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Autore: Carme93    21/07/2019    2 recensioni
I nati del 1998 sono figli della guerra e della vittoria su Lord Voldemort.
La loro nascita ha simboleggiato nuova luce nel buio delle tenebre e gioia e speranza in un mondo in macerie da ricostruire. Un chiaroscuro insito nella vita di ognuno di loro.
La generazione figlia della guerra arriva a Hogwarts.
Genere: Fluff, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Harry Potter, Minerva McGranitt, Neville Paciock, Nuovo personaggio, Teddy Lupin | Coppie: Harry/Ginny
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace
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Capitolo settimo
 




 
Di bacchette fuori controllo e biscotti rocciosi
 
 



Il giorno dopo Charlie e Zoey erano per certi versi meno entusiaste: avevano trascorso il pomeriggio precedente vicino al Lago Nero dopo un giro di ricognizione allo stadio di Quidditch (Charlie era convinta che un Capitano furbo avrebbe dovuto far allenare la propria squadra ogni momento possibile, però, dopo il, a suo dire, disastroso Smistamento, non aveva avuto ancora il coraggio di parlare con i Grifondoro conosciuti in treno) e non avevano svolto i compiti assegnati dalla professoressa Macklin;  avevano chiacchierato per gran parte della notte e, conseguentemente, quella mattina avevano faticato ad alzarsi e scendere in Sala Grande per la colazione.
«Ho sonno» si lagnò Charlie, suscitando sbuffi seccati e risatine da parte dei compagni che si chiedevano quante volte ancora avrebbero dovuto sorbirsi quella lamentela.
«Dai, Teddy, fammi copiare la tua ricerca» supplicò, invece, Zoey per la millesima volta, più preoccupata di mettersi nei guai fin da subito che dalle ore di sonno perse.
«No, avresti dovuto farla da sola!» ribatté il ragazzino.
Allora Zoey si voltò speranzosa verso gli altri compagni.
«Non ditele di sì» li ammonì Teddy.
«Solo per questa volta» cedette Charis con uno sguardo di scuse al compagno.
«La Macklin è pericolosa» dichiarò Teddy scuotendo la testa. «Peggio per voi».
Enan colse l’occhiata turbata di Mark e gli sussurrò incoraggiante: «Tranquillo, non ho mica copiato parola per parola. È tanto per consegnarle qualcosa. Charlie ha ragione: non c’è nulla di più crudele che assegnare compiti il primo giorno».
«Per fortuna abbiamo iniziato di mercoledì, così il week end è in arrivo» sospirò Zoey mentre litigava con la piuma e l’inchiostro. «Ma dico, una normale penna, no?».
«Una penna normale?» replicò Charis. «Quella è normalissima».
«Intende le penne babbane» intervenne Teddy. «E comunque esistono le piume autoinchiostranti, se ti infastidisce tanto l’inchiostro».
«Hai sempre la risposta pronta tu, eh?» borbottò Charlie.
Teddy le lanciò un’occhiataccia. «Io vado. Non ho intenzione di arrivare in ritardo a lezione. Charis dovresti riprenderti il tema e venire con me».
La ragazzina lo fissò incerta.
«Faccio in fretta» disse Zoey. «Magari se mi detti…».
«Grazie, Teddy. Arriviamo subito» sospirò infine Charis, scegliendo di aiutare l’amica nonostante avesse una paura terribile della reazione della professoressa di Trasfigurazione se le avesse scoperte.
Teddy scosse la testa. «Voi venite con me?» chiese rivolto ai ragazzi.
Mark ed Enan recuperarono le borse e lo seguirono, ognuno perso nei propri pensieri. Anche Teddy non era da meno, quella mattina, arrivato in Sala Grande, aveva salutato Diana e Laurence ma poi i due ragazzi erano andati a far colazione con i compagni di Casa. Sapeva che era giusto che Diana si ambientasse, ma Laurence sembrava veramente entusiasta di Samuel Harper. Quel ragazzino era troppo vivace, avrebbe messo sicuramente Laurence nei guai!
«A che pensate?» chiese ai compagni per di distrarsi.
«Vorrei capire chi è quel Serpeverde… quello identico a me…» rispose Enan.
«Hai provato a chiedere ai tuoi familiari?» replicò Teddy.
«No».
«E come mai? Sicuramente loro sapranno darti una risposta».
«Non lo so» sospirò Enan. «Lo stavo per fare… poi… qualcosa mi ha trattenuto…».
«Nella prossima lettera chiediglielo. Quel ragazzo e i suoi compagni non mi piacciono. È la scelta più responsabile farlo presente ai tuoi».
Enan non ne era per nulla convinto: quel ragazzo lo inquietava fortemente.
«E tu Mark dovresti andare in infermieria» sentenziò Teddy proprio mentre raggiungevano l’aula di Trasfigurazione.
Mark sobbalzò. «C-cosa?».
«Dovresti andare da Madama Chips e dirle che non ti senti bene» ripeté pazientemente Teddy.
«Sto bene» replicò frettolosamente Mark.
«Se non dormi la notte, non credo» commentò Enan, felice di cambiare discorso.
«I-io… i-io…».
«Madama Chips è bravissima» insisté Teddy. «Me l’ha detto il mio padrino. Lui si faceva male spesso giocando a Quidditch».
