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Autore: Io_amo_Freezer    14/07/2019    1 recensioni
Monkey D. Luffy è un ragazzo di diciannove anni, ma con la testa, troppo, tra le nuvole ed un cuore grande e ricolmo di innocenza. Purtroppo si porta alle spalle un grande segreto e dentro un profondo dolore che continua a tormentarlo senza sosta.
Tornare nella sua città natale gli sembra la cosa migliore per cullarsi nella tranquillità e nella pace, ma lo sarà davvero con quello che sta passando?
E se sulla sua strada incontrasse un gruppo di amici ed uno spadaccino leali e molto speciali? Riusciranno a salvarlo dai suoi incubi? In una città invisibile, lasciata indietro e dimenticata; tra nemici e nuove conoscenze, qui, Luffy si ritroverà ad affrontare un po' di avventure e molte e più distrazioni. Ma il suo sogno lo chiama, riuscirà a liberarsi dai suoi fantasmi per tornare a seguirlo?
Genere: Avventura, Drammatico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: ASL, Donquijote Doflamingo, Monkey D. Rufy, Roronoa Zoro
Note: AU, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Corsi, corsi e corsi a più non posso. Dovevo scappare, potevo farcela.
-E' colpa tua!-
-Solo tua.-
Quelle voci che si alternavano tra l'urlare feroci o sussurrare piano continuavano a tormentarmi, mentre la notte sembrava affittirsi ad ogni mio passo nonostante restassi fermo nello stesso punto, ma poi mi ritrovai di nuovo sulla tangenziale, quella maledetta e tragica tangenziale che prendeva fuoco.
No... Perché?, pensai tra i pianti, guardando accadere l'incidente, ancora e ancora, di nuovo impotente, restando immobile a fissare l'auto prendere fuoco, trafitta dalla trave di cemento del carico del camion che gli era andata incontro ed io urlai per impedirlo, ma non accadde nulla, restai in quell'inferno, tra le fiamme e il cielo che piangeva con me.
 
