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Autore: HermioneJeanGranger97    15/07/2019    1 recensioni
"Vi starete chiedendo chi io sia, bene è la stessa domanda che mi pongo io da quando sono qui."
Questa è la storia di come l'amore possa distruggerti e salvarti.
Di come l'amicizia non sia solo un legame di conoscenza.
Di come le persone migliori possono diventare le peggiori e viceversa.
L'importante è non mollare mai, perché nella vita Never Say Never (mai dire mai).
Genere: Drammatico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Albus Severus Potter, Nuovo personaggio, Rose Weasley, Scorpius Malfoy | Coppie: Rose/Scorpius
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nuova generazione
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Capitolo 43


Pov Scorpius

Una volta tornato ad Hogwarts non ero riuscito a fare altro che rinchiudermi dentro la Stanza delle Necessità.
Baciarla è stata la cosa più stupida che potessi fare, dato che adesso il dolore e la sua mancanza sembravano ancora più forti.
Ma non avevo resistito. Lei ha ricordato qualcosa di noi, di come, se ci pensiamo bene, tutta questa storia iniziò, La scommessa, e ne parlava con un sorriso sulle labbra e probabilmente non si rendeva neanche conto di guardarmi nello stesso modo in cui faceva la vecchia Rose.
Perciò per quanto mi riguarda, ad un certo punto, non ho più pensato di ritrovarmi con la Rose alla quale avevano strappato via tutto, ma mi ritrovavo con la mia Rose, la rossa per eccellenza.
E fa male pensare che lei sappia di noi, mi fa male pensare che lei senta e percepisca cosa siamo insieme, ma, rinchiusa lì dentro, non possa fare altro che aspettare che le ritorni la memoria. Mi fa male pensare che lei per quanto percepisca il legame forte che ci unisce, alla fine di noi e di quello che siamo non si ricorda niente di niente.
Non ha ricordo alcuno a cui aggrapparsi, a differenza mia che ne ho fin troppi.
Ecco perché mi rifugio qui dentro, sdraiato sul divano bordeaux ad occhi chiusi, con il caminetto accesso, le cui flebili fiamme non possono che farmi tornare in mente come esse danzassero così bene sul suo viso, di come la illuminassero.
Non posso fare a meno di ricordare di come ci siamo baciati per la prima vera volta, di come sentire le sue labbra sulle mie mi facesse sentire così bene.
Non posso non ricordare di come i suoi occhi si accesero poco prima che buttasse all’aria la paura che le trasmettevo e mi si lanciasse addosso, con impeto e voglia di me, la stessa che avevo io.
La volta in cui l’abbracciai così forte e decisi che ci sarei rimasto così per sempre, avvolto nel profumo della sua pelle e la forza delle sue braccia. Ed è stato proprio in quell’abbraccio che capii quanto cazzo ne fossi innamorato. Per davvero. Di quanto quella focosa attrazione che provavo per lei, si fosse trasformata in qualcosa di più profondo e viscerale.
E la volta in cui facemmo l’amore? Si, perché con lei non ho mai pensato di fare solo del semplice sesso, di una semplice unione carnale. No, con lei ho fatto l’amore quello vero.
Quello che speri non finisca mai, dove ti prendi ogni secondo per assaporare ogni centimetro di pelle, dove i baci sembrano sempre troppo pochi, dove le mani non riescono a fare altro che stringersi sempre più forte, dove il cuore batte talmente tanto veloce che pensi di morirci lì, tra le sue braccia. Il cervello non sembra neanche funzionare più, perché in quei momenti fai parlare solo il cuore e lo stomaco, l’impulso e la voglia, fai parlare solo l’amore. E nel momento in cui il mio corpo si unì al suo, ho creduto davvero di trovarmi in paradiso.
Ma, nonostante quello che provassi io, in quel momento non riuscii a fare altro che a preoccuparmi di come si sentisse lei, se le facesse male, se le piacesse stare con me, volevo solo che la sua prima volta fosse speciale ed unica.
Questo penso sia l’amore, mettere prima il bene dell’altro. E in quel momento, per quanto volessi solo sentirla mia più velocemente possibile e sempre più nel profondo, non riuscivo a fare altro che pensare a lei e a quello che aveva deciso di donare solo a me.
E speravo con tutto me stesso, che per tutta la vita, lo volesse fare solo ed esclusivamente con me.
Sì, sono giovane, avete ragione, ma non esisterà al mondo nessuna come Rose, non esisterà al mondo qualcuna che riuscirà a farmi sentire come fa lei, come riesca a farmi sentire semplicemente Scorpius.

-Rose. Volevo solo che sapessi quanto ti amo-

Le dissi con fare semplice, senza smettere di guardarla negli occhi. Volevo che lei non lo sentisse solo con le orecchie, ma che me lo leggesse in faccia.

-Perché piangi?- le chiesi poi, quando l’unica risposta che ottenni furono lacrime che scendevano dai suoi occhi.