«Non è necessario» buttò lì Mark, tentando di calmarsi. «Ora sto bene».
Teddy sospirò. «Senti promettimi che ci andrai, se dovessi sentirti di nuovo male». Aveva abbassato la voce perché erano arrivati anche i Grifondoro, Charlie, Zoey e Charis. E Mark gliene fu grato. «Prometti» insisté, mentre suonava la campanella e la professoressa apriva la porta dell’aula.
«Promesso» si arrese Mark più che altro per chiudere il discorso.
Teddy sorrise ed entrò in classe.
La professoressa Macklin raccolse i temi e distribuì un fiammifero ciascuno. «Ricordate quello che ho spiegato ieri? Lux?».
Il primo quart’ora fu dedicato a un ripasso e questo comportò la perdita di parecchi punti per entrambe le Case, anche se di più per Grifondoro. Teddy fu abbastanza orgoglioso delle sue risposte e Charis se la cavò egregiamente. E con sua grande sorpresa persino Mark, balbettii a parte, fece una bella figura. Non che la Macklin si sperticasse in lodi, ma almeno avevano evitato un richiamo per non aver studiato.
Il resto della lezione fu, invece, dedicato all’esercitazione pratica.
Teddy, eccitato per quella prima prova di magia, fallì i primi tentativi proprio perché non riusciva a concentrarsi, ma nessuno riuscì a trasformare il proprio fiammifero in un ago al primo colpo.
Enan, dopo i primi infruttuosi tentativi, si lasciò affascinare dal panorama oltre la finestra, completamente dimentico della lezione.
Mark, invece, osservò i compagni per diversi minuti, specialmente Teddy che sembrava il più propositivo, ma non li imitò subito. Per la prima volta da settimane aveva estratto la bacchetta magica dalla custodia, ma l’immagine della sedia che andava a fuoco lo paralizzava. E se avesse dato fuoco alla classe? O peggio ancora ai capelli di Charis, seduta davanti a lui? Suo padre gli aveva detto di non toccarla finché non gli fosse stato richiesto esplicitamente da un insegnante, ma anche in quel momento il ragazzino percepiva che ci fosse qualcosa di sbagliato: la bacchetta era ostile e sembrava sfidarlo a usarla.
Gli occhi di falco della professoressa, che passava tra i banchi - per correggere la presa della bacchetta, la pronuncia dell’incantesimo o, semplicemente, per assicurarsi che lavorassero e non guardassero fuori dalla finestra come Enan -, non lo aiutavano.
«Allora, Becker, vogliamo lavorare?».
Mark non sollevò nemmeno gli occhi e continuò a fissare il fiammifero terrorizzato. Magari avrebbe compiuto una magia involontaria e si sarebbe trasformato da solo.
«Becker, sei con noi?». La professoressa si era avvicinata. «Prova l’incantesimo come vi ho mostrato». Il ragazzino non si mosse, né fiato. «Becker». L’inflessione minacciosa con cui aveva pronunciato il suo nome e il mormorio che si levava dai compagni lo costrinse a muoversi. Puntò la bacchetta verso il fiammifero.
«A-a-cutuus». Era stato poco più di un balbettio, ma la bacchetta si divincolò nelle sue mani ed emise uno spruzzo d’acqua che colpì in pieno la povera Charis. «Scusa!» strillò lasciando cadere la bacchetta, che emise delle scintille preoccupanti.
Il ragazzino si sentì sprofondare rendendosi conto che tutti lo stavano fissando in silenzio. La Macklin l’avrebbe ucciso. Sentì gli occhi inumidirsi e sperò che la professoressa l’avrebbe cacciato dalla classe, almeno si sarebbe evitato anche quell’umiliazione.
«Hai comprato quella bacchetta da Olivander?».
La domanda dell’insegnante lo colse del tutto impreparato. «N-no, professoressa».
«No?» insisté la donna.
«Era di mio nonno» mormorò.
«Allora devi procurartene un’altra. Quella bacchetta non ti riconosce come suo padrone. Non puoi usarla» sentenziò la professoressa. «Becker, prendi il manuale. Per il resto dell’ora leggerai il capitolo dedicato a quest’incantesimo e ne farai il riassunto. È pericoloso per te e per gli altri usare quella bacchetta…. Voi altri tornate al lavoro! Che avete da guardare?».
Mark nascose la testa dietro il libro in modo che nessuno lo vedesse piangere: e dove la prendeva una bacchetta nuova? In un simile stato d’animo si estraniò completamente da quello che accadeva in aula e non si accorse che Teddy finalmente andò vicino a trasformare il suo fiammifero in un ago perfetto e la professoressa gli fece ripetere l’esercizio finché non fu ci riuscì.
Alla fine della lezione anche Charis e qualche Grifondoro erano riusciti a cambiare qualcosa nei loro fiammiferi.
«Ehi, tutto bene?».
Mark alzò gli occhi su Charis che l’aveva affiancato mentre uscivano dalla classe. Era perfettamente asciutta grazie all’intervento della professoressa. «Scusami, non volevo».
«Tranquillo» sorrise lei. «Ma tu stai bene?» gli chiese nuovamente.
«Sì, sì».
 