 
-No! No! No!- urlai tra lo strazio e con una foga piena di disperazione, cercando di correre verso di loro, ma ero immobile, ancora immobile, mi limitavo a contorcermi in mille modi per poter infrangere quella barriera che mi teneva fermo, finché non mi svegliai di colpo, scattando seduto e le coperte che scivolarono veloci fino al busto.
Sbarrai gli occhi con il respiro a mille, e appena compresi che ero in salvo da quel sogno tornai a piangere, fremendo di rabbia e vergogna con i palmi delle mani, non più di sangue, portarti al mio volto per coprirmi gli occhi.
-Luffy. Luffy.- mi chiamò, forse da secoli e non me ne ero nemmeno accorto.
Voltandomi riconobbi Zoro, rendendomi anche contro che mi stava sorreggendo con le braccia per le spalle. Tirai su col naso, strofinandomi un occhio mentre tremavo come una foglia senza volere. Mi studiai attorno, strizzando le palpebre appena le pupille si scontrarono contro la luce delle finestre che mi procurarono più fastidio del solito intanto che capivo di trovarmi ancora nel convitto, ma non ero più in soggiorno bensì mi trovavo nella stanza dei ragazzi, dove, a sinistra, seduto su una sedia al mio fianco, c'era Zoro che mi osservava preoccupato.
-Hai la febbre a 39, è meglio se ti riposi.- disse con ancora una mano sulla mia spalla.
-Non urlare...- borbottai impastato con delle fitte alla testa ed un amaro gusto di nausea su per il naso e per la gola.
-Non sto urlando, e che sei reduce da una bella sbornia.- spiegò il più piano possibile e con un ghigno; forse era fiero di me per la bevuta, o voleva solo incoraggiarmi?, non feci a meno di pensare.
-Ora calmati e cerca di tornare a riposare, era solo un brutto sogno.- cercò di rassicurarmi, gentile.
Negai col capo a quella affermazione, mugugnando e portandomi una mano sulla fronte disperato per poi toccarmi la chioma corvina, non trovando l'oggetto dei miei pensieri tastai la schiena, non facendo caso alla diversa morbidezza del tessuto che indossavo ma a ciò che non c'era, ed allora iniziai a preoccuparmi sul serio. Con una faccia basita ed il cuore in gola mi voltai intorno, riuscendo solo a procurarmi un forte capo giro che mi fece quasi salire un conato di vomito.
-Riposati.- mi fece distendere a forza, Zoro, e solo allora notai che indossavo la sua casacca, anche se mi andava grande ed una manica mi ricadeva un po' dalla spalla perché la mia corporatura era più minuta e sottile della sua, forse sembravo molto gracile da fuori; e osservai che lui fosse a petto nudo mentre lo vidi indicare il comodino alla mia destra dove c'era il mio cappello e mi rassicurai, sentendo un peso in meno al cuore protendendo la mano verso di esso. 
-Sei davvero ostinato.- rise allungandosi sopra di me, prendendomelo e appoggiandolo sul mio petto con delicatezza, sopra le coperte rimboccate.
Ma mentre tornava al suo posto ci fu un attimo involontario in cui i nostri sguardi si scontrarono ed io mi riflettei in quegli occhi smeraldo decisi e pieni di coraggio, assaporando uno strano e forte odore dell'acciaio delle sue spade e un pizzico di sapore dei tatami dove si allenava, stesso odore che mi ritrovavo nella maglia addosso. Sorrisi, lasciandomi cullare dalle coperte, più sicuro con il cappello con me, e osservai il soffitto quando lui tornò a sedersi mentre mi ricordai, come un flash, che era stato lui a reggermi l'altra sera.
-Perché ho la tua maglia?- chiesi rauco, girandomi verso di lui, ma il fatto che mi sentivo davvero uno straccio peggiorava la mia voglia di resistere.
-La tua era fradicia di birra e così te l'abbiamo levata per poterla lavare. Chopper però aveva insistito molto di metterti qualcos'altro addosso visto le tue condizioni, quindi...- spiegò brevemente, ed io annuì continuando a guardarlo, ignorando il mal di testa che mi trapanava il cervello che sembrava esplodere per come pulsasse, poi sentì la porta aprirsi piano con un lieve cigolio ma anche quello, sebbene lieve, mi procurò un dolore atroce a cui non seppi resistere e lasciai sfuggirmi un mugugno.
-Ti sei svegliato finalmente!- esclamò giulivo Usop, senza pensare che potessi soffrire di emicrania in quel momento, seguito anche da tutti gli altri, felici di vedermi sveglio.
-Super!- esultò Frankie, sempre in quella posa, facendomi strizzare gli occhi per il frastuono.
-Shhh! Non devi disturbarlo!- protestò subito il dottore per poi visitarmi con un faccino serio -Apri la bocca.- mi disse poi, ma io cercai di protestare.
-Ma sto bene... davvero.- dissi, ignorando che le mie parole erano flebili quanto una corda di violino, ma che nonostante ciò rimbombavano troppo forte nella mia testa.
-Su, lasciagli fare il suo lavoro.- espose Usop, fiero del suo amico che iniziò a ballare emozionato, muovendo le braccia a destra e a sinistra e facendole sembrare quasi delle ondine.
-Comunque vi chiedo scusa.- borbottai poi, lasciandoli tutti confusi per poi continuare dispiaciuto -Per colpa mia vi ho rovinato la festa.-
-Oh, ma dai! Non farti tutti questi problemi, la cosa importante è che ti rimetta presto così da potermi tornare i soldi persi.- affermò giuliva, Nami, con un sorriso mentre Usop sussurrava "Tirchia."; purtroppo per lui, lei lo aveva sentito.
-E poi la festa è durata fino alle 5:00! Più del previsto!- esultò lo scheletro canterino, danzando su se stesso e suonando, ignorando Chopper che, tornando serio diceva di parlare piano per non farmi soffrire fitte atroci alla testa, passandomi un bicchiere ed una medicina per i postumi della sbornia che funzionò con molta più fretta di quanto mi aspettassi.
Gettai uno sguardo a Zoro restando disteso, che sospirò mentre Robin ridacchiava per tutti quei litigi di stare in silenzio per me, e Sanji volteggiava intorno a quest'ultima con fare romantico. Sorrisi, erano così buffi e simpatici ma tutto tacque quando una suoneria allegra e orecchiabile echeggiò per la stanza. Mi voltai verso il comodino dove era situato il mio telefono e mi apprestai a rispondere.
-Ciao nonno.- salutai con ancora la voce impastata di alcool e sonno mentre tutti si ammutolirono nel comprendere che dall'altro capo del telefono ci fosse niente poco di meno che Monkey D. Garp -Io sto bene.- borbottai tirandomi su e incrociando le gambe, nonostante sapesse esattamente come stessi in realtà e mi chiesi come mai mi avesse telefonato.
-Ho saputo dal tuo manager che non sa dove ti trovi e che ha provato a contattarti, ma niente. Hai cambiato numero e non gli hai fatto sapere niente, eh? Per i fatti tuoi sei furbo.- e si mise a ridere sguaiato, mentre io giocherellavo con l'ala del cappello sulle mie gambe, poi, con tono diverso, aggiunse: -So che non dovrei intromettermi, ma tutto questo distaccamento dalla tua vita non può continuare per sempre, e lo sai. Ti consiglio di riprenderti in fretta, caro nipote. Perché sai che quando il tuo manager ti troverà non ti darà tregua finché non tornerai come prima.- commentò serio.
-Non preoccuparti di questo. Ma tu gli hai detto qualcosa?- borbottai con la gola secca, guardando di sottecchi il sole fuori dalle finestre, ignorando i loro sguardi che non seppi dire se fossero preoccupati o altro, nemmeno sentivano cosa mi diceva il nonno quindi non capivo.
-No, non ho tempo per queste cose.- disse scorbutico come sempre, anche se infondo era bravo -Ci vediamo presto.- salutò ed io ricambiai prima che riattaccasse, per poi tornare a guardarli vacui.
-Ho fame.- dissi con un sorriso per distrarmi, e Sanji si rimboccò le maniche, sempre con la sigaretta spenta in bocca ed un sorriso sicuro, dirigendosi in cucina con Chopper che avrebbe coordinato il mio menù.
-Okay, ma dopo che ti sarai rimesso pretendo i soldi della scommessa.- borbottò d'un tratto Nami recandosi fuori dalla porta -Ehi, Sanji! Vado ad aprire il locale, raggiungimi appena possibile.-
-Anch'io devo andare.- disse Robin, seguita da Frankie e Brook che mi augurarono di riprendermi.
-Riposati.- mi suggerì Usop, chiudendo la porta e lasciandomi lì con Zoro che però si era addormentato sulla sedia, con la bocca semi-aperta. Chinai il capo da un lato, non capivo, mi sentivo così strano nel guardarlo, ma mi piaceva sentirmi così, così confuso con lui.
Sospirai amaramente passandomi il palmo della mano sulla faccia e strofinandola piano contro essa, sperando che in questo modo la stanchezza andasse via. Alla fine tornai a distendermi su quel materasso singolo e morbido, stringendo convulsamente il cappello forte al petto, ma non potevo chiudere gli occhi con la consapevolezza che il terrore mi attendeva proprio dietro l'angolo.
Respirai piano ammirando il paesaggio dalla finestra del quinto piano con qualche albero e alcuni passerotti che volavano tranquilli, aspettando solo il cibo. Guardai il telefono, accorgendomi solo ora che fossero le due di pomeriggio; mugugnai, voltandomi di lato e dando di schiena senza volere allo spadaccino, preferendo restare fermo in posizione fetale e in silenzio per riposarmi da quel dolore al cuore.
 