-Perché ti amo anche io Scorpius Hyperion Malfoy, con tutta me stessa-

E fu in quel momento che mi sentii l’uomo più fortunato al mondo. Glielo leggevo in faccia, nella stessa maniera in cui lei poteva farlo con me. Eravamo l’uno lo specchio dell’altro.
Ed è proprio questo il momento in cui due lacrime scendono dai miei occhi. Sono in questi attimi di ricordi che il dolore si fa più intenso e decidere di baciarla, non ha fatto altro che aumentare la sofferenza e il male nel cuore che sto provando.
Non ha fatto altro che incrementare la voglia di averla di nuovo di fianco a me, magari qui, stretti l’uno all’altro, con la luce del camino ad illuminarci la pelle sotto le nostre dita. La voglia di baciarla fino a consumare ogni centimetro di labbra, di guardarla negli occhi e leggere quanto anche lei mi voglia. Di stringerla e sentirla mia, dieci, venti, mille volte, fino a non aver più fiato.
E avrei probabilmente iniziato a singhiozzare, se non avessi percepito il rumore della porta aprirsi.
Scatto sull’attenti e punto lo sguardo sulla porta della Stanza delle Necessità, spalancata e con nessuno dietro di essa.
Giro veloce lo sguardo sul resto della stanza e di nuovo non riesco a vedere nessuno.
Bacchetta alla mano, mi dirigo piano verso l’uscita, senza smettere di lanciare sguardi all’interno della stanza.
Una volta arrivato sull’uscio, spingo fuori di poco la testa e anche nel corridoio semi buio non sembra esserci nessuno ad aspettarmi.
-Lumos- dico puntando davanti a me. Seguo il fascio di luce, ma nessuna ombra fa capolino.
Rientro nella Stanza delle Necessità, chiudendo velocemente la porta. Sto per mandare un messaggio ai ragazzi e scrivere loro di venirmi a prendere, quando, una volta giratomi verso il caminetto e il divano su cui poco prima ero sdraiato, la figura snella e slanciata di Bethany Krum fa la propria comparsa.
Tutto sembra, tranne che una fuggitiva.
Ha indosso un abito stretto in vita e lungo fino a metà delle cosce, con le spalline a bretelle e il tessuto sembra un delicato lino. Indossa un paio di sandali di perline color pesca, che si intonano con quello dell’abito.
I capelli perfettamente lisci e il viso perfettamente truccato e sistemato.
Vi sembra una fuggitiva questa?
Ha un sorriso di cortesia sul viso, mentre continua a guardarmi dalla testa ai piedi, ignorando palesemente la mia faccia incazzata e la mia bacchetta alla mano.
-Te lo ricordi?- mi domanda con fare tranquillo -me lo hai regalato tu- continua facendo una giravolta su se stessa.
Partendo dal presupposto che no, non me lo ricordo, in questo momento non sarebbe di certo la cosa più importante su cui discutere.
Sto giusto per dirglielo e schiantarla seduta stante, quando rinizia a parlare.
-Immagino che quel decerebrato di Sheppard abbia detto tutto- continua sempre con la stessa aria tranquilla, come se stessimo parlando del più e del meno, non come se lei fosse una delle responsabili che ha fatto del male alla ragazza che amo.
-Me lo sarei dovuta aspettare, naturalmente. Da uno smidollato così non mi potevo di certo aspettare forza e grinta- continua, facendo apparire sul tavolino di cristallo posto davanti al camino quella che sembra una bottiglia di vino elfico.
Sono incredulo, esterrefatto, basito, scioccato, sorpreso. Avrei una miriadi di stati d’animo di questa portata.
Ci deve finire pure lei al San Mungo, dato che sta dimostrando di essere totalmente fuori di cervello.
-E immagino anche -continua riempiendosi un bicchiere - che tu sia incazzatissimo con me, dato che ho rovinato la storiella d’amore con la ragazza dei tuoi sogni - prosegue, alzando il bicchiere come segno di saluto e berne subito dopo la metà del contenuto.
-Ma- mi blocca non appena cerco di parlare -sono altrettanto sicura che ti farà piacere sapere chi sia il colpevole nel vostro gruppo. Dico bene?-
Quest’aria di sufficienza con cui mi parla, fa salire il mio istinto omicida.
-Sarebbe una storia interessante da raccontarti- continua facendo due passi davanti al camino. Quasi quasi ce la butto dentro.
-Ma potrei anche scegliere di non farlo- sorride quasi con aria cattiva.
Mi sale la rabbia fino al cervello e ci impiego due falcate per raggiungerla e afferrarla per il collo.
-Non ti ammazzo seduta stante, solo perché ho promesso a mio padre di fare il bravo questa volta e perché non vedo l’ora di vederti marcire all’inferno, in una buia cella di Azkaban, circondata dai Dissennatori che ti porteranno via dal tuo visino questo sorriso soddisfatto- dico con voce glaciale, stringendo la presa sul collo -Mentre io invece mi riprenderò la ragazza che amo e vivrò una vita felice insieme a lei-
Il corpo mi trema dalla rabbia e dall’odio che sto provando verso colei che mi ha portato via la persona più bella della mia vita. Se non avessi davanti a me il viso di Rose che mi dice quanto mi ama, l’avrei sicuramente ammazzata senza rimorso.
-Ti è sempre piaciuto esser così violento- risponde con difficoltà, senza però lasciare andare quel sorriso sul suo viso -E devo ammettere, che è la parte di te che mi è sempre piaciuta di più- continua, portando una mano sul mio fianco. Sarebbe sicuramente scesa in basso, se non l’avessi lasciata e non mi fossi allontanato con aria disgustata.
-Non ti permettere neanche di sfiorarmi- le dico con disprezzo. Solo l’idea di fare di nuovo sesso con lei, mi fa venir voglia di vomitare.
Come abbia fatto prima a non accorgermi di quanto in realtà fosse meschina e subdola, rimane un mistero. Come ha fatto la sua bellezza a farmi diventare così cieco?
-Adesso ti disgusto così tanto?- mi domanda deridendomi -Eppure ricordo come fossi disgustato anche da lei un tempo-
-Non sono affari tuoi- le urlo quasi addosso, allontanandomi di un altro paio di passi.
Più distanza c’è tra noi, meglio è.
-Ricordo come la disprezzavi, come la ridicolizzavi in tutti i modi, come la chiamassi con nomignoli offensivi. Nel mio caso invece, ricordo come ti rifugiavi tra le mie gambe e come ti divertivi, mentre ti facevo credere di essere importante e forte, mentre ti facevo credere di essere un uomo- dice con la voce intrisa di cattiveria.
Non sembra in nessun modo impaurita da me, dal mio viso pieno di disprezzo, odio e rabbia, dalla mia bacchetta che talvolta lascia scappare delle piccole scintille. Continua imperterrita ad avere quell’aria di chi sa di aver vinto e ne gode la sensazione di potenza.
-Come hai detto tu, è solo passato ed è ciò che rimarrai- dico con tono freddo e gelido.
Il corpo continua a tremare di rabbia, mentre cerco di tenere a mente il viso di Rose che mi permette di non combinare nessuna cazzata. Mi ricorda che un giorno tornerà a casa con me ed io devo essere qui per accoglierla, il che significa che non posso rischiare di finire ad Azkaban insieme alla megera che mi ritrovo davanti.
-Sì, sono passato- mi risponde, riempiendosi di nuovo il bicchiere che poco prima, afferrandola per la gola, era finito per terra -Un passato difficile da dimenticare comunque-
-Questo è quello che credi tu cara- dico con tono sicuro.
