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Autore: Ainely    26/07/2009    1 recensioni
Premetto che i riferimenti a persone o cose realmente esistenti è del tutto casuale. L’intera opera è frutto di fantasia. Ma se vi dovesse capitare un’esperienza simile a quella narrata nel libro, non venitemi a cercare, non è colpa mia... I giovani fratelli, insieme ai loro amici, dovranno risolvere il mistero che vive da centinaia di anni nella loro piccola città di Rosslare. Dovrannò affrontare antichi poteri, superstizioni e spiriti irrequieti tutto in una notte... la notte dell' 11 novembre...
Genere: Horror, Mistero, Suspence | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti, Incompiuta
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L’interno della casa era rimasto praticamente uguale a come era stato lasciato nel 1881 dagli ultimi che vi avevano vissuto. Tutti i mobili erano coperti da vecchie e polverose coperte e lenzuoli e il tutto era accompagnato dall’opprimente odore di vecchio e ammuffito tipico della vecchie case. Nonostante fuori ci fosse una forte tempesta, all’interno della villa i rumori parevano come ovattati per via dei spessi muri imbottiti si segatura, come usava nelle costruzioni di quei tempi.

Gli addetti al trasloco cominciarono il loro lavoro, e dopo qualche commento sulla pioggia incessante, uscirono fuori per trasportare i mobili che i Longford avevano deciso di portarsi appresso da Dublino. Portarono un paio di reti per i letti, due scrivanie in legno pesante e infine, dopo altri piccoli vari oggetti di piccole o medie dimensioni, scaricarono vari scatoloni contenenti tutti i libri per l’ufficio di Thomas Longford.

Passarono quasi due ore quando i traslocatori ebbero finito di rimontare tutti i mobili e dopo che il signor Longford ebbe finito di firmare tutte le ricevute, gli uomini salirono sui loro camion e lasciarono la famiglia Longford soli nella loro nuova casa. Non appena Ethel richiuse alle sue spalle il portone d’ingresso, si voltò verso gli altri e disse con un sorriso sulle labbra:

- Bene. Tiriamoci su le maniche, avremo molto lavoro da fare...-

Così, tutti e quattro, cominciarono a disfarsi dei pesanti lenzuoli vecchi che ricoprivano interamente quasi ogni cosa. Si accorsero presto che i mobili della casa potevano ancora essere utilizzati e davano un certo qualcosa all’atmosfera della casa, come se avessero viaggiato indietro nel tempo fino alla fine dell’800. Trovarono dei vecchi divani in perfetto stile classico, in cui i colori delle stoffe si erano mantenuti perfettamente. In cucina le mensole e il tavolo erano ancora in buono stato e al suo interno trovarono alcuni barattoli di carne secca (anche se nessuno di loro aveva il coraggio di provare ad aprirne uno), nelle varie mensole c’erano ancora intatti tutti gli interi sevizi della preziosa quanto bellissima porcellana rigorosamente decorata a mano con eleganti motivi. Sullo stesso piano, oltre alla cucina e al soggiorno, c’era anche una piccola dispensa posta nel sottoscala. Quando Thomas l’aprì notò che tutti gli scaffali erano colmi di tutto ciò che era necessario per la vita quotidiana, tra vecchie ceste di frutta secca e di formaggi più che stagionati ormai, l’odore era diventato a dir poco insopportabile, tanto da far perdere quasi l’equilibrio al nostro avvocato. Dopo aver lasciato aperta la porta della dispensa per un bel quarto d’ora, Thomas si decise, con molto coraggio, di disfarsi di quei resti nauseanti e con un gesto repentino e fulmineo raccolse quanto più poteva e infilò il tutto in un sacco nero dell’immondizia. Quando ebbe finito di occuparsi dello sgombero della dispensa, mise velocemente fuori dalla porta d’ingresso il sacco di plastica e con un sospiro di sollievo richiuse velocemente la porta come se temesse che ciò che era contenuto nel sacco potesse ritornare all’interno della sua abitazione. Non appena tornò in casa pensò a quanto gli fosse sembrato strano trovare così tanta roba nella dispensa: sembrava quasi che coloro che vi avevano abitato prima di loro non avessero avuto intenzione di lasciare la casa... come se per una qualche ragione non avessero più potuto farvi ritorno. Nel frattempo Ethel era salita al piano superiore seguita dai due figli.

Al piano superiore c’erano cinque porte: quattro stanze e il bagno ancora in perfetto stile 1800, con le tubature scoperte e quello che sembrava una specie di lavabo. Lo specchio era rotto in vari punti, e rifletteva in mille frazioni l’immagine di Kate che vi era entrata per vedere in che condizioni era quel bagno così fuori dal comune. Le altre quattro stanze erano più o meno della stessa grandezza, con almeno una grande finestra per ciascuna.

Le stanze erano disposte in questo modo, elencandole da sinistra verso destra: la futura stanza di Kate, quella di William (entrambe erano rivolte al retro della casa), a seguire ci sarebbe stato l’ufficio di Thomas, la stanza dei coniugi Longford e infine, concludendo il giro al piano superiore, il bagno (da cui la finestra si affacciava direttamente sul mare).