 
-Ecco a te!- tornarono dopo minuti che parvero ore, con Chopper che esclamò fiero, trasportandomi il cibo aiutato da Sanji, consapevoli dell'enorme buco che avevo al posto dello stomaco. Mi rialzai a fatica con un sorriso mentre adagiarono tutti i piatti, caldi e pieni di proteine, sul materasso, accanto alle mie gambe.
-Grazie!- esclamai entusiasta, iniziando ad abbuffarmi.
-Ottimo. Io ora vado da Nami, a dopo.- mi salutò il cuoco, desideroso solo di raggiungere la ragazza con uno sguardo innamorato dopo essersi acceso la sigaretta che fin'ora si era limitato a tenere fra i denti.
-E tu?- farfugliai curioso e con la bocca piena a Chopper che si era rabbuiato.
-Non vorrei lasciarti solo, ma devo andare anch'io. Il weekend devo sempre andare dalla dottoressa per allenarmi e imparare, e sono anche in ritardo, ma non preoccuparti. Sei in buone mani.- annuì deciso indicando Zoro, sempre dormiente prima di andarsene ma infondo non davo colpe a nessuno di loro; non potevo pretendere che restassero con me quando avevano altri impegni, ed io non volevo nemmeno tutte queste cure.
Mi alzai dal letto, riprendendo il cappello e avvicinandomi alla finestra con le gambe che mi cedevano per la stanchezza e il dolore, doloranti e formicolanti, per non parlare della vista: tutti gli oggetti si sdoppiavano o triplicavano senza motivo. Stringendo i pugni aprì la finestra con più difficoltà del previsto, quella maniglia pesava un macigno. Mi accovacciai sul davanzale, pronto ad allungare un braccio nonostante gli occhi non fossero nelle migliori condizioni, forse l'effetto della medicina non aveva fatto tutto il suo effetto, o forse la colpa ricadeva tutta sulla febbre che la mia fronte, infuocata dimostrava di avere.
-Fermo.- sentì dire in tono di rimprovero dallo spadaccino mentre mi bloccò prendendomi il polso e mi irrigidì ma non gli risposi, cercando solo di liberarmi da quella morsa voltandomi per guardarlo deciso in faccia
-Ascolta, se proprio usa le scale.- mi consigliò con sufficienza ed io non compresi perché non cercasse di fermarmi; sapeva che ero in grado di fare quello che volevo, forse?, pensai.
Senza che io potessi rispondere mi fece scendere giù dal davanzale, ormai non avevo più forze per desistere a nulla. Chinai il capo, nascondendo gli occhi dalle ciocche, e con in mano il mio fidato tesoro ci avviammo fuori dall'appartamento senza fretta, cosa davvero strana per uno come me, ma forse era perché c'era lui e l'idea di non essere del tutto solo mi lasciava come sollevato e appagato: tranquillo.
 
