Anime & Manga > One Piece/All'arrembaggio!
Segui la storia  |       
Autore: Io_amo_Freezer    16/07/2019    1 recensioni
Monkey D. Luffy è un ragazzo di diciannove anni, ma con la testa, troppo, tra le nuvole ed un cuore grande e ricolmo di innocenza. Purtroppo si porta alle spalle un grande segreto e dentro un profondo dolore che continua a tormentarlo senza sosta.
Tornare nella sua città natale gli sembra la cosa migliore per cullarsi nella tranquillità e nella pace, ma lo sarà davvero con quello che sta passando?
E se sulla sua strada incontrasse un gruppo di amici ed uno spadaccino leali e molto speciali? Riusciranno a salvarlo dai suoi incubi? In una città invisibile, lasciata indietro e dimenticata; tra nemici e nuove conoscenze, qui, Luffy si ritroverà ad affrontare un po' di avventure e molte e più distrazioni. Ma il suo sogno lo chiama, riuscirà a liberarsi dai suoi fantasmi per tornare a seguirlo?
Genere: Avventura, Drammatico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: ASL, Donquijote Doflamingo, Monkey D. Rufy, Roronoa Zoro
Note: AU, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
-Di nuovo lo stesso esercizio?- borbottai sedendomi su quelle piastrelle fredde per l'ennesima volta a questa parte, poggiandoci una mano sopra dietro di me, per potermi reggere, dritto con il busto, guardandolo restare a galla di schiena e osservare dritto davanti a sé quel soffitto di cui ormai sapeva forma, colore, e particolari.
-Mhm...- mugugnò in assenso, anche se quella voce mi sembrò molto negativa, quasi quanto quello sguardo.
Lo scrutai iniziando a togliermi i vestiti, adagiando al mio fianco le katana per poi gettarmi in acqua con il costume, forse un po' troppo forte visto che per il tuffo gli schizzai tutta l'acqua addosso, rompendo il suo equilibrio, troppo monotono per i suoi gusti, lasciando che si mettesse in posizione eretta nell'acqua a guardarmi torvo mentre tossiva quel poco d'acqua che gli era entrata in bocca a causa mia; io feci un mezzo sorriso, scompigliandogli i capelli mori, fradici e gocciolanti in modo giocoso, e poi, allontanando la mano tornai a guardarlo, in attesa di qualche parola, o sorriso.
-Uffi...- sussurrò mogio, chinando il capo ed evitando di guardarmi, dedicandosi maggiormente alle piccole onde che nascevano ad ogni nostro movimento, e grazie anche a come lui muovesse le mani impacciato.
Ridivenni serio a quello sbuffo e a quel gesto, voglioso più che mai di risposte, dettato dalla mente e dalla preoccupazione, ma lui tornò a stendersi a dorso, avvolto dalle acque come in una coperta.
-Forse è meglio velocizzare la cosa...- commentai con un sospiro pesante, riferendomi che dovesse nuotare per davvero, tenendolo da sotto la spina dorsale con le mani per cercare di aiutare a compiere il primo passo ma lui iniziò a dimenarsi con la testa in un frenetico no. -Va bene, va bene...- scattai nervoso e annoiato, continuando però a stargli accanto, non riuscendo e non volendo allontanarmi.
Lui mi osservò dispiaciuto prima di tornare a chiudere gli occhi dolcemente. Lo guardai inebriarsi della calma che ci attorniava, illuminandosi grazie ai raggi del sole che attraversavano le enormi finestre. Sorrisi a quel volto angelico, così armonioso nonostante tutti i fantasmi che si portasse dietro. Gli accarezzai la fronte con due dita, scostandogli una ciocca bagnata dagli occhi, ma lui non sembrò accorgersene, quasi dormiente forse. Mi chinai col busto verso il suo volto, ammirando ogni millimetro: dalla lucente chioma corvina, alla cicatrice concava; dal suo piccolo naso, al suo mento lievemente pallido. Scrutai quell'immagine ancora e ancora, fino a fermarmi definitivamente alle sue labbra. Socchiusi gli occhi giungendo ad un soffio da loro solo per regalargli un tenue bacio a fior di labbra, con le mani che cullavano, a ritmo delle onde la sua schiena. Ma fu un attimo: sgranò gli occhi, fissandomi stralunato e staccandosi malamente dalle mie braccia prima che potessi compiere quel dolce gesto; facendo scombussolare l'acqua, con le onde che si scuotevano tra loro, i suoi occhi sorpresi e spaventati da quel bacio inaspettato sembravano desiderare tanto di scappare.
