Film > Captain America
Segui la storia  |       
Autore: Bloody Wolf    15/07/2019    4 recensioni
SoulMate | AU | Stucky
Aggiungeteci un pizzico di Angst, un pizzico di Hurt/Comfort, un destino legato dal marchio e ne ricaverete qualcosa di semplice quanto complesso.
Dalla storia:
"La sua mano vibrò stringendo quella matita con tutta la sua forza, forza che non bastò nemmeno a spezzare quel fragile pezzo di legno.
-Smettetela.
Steve si mosse camminando e mettendosi alle spalle di quei tre ragazzi di alcuni anni più grandi di lui, mantenne la testa bassa e parlò con tono sofferente.
-Basta… "
Genere: Angst, Sentimentale, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Johann Schmidt/Teschio Rosso, Sam Wilson/Falcon, Steve Rogers, Tony Stark
Note: AU | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

 

Seconda parte [4240 parole]

 

Tornò al presente con uno sbuffo, osservando la figura di Tony tornare a mani vuote dal bar, guardò l’amico con occhi curiosi e quello, una volta vicino a lui seduto al tavolo, parlò.

Hanno avuto un piccolo problema, ci manda il cameriere a portarcele!”

E il cameriere arrivò, dopo un tempo che pareva infinito ma che ne valse la pena, almeno per Stark. Tony non guardò quel giovane in volto ma si fissò su quel marchio tatuato sul polso: un serpente rosso e oro con gli occhi blu.

Steve si ritrovò a guardare la scena con un sorriso emozionato sul volto; il ragazzino cercò di ritrarsi alla presa che Stark aveva allungato su quel braccio, rimanendo incantato di fronte a quella pelle chiara marchiata esattamente come la sua.

Io… Io… mi lasci…”

Stark non fece una piega, si mosse alzandosi la camicia costosa fin sopra al gomito e mostrando in silenzio quello stesso marchio. Il giovane spalancò gli occhi chiari iniziando a fremere quasi boccheggiando un paio di volte di fronte a quel segno palesemente identico a quello che aveva lui sul braccio, la sua espressione di stupore era innocente e bellissima anche per Steve.

Io… non è possibile… la mia anima gemella l’ho giusto incontrata un paio di settimane fa e lavora in un centro di ricerca...”

Stark sorrise malizioso e per nulla spaventato da quell’affermazione, si sporse avvicinando il volto a quello del giovane cameriere prima di tornare a parlare con un tono deciso.

Che ne dici se ci incontriamo tutti e tre? Non vorrei dividerti con nessuno ma...”

Steve si schiarì la gola facendo trasalire il giovane che arrossì di colpo, imbarazzato da quella confidenza, ma sorrise immediatamente verso Tony con occhi pregni di innocenza e di dolcezza.

Steve notò lo sguardo di Tony che, se prima sembrava un grosso pavone che mostrava la coda colorata, ora, dopo quel singolo sorriso spontaneo, pareva essere diventato un cagnolino adorante e protettivo.

Vai.”

La voce di Steve interruppe l’atmosfera obbligando Tony a guardare quell’amico con fare interrogativo, spaesato e forse spaventato da quella nuova situazione; il biondo sapeva quanto l’amico temesse le relazioni a lungo termine ma se le chiamavano Anime Gemelle doveva per forza esserci un motivo e Steve ci credeva ancora, voleva crederci nonostante il suo passato difficile.


Era rimasto da solo con quella birra amara ma fresca, in quel pub faceva maledettamente caldo così si decise ad uscire da lì; indossò la giacca in pelle ed afferrò la bevanda tra le dita avvertendo quella frescura risalirgli dalla punta delle dita convincendolo maggiormente ad uscire all’aria aperta.

Evitò la gente, si fece strada quasi spingendo per riuscire ad arrivare alla porta, ma si scontrò con qualcuno, qualcuno che non riconobbe subito per via di quelle luci stroboscopiche e quella semi oscurità, qualcuno che riconobbe solo quando quello si girò a chiedere scusa bloccandosi sul posto nell’incrociare quegli occhi.