 
-Cosa intendevi l'altra sera, prima di svenire?- mi chiese quando fummo in strada, sopra al marciapiede e con il sole sulle nostre teste che ci ridava le energie con i suoi raggi, anche se per me non ci riuscì abbastanza.
-C... Come?- balbettai debolmente, con gli occhi che si chiudevano senza il mio consenso mentre iniziavo a non restare più in equilibrio e le gambe sembravano intrecciarsi tra loro ad ogni mio passo. Ero davvero sfinito, e non capivo: avevo mangiato!
-Quanto hai detto "Mi dispiace davvero tanto."- spiegò per poi aggiungere -Non penso che chiedevi scusa a noi per il tuo malore, e poi il tuo comportamento...-
Mi strinsi nelle spalle con le mani che sfregavano le braccia per il freddo, e in questo modo, senza rendermene realmente conto, il cappello mi sfuggì dalle mani mentre la mia mente era completamente annebbiata e dolorante, non riuscivo più nemmeno a parlare, o a muovermi senza tremare, e forse mi ero già fermato senza accorgermene. Mi morsi il labbro, con la gola rovente che pizzicava ed io che tremavo tutto, con un enorme macigno sul cuore che mi stava uccidendo.
-Luffy?- mi chiese Zoro, frenando e tornando indietro per raggiungermi, chinandosi alla mia altezza per guardarmi negli occhi nonostante fossero nascosti dai capelli -Va tutto bene.- mi rassicurò pacato con quella voce seria e senza sentimenti, ma i suoi occhi dimostravano tanta dolcezza.
Riprese da terra il mio cappello, mettendomelo in testa dolcemente e prendendomi in braccio ma io non sentivo più niente, non percepivo niente, e non vedevo più per colpa delle lacrime che riempivano i miei occhi.
 
 
Mi aveva messo su un divano, forse quello di casa sua ma poco mi importava. Socchiusi gli occhi, guardandolo tornare con delle coperte però mi feci forza e scossi il capo per alzarmi. Appena in piedi caddi in ginocchio, tenendomi la testa troppo dolente e sentendo il mio stomaco che iniziò a rivoltarsi come un calzino mentre sentivo qualcosa venire su: la nausea. Mi tenni la bocca con ambedue le mani, guardando Zoro in cerca di aiuto che si apprestò a prendermi di nuovo e a portarmi in bagno, conoscendo cosa intendesse quel mio gesto. Si precipitò al gabinetto alzando il coperchio e lasciandomi rimettere tutto quello che avevo dentro, compreso la mia anima, tra conati e tosse, vergognandomi nel sapere che ci fosse lui che mi guardava, forse con una smorfia di disgusto.
 
 
 