-Cos... Cos'era?- balbettò colto dalla paura, mentre mi fissò ad occhi spalancati prima di dirigersi verso il muretto, tirandosi su per poi correre veloce dopo aver raccattato tutti i vestiti in mano, compreso il cappello ad una velocità sovrumana, dettata dall'adrenalina di quell'attimo sfuggito.
-Aspetta!- urlai, uscendo per raggiungerlo, ma ormai era troppo tardi e capì di essere stato davvero un'idiota, maledicendomi per quello che avevo fatto più che mai.
Ringhiai d'istinto, dando un calcio alla porta semiaperta che traballò finendo a sbattere contro il muro. Mi portai le mani nei capelli, stringendoli come disperato della cavolata che avevo appena compiuto per poi gettare lo sguardo al cielo limpido tra gli sbuffi; ottimo, avevo combinato un guaio, pensai, straziato all'idea di quello che avevo causato, temendo, anzi, certo che ora non avrebbe più voluto rivolgermi la parola o anche solo incontrarmi. Osservai la strada davanti a me e decisi di rientrare per prendere le mie cose prima di tornarmene a casa ad allenarmi, il mio unico modo di rilassarmi.
 
 
Mi sfogai, afferrando in mano un manubrio da cinquecento kg ciascuno e iniziando ad allenarmi, cambiando esercizi fino a che non fui abbastanza soddisfatto, o abbastanza sfinito. Dopo una doccia veloce mi cambiai per poi stendermi sul letto, ignorando i lamenti di Perona che alla fine decise di uscire con le sue amiche, lasciandomi in pace a riflettere, o a sognare, con sempre al mio fianco le mie amate katana. E così permisi al sonno di farmela padrona; mi prese come d'abitudine, senza lasciarmi il tempo di elucubrare al meglio la situazione e i sentimenti che mi avevano portato a tanto con quel ragazzino conosciuto da poco più di qualche settimana.
 
 
Sbadigliai sonoramente, strizzando un occhio e fissando l'orario con aria ancora assonata; le 20:00. Mugugnai ancora, tirandomi su con il busto e il mio pensiero ricadde in un attimo, senza nemmeno un perché, a quel bacio così sfuggevole, quasi nemmeno concretizzato per davvero ma solo sfiorato, un bacio osato e donato senza pensarci ed in questo modo avevo rovinato tutto. Digrignai i denti, sentendomi davvero un'idiota, avevo rovinato tutto con un gesto che sembrava futile, ma che invece pesava come un macigno. Luffy aveva sofferto: stava cercando di riavere il coraggio di continuare il suo sogno, non aveva tempo né la forza per tornare ad amare qualcuno; e chissà cosa mai avrà pensato con quell'atto arrivato come un fulmine a ciel sereno; forse non provava nemmeno le stesse cose!
Basta, devo chiarire la faccenda, pensai, alzandomi e recandomi in bagno per darmi una rinfrescata per poi correre fuori dopo aver preso un pezzo di pane, sentendo la fame invadere il mio stomaco.
-Zoro!- mi chiamò Perona, fuori dalla soglia e con uno sguardo altezzoso come al solito, e non potei che sbuffare, in quella giornata mi stava assediando come mai in tutta una vita.
-Maledizione... Perona non è il momento!- scattai deviandola in tempo, ma i suoi fantasmi si pararono davanti a me decisi, così tentennai nervoso, bloccandomi con uno sguardo serio e funesto verso di lei.
-Nostro padre è tornato! Vorrà vederci prima di tornare in viaggio.- borbottò indispettita, a braccia incrociate.
-Digli che ho da fare.- dissi io senza nemmeno riflettere a pieno su quelle parole, troppo impaziente di andare; perché, se lei aveva detto che era tornato significava che era proprio lì in quel momento stesso, e infatti:
-Perché, Zoro? Dove devi andare così di fretta?- mi chiese la voce imponente e pacata di mio padre che comparse al mio fianco come un'ombra, studiandomi in ogni mio aspetto, compreso il pane che tenevo, un po' mangiucchiato in mano mentre lasciò la sua valigia sull'uscio della porta principale, accanto alla rosa che sorrideva melliflua con le mani unite, davvero contenta del suo arrivo.
