Anime & Manga > Inuyasha
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Autore: Elenie87    21/07/2019    8 recensioni
Guardò stupita l’anima del mezzo demone nella sua mano, conscia che tra pochi istanti questa sarebbe scomparsa in mille frammenti.
Sorrise. Non aveva mai visto un’aura così pura e forte; egli non aveva avuto alcun tentennamento.
Ridacchiò, scuotendo la testa. Mai nessuno gli aveva parlato con tanta sfrontatezza e altrettanta decisione. In tanti anni di battaglie, nessun animo si era mostrato forte quanto quello del mezzo demone. In molti, al suo posto, avrebbero desistito.
«Inuyasha. Va’. Riposa, adesso» sussurrò.
L’anima del giovane si mosse in un leggero sfarfallio, poi scomparve, brillando come miriadi di stelle.
Guardò la luce svanire, poi ripeté le parole che gli aveva preannunciato.
Esse si persero tra le pieghe del tempo.
Passeranno le lune nuove, passeranno notti di tenebra.
Passeranno i secoli e nasceranno nuove stelle.
Attenderai nel tuo sonno, riposerai nel silenzio.
Il soffio di vita resterà immutato, sino a quando si farà di nuovo carne.
Non vedrai luce, non udirai conforto, non odorerai profumi.
Cesserai di esistere, perché questo è il prezzo.
Il prezzo della vita, per rivederla.
Genere: Mistero, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Inuyasha, Kagome, Sorpresa | Coppie: Inuyasha/Kagome
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Se penso al mio destino, tu ci sei in tutti i miei punti di vista.
 
 


Kagome, con un sospiro, chiuse l’ultima pagina del libro di “Storia Medievale”.
Si stiracchiò sonoramente, per poi passarsi una mano tra i lunghi capelli color ebano.
Sorrise leggermente nell’avvertire il senso di soddisfazione invaderla. Il primo anno universitario stava volgendo al termine e questo significava potersi godere un meritato riposo dallo studio e dal lavoro
part-time al Bar del centro.
Da quando il pozzo si era chiuso erano passati  esattamente quattro lunghi anni. Tante cose erano cambiate, principalmente dentro di lei. Era stato tremendamente difficile andare avanti, far finta che un anno della sua vita non fosse mai esistito. Era stato impossibile per lungo tempo non avere incubi e sonni infranti dal pianto perché Inuyasha non era più accanto a lei.
«Inuyasha… » mormorò al vento. Ancora oggi, una piccola parte di sé, sperava in un qualche miracolo. Ogni tanto si soffermava in prossimità del pozzo e restava lì, semplicemente in silenzio. Attendeva un rumore, un segno, qualsiasi cosa che le facesse varcare la distanza tra lei e la porta… ma puntualmente rimaneva immobile, per poi, dopo un tempo non quantificabile, allontanarsi.
Chiuse gli occhi per evitare che si riempissero di lacrime.
Al dolore del primo periodo era seguita la paura della follia. Aveva temuto di essersi sognata tutto, che quei mesi nell’era Sengoku fossero stati solo un sogno. Ma sua madre, Sota e il nonno la rassicuravano del fatto che non era pazza ma che doveva accettare la triste realtà: il pozzo non si sarebbe riaperto.
 