 

Charis non era per nulla convinta e, dalle occhiate di Teddy ed Enan, comprese che anche loro non lo erano. Però in quel momento non avevano la minima idea di come aiutarlo.
«Ciao».
Era così persa nei suoi pensieri che sobbalzò quando una coetanea con la divisa di Serpeverde le si rivolse.
«Ciao» replicò incerta.
«Mi chiamo Caroline Shafiq» si presentò quella.
Charis la fissò sorpresa, ma poi le strinse la mano. «Io sono Charis Williamson».
«Piacere. La professoressa Macklin mi ha chiesto di darvi la mia mappa. Io non ho problemi, tranquilla. La condivido con Edith… la ragazza che sta parlando con Burke… oh, ecco il professore, speriamo bene…».
Charis la seguì con lo sguardo mentre raggiungeva i compagni di Casa.
«Che voleva?» le chiese Teddy.
La ragazzina gli mostrò la mappa e gli ripetè le parole di Caroline.
«Gli Shafiq sono Purosangue. Purosangue e Serpeverde sono una pessima accoppiata» commentò Charlie superandoli.
«È stata gentile però» tentò Charis.
«Già» replicò Teddy, che non riusciva a comprendere se era quello che voleva dirgli Harry ammonendolo a non farsi guidare dai pregiudizi.
Era la prima volta che facevano lezione con i Serpeverde e visto il modo in cui alcuni di loro li squadravano, pienamente ricambiati da Charlie e Zoey, Charis ne avrebbe fatto a meno.
La ragazzina preso posto accanto a Teddy al primo banco e attese nervosamente l’inizio della lezione. Ma era un nervosismo diverso da quello suscitato dalla Macklin: McBridge era il loro Direttore, in più non le aveva fatto una grande impressione e Charlie ne aveva parlato molto male in base ai racconti dei fratelli.
«Buongiorno a tutti» disse l’insegnante squadrandoli con uno strano cipiglio. «Non mi piace questa disposizione dei posti».
Charis si guardò intorno e notò che loro e i Serpeverde si erano seduti ai lati opposti dell’aula. Sicuramente, in base alla politica contro il pregiudizi, il professore li avrebbe costretti a mescolarsi. E dopo aver conosciuto Caroline forse non sarebbe stato così male, come avrebbe potuto pensare fino a qualche giorno prima.
«Signorina Williamson, signorino Lupin, potete rimanere al vostro posto».
Charis, che già stava per prendere la borsa, lo fissò sorpresa. Ma come?
«E anche tu, signorino Macfusty, ma tu Becker spostati nell’ultimo banco in fondo vicino alla parete». Forse fu un’impressione di Charis, ma le sembrò che l’insegnante non avesse degnato Mark di un solo sguardo. «Accanto al signorino Macfusty voglio la signorina Gould».
Matilde Gould si lamentò con gran piacere di Charlie.
«Mi creda signorina, è meglio così… Faccia come le ho detto…. Signorine Turner e Krueger, voi potete rimanere insieme…». Charis fu contenta per loro, ma le successive parole del docente fecero sorgere un tic nervoso sulla faccia di Charlie. «…ma spostatevi al primo banco, al posto vostro vadano Yaxley e Mulciber».
«Ha detto primo banco, signore?». Charlie fu apparentemente cortese, ma era evidente che al posto di quel ‘signore’ avrebbe voluto usare un insulto.
«Sì, avanti sbrigatevi».
Zoey trascinò Charlie al loro nuovo banco per evitare problemi.
«Dolohov accanto a Becker».
Antonin Dolohov non si lamentò ma riservò una tale espressione di disprezzo al nuovo compagno di banco che questi sembrò sul punto di svenire.
«Signorine Shafiq e Foster al secondo banco, grazie» continuò imperterrito l’uomo, apparentemente inconsapevole della situazione esplosiva che stava creando. «Infine Burke e il signorino Ning Li in terza fila. Questi posti rimarranno così fino a fine anno. Non accetto polemiche. Chi si lamenterà o si permetterà di cambiare posto senza il mio permesso, sarà punito».
Era un silenzio orripilato quello che seguì, non certo di rispetto.
A quel punto il professore iniziò a illustrare il programma che avrebbero svolto quell’anno e alla fine dell’ora la campanella fu colta con un sollievo da tutti i ragazzi.
Charis si rese conto che Mark fosse ancora più depresso, nonostante non avesse dovuto più usare la bacchetta.
«Stanotte abbiamo Astronomia e domani non avremo comunque bisogno della bacchetta, perciò i tuoi hanno tutto il week end per fartene avere una nuova» gli disse incoraggiante.
Mark, però, sbiancò ancora di più a quelle parole ed ebbe un conato di vomito così forte che dovette correre nel bagno più vicino.
Charis si scambiò un’occhiata con Teddy che le disse: «Ci penso io, tranquilla». Trovò il compagno in lacrime, lo aiutò ad alzarsi e sciacquarsi il viso.
«Che succede?» gli chiese gentilmente. Mark scosse la testa come a negare che vi fosse un problema. «Dolohov ti ha dato fastidio? Era lui a disturbarti, vero? Tutte le volte che il professore vi ha richiamati».
Mark annuì, sebbene pensasse che il compagno, per quanto gentile, non sarebbe mai stato in grado di aiutarlo.
«Che ti ha detto?» insisté, però, Teddy. «Non ne vuoi parlare?» sospirò di fronte al silenzio dell’altro. «Va bene, dai vieni, fuori c’è Charis».
La ragazzina si avvicinò immediatamente e prese per mano Mark, che arrossì. «Andiamo un po’ in Sala Comune prima di pranzo?».
I due ragazzi accettarono.
 