-È una cosa privata, se non vi spiace.- esclamai, fissandoli di sottecchi e cercando di avanzare, provando ad evitare quei maledetti fantasmi di mia sorella che continuavano ad opprimere il cammino mettendosi in mezzo.
-Si tratta di una ragazza per caso?- mi domandò serio, con un ghigno ed io avvampai, negando frettolosamente mentre mi voltai di scatto per guardarli in faccia.
-Ma che vai a pensare!- urlai, serrando i pugni dall'imbarazzo.
-Davvero? Perché non mi hai detto niente!- protestò Perona che subito mi si parò dinanzi, senza far caso alle mie parole, capendo che nostro padre, anche se in parte, aveva ragione. Chinai il capo a terra, già stanco di quella storia, passandomi una mano tra i capelli e sbuffando.
-Per quanto rimarrai qui?- tornai a guardare mio padre che, a braccia incrociate stava già per dirigersi dentro, forse stanco anche lui della faccenda, preferendo riposare che provare a capire qualcosa di quello che mi frullava in testa, cosa molto ardua visto che non avrei rivelato proprio un bel niente, non se prima non capivo esattamente la situazione confusa che si attanagliava dentro la mia mente e dentro al mio petto, davvero cose troppo assurde e astruse per i miei gusti. Un aiuto femminile non sarebbe stato male, sarei potuto andare da Nami, visto che di mia sorella non se ne parlava proprio, però poi, la tirchia avrebbe preteso qualcosa in cambio di qualche consiglio, e con Nico Robin... era meglio saltare direttamente quell'idea, sarebbe stato troppo imbarazzante, perché era ovvio che poi avrebbe raccontato tutto a Nami, e lei non si sarebbe fatta scrupoli, tenendo la bocca chiusa solo dietro compenso. Ergo, era meglio ragionare da sé, e se mai chiarire con la persona in questione, ovvero Luffy, e nessun altro.
-Fino a domani pomeriggio, salvo imprevisti.- mi avvisò tornando a camminare mentre io rimasi un attimo confuso, perso tra i miei pensieri mi ero dimenticato della domanda che gli avevo posto, e lo osservai con una faccia interrogativa chiudersi la porta alle spalle, che restai a fissare, riavvolgendo il nastro ad una velocità assurda pur di ricordarmi le parole che avevo detto poco prima della sua risposta, e quando ci arrivai rimasi consapevole, che comunque andasse non ero mai a casa quando c'era lui, e poi non avevamo molto da dirci: il suo lavoro lo teneva costantemente lontano da casa e noi eravamo abituati a non averlo attorno, ormai del tutto autonomi.
-Vedi di tornare presto.- mi raccomandò mia sorella con uno strano sorriso malizioso, rimasta a guardare ogni mio cambiamento facciale e trattenendosi dal ridere visto quanto risultassi confuso e distratto, cosa decisamente non da me; tornando poi dentro, svolazzando con i suoi fantasmi, decisa a riservare a nostro padre ogni minimo particolare delle sue esperienze in questi ultimi mesi, in fondo lei andava più d'accordo con lui di quanto ci andassi io.
Ma si sbagliavano entrambi: non mi ero infatuato di una ragazza, e di certo non si sarebbero mai aspettati una notizia del genere, e un po' questo mi dava rimostranza nel dirlo a loro. Ma era davvero amore quello che provavo poi? Non mi ero mai innamorato prima d'ora e non sapevo le emozioni che esso scaturiva, e poi, cosa più importante e da non sottovalutare, lui, era un ragazzo. Insomma, non potevo amarlo!, scattai nella mente, accorgendomi solo in quel momento che avessi iniziato a correre appena mia sorella era rientrata.
