. Si sentiva il bisogno di rinnovare la società, rimasta gravemente indietro rispetto agli altri paesi d’Europa, con le idee di Rousseau e di Voltaire. La monarchia aveva perso lo smalto e la forza dei tempi del Re Sole, per questo necessitava di un profondo rinnovamento a lungo rimandato.

Non gli negò neanche della sua adesione all’anticlericalismo e qui rimase sorpreso, lo stupore era stampato sul suo viso, quasi scoppiò a ridere per la sfrontatezza mostrata dal corso. Concluse che il caos sarebbe finito nel giro di un mese o poco più in quanto l’Assemblèe Nationale Constituent stava raggiungendo dei risultati eccellenti.

'Ti ripeto quello che ti ho detto, tornerà la calma. Tra un mese non ci sarà più problema di sorta. Quindi se mi mandi 7500 franchi andrò a Parigi a concludere una volta per tutte il nostro affare' scrisse poi dopo la sua lunga riflessione. La questione più seria restava, per Napoleone, la pépinière: mancavano pochissime rate da pagare per chiudere il contratto. Aveva chiesto supporto anche al generale du Teil, il quale accettò di sostenerlo, proponendogli di riunire tutti i restanti pagamenti in un unico acconto e dopo averci riflettuto il corso aveva pensato che fosse la cosa più giusta da fare.

Non doveva preoccuparsi per lui anche se regnava la confusione, se la cavava e appena avrebbe avuto un’opportunità avrebbe chiesto un lungo congedo per controllare la situazione ad Ajaccio, avendo così modo di rivedere il fratello maggiore dopo tanti anni. La rilesse per l’ennesima volta, la piegò e la sigillò con la ceralacca.

"Spero solo che li mandi il più presto possibile, così potrò congedarmi, non temo per me, ma per la famiglia, quanti nemici saranno nati intorno a loro!" si disse osservando il manoscritto sulla Storia della Corsica che aveva ripreso a scrivere. La Rivoluzione, il suo senso di libertà, il suo patriottismo gli avevano risvegliato quel fortissimo legame con la sua terra, con il suo sangue allontanatosi dalla sua mente, occupata dal dovere.

Il suo animo era, però, dilaniato da una drastica scelta: continuare a servire gli invasori della Corsica, inimicandosi così gran parte della popolazione autoctona, oppure continuare ad essere un fiero paolista pronto a rinnegare l’uniforme, compromettendo la sua posizione nell’esercito? Per il momento era più propenso a seguire la seconda strada, Paoli era il suo punto di riferimento, il suo più grande eroe.

Era cresciuto con i suoi ideali, con le avventure raccontate come leggende che lo avevano reso, in parte, l’ufficiale che era diventato; e allora perché sentiva dentro di sé la tentazione di rinnegarlo? Forse perché aveva imparato a conoscere la natura degli uomini? O forse perché stava vivendo da troppo tempo lontano dalla sua terra d’origine? Afferrò la lettera e corse dal generale du Teil cercando di allontanare quei dubbi che crescevano sempre di più.

- Sottotenente Buonaparte, mattiniero come al vostro solito, buongiorno - esordì l’uomo.

- Buongiorno a voi, generale - ricambiò velocemente il ragazzo. 

- Qual buon vento vi porta da me a quest’ora del mattino? - gli chiese curioso mentre fumava la pipa vicino la finestra.

Napoleone gli puntò la lettera al petto, lo fissò dritto in viso - Ho bisogno di un favore da voi, generale - iniziò - Fate arrivare questa lettera il più velocemente possibile ad Ajaccio, solo voi potete farlo

- Immagino che me lo state chiedendo per quella incresciosa vicenda di cui mi avete parlato tempo fa riguardante la vostra famiglia

- Esattamente, generale - confermò Napoleone.

- Il vostro zelo e la vostra fedeltà quasi patriarcale mi sorprendono sempre più, soprattutto per la vostra età - ammise il generale. Rivolse una fugace occhiata al ragazzo che imperterrito lo fissava e comprese che in quella lettera doveva esserci qualcosa di ancora più importante della pépinière - I convenevoli non fanno per voi, sottotenente, perciò sarà meglio passare ai fatti immediatamente - aggiunse e prese la lettera dalla mano di Napoleone.

6 agosto

- So che vi chiedo molto generale, ma ho bisogno tempestivamente di un congedo - confessò Napoleone dopo giorni di disillusa attesa. Suo fratello Giuseppe gli aveva inviato una lettera in cui gli riferiva che non possedeva il denaro da lui richiesto per la pépinière e che, in qualche modo, avrebbe dovuto continuare ad sbrigarsela da solo. Napoleone aveva reagito alla sua maniera a quella notizia, maledicendo la sua situazione di stallo che gli impediva di agire in maniera tempestiva.