Quella notte ebbero la prima lezione di Astronomia, che piacque molto a Enan sebbene si fosse lamentato di non vedere tante stelle quante ne vedeva da casa sua. Il giovane professore gli spiegò che era a causa dell’inquinamento e anzi se ne vedevano molte più da lì che da zone come quella di Londra.
Seguivano Astronomia con i Corvonero e Teddy riuscì a trascorrere un po’ di tempo con Diana, che ancora non aveva legato particolarmente con i compagni, a parte un certo Angel Willis che presentò ai Tassorosso.
«Lo sapete che in questa torre c’è stato un omicidio molti anni fa?» sussurrò Charlie, alla fine della lezione, facendo rabbrividire i compagni.
«Idiozie» replicò Enan ricomponendosi.
«È la verità. Qui è stato ucciso Albus Silente per mano di Severus Piton» ribatté Charlie.
Questo Harry non l’aveva raccontato a Teddy, che avrebbe preferito di gran lunga non saperlo. Alle prossime lezioni di Astronomia sarebbe stato difficile non ricordarlo. Charlie ridacchiò contenta di averli spaventati.
 
Al ritorno in Sala Comune, però, Mark ebbe nuovamente le palpitazioni e si rifugiò vicino al grande caminetto come aveva fatto la sera precedente, sperando di svegliarsi in tempo per non essere visto da nessuno.
A svegliarlo, però, ci pensò Teddy per evitare l’intervento della Caposcuola.
«Ricordati quello che mi hai promesso» gli disse soltanto, mentre tornavano in camera.