Lo guardai un attimo, osservando le sue gote e la fronte arrossate per la febbre, prima di prendergli un asciugamano e bagnandolo con un po' d'acqua calda, aspettando che finisse quel supplizio prima di usarlo.
-Forse non avremmo dovuto andarcene.- commentai serio. Senza pensarci, senza perché, mi tornò in mente quando si rigirava tra le convulsioni nel letto, urlando di paura, e dei miei inutili tentativi di svegliarlo. Scacciai quei pensieri e lo aiutai a rialzarsi, porgendogli l'asciugamano, e mentre si puliva gli toccai la fronte e feci una smorfia.
-La febbre è aumentata ancora di più. Questo non va bene.-
-Non fa niente...- disse lui rauco, con gli occhi sbiaditi.
Sbuffai, grattandomi il capo con un broncio, indeciso su cosa fare, ma poi lo osservai incamminarsi verso la porta come un ubriaco. Abbassai le spalle e lo presi con un braccio da sotto il petto, adagiandolo sulla mia spalla come un sacco di patate con la sua testa che si appoggiò alla mia schiena, con aria irritata, ipotizzai. Ignorai i suoi inutili tentativi di dimenarsi, era davvero troppo debole in quel momento, così lo portai in camera mia, buttandolo con poca grazia sul materasso a due piazze.
-Tu resti qui.- ordinai, osservandolo contorcersi, imbronciato come un bambino viziato e aspettai solo che terminasse le ultime forze prima di abbassare la guardia.
-Aaargh...- gemette di dolore, contorcendosi e stringendosi a palla, fremendo dal freddo.
Lo avvolsi con coperte pesanti e gli accesi lo scalda-sonno, per poi serrare le finestra ma dubitavo che avesse anche solo la forza per muovere un dito, figurarsi quella per scappare. Borbottai tra me nel ripensare stranito alla situazione in cui ero incappato, e ci fissammo per alcuni attimi che parvero istanti infiniti, o forse semplicemente ore. Persi la cognizione del tempo all'interno di quei pozzi neri; all'apparenza, in quel momento, potevano sembrare spenti, senza vita, e con tante atrocità che si portava dietro con troppa difficoltà, però quella era solo la superficie, la scorza. Così provai a scalfire quel luogo di puro terrore, entrandoci dentro e riscoprendo un mondo luccicante di cui nemmeno lui sapeva più l'esistenza, se ne stava dimenticato sempre più, ma quegli occhi, alla fine, dopo aver superato il burrone di paura erano lucenti di speranza e ancora pieni di sogni. Sembrava essersi perso troppo nel buio per ricordarsi di quel posto, quello che aveva segregato a tutti, ma soprattutto a se stesso.
-Dovresti dormire.- consigliai di scatto, non capendo che cosa mi stesse accadendo, perché pensavo a queste cose assurde?
-N... Non posso...- fu l'unica cosa che udì dalle sue labbra fiocche, in un tono sussurrato prima che la suoneria del mio telefono iniziò ad echeggiare, interrompendo quel momento di verità.
Sbuffai indispettito nel risentirla, e con malavoglia presi il telefono dalla tasca, portandolo all'orecchio e rispondendo seccato.
-Cosa? Proprio ora?- domandai sorpreso per poi rivolgere uno sguardo a Luffy che prendeva delle enormi boccate d'aria dalla bocca, guardandomi supino -No, non posso. Sarà per la prossima volta.- e riattaccai senza pensarci due volte.
-Non ti preoccupare... Io sto qui, non vado da nessuna parte.- borbottò esausto e con poco fiato in gola.
Voleva che andassi agli allenamenti, con lui in quelle condizioni?, pensai. Alzai un sopracciglio e negai subito dopo.
-Scordatelo. Stai troppo male, come posso pensare di andarmene e lasciati così!- scattai.
-Ho detto che non andrò via... T-te lo prometto.- balbettò. Dalla sua faccia sembrava stesse per crollare, eppure era ostinato di resistere alla tentazione di chiudere gli occhi.
-Okay...- commentai in uno sbuffo, recandomi in bagno e tornando con una pezza in una mano ed una piccola bacinella piena d'acqua fredda, adagiando quest'ultima sopra al comodino e immergendoci la pezza per poi strizzarla forte. -Ascolta, io vado, ma intanto avviserò Chopper delle tue condizioni, almeno sarò tranquillo sapendo che verrà a visitarti... Per il resto, tornerò presto.- assicurai, mettendogli la pezza sulla fronte torrida e sudata, rimboccandogli l'imbottita oltre alle coperte prima di prendere il borsone dall'armadio e avviarmi all'allenamento, avvisando il coach del mio arrivo imminente, almeno lui sarà felice della notizia.
 
 
 
Rimasi fermo lì, immobile, più per mancanza di forze che per altro. Stare fermo mi era impossibile, non ci riuscivo nemmeno se lo volevo ma in quel momento era il contrario. Desideravo solo restare in quel comodo e caldo giaciglio, peccato che arrivò qualcuno ad infastidirmi: la noia; altra cosa che non sopportavo. Sbuffai, rigirandomi; strizzai gli occhi abbracciandomi con le braccia e lasciando scivolare il mio amato cappello al centro del letto, sapendolo al sicuro, e presi fiato guardando la pezza, ormai quasi asciutta caduta sul materasso che lasciava un'alone grigiastro e umido. Sentivo il caldo invadermi troppo il corpo, così mi tolsi le coperte che erano diventate troppo fastidiose e ingombranti, senza accorgermi che il cappello finì all'interno di esse, per terra, e cercai di prendere la bacinella voglioso di rinfrescarmi con quell'acqua fresca, ma appena allungai il braccio caddi in un oblio senza fine, dove tutto era solo buio e l'unica luce era la via da dove ero entrato senza il mio volere.
 