Ma mi fermai bruscamente a quel mio ultimo pensiero, e ascoltai il mio cuore demordere a quel pensiero, ferito dal mio egoismo, e d'istinto ripensai al mio Luffy, a quando dormiva, o a quando mi sorrideva, a come sapeva essere radioso ma anche in quei momenti in cui l'oscurità lo avvolgeva. La sua immagine, il suo volto che mi guardava felice era impresso nella mia mente e mi scosse, lasciandomi scombussolato, quasi imbambolato a fissare il nulla, in mezzo a quella strada piena di persone che ignoravano la mia presenza, parlottando tra loro o guardando il cellulare, inconsapevoli del mio conflitto mentale. Il mio sguardo si fece serio e deciso, respirai a pieno e mi ricomposi: non sapevo esattamente come definire le mie sensazioni, ma di certo erano qualcosa e non le avrei nascoste; non lo avrebbe tollerato il mio orgoglio, e nemmeno il mio cuore. Non mi ero mai pentito delle mie scelte, seguendo sempre una strada precisa e non avrei cominciato da ora a smettere di farlo. Scrollai le spalle e sbuffai, decidendo di non pensarci più e di precisare ogni cosa davanti alla persona in questione che non sapevo nemmeno se avrebbe accettato ancora la mia presenza vicino a lui, e tornai a correre in direzione della casa di Luffy, sperando di trovarlo, o lì, o al nascondiglio.
 
 
Entrai in casa, come al solito la porta era aperta, e guardai in ogni camera che mi fu possibile aprire senza che fosse chiusa a chiave. Sbuffai nervoso, incamminandomi verso l'uscita per andare al nascondiglio visto che non avevo trovato o udito nulla, ma mi bloccai sentendo una porta cigolare alle mie spalle con timidezza. Mi voltai di scatto, scrutando due malinconici occhi neri che erano riversi al suolo finché non alzarono lo sguardo, scontrandosi con i miei: gli spalancò come colto in fragrante in un misfatto, non aspettandosi una mia visita, mentre sussurrò il mio nome.
-Z... Zoro, c-cosa ci fai qui?- balbettò poi, di sicuro reduce da un altro incubo visti gli occhi arrossati, vinti dal pianto, mentre uscì dal bagno, una delle poche stanze che non avevo controllato, per venirmi incontro strisciando. -Scusa se sono scap...-
-No, è colpa mia.- lo interruppi brusco per poi continuare -Non dovevo baciarti, è stato un impulso a cui... è che non ho saputo resistere.- confessai imbarazzato, massaggiandomi il retro del collo e aspettando una sua risposta, non ero bravo in queste cose e mi maledì: preferivo di gran lunga agire, e anche lui mi era sembrato più un tipo impulsivo, forse più di me, che lasciava andare a benedire ogni atto mentale o idea.
-Non fa niente...- tirò su con il naso, stropicciandosi un occhio con la mano; forse non sapeva nemmeno cosa rappresentasse quel bacio per me, era un ragazzo troppo innocente per conoscere l'amore. Sospirai sconfitto, con una fitta al cuore, deluso da me stesso per le parole che uscirono dalla sua bocca l'attimo dopo: -Rimaniamo sempre amici, vero?- mi chiese supplichevole, forse per via del mio sguardo affranto e distaccato.
Amici, aveva detto proprio amici. Non c'era da sorprendersi, gli è lo avevo detto anch'io che lo eravamo, però aveva fatto davvero male, come nessuna ferita fisica o mentale avesse mai fatto in tutta la mia vita. Non potevo immaginare che una semplice parola avrebbe cambiato drasticamente il mio stato d'animo, quasi spezzandomi. O mi ero rammollito, o mi ero davvero innamorato davvero di una persona, e che quella persona era Luffy.
-Ma certo.- affermai con un mezzo sorriso, riprendendomi. -Ora però è meglio se vado.- lo salutai scompigliandogli i capelli e andai.
-No, aspetta... Ti prego, rimani...-
Le mie orecchie udirono solo un rumore come quello di una zanzare che mi svolazzava vicino, e non quelle parole esatte, forse dette troppo piano, o con troppa paura di sbagliare, troppo timide di venire fuori; ma io ormai ero già fuori da quella porta. E anche se sapevo, e mi rimproveravo, che sarei dovuto rimanere con lui a fargli compagnia, non c'è la facevo; avevo bisogno di pensare, o meglio, di bere. Sarei tornato da lui al più presto a rassicurarlo dai suoi incubi, ma solo quando avrei avuto le idee più chiare.
