Anime & Manga > One Piece/All'arrembaggio!
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Autore: Io_amo_Freezer    17/07/2019    1 recensioni
Monkey D. Luffy è un ragazzo di diciannove anni, ma con la testa, troppo, tra le nuvole ed un cuore grande e ricolmo di innocenza. Purtroppo si porta alle spalle un grande segreto e dentro un profondo dolore che continua a tormentarlo senza sosta.
Tornare nella sua città natale gli sembra la cosa migliore per cullarsi nella tranquillità e nella pace, ma lo sarà davvero con quello che sta passando?
E se sulla sua strada incontrasse un gruppo di amici ed uno spadaccino leali e molto speciali? Riusciranno a salvarlo dai suoi incubi? In una città invisibile, lasciata indietro e dimenticata; tra nemici e nuove conoscenze, qui, Luffy si ritroverà ad affrontare un po' di avventure e molte e più distrazioni. Ma il suo sogno lo chiama, riuscirà a liberarsi dai suoi fantasmi per tornare a seguirlo?
Genere: Avventura, Drammatico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: ASL, Donquijote Doflamingo, Monkey D. Rufy, Roronoa Zoro
Note: AU, What if? | Avvertimenti: nessuno
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Ma il mio cuore mi si strinse in delle fitte atroci appena compresi che il mio ragazzo, il mio Zoro, se ne stava andando, anche se continuava a chiamarmi, dalla voce sembrava così teso e nervoso; deciso a non fare altro che non fosse cercarmi. Ascoltai impotente i suoi passi farsi più vacui, più lontani, e mi affrettai a lanciare la mia testa contro la porta sperando di colpirla e che lui mi sentisse, chiamandolo a gran voce, ma solo in quel momento mi accorsi di avere le labbra sigillate da uno strato di scotch e che non poteva uscire nessun suono comprensibile se non dei sibili e flebili gemiti, con i quali, speravo lo stesso, di attirare la sua attenzione. Preso dall'ansia di perderlo smossi la porta cercando di sfondarla, ma a malapena riuscivo a sfiorarla, finché mi bloccai quando un'ombra presso ai miei piedi, al di sotto della soglia, e illuminata dalla luce fuori, mi sovrastò di colpo.
-Mhm!- mugugnai secco e supplichevole, con gli occhi che mi pizzicavano, speranzoso che comprendesse la richiesta d'aiuto chiunque esso sia.
-Luffy?- la voce calda e imponente di Zoro fece aprire uno spiraglio di luce e rassicurazione nel mio cuore, ascoltando il suono di qualcosa che accarezzava piano la porta come a studiarla mentre mugugnai affermativo e frettoloso, smuovendo le manette che, senza volere toccarono le ferite, procurandomi dolore.
Con una spallata osservai l'entrata crollare a terra in un secondo, e ridacchiai, con lui si precipitò a liberarmi, rompendo le manette con la sua katana dal manico bianco per poi portarmi in fretta, agitato e serio, le sue mani sulle spalle, piegandosi sui ginocchi e osservandomi seduto a terra; e lì lo notai avere, su entrambe le guance, disegnate, due linee verticali di colore nero. Me ne chiesi il significato, però erano buffe e sorrisi di più.
-Cosa ci fai qui? Chi ti ha incatenato?- esclamò, levandomi quel fastidioso elemento che mi impediva di parlare, sulle labbra, con un leggero strappo che causò l'arrossamento della mia bocca, facendomi gemere per il fastidio.
Per tutta risposta a quelle domande adagiai la mia guancia contro il suo collo dove imperlavano gocce di sudore in tutto il suo corpo e vestiti, mentre ignorai la puzza intensa di terra bagnata, di fatica e fango, troppo estasiato nell'averlo di nuovo vicino e cercando il suo odore, quello vero che sapeva di spade e allenamenti, di forza e determinazione; trovandolo lo ingoiai in bocca tra gli affanni con foga, facendolo prima passare dal naso. Desideravo abbracciarlo, ma non volevo rischiare di sporcarlo di sangue, e lui se ne accorse dalle ferite ai polsi, tenuti in mezzo alle cosce dopo che li ebbe liberti, prendendomeli con delicatezza per non farmi male.