 
In una stanza fredda mi rigirai con difficoltà verso il basso, avvolto dall'aria che mi infrangeva il volto e i capelli come in una fredda bufera che più mi avvicinavo alla luce più diveniva caldo, un caldo torrido e insopportabile. Alla fine venni sobbalzato in alto per poi cadere forte e di petto verso il suolo bagnato da un lieve livello di acqua sul pavimento corvino. Tossii ripetutamente, cercando di issarmi sulle braccia, ma in un secondo tornai ad essere circondato in un cerchio di fuoco e trasalì, cercando di muovermi veloce per scappare, ma ero di nuovo immobile. Non potevo muovermi e tremai di paura, guardandomi attorno. Lo scenario cambiò, veloce come una trottola, ed io guardai ancora la stessa scena, ma ora era diverso: ero dentro la macchina, con il corpo inerme di Ace tra le braccia che si era proteso per difendermi dalla trave di cemento che era riuscito a scalfire il suo corpo di fuoco, e con Sabo che era morto sullo schianto avuto, riverso contro il parabrezza ormai in frantumi; senza potermi dire niente, senza potermi dire le sue ultime parole che furono solo un gemito fugace, uno rauco e silenzioso come il vento. Invece Ace, alcune parole, tra le mie braccia, le aveva dette. Mi aveva ringraziato, ci aveva ringraziato tutti per averlo amato e si era assicurato che non mi sentissi in colpa, dicendomi che non aveva rimpianti nella sua vita mentre gli imploravo di non morire, di non lasciarmi, tra le urla e le lacrime quando, ormai, non c'era più vita in lui. Poi il carburante iniziò a schizzare gocce fiammanti che finirono sul mio petto, procurandomi quell'amara cicatrice mentre ricordai con quanta foga mi catapultai fuori, rotolando, per non prendere fuoco e finire incenerito, sull'asfalto del cemento gelato, succube di quello spettacolo proprio come me. Osservai inerme la macchina bruciare sotto ai miei occhi impotenti e increduli. Ma mi smossi in fretta, alzandomi per tornare dentro quell'inferno che infuocava vivo come il fuoco più caldo e pericoloso che esistesse. Ma non potevo arrendermi, non potevo perdere anche quello. Desideravo avere i loro corpi per una tomba su cui piangere, dove potermi sfogare e parlare con la consapevolezza che mi sarebbero stati accanto così; per salvarli almeno da quell'incendio; gli è lo dovevo e così feci, reggendoli tra le braccia, tra sangue e cenere.
-N... No.- borbottai con le lacrime agli occhi, guardando svanire come cenere davanti a me ogni cosa, con tutto che prendeva fuoco e il caldo torrido che non mi dava né tregua, né speranza. Ero in trappola, ed ero stato troppo impotente, troppo debole per salvarli. Era colpa mia, era tutta colpa mia.
 
 
Annaspai, sgranando gli occhi, mentre ero di nuovo nella stanza, pieno di sudore e di dolore, con il cuore che esplodeva per i sensi di colpa, e piansi, piansi tra i singhiozzi, cercando di rassicurarmi solo con il pensiero che ero riuscito ad avere i loro corpi, le loro tombe e che non mi avevano lasciato totalmente, sarebbero sempre stati al mio fianco. Ma la ferita della loro perdita era troppo aperta e piansi a squarciagola, sfogandomi contro il mondo e contro la vita, disperato ed esausto da tutto.
 
 
 