Mi chiusi la porta alle spalle e scesi il portico, senza nemmeno voltarmi per vedere se il suo volto fosse soddisfatto, allegro, o depresso più di prima, e ignorai il senso di pentimento che mi imponeva ripetutamente di tornare indietro e accertarmi che stesse bene, così che anch'io sarei potuto esserlo. Percorsi il vialetto e mi incamminai sul marciapiede, guardando la luna nel cielo ricolmo di stelle e i negozi che stavano chiudendo, indeciso se andare da Sanji o in un altro locale. Sbuffai, temendo che potesse andarci anche Luffy e non mi andava né di vederlo né di pagare la razione di alcool che avrei bevuto, a Nami. Così optai per il bar dal nome cruento e dall'insegna sconcia, mi misi seduto al tavolo e ordinai più di qualche boccale di birra, desideroso di godermi la serata e ignorando gli sguardi torvi che gli sporchi, in tutti i sensi, clienti attorno mi mandavano, infastiditi dalla mia presenza, ma poco m'importava.
-Ti do un consiglio, vedi di lasciare il bar.- mi sussurrò la cameriera ben succinta e prosperosa mentre si chinò per adagiare l'ennesimo boccale sul tavolo, lasciando ben intravedere l'enorme scollatura che avrebbe fatto impazzire qualunque uomo, qualunque tranne il sottoscritto, e forse iniziavo a comprendere il perché non avevo mai sentito nessuna attrazione verso il gentil sesso. Socchiusi gli occhi a due fessure, guardando prima gli occhi di lei, che si allontanò, diretta ad un altro tavolo, e poi i clienti che sembravano pronti, sussurrando tra loro e guardandomi in tono minaccioso, ad attaccarmi; di sicuro uomini di Lucci o di Hody che volevano vendetta.
E senza rendermene conto mi trovai accerchiato; se volevano rogne le avevano trovate. Ghignai, mi serviva un bel passatempo come quello. Sguainando la mia katana dal manico bianco e porgendola dal lato che non tagliava mi alzai e scattai con una giravolta, creando una folata di vento che scaraventò ognuno di loro a terra o contro il muro. Rifoderai l'arma, e lasciando i soldi sul tavolo, mi recai fuori, continuando per la mia strada, dimenticandomi della meta iniziale: invece di tornare da Luffy me ne tornai a casa mia, non avevo ancora chiarito le idee su di lui e su di me.
 
 
 
Era passata un'altra settimana. Due settimane da quanto ero qui, una dall'ultima volta che vidi Zoro in casa mia. Mi sentivo davvero a pezzi, perso e tremendamente solo; forse avevo sbagliato a tirarmi indietro da quel bacio? Però lo sentivo così sbagliato, non era giusto farlo. Forse avevo sbagliato a chiedergli, quasi imporgli di essere mio amico? Quella parola poi faceva sempre male quando si trattava di Zoro, ma non avevo potuto fare altrimenti in quel momento; ero così sconvolto, così spaventato: desideravo che qualcuno rimanesse con me, però alla fine lui era uscito da casa mia solo per non farne più ritorno.
Annaspai alla ricerca di aria con le ginocchia sul pavimento, talmente freddo che sembrava fatto di ghiaccio, di quel maledetto posto, di quell'edificio, con quella dannata piscina, ad un passo dal muretto che mi divideva da quella lastra di acqua limpida, forse ancora più fredda delle piastrelle. Di solito nemmeno mi importava quando fredda potesse essere l'acqua, mi piaceva immergermi anche se fossi stato al polo nord, rischiando un'ipotermia; però ora, non avevo più nulla, e l'acqua mi sembrava solo piena di stalattite che mi avrebbero tagliato e ferito fino a colpirmi e trapassarmi il cuore. Mi strinsi i capelli tra le mani, lasciando alle lacrime il diritto di scendere, lasciandogli percorrere le mie guance e il mio volto distrutto dal dolore, fremendo e ringhiando per non urlare. Singhiozzai apertamente, completamente solo in quella stanza e adagiai il capo contro le fredde piastrelle, quasi a volermi fondere con esso, cercando solo di farmi male, qualunque cosa che mi avrebbe distratto da quel dolore acuto e assordante che mi trapanava la testa e il respiro sarebbe bastato. Faceva così male, tanto male.