-Questo è quello che mi dimostri- ribatte immediatamente -Vedo come mi guardi, riconoscerei tra mille quello sguardo nei tuoi occhi. Non puoi mentire a me. A te stesso, agli altri, alla ragazza che credi di amare, ma non a me- continua e, purtroppo, riesco a capire dai suoi occhi che crede davvero in quello che dice.
-Sono stato innamorato pazzo di te è vero- dico con naturalezza, mentre cerco di tenere a bada la bacchetta - ma, mi dispiace informarti che non lo sono più e su questo ne sono più che certo-
-Pfu- si lascia scappare, come se non credesse ad una parola di quello che le ho detto -Povero ragazzino illuso-
-La tua arroganza prima o poi ti farà finir male - le dico come avvertimento.
Lei di tutta risposta mi sorride come se ne andasse fiera e mi gira le spalle.
-Ti starai domandando per quale motivo le abbiamo fatto questo- dice all’improvviso -Per quanto riguarda per quello smidollato di Sheppard, voleva solo che lei ritornasse da lui, sai, ne è completamente innamorato- inizia a parlare deridendo i sentimenti di quell’altro pazzo che l’ha aiutata a far del male alla ragazza di cui lui dice di esser innamorato. Per quanto mi riguarda, non mi sognerei mai di fare del male a Rose, neanche se un giorno lei dovesse capire di non amarmi più.
-Per quanto riguarda me, togliti dalla mente di essere tu il problema - continua beffeggiando me questa volta.
La lascio parlare, mentre con un movimento di bacchetta lancio un Patronus in direzione dell’ufficio della preside. È ora che la stronza che mi ritrovo davanti finisca dove è giusto che stia: a marcire in una cella.
-Mi ha sempre divertito il modo in cui pendevi dalle mie labbra. Credevi a qualsiasi cosa che ti dicessi, per esempio come mi fossi accorta di essermi innamorata di te e di come fossi tornata solo ed esclusivamente per te - continua lasciandosi andare ad una risata -Dovevi vedere la tua faccia. Preoccupato di come poter gestire la situazione con l’altra- continua sempre ridacchiando - Pensavi davvero che lo avessi fatto perché tu hai deciso di convincerti che amavi lei? Perché ti volevo solo per me? Ma per favore! L’ho fatto perché dopo tutti i sacrifici che ho fatto per arrivare qui, non potevo di certo permettere ad una ragazzina troppo curiosa di rovinarmi la carriera. Ci ho impiegato anni per arrivare ad Hogwarts, la più prestigiosa scuola di magia e stregoneria, non avrei di certo permesso ad una ficcanaso qualunque di rovinare tutti i miei sacrifici-
Non mi interessa fondamentalmente niente di quello che sta dicendo. Non mi interessa perché lo abbia fatto, sto solo cercando di mantenere la calma e non permettere alla mia rabbia di prendere il sopravvento e ammazzarla.
Perché lo potrei fare, senza alcun rimorso. Potrei schiantarla talmente tante volte da ridurla ad un ammasso di cenere inutile. Potrei perciò sfogare tutta la rabbia e il dolore che ho provato e che sto provando da troppo tempo su di lei, tanto la colpa in parte è anche sua.
-Ma il miglior momento di tutta questa storia è successo quando alla porta del mio dormitorio si è presentata l’ultima persona che pensavo lo avrebbe mai fatto- si gira questa volta verso di me con un sorriso felice sul volto, divertito e soddisfatto.
-Una tra le persone che credevamo tutti le volesse più bene, si è presentata alla mia porta chiedendo vendetta. Chiedendomi come potesse fare per farla pagare a Rose e a tutta la felicità di cui disponeva. Di come potesse toglierle tutto, facendola sentire vuota e triste come si sentiva lei ogni giorno standole accanto. Come poteva far pagare a Rose, tutta la felicità che ogni giorno le sbatteva in faccia, incurante del dolore che lei provava, dato che la tua amata Rose, a detta sua, è sempre stata solo narcisista ed egoista. Ti interesserebbe sapere di chi stiamo parlando?- mi domanda con nonchalance.
Non vedo l’ora di sapere di chi si tratta, nonostante quel sorrisetto continua a farmi sempre di più arrabbiare.
-Chi?- domando quasi ringhiando.
-Se me lo chiedessi in modo gentile magari … - inizia facendo scintillare uno sguardo malizioso sul viso.
Una volta probabilmente mi avrebbe eccitato da morire vederla qui, con quell’aria da donna vissuta pronta per farsi servire da me. Mi sarei sentito onorato e uomo, come mi ha ricordato lei poco prima.
Ma, tenendo a mente le parole di Rose, i suoi occhi, le sue labbra, il suo viso, l’unica salvezza di questa situazione tragica, mi viene solo da vomitarle addosso tutto il disprezzo e il ribrezzo che provo solo ad immaginarmi con Bethany di nuovo.
-Tu non hai capito un cazzo allora- le dico con voce ringhiosa - Neanche se fossi l’ultima donna sulla Terra ti scoperei ancora-
In tutta risposta lei mi continua a guardare con quell’aria provocante, accarezzandosi un braccio con una mano, arrivando fino alla spallina del vestito.
-Te l’ho detto prima -inizia portando giù la spallina -non puoi mentire a me-
Alzo velocemente la bacchetta, pronto ad usarla su di lei, ma qualcun altro pensa bene di togliermela.
-Expelliarmus- sento dire da una voce dietro di me.
Ho il tempo di godermi per un secondo la faccia sconvolta e anche un po’ intimorita di Bethany, prima di accorgermi che colei che mi ha appena disarcionato è la Preside.
-Signorino Malfoy, si allontani- mi intima subito dopo, rimproverandomi con uno sguardo.
Al suo fianco compare la figura austera del Capitano White che, in un secondo, blocca il corpo di Bethany con un paio di corde che sembrano esser fatte di piante.
-Signorina Bethany Krum, la dichiaro in arresto per tentato omicidio nei confronti della signorina Rose Minerva Weasley- inizia il capitano avvicinandosi alla ragazza intrappolata - Lei ha il diritto di rimanere in silenzio. Qualsiasi cosa dirà o farà, potrà essere usata contro di lei in tribunale. Ha diritto ad un avvocato, se non dovesse permetterselo, le sarà assegnato uno d’ufficio. Ha compreso i suoi diritti?- domanda con voce fredda e glaciale, iniziando a trascinarla fuori dalla Stanza delle Necessità, dove ad aspettarla si trovavano giusto i famosi due auror che fin dalla prima volta avevano accompagnato il capitano White.
-Aspettate- dico senza pensarci, buttandomi verso Bethany -Dimmi chi è tra noi il traditore?- le domando quasi disperatamente.
-Ce ne occupiamo noi adesso, signorino Malfoy. La ringrazio comunque per la collaborazione- mi riprende il Capitano, piazzandosi davanti a me, facendo muro sulla visuale che avevo di Bethany.
-No, me lo deve dire. È stato lei stesso a dirmi di stare attento- ribatto deciso -Adesso ho la possibilità di sapere chi sia e voglio saperlo-
Cerco di superare il capitano, ma mi pone una mano sulla spalla in una stretta decisa  bloccando la mia corsa.
-Non è il momento, figliolo-ribatte lui, lasciandomi uno sguardo di ammonizione.
Che palle, Porco Salazar!
-Venga con me nel mio ufficio, signorino - interviene la Preside e sotto il suo sguardo severo e deciso, se ci tengo alla vita, non mi conviene obbiettare.
Ci incamminiamo giusto con due passi verso l’ufficio della Preside in tempo per sentire Bethany dal fondo del corridoio esclamare con voce quasi contenta:
-Io mi farei una bella chiacchierata con Eveline Zeno se fossi in te, biscottino-