 
*
 

Zoey quel venerdì mattina era molto felice: i suoi erano riusciti a risponderle senza troppe difficoltà e Charlie le aveva promesso che avrebbero trascorso l’intero week end a esplorare la Scuola e organizzare scherzi contro i Serpeverde. Perché la nuova amica ce l’avesse tanto proprio con quei ragazzi non l’aveva ancora compreso pienamente, ma pazienza: l’avrebbe seguita ugualmente. Quando le sue amiche di Richmond le avevano voltato le spalle, c’era rimasta molto male. Nonostante sapesse come la pensassero, aveva chiesto ai suoi genitori di consegnar loro dei biglietti da parte sua. Non avrebbero risposto, non così presto. Però non avrebbe rinunciato facilmente: avrebbe continuato a scriverli e a Natale le avrebbe affrontate di persona.
«Siamo arrivate in anticipo, com’è possibile?».
Zoey sorrise alle parole di Charlie. «È una bella giornata» provò ad ammansirla. «È bello fare lezione fuori una volta tanto. Alla scuola babbana non succedeva, a meno che non andassimo allo zoo o al museo… al museo era terribilmente noioso…».
«Che cos’è lo zoo?».
«Oh, è un posto dove mettono in mostra molti animali… animali feroci anche, tipo la tigre o il leone…».
«Forte! Mi piacerebbe vederlo».
«E da voi non c’è un posto del genere?».
Charlie fece spallucce. «Credo sia illegale. Insomma i nostri animali feroci… mmm la chimera? L’acromantula? Sono classificati come ammazzamaghi, non credo che qualcuno avrebbe il coraggio di metterli in gabbia e se lo fa di solito non ha il permesso del Ministero».
«Ehi sfigati!».
Zoey e Charlie si voltarono per osservare i nuovi arrivati. Il ragazzino biondo che aveva appena parlato era Antonin Dolohov.
«Sfigati sarete voi» ribatté all’istante la prima.
«Silenzio, mezzosangue» sibilò Dolohov.
«Come osi?!» strillò Charlie, che per buona misura, nonostante fosse più piccola rispetto a lui, lo spintonò.
«Ferma!» intervenne Teddy. «Stai facendo il loro gioco. Ignoralo».
«Ma loro ci vogliono mettere i piedi in testa!» s’intromise Zoey, pronta a dare manforte a Charlie nonostante non avesse compreso l’insulto.
«Dai, Charlie!» disse Enan, tirando la ragazzina per il braccio con l’intento di allontanarla dal Serpeverde.
«Il professore» li avvertì Charis.
I Serpeverde si voltarono verso Neville Paciock che stava sopraggiungendo.
«Che sta succedendo qui?».
Charlie fissò in cagnesco Dolohov, che con arroganza scrollò le spalle, ma proprio mentre Neville apriva la bocca per rimproverarlo, intervenne Edward Burke: «Nulla di importante, signore». Gettò un’occhiata ai Tassorosso, ma loro non sembravano della stessa opinione.
«Hanno chiamato Zoey mezzosangue!» sibilò Charlie.
A quel punto Dolohov negò e i due cominciarono a battibeccare e a loro si aggiungessero i compagni a difesa dell’uno o dell’altro.
«Non capisco chi vi credete di essere!» sbottò a un certo punto Teddy con in capelli tra il nero e il rosso. Mai un buon segno per chi lo conosceva abbastanza. E Neville Paciock lo sapeva. «Mia nonna è una Black. Io sono l’ultimo erede dei Black. Non ho nulla di meno di voi! Lo dite solo perché non sapete su cosa attaccarci».
Dolohov, Burke e Mulciber si zittirono e lo fissarono per un attimo prima di scoppiare a ridere. Gli altri, Serpeverde e Tassorosso, lo osservavano sorpresi.
«Questa poi» borbottò Charlie.
«Che ho detto? È la verità» mormorò Teddy ora incerto e guardando Neville in cerca di aiuto.
Il giovane professore era altrettanto basito, ma non fece in tempo a rispondergli che Dolohov sbottò: «La conosco la tua famiglia. Tua nonna è stata diseredata dopo aver disonorato la Casata dei Black. Tu non sei un bel niente. Al massimo l’erede dei Black è Draco Malfoy».
Charlie strinse le braccia al petto, infastidita da quella conversazione. Zoey non aveva idea di che cosa dire o fare: c’era una tensione assurda in quel momento e lei non ne comprendeva la causa.
«Sono tutte sciocchezze» sbottò infine il professor Paciock.
Zoey notò che era nervoso, quasi arrabbiato, ben diverso da come l’aveva conosciuto lei quell’estate.
«Mia nonna è una brava persona. Tu sei un bugiardo» scattò Teddy, pallido e scosso.
«Basta così» ammonì l’insegnante. «Trenta punti in meno a Serpeverde e riferirò al vostro Direttore il tuo comportamento Dolohov. Adesso seguitemi dentro la serra, la campanella è suonata da un pezzo, se non l’aveste sentita».
«Ma…» si lamentò Teddy.
«Niente ma» lo tacitò Paciock, aprendo la porta della serra e facendo loro segno di entrare e prendere posto.
Zoey, come aveva immaginato, trovò Erbologia estremamente noiosa, in più, essendo schizzinosa, odiava doversi sporcare con la terra e, peggio ancora, con il fertilizzante. Perciò fu sollevata al suono della campanella che segnava l’inizio dell’intervallo, anche perché la tensione con i Serpeverde non si era spezzata e Charlie e Teddy non avevano smesso di lanciare occhiatacce puntualmente ricambiate da Dolohov e amici. Ciò che, però, stupiva molto di più la ragazzina era che la sua amica non avesse ancora escogitato nulla.
«Vieni» le sussurrò Charlie, trascinandola fuori dalla serra.
«Hai un piano?» le chiese Zoey eccitata. Non sopportava i bulli.
«Oh, sì. Sbrigati, prima che si allontanino».
Si fermarono vicino a una fontanella, che probabilmente il professore usava per lavarsi le mani o per innaffiare le piante – o i maghi avevano altri modi? -.
Charlie non perse tempo e bagno il terreno circostante, già umido.
«Che stai facendo?» chiese un po’ schifata Zoey, vedendola impastare la terra con le mani.
Charlie le rivolse un ghigno saputo e replicò: «Guarda». Prese un pugno di fanghiglia e tirò.
«Cavoli che mira» sussurrò Zoey ammirata: aveva colpito la guancia di Matilde Gould.
«Carica!» strillò Charlie.
Zoey non ci pensò neanche un secondo e iniziò ad aiutarla. Tutte le Serpeverdi cominciarono a gridare e, alcune più fini, a lanciare improperi.
Se la stavano cavando alla grande, senza lasciar loro neanche il tempo di difendersi, ma, all’improvviso, le loro palle di fango furono intercettate da una barriera invisibile. La ragazzina alzò gli occhi e vide che il professor Paciock le fissava trucemente a braccia conserte e con la bacchetta stretta in pugno. In qualche modo capì che barriera invisibile e bacchetta dovevano essere connesse.
«Ops» mormorò.
Persino Charlie si fermò.
«Ora andremo a fare due chiacchiere con il vostro Direttore» sentenziò Neville Paciock con un tono che non ammetteva repliche.
 