-Come va in campo?- borbottai, avvertendo il gelo delle mie mani alleviarsi al contato del caldo tepore di quelle di Zoro. -Non è ancora finita la partita, vero?-
-No, ma non è importante adesso. Chi ti ha fatto tutto questo?- scattò, desideroso di arrivare al dunque per avere le risposte tanto agogniate, mentre mi teneva stretto.
-Dovevo parlarti, ma Doffy mi ha catturato.- sbuffai dispiaciuto.
-Parlarmi di cosa? E che c'entra Doflamingo? Lui è stato in campo fino ad ora.- spiegò, stranito dal soprannome che gli avevo affibbiato.
-No, ti sbagli. Io l'ho visto! Era insieme a due tipacci e parlavano di gestire dei fili, o cose del genere. Volevo venire a dirti che stavano imbrogliando! Ma tu eri in campo.- mugugnai le ultime parole, osservandolo negli occhi verdi che lasciavano risplendere i miei.
-Sapevo che Doflamingo barava, ma non che usasse il potere dei suoi frutti.- commentò serio, riflessivo, e io lo guardai curioso prima di regalargli un dolce bacio sulle labbra.
-Tu torna in campo, io sistemo i tipacci.- esclamai divertito, strofinandomi con la fronte contro la sua tuta bianca da gioco, ignorando l'odore di sudore, o che fosse sporca di terra. A me interessava stare solo al suo fianco.
-Ottimo, allora.- ghignò, fidandosi di me e baciandomi le mani in modo vellutato.
Sorrisi, portandomi indietro una mano per rimettermi il cappello, ma a vuoto: non c'era. Mi voltai di scatto, ispezionando la stanza, ma non era lì. Facendo una smorfia guardai Zoro prima di alzarmi, spolverandomi con le mani dalla polvere sui bermuda, il quale comprese il mio pensiero e la mancanza a cui stavo riflettendo con ansia. Così si alzò, donandomi un bacio passionale con le sue labbra contro le mie, poi fu costretto a correre per tornare alla partita, sfuggendomi e urlandomi, assicurandomi, che mi avrebbe dato una mano, anche se non capì come. Non ci badai e, scrocchiando le nocche, andai alla ricerca di Mingo e del mio cappello.
 
 
 
Assaporai il sapore della terra, mischiato a quello della notte che mi circondava insieme alla mia squadra. Indossai il casco e scrutai sotto di me l'erba, chiara per via delle luci dei lampioni che, imponenti, rischiaravano il mio cammino. Alzai lo sguardo, in attesa dell'inizio del fischio del secondo tempo da parte dell'arbitro, individuando i fili sottili che legavano tutti, anche i miei compagni e allora compresi il perché non seguissero i miei ordini, dandomi dello stupido per non essermene accorto subito! Serrai la mascella, e appena ebbi in mano il pallone marrone e ovale, corsi indietro, evitando i giocatori che cercavano di rubarmelo, e con uno scatto lo lanciai oltre la linea nemica, sperando che il ricevitore non fosse sotto il controllo di quell'essere come tutti. E mentre le mie speranze svanirono nel nulla quando ascoltai l'arbitro decretare un down per via del fatto che il destinatario fosse stato placcato, digrignai i denti, deluso, mentre la faccia insopportabile di Doflamingo mi passò accanto, ridendo di me, nonostante fosse quello fasullo.
 
 
 
Spalancai la porta dello spogliatoio nemico tra gli affanni, scrutando l'interno ormai vuoto: erano tornati in campo anche loro. Sbuffai e decisi di tornare indietro, ma la figura alta di Doffy mi si parò davanti, con quel suo sorriso da Joker.
-Vedo che i miei uomini non ti hanno dato abbastanza attenzione, nipote di Garp.- esclamò, sbeffeggiando sul nome di mio nonno.
-Ridammi il cappello!- ordinai secco, stringendo i pugni.
-Intendi, questo coso?- domandò con un ghigno il "sabbioso", comparendo dal nulla e tenendo tra le mani l'oggetto dei miei desideri.