L’altro si fermò, fissandogli prima addosso uno sguardo assassino, che si trasformò in un sorriso divertito quando lo riconobbe, incrociò le braccia al petto ed inarcò l’angolo delle labbra verso l’alto: era l’autista che avevano urtato durante quei giorni, in quella mattinata assurda.

Tu sei James.”

 

Lo sguardo dell’uomo però era stato catturato dal petto lasciato scoperto quasi del tutto del biondo, il loro scontro aveva permesso a quella leggera camicia di spostarsi e di mostrare quel marchio; gli occhi di Steve si spostarono lentamente in basso seguendo lo sguardo dell’altro uomo mentre sul suo volto si delineò un’espressione di sofferenza, quasi che si sentisse in colpa per quell’espressione meravigliata dalla vista di quel marchio.

Cercò di parlare ma la voce gli si bloccò in gola e che si seccò ulteriormente quando si ritrovò ad osservare quell’uomo con calma in quelle mezze luci che rendevano tutto più misterioso; James aveva i capelli neri raccolti in una coda lasciata morbida, aveva un leggero strato di eyeliner nero che gli circondava gli occhi ed era vestito con pantaloni scuri ed attillati che gli fasciavano le gambe in maniera perfetta, uniti ad una camicia anch’essa nera con le maniche ordinatamente arrotolate fin sopra al gomito. Aveva muscoli che parevano usciti da qualche film di super eroi ed era… sembrava, nella sua mente, uno di quegli attori di qualche film in cui il protagonista era il classico bello e dannato.

Steve si ritrovò a guardare quell’uomo negli occhi notando come quelle iridi si spalancassero puntandosi alle proprie spalle; un susseguirsi di colpi di pistola si levò in aria poco prima che il corpo di James atterrasse il suo, proteggendolo da quei proiettili vaganti.

Lo aveva fatto per proteggerlo, si era mosso per difenderlo da qualcosa che lui non poteva vedere...

Le loro orecchie sibilavano infastidite da quel susseguirsi di rumori sordi e insopportabili a così breve distanza, i loro corpi erano a terra, inermi ma sani mentre attorno a loro l’intero locale sembrava essersi zittito dalla musica ed essersi riempito di urla e di strilli impauriti.

Il moro era a cavalcioni di Steve, le ginocchia puntate a terra e i volti vicini, si guardarono e, semplicemente si ritrovò ad annuirgli mentre osservava il sorriso che, quasi divertito dalla situazione in cui erano finiti, si mostrava sul volto di James. Lo osservò rotolare con maestria verso l’uomo che, armato e con una maschera, gli era più vicino, lo disarmò velocemente con un calcio prima di renderlo inoffensivo con un ginocchio piantato alla bocca dello stomaco e passare direttamente al secondo e al terzo uomo colpendoli ripetutamente con colpi abili e precisi.

Steve notò un uomo armato e, una volta in piedi si ritrovò ad atterrare con un pugno in pieno viso uno di quei malviventi che avevano appena provato a farlo stendere a terra, gli avevano dato un ordine e lui lo aveva ignorato, aveva semplicemente guardato quell’uomo che stava lottando, imitandolo.

Un colpo di pistola lo distrasse, obbligandolo a seguire la direzione della canna della pistola, il suo cuore si fermò nel notare che quel proiettile aveva colpito di striscio il moro. Lo vide a terra, fece per muoversi ma lo vide tirarsi in piedi con un colpo di reni e avvicinarsi furioso all’uomo che lo aveva colpito disarmandolo e colpendolo alla testa con il calcio dell’arma con crudeltà prima di stringere i pugni e digrignare i denti per quel dolore che si era diffuso velocemente nelle sue vene, Steve si mosse stanco di starsene lì ad osservare i movimenti scattanti e precisi dell’altro.

Steve notò un altro uomo armato che si stava avvicinando a James, scattò passando di fianco al moro e colpendo lo stomaco di quel malintenzionato, lo mandò a terra facendogli sputare sangue e bile.