***
Pov Rose

-Ti avevo avvisato signorina, niente litigi o incomprensioni con altri pazienti- continua a ribattere il Dottore dei miei stivali, mentre cerco di fargli capire che non è stata mia la colpa.
-E’ stata lei ad aggredirmi e con tutta onestà non ho ancora capito il perché- ribatto per quella che credo sia la centesima volta -Io non le ho fatto nulla-
Mi era sembrato strano che ieri non mi avesse sgridata subito non appena i suoi occhi avevano incrociato i miei, ma maledico me stessa per aver pensato di essermela scampata.
Stamattina, dopo colazione, avevo chiesto di poter fare una passeggiata fuori da questo buco di stanza, ma tutto quello che avevo ricevuto era una strigliata di mezz’ora sulle regole, il rispetto e la stupidità con cui avevo affrontato la situazione.
Si, perché secondo il Dottore che ho davanti, ero stata davvero stupida a rispondere alle provocazioni di una paziente che, ovviamente, non stava bene con il cervello. A differenza mia, che avevo perso la memoria ma non le mie facoltà cognitive per capire come ci si dovesse comportare davanti ad una malata di mente.
Tirarle un pugno in faccia secondo lui non era la soluzione corretta e matura.
Vorrei vedere lui, rinchiuso qui dentro da quando ha memoria e mentre si gode l’unico momento di libertà, una pazza lo aggredisce e lo spinge via con una forza incredibile.
Bhe, non vi dico che mi ha risposto quando gli ho fatto sapere che succedevano delle cose strane. Ad esempio, un ragazzo che viene rivoltato come un calzino da quella che la signora aveva chiamato barriera di protezione. Peccato che sembrasse invisibile questa protezione.
Con tutta la nonchalance di cui disponeva mi ha risposto che stavo vaneggiando e che probabilmente i calmati che mi avevano iniettato avevano rallentato anche le mie facoltà celebrali.
Praticamente mi ha dato della matta.
-Non mi interessa chi abbia aggredito chi, lei doveva stare al suo posto punto- ribatte decisamente irritato -Le ho detto che non doveva in nessun modo litigare con nessuno e lei che fa? A momenti prende a sberle una paziente decisamente più instabile di lei, attirando su di se gli occhi di tutti. Ci sarà pur un motivo se non la faccio uscire da qui no?- esclama alla fine con voce esasperata.
Se lui è stanco e frustrato, io che cavolo dovrei dire allora?
-E perché non me lo dice allora questo fantomatico motivo?- gli domando sbuffando sonoramente.
Sono sempre stata quasi sicura che sotto ci fosse un motivo più importante del semplice metabolizzare il tutto.
-Adesso non è importante- ribatte portando avanti il camice blu che tiene in mano da un’ora -Adesso si infili questo, che dobbiamo andare-
Mi verrebbe quasi voglia di sbattere i piedi e domandare “se non lo facessi, cosa fa? Mi porta via il mio peluche preferito?”, ma lo sguardo serio che mi sta rivolgendo mi blocca dal farlo. Tanto prima o poi lo scopro che cavolo mi nasconde.
Senza smettere di sbuffare, mi infilo il camice che mi sta porgendo e sbatto sonoramente un piede per terra. Non sono riuscita proprio a resistere.
Tira gli occhi verso l’alto esasperato, mentre si dirige fuori dalla stanza. Lo seguo in silenzio, mentre percorriamo i corridoi fastidiosamente tutti uguali. A differenza dell’altra volta, non sento nemmeno un minimo rumore venire dalle altre stanze dei pazienti e ciò rende il tragitto ancora più pesantemente silenzioso.
Superiamo una porta dal color giallo arancione. La grandezza e il modello è lo stesso che ho varcato quel giorno in cui la mia famiglia ha deciso di fare una grande rimpatriata. Probabilmente ogni sezione ha un colore diverso, dato che è tutto irritantemente uguale. Come facciano i dottori a lavorare in un posto del genere, non lo so, per questo forse hanno la mia stima.
-Adesso- inizia il dottore fermandosi davanti ad una porta scorrevole dal color bianco -Qui è dove faremo le trasfusioni di sangue. Ci vorranno più o meno quattro ore per farlo ripulire del tutto - continua aprendo la porta e facendomi segno di entrare.
Mi trovo dentro una stanza totalmente bianca, con mia disperazione. Vi è solo un lettino pieghevole e due asticelle alle cui estremità vi sono attaccate due sacche, una trasparente e l’altra invece sembra contenere del sangue. Da entrambi i lati parte un tubicino trasparente, che finisce appoggiato sul lettino.
-Siediti, che intanto che ti prepariamo, ti spiego cosa succederà- continua il dottore, invogliandomi a sdraiarmi.
Adesso che sono qui, mentre mi sdraio e focalizzo cosa sta per succedere, sento un’infrenabile voglia di piangere. Ho paura e non so come potrei reagire.
-Allora- inizia il Dottore, prendendo una sedia e sedendosi di fianco a me, mentre due medi maghi maneggiano i due tubicini che poco prima erano appoggiati sul lettino.
-Abbiamo due sacche. Una vuota per contenere il sangue avvelenato che uscirà dal tuo corpo, mentre una contiene il sangue pulito che sostituirà quello vecchio. I medi maghi stanno attaccando due aghi che metteremo nelle tue vene delle braccia. Questo sarà il filo conduttore-
Aghi? Non ho intenzione di mettere nessun ago dentro la mia pelle!
-So che può spaventare, ma sentirai un semplice pizzichino e prima che tu ti accorga del dolore, avremo finito- cerca di sorridermi il Dottore.
È la prima volta che mi sorride come incoraggiamento e lasciando da parte il fatto che in questo modo assomiglia ancora di più a Scorpius, questo non mi permette comunque di stare tranquilla.
-So che può essere difficile affrontare tutto questo da sola- inizia alzandosi dalla sedia -Per questo ho pensato di portarti supporto morale- continua aprendo la porta.
Fanno capolino subito i visi dei miei genitori.
-Rosie- esclama subito mamma, venendomi ad abbracciare.
L’abbraccio più forte che posso, perché voglio sentire la sua energia e forza, di cui ho assolutamente bisogno adesso.
-Mamma- sussurro cercando di trattenere le lacrime. Non pensavo di averne così paura; alla fine, mi avevano assicurato che non fosse niente di mortale.
-Siamo con te tesoro, sempre- mi dice, abbracciandomi più forte prima di lasciare posto a papà.
-Principessa- esclama sorridendomi, ma neanche questo suo sorriso riesce a tranquillizzarmi.
-Ricorda che i coraggiosi sono coloro che affrontano le proprie paure e non scappano-
Dovrebbe infondermi coraggio, ma la mia risposta sono solo delle gocce salate che iniziano a scendere dai miei occhi.
C’è qualcosa che mi terrorizza e non so cosa sia di preciso.
-Iniziamo- mi arriva la voce del Dottore, mentre mio padre e mia madre si siedono giusto di fianco a me sulle due sedie comparse magicamente.
Non voglio di certo focalizzarmi su questo adesso, dato che il mio sguardo viene attratto dai due enormi aghi che andranno a finire dentro le mie vene.
-Ma che cazzo- esclamo indietreggiando per quanto mi fosse possibile sul lettino -Non mi metterete quelle cose dentro la pelle-
-Rosie … -cerca di dire mamma, ma ad interromperla è il Dottore.
-Signorina, non deve avere paura di niente, sappiamo quello che facciamo- esclama.
-Non me ne frega niente se sapete quello che fate, io quelle cose non me le metto- esclamo con voce quasi disperata.
-Ne va della sua vita-ribatte fermo il dottore, mentre i medi maghi cercano di appropriarsi delle mie braccia.
-Non me ne frega un cazzo- mi agito presa dal panico improvviso da cui sono stata travolta.
Il Dottore mi lancia uno sguardo di scuse, prima di lanciarmi addosso un pezzetto di legno, dal quale sono riuscita a vedere spuntar fuori solo un piccolo fascio di luce prima di svenire.
Non so come, non so perché, ma così come il panico era arrivato, così se ne era andato.
In questo improvviso buio la paura è di colpo sparita. Puf, come per magia.
Magia. È da un po’ che mi gironzola questa parola nella testa, chissà perché mi piace tanto immaginarmi le cose che appaiono e scompaiono così di colpo.
Chissà perché ogni qual volta succede qualcosa di strano, la prima parola che mi viene in mente è magia.