Guardandolo truce, con i capelli che mi fecero ombra sugli occhi, avanzai con un balzo e lo colpì, e scaraventandolo contro il muro con un pugno, osservandolo perdere i sensi con alcuni pezzi di muro che caddero sopra di lui. Vedendo a terra il cappello me lo ripresi mentre osservai Doffy per fargli capire che era il suo turno, e lui mi fissò sorpreso per alcuni decimi di secondo prima di tornare calmo, sorridendo ancora come al solito e come un pazzo, e inquadrando le mie mani come se avesse capito ogni cosa, per il sangue che le ricopriva.
-Non male.- si congratulò, battendo i palmi tra loro un paio di volte e con tono altezzoso.
Con il cappello in testa lo osservai minaccioso. E poi scattai veloce come un fulmine, protendendo un calcio contro il suo addome, ma restai bloccato a mezz'aria; bloccato da una morsa che, scoprì, fossero solo i suoi fili che mi tennero stretto.
-Ecco a voi il grande Usop!- esultò il nasone, spuntando fuori da chissà dove con le gambe tremanti, prima di lanciare una stella di fuoco a sorpresa contro il nemico che mi imprigionava, prendendolo in pieno, e facendo scomparire i suoi fili.
Caddi a terra di botto, guardando sorpreso il mio amico, affiancato anche dal simpatico dottore-renna. Gli sorrisi, ridendo, per poi osservare Doffy che era stato legato da delle corde da Nami e, dopo essere rimasto basito, la fissava minaccioso provando, inutilmente a muovere le dita. Ghignai, alzandomi con un saltello, per poi portare indietro le braccia, all'altezza del bacino, e il più lontano possibile lungo tutto quel corridoio, e farle scattare subito dopo, con le mani aperte e ancora sporche di rosso, che andarono a infrangersi contro il petto del nemico per colpirlo in pieno, e lo osservai cadere di petto a terra con un sospiro lieve dopo che ebbe avuto un tragico incontro contro il muro che rimase crepato da mille incrinature a ragnatela che si propagavano, la maggior parte, verso l'alto. Sogghignai fiero del mio operato: Così Zoro avrebbe vinto.
-Ma come mai siete qui?- domandai sistemandomi meglio il cappello in testa e scrollando le spalle, più sicuro e tranquillo con loro tre che mi sorridevano.
-Per tua fortuna, Zoro ci ha detto tutto con un messaggio prima di entrare in campo.- spiegò la ragazza, fiera del pronto intervento, sventolando in giro i capelli mentre me la risi, fiero del mio ragazzo che sapeva dimostrarsi, a volte, non del tutto un babbeo.
-Grazie dell'aiuto! Ora andiamo a vedere come finisce!- esultai, correndo per il corridoio con loro al mio seguito che mi intimavano di rallentare, ma ero troppo su di giri per frenarmi.
 
 
-Oh, eccovi.- commentò il cuoco, arrivando con gli altri negli spogliatoi e infilandosi in bocca una sigaretta finché non addocciò Nami, allora iniziò a volteggiarle intorno, urlandole frasi mielose e dicendole quanto fosse preoccupato nel non vederla più tra gli spalti con lui.
-Avete visto che Super bella partita? Zoro, negli ultimi minuti hai dato davvero il meglio di te!- si congratulò Franky, e lo ringraziai con un ghigno.
-È stata un esperienza davvero bella!- ridacchiò Luffy, portandosi le braccia dietro il collo; ormai con i polsi che erano stati bendati da Chopper.
-Non posso credere che Doflamingo imbrogliasse così spudoratamente! Ma da uno come lui... c'era da aspettarselo.- sbottò Nami a braccia incrociate e con uno sguardo oltraggiato.
-Non preoccuparti, ho riferito tutto al mio coach, sistemerà ogni cosa. Forse, alla fine avremmo anche vinto per squalifica se non avessi rimontato il punteggio... Dopo tutta la fatica che abbiamo fatto io e la squadra.- borbottai, massaggiandomi il collo, stanco.
-Ehi, Zoro. Noi andiamo a fare le interviste, a dopo.- mi avvisò un giocatore, uscendo dallo spogliatoio con gli altri della squadra.