 
*
 

«Avanti, siete lenti! Sbrigatevi!» Gli esortò Enan, che non stava più nella pelle all’idea di conoscere finalmente Hagrid. I suoi cugini gli avevano raccontato un sacco di storie straordinarie sul guardiacaccia e professore di Cura delle Creature Magiche! Teddy aveva mantenuto la promessa e li stava portando con sé a prendere il thè con Hagrid. Oh, Fagan sarebbe stato invidiosissimo appena gliel’ avesse raccontato! Peccato che i suoi compagni non fossero altrettanto entusiasti: Charlie e Zoey non erano potute andare perché McBridge le aveva punite per lo scherzo alle Serpeverdi di quella mattina e dovevano mettere in ordine alcune serre sotto la sorveglianza del professor Paciock; Teddy era palesemente di cattivo umore e rispondeva a monosillabi - era stato impossibile comprendere che cosa gli stesse passando per la testa, forse si stava chiedendo se la storia di sua nonna fosse vera o solo una brutta bugia di Dolohov -; Charis gli stava appiccicata nel tentativo di consolarlo, ma non sembrava ottenere risultati; infine Mark li seguiva mogio e pallido. Enan trovava quel ragazzino strano, aveva provato a confrontarlo con Blair, ma nemmeno suo cugino era così timido e chiuso. Decisamente non era abituato a coetanei tanto silenziosi e tristi. Lo affiancò e mormorò: «Dovresti dare un bel pugno ai Serpeverde che ti prendono in giro».
Mark mantenne lo sguardo basso – altra cosa che Enan non capiva – ma non rispose.
«Sul serio. Così ti rispetteranno».
«È contro le regole» borbottò Mark mentre raggiungevano la capanna di Hagrid.
Era un’altra bellissima giornata di settembre ed Enan non vedeva l’ora di godersi il week end prima che arrivassero il freddo e il brutto tempo, altro che lezioni e compiti.
«Non fa niente» replicò pazientemente. «Ci sono cose più importanti».
«Venite?» li chiamò Teddy.
«Certo!» trillò Enan, decidendo che non era il momento di convincere il compagno a confrontarsi alla babbana con i Serpeverde.
Teddy bussò alla porta ed Enan gli si appiccò addosso.
«Ehilà, Teddy sei arrivato!» tuonò il mezzogigante con un enorme sorriso che spuntava dalla barba ispida.
«Ciao, Hagrid. Ho portato degli amici, spero che non ti dispiaccia».
«Certo che no! Forza, entrate e sedetevi».
I ragazzini obbedirono all’istante.
Charis, però, strillò quando un bestione bavoso si buttò su di lei.
«Tranquilla, è solo Loki… Su, su, sta buono… Devi stargli simpatica se ti ha subito salutato!» esclamò Hagrid.
Charis mezza scioccata non replicò. Probabilmente avrebbe preferito non avere quell’onore e andò a sedersi il più lontano possibile dal cagnone, anche se il problema non si poneva: Enan fuori di sé dalla gioia si era gettato su Loki e aveva iniziato a riempirlo di coccole e attenzioni.
«Hagrid, ti presento Charis, Mark ed Enan… Enan desiderava molto conoscerti…».
Enan non arrossì alla presentazione del compagno, ma rivolse un enorme sorriso all’omone e annuì con foga.
Hagrid ridacchiò. «E come mai?» chiese mentre preparava il thé.
Charis e Teddy si scambiarono un’occhiata e per la prima volta da ore il volto del ragazzino si aprì in un sorriso divertito. Enan, però, ignorò entrambi. «È che mi manca casa… Teddy mi ha detto che lei può farmi vedere gli animali della foresta, professore…».
Hagrid arrossì leggermente e Teddy ridacchiò.
«Che ho detto?» domandò stranito Enan, smettendo di grattare Loki dietro le orecchie.
«Chiamami solo Hagrid» gli disse l’omone facendogli l’occhiolino. «Avvicinatevi, il thè è pronto».
«Lui è un Macfusty» disse Teddy con un ghigno e la reazione di Hagrid non lo deluse.
«Veramente?! Oh, che bello, sai che adoro i draghi? Una volta un mercante me ne diede uno… o meglio lo vinsi a carte… Harry te l’ha raccontato?».
Teddy sorseggiò il thè e annuì. «Oh, sì, tante volte. Jamie adora quella storia».
Hagrid ridacchiò.
«La voglio sapere anch’io» supplicò Enan curioso. E così Hagrid e Teddy alternandosi raccontarono di come Hagrid avesse fatto schiudere l’uovo vinto e avesse chiamato il draghetto Norberto, di come quest’ultimo fosse stato accudito a turno anche da Harry Potter, Ron Weasley e Hermione Granger, di come avessero scritto a Charlie Weasley e fossero stati miseramente beccati in giro di notte dal terribile Gazza dopo aver consegnato il drago e di come anni dopo Charlie Weasley avesse loro rivelato che il dorsorugoso di Norvegia era una femmina e aveva persino deposto delle uova! Gli occhi di Enan brillavano e il ragazzino non vedeva l’ora di raccontare quella storia al nonno, sicuro che l’avrebbe gradita tantissimo anche lui. Perso nei suoi pensieri prese un biscotto dal vassoio, non notando minimamente le occhiate di avvertimento di Charis e Teddy, e lo morse.