Attorno a loro il caos si stava mostrando con prepotenza, la gente urlava, spingeva e si accalcava per allontanarsi dall’uscita principale , lì dove si trovavano loro e dove quei malintenzionati avevano maggiormente colpito.

Non potevano essere così pochi in un pub così grande, Steve guardò James e parlò con un leggero sorriso impresso sul volto, trovando sul volto dell’altro, un sorrisetto complice e divertito da quella situazione.

Posso andare avanti tutta la notte...”

Steve si ritrovò ad ascoltare l’arrivo della polizia, le volanti stavano arrivando a sirene spianate per intervenire in quella sparatoria; si voltò giusto in tempo per afferrare il corpo di James che aveva ceduto per la troppa pressione che aveva accumulato su quella gamba ferita, lo sguardo prima determinato e freddo era ora speziato di sofferenza e di… sollievo?

Le sue mani si erano artigliate a quel corpo come se gli fosse famigliare, era strano toccare qualcuno che non si era mai toccato e percepirne una familiarità così… intima?

Quel ragazzo era un controsenso nella sua testa, chi diavolo poteva considerare quella presa una specie di sollievo? Nel suo cervello però qualcosa gli diceva che era giusto così, che quel sollievo era dedicato a quella sua presenza e alle proprie mani sul suo corpo… arrossì confuso da quei pensieri ma poteva accettarlo, ne era certo, avrebbe cercato di capirlo al meglio.

Quindi sei tu la mia sfortunata anima gemella, non potevo chiedere niente di meglio se non qualcuno che mi aiuta nelle scazzottate.”

I due si guardarono ed iniziarono a sorridersi dolcemente a quella battuta così innocente ma che racchiudeva dentro di sé un mondo più grande, il dolore della ferita era stato messo in secondo piano e la voce dalla bocca di James era uscita divertita e per nulla rabbiosa.

Jerk.”[1]

Steve lo aiutò a sedersi su una panca lì vicino, gli allungò un braccio sulle spalle sorreggendolo con dolcezza per poi togliersi la giacca in pelle, lanciarla a terra per potersi togliere anche la camicia rapidamente, senza levare gli occhi dalla ferita da cui fuoriusciva un rivolo di sangue, appallottonò quel vestito con noncuranza e lo poggiò sulla ferita.

Ci siamo appena conosciuti e già ti spogli per me? Mi piace come stanno andando le cose...”

Steve arrossì di colpo, rendendosi conto solo in quel momento di ciò che stava facendo innocentemente per tamponare quel foro con la propria camicia mentre i primi paramedici erano giunti anche da loro dopo che la polizia aveva bloccato quei criminali con velocità e professionalità.

Mi dispiace, lei deve rimanere qui.”

Gli disse l’infermiera fermamente, guardandolo dritto in faccia. Steve abbassò lo sguardo lasciando spazio alla donna che stava trafficando con bende per poter caricare James in ambulanza. Steve non voleva perderlo nuovamente, non ora che lo aveva finalmente trovato ed era certo che fosse lui; la sua mente non voleva lasciarlo andare ma la sua testa annuì, consapevole che non era nulla per James oltre che un segno marchiato sulla pelle.

È il mio compagno, può venire con me in ospedale se proprio devo andarci…”

Steve era stato riscosso dai propri pensieri da quel tono di voce basso, il moro doveva avere un particolare odio per gli ospedali e Steve lo capì, l’aveva visto afferrare la povera donna per un braccio e le aveva parlato con quel tono inappropriato.

Ha una pallottola in una gamba e anche se sembra che non abbia intaccato nessuna vena importante, dobbiamo comunque disinfettare e assicurarci che non ci siano schegge di alcun genere, quindi sì, deve salire con noi sull’ambulanza e lei se vuole venire con noi allora può venire...”

La donna aveva parlato chiaro, abituata evidentemente a questi atteggiamenti, e Steve si era avvicinato a James, a quello sconosciuto che però gli sembrava da conoscere da sempre; gli poggiò una mano sulla spalla del marchio e gli sorrise notando come i muscoli di lui si rilassassero lasciando andare il braccio della povera donna.