Tornai dentro che ormai era notte fonda e avrei dovuto aspettarmelo, gli allenamenti non duravano mai poco, non per me almeno. Osservai Perona in cucina che farfugliava indispettita, forse a conoscenza del mio ospite.
-Tra poco è pronto. Mangi qui, o sopra col tuo amico maleducato?- mi domandò burbera, già sapendo la mia risposta, voltandosi a ispezionarmi, schifata dalla mia tenuta sporca di terra -E' finita l'acqua nelle docce?- mi chiese ironica, con una smorfia, io le sorrisi e negai, non dicendole che se ero così era per non fare più tardi del previsto.
-E passato Chopper?- le chiesi, sapendo che quel giorno era rincasata prima dalle sue uscite tra amiche, e lei si limitò ad annuire.
-Già. Vedi di muoverti, che è tardi.- ordinò tornando dietro ai fornelli, ed io mi recai indifferente a farmi una doccia nel bagno per poi andare in camera, più sicuro della situazione; se fosse stata grave Chopper mi avrebbe avvertito.
-Ehi.- lo salutai con un asciugamano avvolto alla vita, ed un altro che attraversava il retro del collo che usai per sfregare forte i capelli, asciugandoli, intanto, lentamente mi avvicinai al letto, abbandonando il borsone a terra accanto al comodino; mentre avevo lasciato la tenuta tra i vestiti sporchi in bagno.
Gli poggiai una mano sulla fronte, constatando che la febbre, anche se c'era, era scesa rispetto a prima. Ci guardammo, lui mi sorrise ed io mi sentì più sollevato, dirigendomi a prendere i vestiti puliti dall'armadio, tornando in bagno per cambiarmi.
-Visto che resti qui per la notte, vuoi che vada a prenderti dei vestiti?- gli domandai appena tornai da lui dalla stanza accanto, posando meglio il borsone dentro l'armadio.
-No, non preoccuparti.- disse rauco, nascondendo la bocca sotto le coperte che teneva appigliate tra le mani con uno sguardo spento, con le guance e la fronte ancora rosse per l'alta temperatura.
-Che ha detto Chopper?- chiesi, prendendo una sedia e sedendomi vicino a lui.
-Non lo so. Non ho capito niente di quello che ha detto.- borbottò, ridendo con tono ovattato, sempre da sotto le coperte nonostante gli occhi spenti e opachi, quasi stanchi di vivere.
Decisi di mandare un messaggio al dottore, continuando a tenerlo d'occhio, non lo avrei lasciato morire nella depressione. Non sapevo come mai tenessi particolarmente alla sua vita, o come mai ispirasse tanta fiducia ad uno come me che la affidava con molta cautela e calma. Desideravo proteggerlo e lo avrei fatto.
-Vado a prendere da mangiare.- lo avvisai alzandomi e andando in cucina, trovando Perona che aveva già preparato tutto sopra un vassoio.
-Io esco con le mie amiche e resterò a dormire da loro, quindi non aspettarmi.- mi avvisò, alzando il capo come la solita snob che non era, prendendo ombrellino e borsa e uscendo.
Sbuffai con gli occhi al cielo, prendendo il vassoio e salendo le scale, mentre sentì vibrare l'interno della mia tasca. Tenendo il vassoio in una mano risposi, chiedendomi chi mai fosse, però, nel notare il nome sul desktop, sorrisi.
-Ehi, Chopper. Scusa il disturbo, volevo solo sapere di Luffy.- tenni a dire, continuando ad avanzare e ascoltando le condizioni del mio amico che uscivano dalla sua bocca e dal telefono. E sospirai sollevato, mentre aggiunse di aver avvisato anche gli altri, che erano molto in pensiero da ciò che mi sembrò di udire
-Grazie.- e riattaccai entrando e appoggiando il vassoio sul comodino, più sicuro, prendendo il mio piatto di pasta e lui il suo.
-Allora, mi dici il motivo del perché non dormi, o se lo fai sei sempre succube di incubi?- domandai quando finimmo di cenare, tenendo a mente che uno dei motivi della sua febbre fosse la carenza di adeguato sonno e della mancanza di volontà di vivere, o almeno così mi aveva spiegato Chopper.
 
 
 