-P...Perché?- balbettai rauco -Perché mi avete lasciato?- urlai feroce, sbattendo i pugni a terra e lasciando qualche crepa, una in più rispetto a ieri, perché era una scena così comune quella, ormai da giorni. E per fortuna gli inservienti non avevano detto niente, forse non notandole ancora, o perché, visto che non ci andava nessuno non era una loro priorità assoluta di lavoro visto che non consisteva in quello di pulizie.
Osservai il pavimento azzurro limpido, bagnato dalle mie lacrime mentre, scosso dai tremiti, singhiozzavo apertamente e senza freni, con i vestiti lasciati più in là insieme al cappello, solo con il mio solito costume azzurro. Urlai straziato a bocca aperta, ma ogni acuto che usciva dalle mie labbra era una crepa in più nel mio animo. Non vedevo niente, se non il buio che mi circondava nonostante fuori fosse solamente l'alba. Continuai a torturarmi per minuti che sembrarono giorni, se non anni; finché la mia gola arrossata non riuscì ad emettere più alcun gemito, senza fiato in corpo. Restai lì fermo: occhi spalancati, bocca aperta ed uno sguardo senza vita, esattamente come quel giorno, quel maledettissimo giorno pieno di fiamme e sangue.
Barcollando mi rimisi in piedi, non sentendo nemmeno il freddo che circondava la mia fronte, rimasta troppo a lungo contro il pavimento; il dolore mi spezzava, e riusciva a distruggermi ogni giorno.
Zoppicai verso la scaletta, poggiando con timidezza, anche se poteva sembrare più terrore, le mani tremanti sull'acciaio rigido della ringhiera e immergendomi, osservando l'acqua salirmi fino alle spalle. Iniziai a fare profondi respiri, riempiendo e svuotando più e più volte i polmoni e poi mi tuffai in avanti, avanzando a stile libero con le braccia e le gambe, voglioso di raggiungere la fine della piscina. Incredibile che dopo tanto, dopo una settimana a rimanere fermo e ad urlare con l'acqua a farmi compagnia e che rimaneva sempre a debita distanza da me per mio volere, mi ero convito a farlo; e, incredibile che senza Zoro al mio fianco, in quei giorni a malapena mi avvicinavo a quel liquido, a tratti innocuo.
Mi bloccai quando fui a meno di metà vasca; rimanendo immobile, con il volto oltre lo strato d'acqua lasciai uscire tutta l'aria dai polmoni, con la mente sconnessa che non riuscivo a raggiungere per controllare il mio corpo, e così non potei far altrimenti se non lasciare che quel liquido incolore si insediasse dentro di me con forte pretesto, frenandomi di colpo ancora di più se possibile, e facendomi affondare. Gemendo sott'acqua, e provocando delle piccole bolle che volavano in alto strizzai gli occhi per il dolore e la mancanza d'aria, stringendomi forte la ferita tra le mani, quella cicatrice all'addome mentre i polmoni bruciavano reclamando aria, ed io mi limitavo a boccheggiare con la bocca, con l'acqua che entrava nella cavità orale fino a percorrere l'esofago, solo per essere ricacciata subito dopo e bruscamente. Arrivai al fondo della piscina, piegandomi sulle ginocchia e volgendo in alto il mio sguardo provando a muovermi per risalire, ma ero del tutto inerme, non riuscivo a controllare nemmeno un muscolo del mio corpo intanto, che lentamente finii disteso di lato con la vista che si appannava e i polmoni che, aridi, sembravano implodere, portandomi fitte atroci per tutto il corpo come delle scariche di elettricità ma che pian piano svanirono per far posto al nulla, al niente che non fosse la sensazione di star lasciando tutto, compreso questo mondo. Ma digrignai i denti, con un occhio semichiuso, avvertendo l'acqua che mi opprimeva verso il basso, schiacciandomi al suolo, e continuai a tenere i palmi raggrinziti delle mani verso la cicatrice che sembrava percorsa da strappi atroci, mentre bruciava viva dentro di me provocandomi una tortura peggiore delle mie urla inespressive, imponendomi di resistere un altro po' nonostante la testa facesse male quanto i pomoni, ed il corpo che si irrigidiva diventasse sempre più freddo come l'acqua che mi circondava. La cicatrice la sentivo spezzarsi, frantumarsi, ma non era vero, stava accadendo solo nella mia mente ed era un dolore