Ehi, James, sono qui con te.”

Il biondo ricercò lo sguardo dell’altro, gli sorrise attendendo l’ambulanza e, senza nemmeno pensarci due volte, parlò lasciando che la propria mano andasse ad afferrare l’avambraccio del moro.

Bucky, mia madre mi chiamava così… puoi chiamarmi Bucky.”

Steve arrossì prima di sorridere felice, dentro di sé era ancora agitato per tutto ciò che era appena accaduto, era tutto così confuso ma era conscio che in fondo si era ritrovato a fare quello che aveva sempre voluto fare, quello che durante quei giorni avversi nel periodo militare lo faceva continuare a sudare: proteggere gli innocenti.

Per una volta non era stato solo in quella crociata e Bucky lo aveva preceduto, aveva anticipato le sue mosse come se fossero davvero due anime divise che sapevano perfettamente di appartenere all’altra.

Non era certo del perché avesse detto quelle parole, perché proprio quel “sono qui con te” ma nel suo cuore gli pareva che quella fosse l’unica frase adatta.

Bucky… penso che continuerò a chiamarti anche Jerk.”

 

Eccole, questi sono gli effetti personali del signor Barnes.”

Steve sorrise alla dottoressa e afferrò la busta, ringraziando e chiedendo maggiori informazioni sulla sua anima gemella.

Era strano pensare a quel sottile ed inesistente filo che li univa, erano due sconosciuti, due persone che non si erano mai nemmeno parlate eppure qualcosa, al di sopra di loro, li aveva legati assieme. C’era stato un tempo, prima di fare il militare, in cui Steve aveva pensato che tutta quella storia della persona predestinata fosse una forzatura, un obbligo a stare insieme, una privazione della propria libertà ma con il tempo aveva cambiato pensiero; si era trovato a guardare amici e colleghi trovare quella persona ed innamorarsene follemente.

Non li aveva mai capiti, aveva passato anni a guardare i loro volti sorridenti e felici, incapace di pensare che tutto quello fosse una finzione o una limitazione, doveva essere tutto vero.

Da quando aveva visto quello stesso simbolo sul corpo dell’altro, aveva capito cosa era quel pizzicore che invadeva l’anima di chi aveva incontrato l’altra parte di sé, quel leggero scintillio che accompagnava la loro giornata.

Era meravigliosa quella sensazione perché inconsapevolmente sapeva di appartenere a Bucky e nello stesso modo avvertiva di appartenergli.

Non lo tratterremo qui questa notte, abbiamo bisogno di letti e sarà libero di andare non appena vi verranno portate le stampelle. È una ferita leggera, il proiettile ha solo sfiorato la carne, nemmeno troppo in profondità per la verità, quindi in circa due settimane, a patto di tenere la ferita pulita e medicata, tornerà come nuovo.”

La suoneria del cellulare nella busta lo distrasse e si ritrovò a cercarlo in quel marasma di roba non sua, lo afferrò bloccandosi però dal rispondere, consapevole che quello non fosse il suo telefono e che, effettivamente, non avesse nessun diritto di invadere la sua privacy.

Cercò la brandina in cui era steso e si ritrovò a sorridere nel vederlo già seduto sul lettino con stampata in volto un’espressione omicida in direzione delle povere infermiere che cercavano invano di farlo stendere.

Se oppone resistenza dovremo sedarla signor Barnes, la zona dove il proiettile l’ha ferita le è stata addormentata quindi potrebbe non avere molta sensibilità alla zona ma, se ha pazienza, nell’arco di un’oretta al massimo dovrebbe tornare tutto nella norma.”

Steve si avvicinò, sorridendo dolcemente all’uomo che, vedendolo, smise di opporre resistenza e si lasciò cadere sul lettino incrociando le braccia al petto, nella sua testa gli sembrava di vedere, in quella posa così infantile, il broncio di un adorabile bambino. C’era qualcosa che spaventava Bucky, notò Steve, era come se qualcosa lo stesse obbligando a combattere il restare in quell’ambiente a lui ostile.

Bucky il tuo telefono suonava.”