Mi ritrovo in un corridoio in vecchio stile gotico, con ampie volte sul soffitto e torce fiammeggianti ad illuminare il pavimento in pietra.
-Sei una piccola carotina- esclama un bambino biondo, verso una bimba dai capelli rossi.
-E tu un furetto spelacchiato- ribatte la bimba quasi come se le stesse per uscire del fumo dalle orecchie.
-Ma come ti permetti di chiamarmi così- ribatte il bimbo che si e no avrà dodici o tredici anni. Punta sulla bimba un bastoncino di legno, simile a quello che poco prima avevo visto in mano al Dottore.
-Quasi quasi ti trasformo in quello che sei davvero- dice per poi far comparire un bel ghigno sadico.
-Vediamo se ci riesci- controbatte la bimba, tirando fuori dal mantello un bastoncino simile a quello del bambino e del Dottore -Magari sei troppo lento e prima che tu te ne accorga, squittirai l’incantesimo, degno del furetto spelacchiato che in realtà sei- continua la bimba, calcando per bene il poco gentile nomignolo con cui si rivolge al bimbo di fronte, al quale sembra che gli stia per venire una crisi di nervi.
Nello stesso momento da entrambi i pezzetti di legno fuoriescono due scintille e, subito dopo, gli stessi pezzetti di legno vengono spazzati via, nell‘aria. Volano via dalle mani dei proprietari nello stesso identico modo e tempo.
-Ho vinto- esclamano entrambi i bambini, prima di accorgersi che entrambi avevano egualmente perso ed egualmente vinto.

Un fumo simile a nebbia condensata mi attraversa lo sguardo, facendo scomparire i bimbi davanti alla mia vista.

Mi ritrovo questa volta dentro una Sala Grande, occupata da quattro grandi tavolate imbandite da un’esorbitante quantità di cibo.
Proprio in mezzo a queste tavolate vi sono due ragazzi, uno dai capelli biondi, l’altra dai capelli rossi. Sembrano più grandi questa volta, forse hanno quindici anni.
-Mi hai buttato giù dalla scopa, razza di cretino che non sei altro- urla senza ritegno la ragazza, che noto subito stringere lo stesso identico bastoncino di legno della bimba di prima.
-Oh, ma piantala Weasley- risponde il ragazzo con fare da snob -Se non ti reggi sulla scopa, non è di certo colpa mia-
Reggersi sulla scopa?
-Non credere che sia sciocca o stupida Malfoy- ribatte la ragazza, facendo liberare delle scintille dal pezzo di legnetto che continua a stringere con forza nella mano.
-Ragazzi per favore, vi stanno guardando tutti- cerca di mitigare il terzo ragazzo, capelli neri, molto simile a mio cugino Al. È l’unico vicino alla coppia litigante, mentre il resto della sala si tiene a distanza, nonostante non smetta di seguire la conversazione, preoccupati di non perdersi neanche una parola.
-E’ tua cugina che blatera cose a caso- gli risponde il ragazzo dai capelli biondi -Vaneggia perché è gelosa che Serpeverde ha di nuovo vinto-
Sono quasi certa che lo avrebbe ucciso con lo sguardo, se gli occhi avessero la capacità di uccidere un individuo.
Il ragazzo biondo però, non sembra aver nessun timore di fronte alla rabbia accecante della rossa, anzi ne sembra quasi divertito.
-Io ti disintegro Malfoy- ribatte con disprezzo la ragazza, mentre sempre più frequenti scintille escono dal pezzetto che ha in mano.