Inoltre, il fratello minore, Luciano di 14 anni, stava mostrando i primi segni di ambizione che preoccupavano non poco Napoleone, il quale temeva di vedere andare in fumo i suoi progetti. Prima di chiedere un congedo aveva, infatti, a lungo riflettuto sui vantaggi che avrebbe ottenuto in Corsica: attraverso alla Rivoluzione avrebbero potuto raggiungere l’indipendenza senza dover aspettare il ritorno di Paoli.

Conosceva a fondo la realtà francese e sfruttando il caos, l’indisciplina, l’anarchia dei nuovi eserciti creati dall’Assemblée non sarebbe stato un grosso problema distruggerli come fossero castelli di carte e ribaltare la situazione a proprio vantaggio. Possedeva le conoscenze militari e politiche sufficienti per migliorare la sua critica condizione da squattrinato ambizioso. La Rivoluzione avrebbe eliminato l’abisso che gli impediva di scalare le vette della gloria, del potere e permesso la fondazione, sull’isola, di una società basata sulla razionalità, sulla meritocrazia, sulla logica proprio come utopicamente avevano ideato i philosophes francesi.

E se suo fratello, lasciandosi trasportare esageratamente dalla turbolenza dei suoi anni, avesse perso di vista il vero spirito rivoluzionario e le preziose occasioni che aveva da offrire, sarebbe stata una vera catastrofe...

- Sottotenente, comprendo bene le vostre preoccupazioni, ma la situazione è drastica e non posso permettere che altri uomini vengano congedati - confessò il generale sospirando debolmente, grattandosi la testa.

Nonostante il 4 agosto fossero stati aboliti i privilegi feudali, per tentare appunto di calmare le sommosse popolari, tali tumulti non si erano spenti, soprattutto dopo che l'Assemblée aveva cercato la mediazione con i proprietari terrieri. Perciò servivano più ufficiali possibili, in special modo uomini dalla tempra vulcanica e implacabile come Napoleone, assai difficili da trovare in quei momenti turbolenti. Un uomo come il giovane corso era fondamentale per il generale du Teil.

Napoleone non era dello stesso avviso, del destino della Francia gli interessava poco o nulla, il suo orizzonte era la Corsica e avrebbe fatto di tutto per tornarci - E allora cosa posso fare? Stare qui ad attendere degli ordini che non arrivano, maledizione! - imprecò il corso lanciando un pugno contro il muro.

- Vi chiedo solo di attendere un altro po’... - mormorò un po' intimorito dall'atteggiamento iracondo del ragazzo.

- È quasi un mese che attendo, vi chiesi più e più volte un congedo breve per i miei meriti, generale, e tutt'ora non l’ho ancora ottenuto - gli rinfacciò Napoleone, cercando di non perdere la calma.

Du Teil abbassò la testa vergognandosi di quella situazione assurda. Non riusciva a mostrare il sangue freddo, la calma con quel ragazzo dalla personalità forte ed energica. Il generale aveva capito che Napoleone non era un tipo che si poteva sottomettere, quando mostrava accondiscendenza e obbedienza, lo faceva solo perché era lui a volersi mostrare così.

- Avete le vostre ragioni, quindi vi propongo un patto - disse dopo un lungo silenzio.

- Ditemi di cosa si tratta - si mise a braccia conserte, pronto ad ascoltarlo.

- Se entro un paio di giorni, due al massimo, non arriva alcun ordine per voi, spedirò tempestivamente al ministro della guerra un congedo

- Ovviamente sarò io a deciderne la durata! - ribadì Napoleone impetuoso.

Du Teil si sentì con le spalle al muro di fronte a quella richiesta che suonava come un vero e proprio ricatto. Per mantenere la parola data, e anche per non sfigurare come uomo d’onore, accettò - Va bene, sottotenente, come volete, anzi vi sarei grato se gentilmente me la diceste

- Forse è un po’ esagerato ma ho calcolato la durata della mia attesa, delle mie 'missioni' - iniziò Napoleone mentre si massaggiava il mento, camminando senza sosta - E penso proprio che 18 mesi possano andare più che bene!

- 18 mesi? - strabuzzò du Teil incredulo - Ma non sono un po’ troppi?

- Avete qualcosa in contrario? - lo fulminò con un’occhiata glaciale e la voce affilata.

- P-per me non ci sono problemi, sottotenente - precisò tremante du Teil, evitando di aumentare l'ira del sottoposto. Anche se giovane, Napoleone possedeva grinta, volontà, entusiasmo; tuttavia, aveva notato un lato irascibile e persino violento del suo carattere, che emergeva prepotentemente se punzecchiato eccessivamente, burlato, o nervoso.