 

Gli passò il telefono scontrandosi con quegli occhi chiari e sorridendogli, si sedette su una sedia lì vicina mentre le infermiere se ne andavano, distrutte da quel paziente che aveva cercato di andarsene più volte.

Steve non sapeva nulla di quella sua anima gemella ma più ci aveva a che fare e più voleva stargli vicino, perché anche senza averlo sentito dalle labbra dell’altro, percepiva che sotto quella corazza da cattivo ragazzo, c’era un passato probabilmente più doloroso del suo.

Guardò lo schermo del proprio cellulare notando che, dal momento della sparatoria, erano passate si e no due ore; i paramedici avevano detto che non c’erano stati morti e, oltre ad un paio di lievi feriti, Bucky era forse il ferito più grave.

Li avevano salvati in fondo, se non fossero intervenuti con quel loro modo così stupido e impulsivo ci sarebbero stati di sicuro alcuni feriti più gravi, potevano dire di aver salvato delle vite umane e la sensazione a Steve piaceva… tantissimo.

Steve compose un numero che conosceva a memoria prima di far partire la chiamata, improvvisamente l’adrenalina che lo aveva accompagnato fino a quel punto si trasformò in paura ricordandosi di quegli amici con cui era andato al pub. La sua anima gemella gli aveva offuscato la vista, non era esistito null’altro se non lui e se da un lato era una considerazione malata, dall’altra gli sembrava giusta come poche altre cose in quella vita fatta di sofferenza.

-Ehi Steve tutto bene? Ho visto al notiziario dell’incidente al pub ma io ero già a casa di Parker e di Loki quando è successo, non riuscivo a contattarti!

Steve tirò un profondo respiro di sollievo nel sentire quella voce, Tony era preoccupato per lui ma lo nascondeva con abilità, quella semplice considerazione lo fece sorridere e si ritrovò ad annuire più a se stesso che ad altri per poi chiudere gli occhi spiegando frettolosamente quello che era accaduto all’amico così da chiudere velocemente la conversazione e chiamare immediatamente Barton che gli rispose solo dopo il quinto squillo.

-Rogers! Dimmi che non eri uno di quei folli che hanno combattuto!

Il biondo si lasciò scappare l’ennesimo sorriso a quell’affermazione prima di leccarsi un labbro ed espirare un po' di aria che nemmeno si era accorto di aver trattenuto per quei cinque infiniti squilli.

-Sam è qui con me, anche lui sta bene… Cap, dove sei?

Cap… Barton lo appellava spesso in quel modo, quasi fosse sempre quello che aveva la risposta pronta, quello che aveva sempre un asso nella manica e su cui i suoi amici facevano sempre affidamento, quasi fosse il capitano di quella banda di sbandati… era un fardello che, per loro, era disposto a portare.

Sto bene, ragazzi, ho accompagnato una persona in ospedale ma sto bene e sì ero uno di quelli che si è lanciato nella mischia. Ci vediamo domattina al lavoro.”

Non gli lasciò il tempo di parlare che chiuse la telefonata con un sorriso dolce stampato sulle labbra accorgendosi, solo in quel momento, che Bucky era al telefono e aveva un’aria stanca, provata da quegli ultimi eventi.

No, se mi lasciano andare vado a casa in taxi, tranquillo Peter.”

Steve si scontrò con lo sguardo chiaro di Bucky, lo sostenne per alcuni secondi perdendosi in quell’azzurro prima di arrossire e spostare i propri occhi sul comodino che aveva di fianco trovandolo improvvisamente interessante ed innocuo. Si passò una mano sul retro del collo in un gesto che compiva spesso quando era sotto stress e poi riportò, quasi guidato da un istinto primitivo, i propri occhi sul volto sorridente di Bucky che lo stava osservando con una scintilla di malizia e di soddisfazione, quasi che gli piacesse ciò che vedeva.

Devo dire che i nostri primi incontri sono stati un po' burrascosi, che ne dici di riprovarci?”

Steve si ritrovò a guardare quel volto sorridente, si perse nella bellezza di quei lineamenti divertiti ma stremati, annuì abbassando lo sguardo su quel corpo coperto soltanto da quell’orribile camicia verdina.