«Ti piacciono? Li ho fatti io?» gli chiese Hagrid.
Tralasciando il fatto che gli si stesse per spezzare un canino, Enan si costrinse a sorridere e annuire. «Sì, grazie».
«Dev’essere bellissimo vivere in una riserva per draghi» disse Hagrid con i piccoli occhi neri che brillavano tanto quelli del ragazzino, che si accorse di suscitare nel guardiacaccia un interesse simile a quello che provava lui nei suoi confronti.
«Oh, sì, ma ci sono moltissimi altri animali!» esclamò e si gettò in una disamina della sua vita alla riserva, rendendosi conto di quanto effettivamente già gli mancasse. A un certo punto smise di parlare perché un groppo gli era salito in gola.
«Oh, tranquillo» vociò Hagrid dandogli una pacca sulla spalla tale che, se non ci fosse stato Loki, sarebbe finito dritto sul pavimento di legno. «Ti faccio conoscere un po’ di miei amici e vedrai che sentirai meno la mancanza di casa… Ma senti non è che potresti mostrarmi qualcuno dei bellissimi esemplari che avete alla riserva?».
«Ma certo! Sono sicuro che al nonno starai subito simpatico!» strillò Enan felicissimo. Avrebbe voluto indagare sugli amici che avrebbe presto conosciuto, anzi avrebbe voluto conoscerli immediatamente, ma Hagrid cambiò argomento in modo da coinvolgere nella discussione anche Charis, Teddy e Mark.
«Allora, Teddy, te l’aspettavi di essere smistato a Tassorosso?».
Enan vide l’amico scrollare le spalle.
«Insomma… per lungo tempo ho pensato che sarei stato un Grifondoro come mio padre e Harry…».
«Meno male che non ti sei fissato come Charlie» mormorò Charis timidamente.
«Oh, oh» disse Hagrid, «Charlie sarebbe la ragazzina che ha strappato il Cappello Parlante dalle mani del professor Vitious? La stessa che si dice abbia buttato la compagna nel Lago Nero?».
I ragazzini scoppiarono a ridere.
«Sì, lei» confermò Enan, già adorando Hagrid che si era unito alla risata generale.
«Un bel peperino, decisamente. Perché non l’hai portata? Mi sarebbe piaciuto conoscerla».
«È in punizione con Neville» sospirò Teddy scuotendo la testa.
«È riuscita a mettersi nei guai con Neville dopo due giorni di lezione? Un record! Quel ragazzo è un bonaccione!».
Enan gli raccontò dell’attacco alle Serpeverdi e Hagrid ridacchiò.
«E tu non dici nulla?». Hagrid si rivolse a Mark che era rimasto in silenzio per tutto il tempo, quasi come se non ci fosse, sebbene palesemente avesse gradito i racconti di Hagrid ed Enan.
«È timido» gli andò in aiuto Teddy.
«Già anche troppo» borbottò Enan, rammentando il discorso di prima.
«Senti, Hagrid» disse Teddy divenendo serio di colpo, «è vero che mia nonna è stata diseredata?».
«Mmm». Enan si rese conto del cambio di umore del nuovo amico e si chiese perché Teddy avesse dovuto rovinare l’atmosfera. «È una storia vecchia» borbottò Hagrid.
«Quindi è vero?». Teddy era desolato tanto da sembrare sul punto di scoppiare in lacrime. Anche Hagrid se ne accorse.
«Sì, è vera. Ma i Black non erano una bella famiglia, tua nonna è stata molto più felice dopo» bofonchiò Hagrid a disagio.
«L’hanno diseredata!» sbottò Teddy con le lacrime agli occhi. «Deve aver fatto qualcosa di brutto!».
«Teddy, io non so tutta la storia» si affrettò a spiegare Hagrid. «So solo che si è innamorata di tuo nonno, ma siccome era un Nato Babbano ha dovuto scegliere tra lui e la sua famiglia. La tua nonna è una brava persona».
A quel punto Teddy scoppiò a piangere, probabilmente per la tensione accumulata per tutto il giorno, e si nascose tra le braccia di Hagrid che tentò goffamente di consolarlo.
Enan non era abituato a vedere piangere i maschi, ma si ripromise che non si sarebbe mai permesso di prendere in giro l’amico per quel crollo; in più apprezzò ancora di più Hagrid: nonostante fosse grande e grosso doveva avere un cuore altrettanto grande.
Ricacciò indietro la nostalgia provata in precedenza, rendendosi conto che, anche se lontano da casa, aveva trovato altre persone che l’avrebbero voluto bene.