-Tu non vai?- mi chiese Luffy, dondolandosi sulla panchina come un bambino, davvero allegro e questo mi alleggerì dentro.
-No.- affermai tirandomi su con uno sbuffo stanco, guardando i miei amici, alcuni dei quali sbadigliavano mezzi-addormentati. -È meglio se andate, è già tardi. Ci vediamo domani.- esclamai, dirigendomi alle docce dopo che loro mi salutarono gentili, con Sanji che usò il suo tono di sempre nei miei confronti ma preferì non dargli retta per una volta: avevo di meglio a cui pensare che rispondere a un cuoco pervertito.
-Vieni, Luffy?- sentì domandare da Nami intanto che, ormai lontano da quella stanza mi affrettai ad aprire il rubinetto, desiderando solo levarmi da tutto quel senso di sporco e sudore.
-No. Torno con Zoro, ma grazie.- rispose pacato quando entrai nell'acqua calda della doccia dopo essermi spogliato dell'ingombrante tuta, prendendo il sapone che mi ero portato dietro insieme alla spugna e iniziando a insaponarmi.
-Okay, allora vi auguriamo una buona notte.- salutò infine.
Forse avevo faticato troppo, ma quello mi sembrò, vagamente, un tono malizioso prima che sentissi i suoi passi seguire quelli degli altri.
Ed ora c'era solo il silenzio a regnare tra noi, con lui che mi attendeva di là, ed io a rilassarmi del tutto, grazie a quell'acqua così dolce e tranquilla. Ci dividevano pochi passi, o almeno così pensai, ma dovetti ricredermi nell'avvertire una presenza alle mie spalle che non tardò ad annunciarsi.
-Zoro.- spuntò fuori come un fungo oltre la cabina aperta della doccia e mi voltai con il collo a fissarlo serio, quasi aspettandomelo; attendendo sapere cosa volesse, mentre mi osservava dolce. Non avevo motivo di vergognarmi, infondo ero abituato a stare nelle docce con i membri della squadra, ma sorrisi nel notare le sue gote farsi purpuree per l'imbarazzo della felicità di quello che stava per chiedermi. -Posso farmi la doccia con te?- sussurrò pacato e deciso.
-Certo.- ghignai, sicuro che l'intervista degli altri sarebbe durata tanto come al solito e quindi non sarebbe stato un problema far passare il tempo in quel modo.
Lo osservai sorridermi e iniziare a sfilarsi giocoso i vestiti per poi entrare correndo, ed infine saltellando sulla piastra in ceramica, bianca, spruzzando un po' l'acqua a terra. Ridacchiò, finendo per abbracciarmi forte. Gli accarezzai i capelli in risposta, sollevandogli le ciocche dalla fronte gliela baciai a stampo; era così dolce.
Annusai il suo odore fresco, appoggiato con il mento sopra i suoi capelli, ormai completamente bagnati prima di staccarmi, solo per spalmargli addosso un po' del mio shampoo dalla bottiglietta verde. La adagiai sopra la mensola in acciaio e poi iniziai a massaggiargli le ciocche, provocando la schiuma e la sua amata risata; avevamo fatto la doccia anche quella mattina, però, dopo tutta la dura serata che avevamo passato ne avevamo bisogno entrambi. Grattai a fondo la sua chioma, sfregandogliela veloce mentre lui, in punta di piedi, faceva lo stesso con la mia, proprio come stamattina. Sorrisi e lo condussi verso la cascata d'acqua, lasciando scorrere via la schiuma lungo il suo corpo per poi fare altrettanto con me, notando con piacere come mi restasse attaccato, coccolandosi con quel tenue sorriso, ad occhi chiusi.