peggiore perché mentale; volevo chiamare aiuto, ma non potevo; volevo salvarmi, ma non c'era nessuno lì con me disposto a farlo. Mentre le lacrime si fondevano con l'acqua e al sapore amaro del cloro avvertì la lucidità venirmi ancora e sempre meno fino a lasciarmi andare per sempre, e dare posto alla disperazione che mi costrinse a dimenarmi per provare a salvarmi, e che durò anche meno visto le forze che mi erano rimaste. Con i polmoni che si riempirono completamente d'acqua mi abbandonai al movimento di quel dolce liquido incolore, alla fine rimasero solo i pentimenti: non avrei dovuto affrontare tutto questo da solo; provare a nuotare era stata decisamente una pessima idea ed ora stavo morendo. Ad occhi chiusi lasciai scorrere gli ultimi minuti con eterna lentezza, e lasciai all'acqua di fare tutto il lavoro, come aveva cercato di fare da sempre, da quando c'eravamo rivisti in quest'enorme piscina, ed io non avevo fatto poi molto per impedirle di commettere questo delitto.
Ma avvertì una presa afferrarmi bruscamente e con forza per i bicipiti, e l'acqua attraversarmi il corpo ferocemente, finché non mi ritrovai fuori dalla vasca senza sapere come, scaraventato contro il gelido pavimento che provocò a me e alla mia schiena una scarica di gelo, o forse era solo la mia immaginazione a darmi questo senso di realtà che apparteneva al mondo prima che lo lasciassi, perché ormai era tardi. Non riuscivo a percepire più la vita all'interno del mio corpo e forse lo aveva capito anche quella persona che mi aveva tirato fuori dall'acqua e che iniziò a scuotermi con violenza, annaspando di paura.
-Luffy!-
La voce di Zoro... era così lontana, ma la sentivo ancora nelle mie orecchie: calda, in contrasto con il freddo che aveva preso possesso del mio corpo; e a tratti feroce, scosso dal terrore di perdermi.
-Respira, dannazione!-
Imprecò, iniziando a premere il mio petto con le mani, usando tutta la forza che aveva in corpo, sicuro di non farmi niente: non poteva spezzarmi le costole se sapeva che fossero di gomma; cercando solo di infondermi un po' di aria in corpo, di farmi provare qualcosa che non fosse il vuoto senza niente. E poi, successe qualcosa di magico: le mie labbra erano diventate fredde e dure come carta vetrata ma riuscirono lo stesso ad avvertire il dolce accogliente calore, morbido e soffice di qualcosa che si scontrava contro di esse, e poi riuscì ad avvertire solo un soffio bello e intenso di vita invadermi tutto il corpo per raggiungere i miei polmoni che si riempirono d'aria, ancora e ancora per regalarne un pezzo anche a me.
Aprì gli occhi di scatto, alzandomi col busto e annaspando verso Zoro, sputacchiando acqua ovunque e tossendo con foga, appoggiandomi alla sua casacca fradicia e strusciandomi contro essa e contro la sua guancia calda, alla ricerca di rassicurazioni mentre raccolsi avidamente nei polmoni tutta l'aria che c'era intorno a me come se fosse stato il cibo più buono della Terra.
-Non farmi mai più uno scherzo del genere! Mi hai fatto prendere un colpo!- asserì in tono adirato mentre mi avvolgeva stretto la vita pronto a non lasciarmi andare, coccolandomi e cullandomi per lo spavento che avevo preso, e che aveva preso anche lui.
Con gli occhi sgranati e con la morte ancora impressa dentro alzai il capo verso di lui, anche se troppo emozionato da quel bacio che mi aveva riportato da lui, ricevuto come mille fuochi d'artificio che esplodevano tutti assieme dentro al mio cuore, quasi come il primo che mi aveva donato, sfiorandomi, sempre con amore, anche se la prima volta mi era sembrata più una scossa di elettricità, o una miccia che si accendeva con ferocia, una cosa davvero nuova e mai provata, che mi aveva lasciato una tremenda ma piacevole paura dentro. Tenni gli occhi su di lui: mi guardava, mi guardava come io guardavo lui in quel momento, ma con motivi diversi: i suoi occhi erano pieni di terrore e rimorsi; terrore perché temeva che non sarebbe riuscito a farmi rivivere; rimorsi perché poteva salvarmi, ma aveva rischiato di fallire per avermi lasciato solo; io invece ero così felice di averlo lì, di nuovo vicino a me.