Le altre quattro stanze, ovviamente, erano ancora arredate. In quella stanza che sarebbe diventata quella di Kate c’era ancora intatta la struttura di legno di un vecchio letto a baldacchino, anche se i tendaggi di stoffa erano ormai scoloriti e rotti in vari punti, poi nella stessa stanza c’era uno scrittoio in legno di noce, sul quale vi si era poggiato uno strato di polvere tra i tre o quattro centimetri. Infine, appoggiato alla parte vi era un armadio, sempre in legno di noce dall’aria cupa al cui interno non vi era altro che qualche straccio di indumento rosicchiato dagli anni...

La stanza di William non era poi così diversa da quella appena descritta: anche lì c’era un vecchio letto a baldacchino completamente spoglio dei suoi tendaggi, poi c’era un altro scrittoio e oltre ad uno stesso armadio a tre ante in noce, vi erano anche due comodini con poggiato sopra delle piccole porcellane contenenti molte pillole custodite in alcuni barattolini di vetro.

Lo studio di Thomas era l’unica stanza in cui non c’erano mobili. Vi erano solo alcune mensole deserte con un sacco di polvere accumulata lì sopra.

La stanza dei due coniugi invece aveva una strana e ingiallita carta da parati con fantasie floreali sparse un po’ qua e un po’ là anche se in vari punti era strappata per via dell’umidità. Anche lì c’era un letto molto largo, questa volta non più a baldacchino, in più c’era un paravento e due armadi in legno scuro poggiati alla parete di fronte alle finestre che davano direttamente sul mare. Infine, affianco al paravento, vi era appeso alla parete un grande specchio (anch’esso rotto precisamente nel centro) incorniciato da una pesante struttura in ottone dorato.

L’intera famiglia Longford si era lasciata sfuggire solo un piccolo particolare: l’ingresso per la mansarda. Da qualche parte doveva pur essere, no? Dall’esterno dell’edificio si poteva vedere benissimo la finestra della mansarda con le sue persiane in legno grigio e scrostato ma dell’ingresso per salirvi non vi era alcuna traccia.

Così i Longford passarono l’intera serata a spazzare e a spolverare i cumuli di polvere che si erano andati a formare su tutti i mobili della casa. E nel frattempo, fuori, la pioggia non lasciava tregua.

Erano già quasi le 23.15, quando William si fermò e dopo essersi passato la mano sulla fronte per togliersi un po’ di sudore disse con aria affaticata:

- Ehi, papà! Perché non hai fatto venire prima una ditta di pulizie? Ci stiamo massacrando e ogni centimetro che puliamo spunta fuori altra polvere! In più questa catapecchia è così dannatamente grande che ci dovremo impiegare almeno una settimana se vogliamo metterla veramente a posto...- - Hai ragione...- disse Thomas sorridendo in modo complice al figlio che lo guardò con una strana espressione – Ma vedi, ho pensato che avremmo passato un po’ di tempo tutti assieme se avessimo pensato noi alla casa. Non trovi che sia la cosa migliore...? E poi, prova a pensare, salterai la scuola per almeno tre o quattro giorni, no?-

Eh sì, suo padre era dannatamente bravo con i discorsi. Infatti in situazioni come queste Thomas riusciva a convincere William a fare come gli diceva benché fosse contrario al cento per cento. D’altronde era il suo lavoro... Mentre William continuava a pensare che suo padre gliel’aveva di nuovo fatta, Kate era con una scopa in quella che sarebbe stata la sua stanza. Stava impegnandosi a raccogliere quanta più polvere possibile prima che il sonno (e l’allergia) la cogliesse, fino a quando non si bloccò di scatto sussultando.

Aveva udito un rumore sordo proprio sopra la sua testa. Alzò lo sguardo al soffitto, ma niente. Il silenzio era di nuovo calato e si udivano solo le voci di sua madre e di suo padre provenire dal pino inferiore.

Non essendo tranquilla di ciò che aveva appena sentito chiamò suo fratello.

- Will! Vieni qui, presto!- attese che il fratello la raggiungesse e poi aggiunse – C’è qualcosa su. - È naturale, scema! C’è il tetto!-
- No! Lo so anch’io che c’è il tetto sopra la nostra testa. Però prima ho sentito un tonfo provenire proprio da qui.- disse alzando di nuovo lo sguardo nello stesso punto dove aveva sentito quel rumore e lo indicò al fratello in silenzio.
William restò con l’orecchio teso, in attesa di udire qualcosa, ma tutto tacque. Non si sentivano altro che le voci dei genitori e il picchiettio della pioggia sui vetri della finestra della stanza della sorella.

- Qui sopra non c’è niente. Sarai stanca oppure ci saranno i topi.- disse con noncuranza il ragazzino girando i tacchi per uscire dalla stanza. - Topi?!- disse allucinata Kate. - Sì...- disse malignamente il fratello voltandosi appena per mostrare un terzo del viso – Hai presente quei esserini col pelo corto tutto bagnaticcio con un’adorabile coda tutta rosa e gommosa??? Eh eh... Kate, sei uno spasso! Ciao, io appena finisco vado a dormire. A domani... oh, stai attenta ai roditori, potrebbero rosicchiarti le orecchie nel sonno!- - Uff! che razza di fratello degenero che sei! Vattene, prima che mi venga voglia di lasciarti qualche livido!- disse infuriata Kate mentre si apprestava a sbattere la porta dietro al fratello che continuava a prenderla in giro.
   
 
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