- Bene, allora attendo la conferma tra due giorni esatti, buona giornata - Era riuscito a strappare una mezza promessa al generale, ora sperava solo che quella situazione d’inettitudine, che in casi normali avrebbe mal digerito, durasse per un paio di giorni. Si allontanò con soddisfazione, si diresse nella sua stanza e riprese a scrivere la sua Storia della Corsica.

Il generale si pentì di avergli proposto una cosa simile, ma in fondo con che diritto glielo avrebbe negato? Napoleone aveva svolto per la Nazione un lavoro egregio, che andava contro i suoi principi, contro i suoi ideali. Non aveva preteso mai nulla oltre il necessario, anzi molto spesso rinunciava pure a quello per la sua famiglia; conosceva il valore del sacrificio, della rinuncia, dell’onore per scopi più grandi della misera vita umana. L’unica supplicata richiesta era solamente un congedo per rivedere i suoi affetti più cari che erano presenti nel suo cuore.

"E poi è meglio evitare di farlo adirare, non vorrei che mi diventi ostile, diffidente,  conoscendo le sue straordinarie abilità tattiche e doti abbastanza persuasive, potrebbe rappresentare una minaccia"

8 agosto  

- Come promesso, ecco il vostro congedo per malattia di 18 mesi - esordì affannato il generale prima dell’alba, mentre gli consegnava quel maledetto foglietto che gli aveva privato del sonno per due notti consecutive - È stato più difficile del previsto convincerlo, così ho dovuto evidenziare la pericolosità del vostro male: una lieve ma infettiva forma di polmonite

- Perfetto, appena metterò piede in Corsica vi farò spedire un regolare certificato medico per eliminare ogni sospetto o dubbio - spiegò il corso lanciandogli una fugace, ma intensa occhiata - Conto sul vostro silenzio, e riposatevi un pochino, avete l’aria molto stanca...

Il generale ricambiò il suo sguardo con un sorriso complice e malizioso. La causa dell’insonnia, di quelle due nottate era stato il quasi nauseante motivo di trovare una scusa da utilizzare per far ottenere un congedo così lungo a quel ragazzo, sano come un pesce e resistente come pochi - La vostra attenzione nei miei riguardi mi colma di ammirazione, seguirò volentieri il vostro consiglio - ringraziò il generale con un inchino - Anche voi cercate di riposarvi un po’ durante il viaggio

- Credo proprio che lo farò, grazie - s’inchinò a sua volta Napoleone, iniziò ad incamminarsi, quando il generale gli riferì che aveva noleggiato per lui una carrozza - Arriverete prima al porto di Marsiglia...

Napoleone gli rispose, senza neanche voltarsi - Vi ringrazio, generale, ma se utilizzassi la carrozza desterei insofferenza e disordine nelle campagne, potrebbero assalirmi... - si voltò leggermente, poi alzò la mano e salutandolo aggiunse, poggiando l'altra mano sulla pistola - Sul cavallo è più facile difendersi che su di una carrozza...

Il generale ridacchiò dicendo - Fate come volete allora...

Napoleone ridacchiò a sua volta, gli dedicò una silenziosa occhiata di ringraziamento e si allontanò, mentre si dirigeva verso la sua destinazione, il corso incominciò ad organizzare le migliaia di idee e azioni che aveva intenzione di mettere in pratica una volta tornato sulla sua isola. 

"La prima cosa da fare è senz’altro valutare la situazione sia familiare, sia politica in maniera indiscreta, infatti credo proprio che limiterò moltissimo l’uso dell’uniforme, che potrebbe suscitare astio e onta come già successo in precedenza e poi penserò al da farsi ispezionando gli ambienti più influenti" pensò Napoleone mandando il cavallo al trotto.

Era così immerso nei suoi pensieri da non essersi reso conto del tempo che era passato, alzò la testa, coperta dal bicorno che gli aveva fatto ombra, la sfolgorante luce estiva lo accecò quasi, oltre a creargli un po' di fastidi, soprattutto quando teneva il cervello impegnato, in pratica quasi sempre.

Stava prendendo la strana abitudine di riflettere a lume di candela in quanto riusciva a concentrarsi ed elaborare al meglio pensieri, concetti e idee. Oltre a riprodurre, in parte, quella silenziosa e piacevole oscurità notturna che lo rilassava, che lo faceva sentire a suo agio con la sua ben radicata insonnia.

Il sole accecante di luglio, molto somigliante a quello della sua Ajaccio, gli fece sorgere un'incredibile voglia di trovare un riparo, anche modesto, non appena sarebbe scesa la notte, in cui poter riflettere in tutta serenità e pace. 
  

 

   
 
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