Chinai il capo, tra gli affanni tremolanti del mio corpo, ancora scosso dall'accaduto. Mugugnai, con gli occhi socchiusi, cercando di riprendere il controllo e mi lasciai cullare dal movimento del suo petto che ora respirava piano, con delicatezza.
-Come... Come mai sei qui?- balbettai, cercando di far rallentare il battito del mio cuore.
-Passavo di qui...- spiegò serio, con gli occhi felici del mio risveglio, ammirandomi e accarezzandomi il volto con il dorso della mano, e tenendomi con l'altro braccio attorno alla vita, così sollevato di avermi ancora al suo fianco, ma il suo cuore aveva tentennato, lo avevo sentito battere diversamente e iniziai pian piano a concretizzare il significato di quel suono mentre la mia mente assimilava per bene ogni lucentezza del mondo, cercava un po' di vita per tornare ad essere un po' lucida, anche se la stanchezza si faceva sentire, però volevo capire una cosa:
-Tu... sei sempre stato qui in questi giorni...- sussurrai sconcertato, scostandomi per guardarlo meglio e avere una certezza, lui rimase serio, ma i suoi occhi non negarono, e compresi che il suo cuore avesse palpitato in modo diverso perché aveva detto una bugia. -Da quanto?- strinsi i lembi della sua maglia, voglioso di risposte, e anche se ero sollevato perché non mi aveva abbandonato, non potevo non essere adirato per il fatto che si fosse nascosto per tutto questo tempo quando necessitavo del suo appoggio e di una figura amica, anche se odiavo a morte paragonare quella parola a lui.
-Da sempre... Non volevo lasciarti solo a combattere la tua battaglia, oggi sono arrivato davvero in tempo.- spiegò pacato, continuando a stringermi come se avesse paura che avessi la consistenza di un fantasma e che potessi scomparire da un secondo all'altro.
-Ma lo hai fatto! Avevo bisogno di non restare solo e tu sei svanito nel nulla!- affermai torvo, con la voce che usciva a stento dalla mia bocca, forse per paura, o forse perché non c'è la facevo mentre mi scansai, allontanandolo malamente con le braccia.
-Ti serviva sfogarti...- mi disse poi, sempre con quello sguardo serio, sempre come se volesse dimostrare al mondo che lui era invincibile proprio perché non provava nulla se non indifferenza.
-No, non è vero! Non voglio sfogarmi, ne ho abbastanza di sfogarmi: non ho più voce! E io non ne ho bisogno! Io... ho bisogno di te!- pregai rauco con gli occhi che luccicavano, stanchi e oppressi.
-Va bene, va bene... Non ti lascerò più, d'accordo?- mi sussurrò piano nell'orecchio, sincero e con un tono lievemente spezzato; avvertivo la sua voglia di restarmi accanto, di non volermi perdere, e non capivo allora perché mi avesse lasciato andare.
Era colpa di quel bacio, o era colpa mia? Ma al momento non mi importava, desideravo solo controbattere per quelle parole, non mandavo giù il fatto che mi avesse rigirato in quel modo, nascondendosi e abbandonandomi: chi mi dava la sicurezza che non mi avrebbe più lasciato per davvero?
Però non dissi niente, non ne avevo proprio la forza, né la voglia. Lui mi vide stanco, così mi aiutò a vestirmi; ci tenemmo costantemente d'occhio senza volere, poi, prendendomi di peso come succedeva ormai da sempre per quando mi ricordavo, mi portò a casa, sotto la luce del sole che ci illuminava entrambi della nostra forza, anche se non sapevo quanto utile fosse per me, sapendo solo affogare nelle ombre delle mie colpe.
 

 
  
Leggi le 1 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > One Piece/All'arrembaggio! / Vai alla pagina dell'autore: Io_amo_Freezer