Ingoiai la forchettata di pasta a fatica a quella frase, quasi strozzandomi e lo osservai con gli occhi stanchi, davvero stanchi.
-I-io non voglio dirtelo..- sussurrai con la gola che pulsava ad ogni mia parola come ad ogni cosa che ingoiavo, tra saliva, cibo e acqua.
-Puoi anche non dirmelo, ma devi dormire. Chopper mi ha avvisato di aver lasciato delle pasticche di sonnifero, oltre alle altre pillole.- ed io annui controvoglia, indicando col dito il cassetto.
-E' tutto lì.- borbottai, allontanando il piatto con ancora del cibo da me con rammarico, e tornando disteso ad ammirare il soffitto i ricordi dei miei sogni in testa si fecero largo in me con pretesto; il terrore che provavo e i loro volti illuminati dalle fiamme, e sentì il cuore pulsare forte, troppo da far male, troppo da ferire.
Socchiusi gli occhi, prendendo respiri a bocca aperta, ascoltando lo strusciare del cassetto da dove prese le medicine per poi, forse, posarle sopra il comodino, richiudendo il tiretto. Mugugnai, con gli occhi che pizzicavano e provai a girarmi, ma venni bloccato da quel gesto appena avvertì il tessuto morbido e fresco della pezza umida sulla fronte. Aprì un occhio, guardandolo operarsi con le istruzioni del foglietto, e risi per la faccia confusa che aveva. Mi rivolse uno sguardo minaccioso, e decisi di restare zitto, trattenendo le risate per le sue smorfie mentre rigirava il foglietto tra le dita.
-Va bene, credo di aver capito.- esclamò dopo un paio di minuti, ed io continuai a fissarlo curioso e mi sembrava che il mio sguardo gli desse come fastidio, così tornai a guardare il soffitto.
-Ma tu dove dormirai?- domandai flebilmente, con le palpebre che mi cedevano dalla dura stanchezza.
-Sul divano, forse.- borbottò, appoggiandosi contro lo schienale a braccia incrociate, rimanendo a scrutarmi per molto, studiando ogni cosa che facevo, finché non si addormentò lì con mia grande sorpresa.
Lo scrutai dal basso, per poi osservare due bicchieri d'acqua che mi aveva preparato prima, entrambi con due diverse medicine che si sciolsero tra mille bollicine. Guardando il liquido diventare leggermente bianco sospirai amaramente, assaporando l'attimo di quel silenzio muto, di quelle ombre che uscivano dalla finestra tra fasci di luce che si muovevano di scatto nella notte, senza darmi il tempo di capire cosa fossero, forse macchine; e a quella pace e a quella tranquillità, anche se non mi si addiceva, pensai che fosse bello poterne godere con lui. Tornai a guardarlo e sorrisi, non ne capivo il perché ma volevo tanto alzarmi solo per mettermi seduto sopra le sue gambe, appollaiandomici per riposarci, con il suo odore ad imperlarmi l'anima, lo stesso che avevo addosso grazie alla sua casacca... Corrugai la fronte stranito, non capivo cosa mi stesse accadendo, ma mi sentivo così felice ad averlo accanto. Decisi di non pensarci più, forse era solo la febbre che mi faceva delirare.
Mugugnai piano, sgranchendomi le braccia, inermi da troppo tempo per poterle muovere senza indolenzimenti e mi sporsi verso l'estremità del letto per prendere il bicchiere con il sonnifero. Feci una smorfia, la mano mi tremava, ma presi comunque uno dei bicchieri e iniziai a sorseggiarlo piano piano.
-Bleah!- esclamai con la lingua di fuori per il saporaccio, osservando poi il liquido amaro e frizzantino con disgusto e con grande titubanza, accorgendomi solo dopo di aver svegliato Zoro che si stropicciò un occhio, esausto.
-Devi berli tutti per forza.- sbadigliò, coprendosi la bocca con una mano e strizzando un occhio, mentre si mise il più comodo possibile, o almeno si mise come la sedia gli permetteva di stare il più possibile sdraiato.
Guardai con rammarico il bicchiere ancora pieno poi anche l'altro e misi il broncio, ignorando le sue parole che, annebbiate dal sonno, cercavano di essere di incitamento e allontanai la medicina da me. Ad un certo punto però mi immobilizzò con un braccio, avvolgendomelo al collo con la sua mano libera che mi aveva portato alla bocca il bicchiere, costringendomi a bere a strozzo, sia quello che l'altro; tutto d'un fiato. Mi ero quasi soffocato e iniziai a tossire, soprattutto per il saporaccio, mentre lui ghignava. Lo guardai con un occhiataccia, dedicandomi poi alle lenzuola, stringendole convulsamente con le mani. Mi era salita una paura improvvisa, temevo davvero tanto. Anche se la medicina mi avrebbe fatto stare bene e l'altra dormire nessuno mi assicurava che mi avrebbe protetto dagli incubi, e forse non mi sarei svegliato per lo shock come al solito. Sentivo già il sonno arrivare con il pretesto di farmi soffrire anche quella sera, mentre collassai disteso, ma con gli occhi lucidi, ancora aperti. Non volevo rivivere quell'incubo, non mi sarei svegliato di mia volontà quella volta, e il sogno sarebbe potuto continuare all'infinito fino a quando non sarebbe finito l'effetto del sonnifero. Avvertii le coperte arrivare fino alla mia gola, venendo ancora rimboccato, e di nuovo la sensazione fresca della pezza e due occhi smeraldo guardarmi sicuri, finché non fu solo buio.
 

 
  
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