D'istinto mi chinai con il collo, cominciando a gustare il suo sapore tramite le mie narici e iniziando a scendere piano: dalla sua fronte ai suoi occhi, lasciando un piccolo e delicato bacio sul suo nasino, scaturendo la sua risata ancora una volta; assaporando della sua bocca fino a fermarmi, delicatamente, sul collo, trasportandolo di schiena contro le piastrelle bagnate dalle gocce di acqua calda; avvolti dal vapore. Stringendogli i pettorali con i pollici, continuai a dedicargli le mie attenzioni che tanto apprezzava; risalendo e baciandolo sullo zigomo, sulle guance, sotto al mento e sulle spalle, solo per scendere ancora, raggiungendo a leccargli i pettorali e giocherellando con i suoi capezzoli. Sentendolo iniziare a gemere, sussurrando a tratti il mio nome continuai quel giochetto piccante, avvicinandomi e cingendogli la vita con una mano mentre l'altra scese più giù, andando a rovistare in quella parte sensibile.
-Z... Zoro... Aspetta...- aspirò bramoso, cercando di distanziare le mie mani dal suo corpo, così rispettai la sua volontà tornando a guardarlo negli occhi e lasciandolo respirare; sapevo di non dover correre con lui, oltre a non capire non se la sentiva, altrimenti mi avrebbe lasciato fare, preda del piacere.
Gli accarezzai il volto con due dita, assicurandogli così che poteva tranquillizzarsi e guardandolo riprendersi da quella situazione confusa mentre mi rivolse uno sguardo scombussolato, annaspando dalla sorpresa dei miei gesti. Non sapeva nemmeno cosa stessi per fare, e mi sentì un po' un approfittatore.
-Zoro... cos'era... cosa stavi facendo... ?- e ne ebbi la conferma a quella frase spaventata. Era troppo ingenuo per conoscere cosa accadesse oltre le semplici coccole che mi riservava con tanta confidenza.
-Perdonami, mi sono lasciato andare. Vieni.- gli sussurrai piano, con voce calda, forse ancora eccitata, nell'orecchio per tranquillizzarlo.
Mugugnò in assenso, alzando lo sguardo nei miei occhi per trovare una certezza, scovando dentro il mio verde alla ricerca di un po' d'amore, trovandone più di quanto pensasse. Tornò a sorridermi e ci avviammo fuori dalla cabina aperta, iniziando poi a cambiarci, anche se Luffy si rimise gli stessi vestiti di prima non avendo un cambio, e mi assicurai di rimedicargli le fasciature sui polsi e le mani, controllando anche come stessero; visto che quelle che aveva si erano bagnate, ormai fradice e inutilizzabili. Mi prese per mano quando io presi il mio borsone dopo aver rifoderato le katana dentro la mia fascia verde, e iniziammo a percorrere il corridoio.
-Non ti obbligano a essere intervistato?- domandò curioso, dondolando sopra e sotto con la mano legata alla mia mentre intrecciò le nostre dita.
-Ho stipulato un contratto con le mie regole. Il mio coach non mi dice niente, gli basta che vinco. E poi sa che se vengo intervistato sarà sempre e solo per una mia personale scelta. Anche se i giornalisti mi intrappolano lo stesso non rispondo mai alle loro domande se non lo ritengo necessario...- spiegai guardandolo. -Se usciamo ci assedieranno, quindi useremo l'uscita di emergenza.-
-Oh... Non ho mai pensato di stipature un contratto simile...- commentò tra sé, continuando a dondolarsi, reggendosi al mio braccio.
-Stipulare.- lo corressi. -Come mai?- chiesi, poi.
-Boh, forse perché è bello conoscere gente nuova, compresi i giornalisti.- rispose con sufficienza, tra i sorrisi.
Ghignai con un sospiro, accarezzando con un pollice il dorso della sua morbida pelle, stringendo al tempo stesso le dita contro le sue. Aprì la porta e, inutile dire che mi trovai a pochi passi quegli scocciatori di giornalisti che avevano intercettato le mie mosse per una volta: conoscendomi ormai da troppo tempo. Sbuffai nel vederli correre nella nostra direzione, così scattai in avanti, diretto verso l'autobus nero che ci aveva condotti qui.
-Aspetti! Signor Roronoa può dirci perché porta sempre con sé le sue katana? E chi è quel ragazzo?- scattò Tashigi, testarda come al solito mentre controllai di sottecchi il mio Luffy che trascinavo con poca grazia, ma nonostante questo rimase impassibile, guardando curioso i giornalisti come un gatto davanti a un gioco nuovo mentre svolazzava tratto dalla mia forza.