Al momento non saprò come finirà la storia, dato che un altro sprazzo di nebbia mi copre la visuale.

Mi ritrovo dentro quella che sembra un aula di una scuola. Ci sono banchi, un professore che non fa altro che blaterare e dimenarsi, agitando un bastoncino di legno ed alunni che non fanno altro che sbadigliare, sussurrarsi nell’orecchio e ridacchiare tra di loro.
Solo una ragazza sembra interessata, mentre con la testa china, scrive velocissima su un pezzo di carta vecchio, logoro e giallognolo con quella che sembra una piuma.
-Adesso, alziamoci tutti- esclama il professore, facendo spostare i banchi verso l’esterno dell’aula
con un gesto della mano.
Nessuno degli alunni presenti in aula sembra scioccato, anzi, sembrano per la prima volta interessati da ciò che dice il professore.
A differenza mia, che credo mi stia per arrivare un altro attacco di panico. Non so se avete capito bene, ma quell’uomo, con un gesto semplice della mano, ha spostato una ventina di banchi come se fossero delle foglie secche spazzate via dal vento.
-Tirate fuori le bacchette- continua il professore, girandosi verso la lavagna per scrivere due semplici parole: Expeto Patronum.
E che cavolo significa?
-Ricordate qualcosa di veramente importante che vi renda felici e con voce chiara e decisa esclamate l’incantesimo. Si, signor Malfoy?- domanda poi il professore, rispondendo alla mano alzata del ragazzo biondo, di mia ormai troppa familiare conoscenza.
-Crede che pensare a Weasley mangiata dai libri degna della secchiona so tutto io che è, sia un ricordo abbastanza felice e divertente?- domanda il ragazzo con un ghigno divertito sulla faccia, mentre i ragazzi intorno a lui si lasciano scappare una risata.
Tranne mio cugino Al, che lo guarda con fare disperato.
-Se questo è il primo ricordo felice che ti viene in mente, sei proprio triste Malfoy. Quasi quasi mi fai pena- ribatte la Rossa, bloccando la risposta del professore sul nascere e facendo levare un “ooohhh” dal resto della classe.
-Basta così- interviene il professore -Altrimenti sarò costretto a mandarvi dalla Preside-
I ragazzi si ammutoliscono all’istante e il professore subito dopo da il via all’esercitazione.
Punto lo sguardo sulla me ragazza in coppia con una minuta dalle lunghe trecce bionde.
-Expecto Patronum- esclamo con fare convinto e, quando dal mio bastoncino di legno esce una piccola scintilla di luce, la mia faccia si imbroncia all’istante.
-Ho sbagliato sicuramente ricordo- dico a me stessa, mentre chiudo gli occhi per concentrarmi meglio.
Di soppiatto esattamente dietro di me, compare il ragazzo biondo, che mi sussurra all’orecchio qualcosa che somiglia a “Sono sicuro che tu stia pensando a quanto io sia favoloso” o una roba del genere.
Se non fosse intervenuto un’altra volta mio cugino, portandolo via, sono sicura che gli avrei fatto del male serio. La mia faccia è diventata rossa e stringo talmente forte gli occhi e la bacchetta alla mano, che sembra sia pronta a scoppiare.
-Non ti far distrarre- cerca di trattenere il sorriso la ragazza dalle lunghe trecce bionde.
-Mi bastano due paroline da quel decerebrato per farmi distrarre, secondo te?- le rispondo forse un po’ troppo infastidita per sembrare naturale.
In tutta risposta la ragazza bionda si mette una mano sulla bocca per trattenersi dal ridere.
-Expecto Patronum- dico dopo un paio di secondi e, riaperto gli occhi, una bellissima ed elegante volpe fa capolino da quella che tutti continuano a chiamare bacchetta. Gli studenti, il professore, la me del presente, sono completamente affascinati dalla volpe che corre intorno a loro, la quale decide poi di dirigersi verso la faccia infastidita del biondo più irriverente sulla faccia della Terra e schiantarsi su di essa.
La Rose dell’aula si lascia andare ad una forte risata prima di esclamare: -Ti sta fin troppo bene.-
Di tutta risposta lui alza la bacchetta lanciando l’incantesimo e facendo comparire un enorme serpente, che alza la testa con fare elegante e regale. Quest’ultimo porta  lo sguardo sulla ragazza dal Patronus della volpe e subito dopo spalanca le sue fauci con fare aggressivo, sibilando con forza.
La rossa smette di ridere e dalla propria bacchetta rilascia andare di nuovo la volpe di poco prima, che si posiziona con altezzosa grinta di fronte al serpente.
-Sai Malfoy chi è tra i peggiori predatori dei serpenti?- domanda la Rose dell’aula con la stessa altezzosità mostrata dall’animale -Le volpi-

Faccio in tempo a vedere la volpe attaccare il serpente, prima che un altro tornado di nubi mi travolga.