 
*



 «Mark! È la terza sera di fila! Ricordati che me l’hai promesso!» disse Teddy con fermezza.
Il compagno lo fissò spaventato, anche perché non gli era mai accaduto di avere le palpitazioni per tre sere di fila.
«Vai da Madama Chips» disse Enan supportando Teddy. «Guarda che mi stai spaventando» aggiunse sinceramente.
«Sì, infatti. Non è normale» rincarò Teddy.
Mark annuì.
«Dai, ti accompagniamo» disse Enan.
I dormitori era silenziosi, dopotutto era quasi mezzanotte. Erano andati a letto abbastanza presto: Enan era crollato quasi subito, Mark aveva impiegato un po’ di tempo, ma Teddy non aveva preso sonno e per questo si era subito accorto che Mark si era svegliato e non si sentiva bene di nuovo.
«Voi sapete dov’è l’infermeria?» sussurrò Enan.
«La troveremo» rispose solamente Teddy.
Mark era agitassimo e questo peggiorava sicuramente la situazione: sembrava che il cuore volesse schizzargli fuori dal petto e, sinceramente, avrebbe preferito che rimanesse dov’era.
«Dove credete di andare a quest’ora voi tre?».
Mark impallidì più di quanto non lo fosse già. Elly li fissava in attesa di una risposta.
«Mark non si sente bene» disse Teddy con la voce lievemente incrinata, che suonava strana nel silenzio della notte.
Elly si chinò sul ragazzino e lo scrutò con attenzione. «Hai una brutta cera. Che ti senti?».
«Mi batte forte il cuore» mormorò Mark incespicando nelle parole.
«E gli è successo anche ieri e l’altro ieri» aggiunse Enan.
«E perché non l’avete detto prima?».
«N-non v-volevo» biascicò Mark, che non voleva che i compagni venissero sgridati per colpa sua. Erano stati così carini con lui in quei pochi giorni. Enan aveva persino insultato un altro ragazzo che l’aveva preso in giro per la divisa sformata – uno dei tanti. Non l’avevano preso in giro per nulla ed erano stati pazienti.
Elly fece un smorfia. «Ti accompagno io da Madama Chips, voi due tornate pure a letto».
«Ma…» provò Teddy.
«Me ne occupo io. Non vi preoccupate. Forza, rientrate in Sala Comune. Il coprifuoco è scattato da un pezzo».
Teddy ed Enan accettarono a malincuore e diedero una pacca sulle spalle a Mark prima di obbedire. Il ragazzino fu quasi sorpreso da quel contatto affettuoso, ma mai quanto dal braccio che Elly gli pose sulle spalle. Non avrebbe saputo dire se dipendesse dal suo stato d’animo o se il castello di notte, illuminato da torce poste a intervalli regolari, fosse veramente così inquietante.
«Eccoci» annunciò Elly dopo un po’. Mark l’aveva seguita per inerzia e quindi non sapeva in quale punto del castello si trovassero. «Tranquillo, Madama Chips è bravissima».
L’infermieria non piacque tanto a Mark: i lettini in fila e il bianco predominante lo misero a disagio. Non gli piacevano gli ospedali. Elly lo fece sedere con gentilezza su uno dei letti.
«Vado ad avvertire Madama Chips» gli disse avviandosi verso quello che doveva essere l’ufficio dell’infermiera.
Tornò poco dopo in compagnia di una signora con i capelli grigi striati di bianco e lo sguardo leggermente burbero. Era in vestaglia.
«Non volevo svegliarla, mi scusi» bofonchiò affranto Mark. Odiava attirare l’attenzione su di sé.
«Sciocchezze» tuonò la donna. «È compito mio prendermi cura degli studenti di questa Scuola. Che cosa ti senti?».
«Mi b-batte f-forte il cuore» mormorò.
«Non è la prima volta» s’intromise Elly.
Mark avrebbe voluto sprofondare e sparire. «S-sto bene» tentò alzandosi di scatto.
«Questo lo devo stabilire io» disse Madama Chips con fermezza, spingendolo di nuovo sul letto. «Puoi andare Montgomery».
Mark continuò a fissare il pavimento e stringersi convulsamente le mani in grembo. E non si mosse nemmeno alla fugace carezza che Elly lasciò sulla sua guancia.
«Guardami» disse Madama Chips con la voce molto più morbida di quella che aveva usato in precendenza.
Mark scosse la testa e serrò gli occhi. Non poteva rischiare di rivelare il proprio segreto. In quel momento si sentiva troppo vulnerabile.
«Va bene, allora sdraiati».
Il ragazzino s’irrigidì, ma poi, sempre più agitato, obbedì con gli occhi sempre più chiusi.
«Senti dolore da qualche parte?».
«N-no» si obbligò a rispondere. «Solo il cuore batte f-forte».
«Va bene, stai tranquillo, ora ti visito… Sei del primo anno, vero? Sei un Nato Babbano?».
«No».
Le mani dell’infermieria gli sciolsero la stretta, in cui aveva legato le braccia, in modo fermo ma gentile. Mark non si mosse mentre ella lo visitava minuziosamente. Ora in lui stava sorgendo la paura di stare male sul serio e la preoccupazione di Enan, Teddy ed Elly stava assumendo un significato diverso.
Dopo quello che gli parve un tempo infinito, Madama Chips disse: «Il tuo cuore è sanissimo, così come te… certo sei palesemente sottopeso per la tua età… ma stai bene… cerca di rilassarti, sei tesissimo…». Il ragazzino quasi sospirò al contatto gentile della donna che gli strofinava le braccia. «Ascoltami, le palpitazioni di solito ti vengono la sera quando ti sdrai oppure dopo un po’ che ti sei addormentato?».
«Di solito mi sveglio con il cuore che batte forte».
«Mmm» mormorò Madama Chips, «non è qualcosa che accade ai bambini. Solitamente mi ritrovo ad affrontare questo disturbo con i ragazzi più grandi nel periodo dei G.U.F.O. e dei M.A.G.O. Le cause di solito sono l’ansia, l’alimentazione pesante, un’intensa attività sportiva… ma soprattutto ansia… ora perché un ragazzino dovrebbe essere ansioso? Per la Scuola? È normale essere spaventati all’inizio…».
Mark, ascoltando attentamente, aveva leggermente socchiuso gli occhi, stando ben attento a non puntarli mai in quelli di lei.
Madama Chips appellò un’ampolla e ne verso il contenuto in un calice evocato appositamente. Il ragazzino si disse che doveva essere una strega molto brava. «Su, bevi, è una pozione calmante. Ti aiuterà a riposare».
Mark odiava le medicine e non era abituato alle pozioni curative, ma obbedì e svuotò il calice quasi in un sorso.
«Bene» riprese l’infermiera appoggiando il calice vuoto sul comodino accanto al letto, «vedrai ora riuscirai a riposare bene. Hai delle occhiaie! Perché non sei venuto prima da me?». Le ultime parole furono dette in evidente tono di rimprovero.
«Non era importante» bofonchiò il ragazzino.
«Non era importante! Ma certo che lo è!».
«Ma ha detto che non è una cosa grave» mormorò.
«No, ma ti faceva stare male. Guardati sei così minuto e sciupato! Non fa bene non dormire la notte, specialmente alla tua età!».
Mark non replicò e non si oppose neanche quando l’infermiera lo spinse sotto le lenzuola, avvisandolo che per quella notte avrebbe dormito lì. Cominciava a sentire le palpebre pesanti.
«Dormi» sussurrò dolcemente Madama Chips o almeno così sembrò al ragazzino nel dormiveglia. «Non esiste cura migliore».
 
   
 
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