Se io ti dessi il mio numero di telefono, biondino, mi chiameresti oppure dovrei venire in ditta dove lavori per recuperarti?”

Alzò le spalle fingendo di fare il vago, quell’uomo aveva un modo di fare che sapeva incantarlo, non era un pallone gonfiato come Tony e non era cinico come Barton, era diverso da ciò a cui era abituato e lo era in un modo che pareva perfetto per fare colpo sulla sua mente.

Devi riposare, non hai bisogno di sentirmi.”

Lo disse seriamente preoccupato accorgendosi solo una volta chiusa la bocca della gaffe che aveva fatto, portò le mani avanti spalancando la bocca alla ricerca di aria.

Non intendevo dire che non voglio sentirti ma che non voglio che tu ti affatichi troppo!”

Bucky sbatté gli occhi un paio di volte prima di rispondere a quel giovane con un lieve risata cristallina e sincera; spostò lo sguardo sull’infermiera che gli si avvicinava con le stampelle e si voltò a parlare a Steve.

Vuoi farmi morire di noia allora, niente male come inizio.”

La donna gli fece firmare le carte per la dimissione e lo aiutò, nonostante il leggero ringhio che uscì dalla bocca di Bucky, a tirarsi in piedi per regolare l’altezza delle stampelle.

La dimettiamo, si rivesta e ci vediamo tra due giorni per la prima medicazione.”

Steve osservò la scena annuendo alla donna che, dopo avergli sorriso pacata, se ne andò chiudendosi la porta alle spalle con un lieve click a lasciarli soli in quella stanza. Il biondo si alzò dalla sua comoda seduta e, una volta afferrata la busta con gli abiti, iniziò a rimuoverli dalla plastica e ad appoggiarli con cura sul lettino di fianco a lui.

Girò il capo pronto a parlare con Bucky, pronto a lasciarlo solo per permettergli di vestirsi ma si ritrovò a vederlo nudo se non per quella fasciatura candida che ricopriva per intero la coscia. I suoi pensieri che aveva formulato nel pub prima di tutto quel casino erano veri, il corpo del moro sembrava quello di un adone greco con vari tatuaggi sul corpo, spettacolare.

Steve non riusciva a capire se in quella stanza ci fosse davvero così caldo o se fosse lui ad avere così tanto caldo, era certo di avere le gote in fiamme ma nel complesso si sentiva andare a fuoco; distolse lo sguardo dal corpo tonico dell’altro passandogli, al suo allungare una mano in sua direzione, i pantaloni che gli infermieri gli avevano gentilmente regalato.

Vestiti.”

Il biondo si ritrovò a sussurrare quella parola notando come sul volto di Bucky si fossero create delle piccole fossette vicino alle guance, era compiaciuto dalla sua reazione e Steve era quasi certo che l’avesse fatto di proposito...

Le mani di Bucky sembravano accarezzare la pelle accaldata e Steve si ritrovò a negare con il capo e a mordersi un labbro ridacchiando, gli passò anche la camicia e i loro sguardi si incatenarono mentre ogni singolo bottone con calma scivolava con lentezza nella sua asola.

Quell’uomo era un concentrato di puro erotismo e di malizia, era sempre stato bravo a contenersi ma lì, con quell’uomo che sembrava fare di tutto per averlo per sé gli risultava, per la prima volta nella sua vita, difficile così spostò lo sguardo fissandosi sui vari oggetti inanimati in quella stanza.

Mi accompagni in strada a prendere un taxi?”

Steve riportò lo sguardo su quel corpo, finalmente rivestito, con il volto in fiamme e i suoi istinti più bassi risvegliati da quel corpo scolpito, si schiarì la voce, annuendo a quella proposta e prendendo la direzione della porta, aprendola e aspettando l’altro con le gote ancora arrossate.

Andiamo, Jerk.”

Bucky si alzò dal lettino sorridendo malizioso, prese subito confidenza con quelle stampelle che, era certo, avrebbe lanciato da qualche parte una volta entrato in casa propria.