Sto percorrendo delle grandi scale di pietra che culminano con un grande portone in quercia.
Davanti vi è una donna dall’aria austera, con occhi piccoli e guardinghi e uno strano cappello a punta sulla testa, che fa pandan con il lungo soprabito ricamato con eleganti ghirigori.
-Benvenuti a tutti nella scuola di magia e stregoneria di Hogwarts- dice con fare professionale, mentre il gruppo di piccoli bambini che le sta di fronte, non fa altro che guardarsi continuamente intorno.
Scuola di magia e stregoneria?
-Grifondoro, Tassorosso, Corvonero e Serpeverde saranno le case in cui sarete smistati. Da quel momento saranno la vostra casa e la vostra famiglia- continua la donna, ma non riesco ad essere totalmente concentrata sulle sue parole, mentre continuo a notare come i quadri che costellano il gigantesco muro alle sue spalle e nei dintorni delle scale non fanno altro che muoversi e i personaggi all’interno salutarsi e abbracciarsi.
Forse questa è la prova che io stia ammattendo sul serio.
-Entriamo adesso- vengo riportata alla realtà dalla orda di bambini che, eccitati, non vedono l’ora di entrare nel portone di quercia.
La stessa Sala Grande arredata dalle quattro grandi tavolate fa la sua comparsa, anche se questa volta i tavoli sono immacolati.
È gremita di studenti, mentre sull’altare in fondo, dietro ad un altro grande tavolo dorato vi è l’intero corpo insegnante, che sorride ai nuovi arrivati.
In centro, vi è uno sgabello, su cui vi è appoggiato quello che sembra un cappello vecchio e logoro.
La professoressa di prima rinizia a parlare, ma non riesco a fare altro che guardare il soffitto della sala con aria sognante, che ritrae un cielo stellato del più bel giorno d'estate.
Il mio sguardo viene attratto anche da tutte le candele che circondano la sala, che volteggiano per aria da sole, senza che niente e nessuno le sostenga.
-Rose Weasley- sento chiamarmi dalla stessa professoressa. La piccola me si adagia con un broncio leggermente impaurito sullo sgabello posto al centro dell’altare e subito dopo, le viene posto sul capo il capello vecchio e logoro di poco prima.
Pensavo di aver visto tutto e di più, ma, quando da una piccola rientranza del capello fuoriesce una voce solenne, quasi rischio l’infarto.
-Grifondoro- esclama il cappello, mentre la piccola me si lascia andare in un sospiro.
A differenza della me del presente, quella del passato che mi attraversa lo sguardo sembra felice e a suo agio, nonostante sia circondata da capelli parlanti e candele volanti.

L’ormai familiare nube mi riattraversa lo sguardo e fa scomparire tutto quello che ho intorno.

Mi ritrovo dentro una capanna, grande ed enorme, tanto quanto l’omone che non smette di sorridere alla piccola dai capelli rossi che gli sta di fronte.
-Sei proprio come tua madre. La strega più brillante della tua età- dice l’omone con fare paterno e amorevole, mentre la bimba lo ringrazia con un sorriso commosso.

Sono la strega più brillante della mia età?
Sono una strega?

Mi basta formulare concretamente questa domanda nella mia testa per rispondermi un sonoro Sì, sono una strega!