-Signor Roronoa, ma quello con sé non è il famoso Luffy, dato per scomparso?- si affrettò un altro di quei giornalisti, così appiccicosi ai gossip da non riuscirgli a scollarli nemmeno con un piede di porco.
Ma sorrise, ormai dentro al caldo e protettore pullman dai vetri oscurati che permettevano solo a noi di osservarli, e trassi un sospiro di sollievo quando la porta si chiuse dietro del suo ragazzo. Salendo le tre scalette andai, insieme a Luffy, nel divanetto che risiedeva infondo. Sedendomi di botto lo osservai tentennare nell'affiancarmi, restando in piedi difronte a me, con in possesso uno sguardo preoccupato e ansioso mentre giocherellava con le sue dita, preoccupato per quello che mi aveva colpito prima e che mi affrettai a chiedere, serio:
-Perché ti danno per scomparso?- arrivando al punto della questione lo feci trasalire.
-No, no! Ti sbagli! Si sbagliano! Non sono scomparso!- scattò nervoso, negando ripetutamente con il capo, con le mani e la paura negli occhi.
Lo tirai per un braccio, e lui mi cadde addosso sulle mie gambe di botto. Alzando lo sguardo su di me mi osservò un attimo sconvolto, sistemandosi a cavalcioni per stare più comodo, ma poi distolse subito lo sguardo verso terra, iniziando a trastullarsi, questa volta, con la mia casacca bianca. Aspettai che parlasse, ma alla fine fui costretto a prenderlo per i polsi, fermandolo da quel suo gioco e costringendolo a guardarmi negli occhi.
-E solo che... Dopo l'incidente sono scappato. Non volevo stare lì, non con tutti che mi facevano domande, chiedendomi come stavo o quello che provavo. La ferita era così aperta che mi sembrava di essere già morto... Non c'è la facevo nemmeno a stare con le persone o ad alzarmi dal letto. Tutti volevano aiutarmi, ma facevano l'esatto contrario, così mi sono fatto coraggio e me ne sono andato via.- mugugnò rauco, stringendo i pugni ancora intrappolati tra le mie mani e fasciati, tiepidi. -Sono stato un po' in giro da solo, e poi sono arrivato qui. Lo so, sono stato un vigliacco...- sussurrò colpevole, con quegli occhi che speravano non lo detestassi: temeva di avermi deluso.
-Non ti odio, se è quello che pensi.- tenni a precisare, accarezzandolo per le spalle mentre lui annuì, timido. -Ascolta, con quello che hai vissuto è ovvio che ti stai riprendendo con difficoltà, ma puoi contare su di me.-
-Finché saremo insieme andrà tutto bene, vero?- mi pregò anche con lo sguardo -Io... non ti lascerò mai, Zoro.- asserì, sperando che per me fosse la stessa cosa.
-Ehi, allora eravate qui! Iniziavamo ad essere preoccupati, quarterback!- esclamò Jack venendomi incontro tra mille risate, felice che fosse andata bene anche quella partita. -Ma... Cosa fate?- ci domandò appena si rese conto di come fossimo posizionati, incredulo come il resto della squadra che si era già seduta di botto e con uno sbuffo, sfinita da quella lunga serata, ma ancora pieni di energie se c'è ne fosse stato bisogno.
-Stiamo insieme.- risposi tranquillo stringendo la presa al suo girovita e accarezzandogli la schiena, dolce mentre l'autista mise in moto, con il coach seduto in prima fila; a loro non importava di certo la mia condizione sentimentale. Vedendo i loro sguardi inebetiti pensai di averli scontentati ma non era un mio problema. C'era l'ansia perché, in fondo, avevamo passato tanti anni, tante partite, e tanti semi finali insieme, però non mi importava più di tanto la loro reazione; non mi pentivo: ero felice con Luffy, perché avrei dovuto nasconderlo?
-Oh...- commentò lui in risposta, scosso forse dal mio rendimento sessuale ma poi se la rise, congratulandosi insieme agli altri. -Chi mai se lo aspettava che un giorno ti saresti innamorato!- mi prese in giro, sedendosi su una poltroncina più avanti, accanto al finestrino.