Erano scesi con l’ascensore e il moro si era morso il labbro inferiore divertito da quella situazione, Steve si era agitato per quella visione, erano usciti dall’atrio con passo lento decidendo di aspettare il taxi appoggiati ai piccoli blocchi di cemento lì vicino. Avevano iniziato a parlare del più e del meno: erano partiti dal lavoro di Steve fino a parlare di un signore che era appena passato davanti a loro con un cane minuscolo di fronte a loro; erano tutti e due sorridenti quando Bucky vide il proprio taxi rallentare e fermarsi di fronte a loro con calma. Camminò fino ad esso ed aprì lo sportello chiedendo un attimo di pazienza al conducente sorridendogli prima di tornare da Steve per rubargli dalle mani il cellulare.

Fatti sentire.”

Gli disse ripassandogli il cellulare con il proprio numero scritto sullo schermo, rimanendo a fissare quegli occhi chiari mentre le loro mani si toccavano e si sfioravano come se fossero due ballerini prima di un balletto difficile, Bucky fece due passi indietro con quelle stampelle, gli diede le spalle e continuò verso il mezzo che lo avrebbe riportato a casa.

Si fermò, ritrovandosi a scuotere il capo verso il cielo in una muta richiesta di sostegno.

Steve aveva afferrato il proprio telefono, distratto dalle spalle larghe dell’altro che camminava verso il taxi, guardò quel numero con interesse e meraviglia, quel James “Bucky” Barnes voleva rimanere in contatto con lui e ciò era, già di per sé, una vittoria. Salvò con cura il numero in rubrica, con la folle paura di perderlo e di perdere quella maledetta possibilità con la sua metà.

Alzò lo sguardo come ipnotizzato ritrovandosi a guardare quegli occhi che, anche da lontano, erano colmi di un’emozione pura e abbagliante: era quasi come specchiarsi in una pozza d’acqua limpida, era impossibile riuscire a non metterci dentro le mani per percepirla con certezza.

Al diavolo.”

Il moro tornò indietro con un paio di passi allungati da quelle stampelle, lasciò che cadessero a terra per poter afferrare il volto del biondo ed unire le loro labbra in un bacio fatto di istinto, labbra e denti.

Steve si ritrovò a reagire d’istinto di fronte a quell’aggressione fisica, lo aveva visto mentre gli andava incontro, aveva fatto qualche passo e se lo era ritrovato tra le braccia, lasciando che le proprie mani afferrassero i fianchi stagni dell’uomo, socchiudendo gli occhi per godersi quell’accozzaglia di saliva e di passione.

Avevano il fiato corto quando si staccarono, i loro nasi si sfioravano e i loro respiri si univano così come i loro occhi che ora si rispecchiarono nei gemelli con passione.

Prendilo come un incentivo per richiamarmi…”

Bucky si allontanò di poco da quelle labbra ma Steve lo seguì, impedendogli di scappare e ritrovandosi ancora a condividere quelle sensazioni e quel calore che si annidava in basso nel suo addome.

Una delle due mani di Steve scivolò lungo il ventre, sfiorando poi il braccio tatuato, riscoprendolo leggermente ruvido in alcune parti, seguì quelle linee improvvisate che risalivano sotto a quell’inchiostro per finire a sfiorare il volto sbarbato del moro. Cicatrici ecco cosa erano quelle linee al di sotto del tatuaggio.

Se questa è la conferma che mi richiamerai, mi piace come conferma.”

La voce canzonatoria e divertita di Bucky ruppe quel lieve momento facendoli ridacchiare allegri e per nulla imbarazzati da quel loro primo e bisognoso bacio, da quel loro primo scambio di effusioni.

Jerk.”

[1] Jerk = Non ho voluto tradurlo perché in inglese mi risultava un po' più carino da fargli pronunciare e comunque significa cretino.



 

Fatemi sapere cosa ne pensate <3 
Ciaoooooooooo

 
   
 
Leggi le 4 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Film > Captain America / Vai alla pagina dell'autore: Bloody Wolf