***
Pov Scorpius

-Se fossi in te, farei una chiacchieratina con Eveline Zeno, biscottino-

Continuavano a ronzarmi nella testa queste semplici ma misteriose parole. Non riuscivo a credere che la traditrice potesse essere Eve, perché, quello che intendeva Bethany era proprio questo, nonostante non lo avesse detto specificatamente.
Dopo aver raccontato alla McGranitt tutto quello che era successo la sera dell’arrivo di Bethany ad Hogwarts e tutto quello che mi aveva detto, ero ritornato nel dormitorio, terrorizzato nel poter guardare semplicemente negli occhi Al.
Come cazzo potevo dirgli una cosa del genere?
Probabilmente mi avrebbe mandato prima a fanculo e poi al San Mungo, riempiendomi di insulti senza rimorso.
Io stesso non riuscivo a credere che potesse essere Eve, parole poi sottointese da Bethany, l’ultima ragazza alla quale credere.
Ma ne sembrava così contenta di darmi questa mazzata finale, giusto in tempo per l’uscita di scena, che non riuscivo fino in fondo a non crederle.
Il colpo finale è arrivato la mattina seguente, quando due Auror ben addestrati e con facce serie, arrestarono Eveline davanti tutta la Sala Grande.
Nessuno di noi era riuscito a fare nulla, solo Al, che aveva iniziato ad urlare come un matto, mentre Eve aveva iniziato a piangere chiedendo cosa stesse succedendo.
La portarono semplicemente via dalla Sala Grande, impedendo ad Al di inseguirla.
Nonostante fossero passate delle ore, non avevo ancora avuto il coraggio di dire niente ad Al, il quale si era gettato precipitosamente nell’ufficio della Preside a chiedere spiegazioni.
Io ovviamente lo avevo seguito, certo che Al potesse combinare una cazzata bella e buona.
-Come ha potuto permettere che l’arrestassero?- continua ad urlare da una decina di minuti buoni in faccia alla Preside, che sembra aver un eccellente autocontrollo mai visto prima.
-Si sieda signor Potter- dice comunque con fare deciso, ma Al non sembra percepire l’imminente disastro apocalittico.
-No che non mi siedo. Mi deve spiegare per quale cazzo di motivo hanno arrestato Eve- sbraita Al, agitando furiosamente le mani.
-Non voglio sentire parolacce nel mio ufficio, signor Potter- dichiara con voce chiaramente infastidita la Preside, mentre cerco di prendere Al da un braccio e spingerlo sulla seduta di fianco alla mia.
-Non toccarmi- mi aggredisce, con le pupille verdi accesso quasi fuori dalle orbite.
Sembra totalmente fuori controllo, Porco Salazar.
-Lei sa benissimo che è innocente e non sta facendo niente per aiutarla- sbraita di nuovo Al in faccia alla Preside, alla quale si assottigliano sempre più le labbra in una linea drittissima.
Adesso si incazza sicuro.
-Se non si siede su questa sedia, signor Albus Severus Potter, sarò costretta ad usare la forza-
E se Al non si fosse immediatamente seduto, sarebbero stati guai seri. Cerco di nuovo quindi di spingerlo come avevo cercato di fare prima e, per grazia di tutti i santi nel mondo stellato, questa volta Al decide di sedersi.
-Allora?- domanda subito dopo quasi ringhiando -Ci spiega che caz … che cosa è successo ad Eve?- continua sforzandosi di avere un tono calmo, dato che lo sguardo della Preside dichiara morte certa e veloce, se non avesse smesso di fare l’insolente. (e l’idiota, aggiungo io).
-Ieri sera è stata arrestata la signorina Krum, la quale, sotto l’effetto del Veritaserum, ripeto sotto l’effetto del Veritaserum, ha dichiaro che il terzo componente del gruppo è la signorina Zeno- ci spiega la Preside, lasciandosi scappare un sospiro.
Probabilmente è stanca pure lei di tutta questa faccenda e sorprendentemente dispiaciuta per noi. Ci guarda comprensiva, con preoccupazione amorevole e materna, chiedendosi cosa avessimo fatto di male per meritarci questo.
Lancio uno sguardo ad Al, che guarda la Preside come se di colpo si fosse ammattita.
-E’ una bugia, non lo capite?- esplode, alzandosi dalla sedia -Non capite che si tratta tutto di un complotto di quella megera per colpire ancora Rose? Non capite che sta mentendo? Conosce anche lei stessa Eveline, secondo lei sarebbe capace di una cosa simile?- continua in una raffica di domande Al, con tono disperato e spiritato anche.
-Mi dispiace dirle signor Potter che con la pozione Veritaserum non si può mentire e che …- stava cercando di dire la Preside, prima che Al la interrompesse in un urlo disumano.
-Se si ha tanta forza di volontà, si riesce a mentire anche con il Veritaserum-
-Al stai esagerando- cerco di dirgli, mentre lo prendo per un braccio e lo tiro indietro. Per un attimo ho avuto il terrore che volesse strozzare la Preside con le proprie mani e finire in bellezza la sua giovane vita.
O forse quello sarebbe successo comunque, dato lo sguardo severo e direi proprio incazzato della Preside.
-Se non vuole essere espulso immediatamente dalla mia scuola, le consiglio di uscire dal mio ufficio, calmarsi e dopodichè mi aspetto delle scuse da parte sua, signor Potter-
Senza farmelo ripetere una seconda volta, trascino con forza Al fuori dall’ufficio della preside, tirandolo dal braccio e tappandogli la bocca per sicurezza.
Lo spintono con forza giù dalle scale, mentre mi morde forte la mano che blocca la sua bocca ed inizia ad urlarmi addosso i peggiori insulti.
-Ma sei per caso tutto scemo?- urlo per sovrastare le sue di urla- E’ con la Preside che stavi parlando, ti sei tutto di colpo rincretinito?-
-Lei non sta facendo niente per aiutarla, nonostante Eve faccia parte della scuola esattamente come gli altri, sta lì seduta su quella poltroncina d’oro, a guardarci con pena. Bhe, io non ho bisogno della sua pena, ho bisogno che Eve venga rilasciata, dato che è assolutamente innocente e lo sai anche tu- ribatte con forza Al, mentre cerco di portarlo il più lontano possibile dall’ufficio della Preside.
Non sia mai che senta le sue urla e decida di cacciarlo a furia di calci dalla scuola.
Non oso ribattere comunque alle sue parole, sto ancora cercando un modo per dirgli di Bethany, anche se sono sicuro non sia questo il momento adatto.
-Scorp- mi chiama di colpo Al, non appena giriamo l’angolo in fondo al corridoio -Sei d’accordo anche tu che Eve sia innocente vero?-
Continuo a camminare, prendendomi forse un po’ troppo tempo per rispondere e questo infastidisce Al.
-Scorpius- mi chiama con voce dura, bloccandomi da un braccio.
Cerco di non assumere una faccia colpevole, ma nello stesso momento in cui cerco di farlo, è questo ad insospettire Al.
-Non crederai alle parole di quella stronza?- mi domanda incredulo, mentre non oso spiccicare parola.
Non vorrei neanche io credere ad una cosa del genere, dato che in prima persona ho vissuto in tutti questi anni la loro amicizia. Ho visto con i miei occhi il legame indissolubile che lega Rose ed Eve, o meglio, le legava.
Ma adesso come adesso, dopo tutto quello che è successo, non voglio sperare in niente e in nessuno, solo in me stesso e nelle mie sensazioni e una molto forte, troppo, mi dice che Eve centra qualcosa.
-Ammazzati insieme a quella stronza Malfoy- esclama con disprezzo Al, avendo probabilmente letto lo stesso nei miei occhi i miei veri pensieri.
Non oso rincorrerlo, sono sicuro che potrebbe prendermi a pugni in faccia e non voglio sfidare la sorte, dato che fino ad adesso ha deciso di non farlo.

***
Pov Rose

Apro leggermente gli occhi e il primo sguardo lo porto sulle braccia. All’altezza dell’interno gomito ho due cerotti sporcati da un piccolo puntino rosso, probabilmente dove vi erano attaccati gli aghi.
Sono di nuovo nella mia stanza, dalle cui finestre si sprigiona la luce della luna. È notte.
Mi tiro su a sedere con un po’ di difficoltà, dato che mi dolgono le braccia. Mi do un’occhiata in giro, ma la stanza dentro cui sono prigioniera non è cambiata di una virgola.
Dentro di me è cambiato qualcosa invece: la consapevolezza di ciò che sono veramente.
Una strega.
Non so perché non me lo avessero mai detto, dato che è una delle parti più importanti della mia vita.
Ho un sacco di ricordi, alcuni dei quali appena sognati tra l’altro, legati a quella forza travolgente che vive in me.
Per la prima volta ho ricordato qualcosa che servisse solo a me stessa, qualcosa che spiegasse chi sono io e non le persone che mi stanno intorno. Per la prima volta sento di essere me stessa e di poterlo essere fino in fondo.
Questa consapevolezza mi fa sentire più forte e grintosa, più decisa ad uscire finalmente da questo posto.
Fa sparire dentro di me quel vuoto costante che non mi permetteva di capire nella completezza chi fossi.
Mi fa sentire Rose.
E riesco, dopo infiniti svenimenti, ad addormentarmi tranquilla, serena per la prima volta da quando sono chiusa qui dentro.



RIECCOMI QUI!!
SPERO MI FACCIATE SAPERE COSA NE PENSATE DEL CAPITOLO, DELLA STORIA, SE ROSE RIACQUISTERA' TOTALMENTE LA PROPRIA MEMORIA, SE EVELINE E' COLPEVOLE O NO, BHE QUALSIASI COSA VOGLIATE FARMI SAPERE!
GRAZIE PER ESSERE ARRIVATI FINO A QUI, AL PROSSIMO CAPITOLO!
UN BACIO,
HERM:*
   
 
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