-Adesso dobbiamo festeggiare non solo la vittoria, ma anche la vostra relazione!- ci incitò un altro, correndo ad accendere la radio per ballare un po', sbandando durante le curve tra le risate generali, e un altro che prendeva lo champagne e i bicchierini di plastica dal frigo e i tiretti, con Luffy che rimase a fissarmi autorevole, aspettando una mia risposta.
-Tu puoi stare tranquillo, sarò sempre qui al tuo fianco.- gli sussurrai all'orecchio, passandogli una mano sulla guancia, rasserenandogli sempre più il cuore.
Ridacchiò, abbracciandomi forte dopo un "Grazie." Farfugliato e continuai a stringerlo, dato come andasse alla ricerca di coccole, ma faceva tutto da solo. Iniziò a strusciarsi contro la mia guancia, attaccandosi ai lembi della mia maglia e dondolandosi con le gambe; io mi limitavo a tenergli la vita, a sorreggerlo, intanto che ci portavano due bicchieri per brindare e una bottiglia tutta per noi.
Si scolò tutto d'un fiato e subito le gote divennero color porpora; si notava che non lo reggeva, non era ancora ubriaco ma lo champagne era troppo forte per lui. Rideva, felice, con tutti i rumori dei ragazzi che ballavano e cantavano, accompagnati dalla radio, e il coach che protestava furente, voglioso di silenzio per riposare e protestando che gli avrebbero causato una crisi isterica che era già in corso.
-Dormi un po'.- incitai, cingendogli ancora la vita: per come si muovesse rischiava sempre di cadere. Sospirai dal naso, con la serenità dentro al cuore mentre mi versai un altro po' di liquido alcolico nel bicchiere trasparente di plastica, sorseggiandolo senza fretta. Luffy si fissò attorno, infastidito dalla luce dei piccoli neon sul soffitto e così nascose il volto nell'incavo del mio collo, anche per appisolarsi meglio, in una posizione più comoda e dal calore del mio corpo. Io continuai a bere per un paio di minuti ma alla fine lo seguì a ruota nel mondo dei sogni nonostante gli altri festeggiassero noi e la vittoria a tutto volume, oltre alle urla furibonde del coach che cercava un po' di pace: ma era sempre così.
 
 
 
Mugugnai, alzandomi con il busto, seduto con lo sguardo devastato e sbattei le palpebre più e più volte, a scatti, e lasciando alle lacrime il pretesto di uscire tra i miei tremiti. Respirai con la bocca aperta, tra i singhiozzi, per poi voltarmi verso Zoro che mi guardava disteso sul proprio materasso, con le braccia dietro la testa, aspettando; eravamo arrivati e di sicuro mi aveva portato a casa sua, compresi. Gli mostrai un sorriso forzato e caddi sul suo petto nudo per rimettermi disteso, facendolo gemere un attimo per la botta presa. Guardai la stanza, ripensando all'incubo senza mio volere, ai loro sguardi minacciosi che mi puntavano il dito contro; e dal sangue alle fiamme tornai ai ricordi che mi legavano a loro, a tutti quei bei momenti e a quanto ci volessimo bene. Eravamo disposti a tutto pur di proteggerci l'un l'altro, ed ora... Non avrei più sentito Sabo ridere nel vedermi correre avanti e indietro quanto mi svegliavo in ritardo per andare agli allenamenti, o Ace rimproverarmi per ogni mia marachella fatta. E piansi forte a quell'amara consapevolezza che mi straziava il cuore mentre urlai tra i gemiti contro il petto di Zoro che mi strinse forte, cercando di addossarsi il mio dolore; avvolto tra le sue braccia mi cullò dalla mia sofferenza. Annaspai in cerca di respiro, riacquistando il controllo solo poco dopo e mettendomi seduto, seguito a ruota dal mio spadaccino. Strinsi le sue mani, portandomele al petto, per farmi suo quell'odore che mi tranquillizzava come nessun altro e l'osservai negli occhi.
-Che cosa sogni? Vuoi parlarmene?- parlò tutto ad un tratto, serio, ed io mi impensierì su quelle frasi, a capo chino, scuotendo forte il capo per negare.
-Andiamo a mangiare?- chiesi ingenuo ma la voce spezzata e rauca uscì, facendo da padrona al mio spasimo e abbassai ancora il capo, malinconico, con il volto dei miei fratelli che mi sorridevano e si allontanavano, scomparendo mano a mano, ma conficcando dentro al mio petto mille acumi e lasciandolo sanguinare.
-Sì.- mi sussurrò, prendendomi il mento con due dita e baciandomi sulle labbra con dolcezza, riservandomi il suo sguardo passionale e amorevole, ricercando solo il mio sorriso e il mio buon umore.
-Ti amo.- confessai con un tenue sorriso, ridacchiando e alzandomi con un saltello sul materasso senza scendere, mettendomi da seduto a in ginocchio.
Ricambiò il sorriso, senza dire niente; andava bene anche così per me, i suoi occhi parlavano con il mio cuore riempiendolo con altrettanto amore che io esprimevo in gesti e parole. Alzandosi, si infilò i pantaloni non potendo scendere giù solo con gli slip, e mi scompigliò i capelli prima che io lo seguì felice.
Arrivati in cucina mi sedetti, guardandolo cimentarsi ai fornelli con l'acquolina in bocca, ma si fermò appena sentì il suo telefono vibrare nella tasca. Lo prese, controllando forse il nome sul desktop e poi lo lasciò vibrare sopra al tavolino dove ero situato io, ma non riuscì a vedere bene chi fosse visto che si spense subito dopo.
-Perona, come mai già sveglia?- domandò poi, voltandosi di poco, osservando dietro di me la sorella che sembrava furibonda e ancora assonata, come lo si poteva notare dai capelli in disordine e le occhiaie sotto gli occhi.
-Perché questo ragazzo non fa che avere incubi! Io non riesco a dormire se lui continua così!- scattò stringendo i pugni, forse riferendosi anche a quando ero qui per via della febbre.
-Scusa.- affermai sincero, guardandola con il mio solito sguardo innocente, ma lei non ne volle sapere, sdegnando la mia presenza.
Si avvicinò al frigorifero, aprendolo con poca grazia ne tirò fuori una busta di latte fresco che iniziò a versare, cauta dentro un bicchiere, facendomi venire sete e così ingoiai un groppo di saliva in bocca; prese anche dei biscotti al cioccolato per poi andarsene, indignata come al solito. La seguì con lo sguardo, troppo curioso e affamato, osservandola salire le scale fino a svanire dietro l'angolo, diretta, con molte probabilità, in camera.
-Tieni.- mi disse piano il mio amato spadaccino, servendomi un piatto con: pancakes, bacon e uova in camicia.
-Uuh!- esultai iniziando ad addentare i pezzi di carne, bramoso, ignorando le posate che avrei dovuto usare come sarebbe stato conscio fare.
-Vado ad allenarmi.- mi avvisò, alzandosi e riprendendo il telefono dopo aver mangiato la mia stessa colazione, andando a sgranchirsi un po' le ossa.
-Okay.- farfugliai a bocca piena, osservandolo con la punta dell'occhio regalarmi un altro bacio. Sorrisi, sfregando i capelli contro la sua guancia per ricambiare quel gesto.
-Ci vediamo dopo.-
Annuì festoso: ero sempre allegro con lui. Lo osservai svanire e mi dedicai interamente al mio cibo nel piatto, quello ancora sopravvissuto, preparato con tanta cura. Non era facile notarli forse, ma amavo i suoi gesti d'affetto, che mi regalava ogni volta che ne aveva la possibilità. Ingoiai l'ultimo pezzo di pancakes e mi alzai, sparecchiando per essere gentile prima di correre fuori dopo aver ripreso il mio cappello che avevo lasciato in camera; se avessi iniziato a lavare le stoviglie avrei solo causato danni e non volevo farmi odiare ancora di più da Perona.
Uscito fuori mi inebriai del sole e dei suoi raggi, e in un attimo mi misi a correre, con il vento a smuovere i miei capelli e a far sventolare il mio cappello dietro di me.
 

 
  
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