Un petalo di ciliegio entrò dalla finestra, portato dalla brezza primaverile, posandosi sulla mano di Kagome. Si riscosse, scuotendo la testa ed alzandosi malamente. Doveva smettere di pensarci, smettere di credere che sul quel davanzale, un giorno, ci avrebbe rivisto seduto Inuyasha.
Si era chiesta così tante volte come stava lui. E Sango, Miroku e Shippo. E la vecchia Kaede, Rin, Sesshomaru…
«Basta, Kagome. Non fai che tormentarti. È finita» sussurrò, avvicinandosi alla finestra con l’intento di chiuderla. Qualsiasi cosa loro stessero facendo, lei non poteva esserci. Le avventure nell’epoca Sengoku erano finite dal momento in cui la sfera era andata distrutta.
Era stato proprio quel mondo lontano a far sì che prendesse la scelta di studiare Storia Antica, con l’ambizione di diventare una professoressa. Una materia che aveva sempre odiato, ma che oggi oggi era diventata l’ultimo appiglio per quel passato che non sarebbe mai riuscita a dimenticare.
Sentì una lacrima solcare la guancia, silenziosa come i ricordi.
«Per quanto tenti di andare avanti, nel mio cuore… ci sei ancora tu» sussurrò guardando per un ultimo istante il Goshinboku dalla finestra, chiudendola poi definitamente.
 
 
 
«Higurashi, ecco i tè del tavolo 2» la avvisò il signor Keichi, il responsabile del Bar Neko dove lavorava nel pomeriggio per aiutare la famiglia a sostenere le spesse dell’Università.
«Vado subito!» rispose, ponendo sul vassoio le tazze fumanti. Si avvicinò al tavolino dove era seduto un gruppetto di ragazze. Dopo averle servite, raccolse il denaro e con un inchino si liquidò alle giovani, andando poi alla cassa per depositare il guadagno.
«Oggi abbiamo fatto un ottimo lavoro» commentò il signor Keichi sorridendole. Kagome ricambiò annuendo, togliendosi il grembiule.
«Hai già finito il turno?» disse l’uomo, osservando stupito l’orologio a muro. Si erano già fatte le sei di sera.
«Già, il tempo vola qui!» rispose ridacchiando. Keichi era un brav’uomo, gentile e amorevole con tutte le cameriere della sua caffetteria. Si preoccupava per le dipendenti e dispensava una paga onesta.
«Programmi per la serata?» si informò lui, mentre riempiva la macchina di caffè macinato.
Lei negò con la testa, afferrando la borsa.
«Kagome, possibile che ancor nessun bel giovane ti abbia rapito il cuore? Nessun pretendente dall’università?» borbottò contrariato.
Lei ridacchiò.
 «Niente di niente, capo. Non che mi importi» rispose.
Keichi notò come gli occhi grigi di Kagome si fossero adombrati un istante.
«A una ragazza giovane come te deve importare, invece. Il tempo vola, non va sprecato» le disse, azionando la macchina del caffè.
Lei abbassò il capo, lasciando che un sorriso triste facesse capolino sul volto.
«A volte il presente profuma ancora di passato ed è difficile andare avanti»
Keichi sospirò, posandole una mano sulla spalla. 
«Lascia che questo vecchio ti dia un consiglio: ci sono due errori madornali che si possono fare nella vita. Il primo è vivere nel passato, il secondo è cercare di cambiarlo»
Kagome sentì il proprio cuore sobbalzare e deviò lo sguardo per evitare che l’uomo potesse scorgere le lacrime.
«F-Farò tesoro dei tuoi consigli» sussurrò, allontanandosi di un passo. «Buona serata, capo. A domani» si liquidò, senza dargli tempo di replicare. Le parole di Keichi avevano toccato dei punti troppo sensibili. Sentiva un nodo in gola soffocarla. Aveva bisogno di uscire da lì.
L’uomo scosse la testa dispiaciuto e la guardò uscire dal Bar Neko di gran lena. Chissà cosa le era accaduto, al punto da rendere quei luminosi occhi grigi così tristi…
Qualunque cosa fosse, Kagome non aveva ancora curato le ferita della sua anima.
 
 
Venti minuti dopo, Kagome risaliva con estrema pigrizia le scale del tempio. Non aveva alcuna voglia di rientrare e cenare. Lo stomaco si era irrimediabilmente chiuso.
Le parole che le aveva detto Keichi non le erano, in fondo, nuove. Anche sua madre le aveva ripetuto più volte che ciò che aveva vissuto era stato certamente misterioso, incredibile e romantico… ma era finito.
«Non permettere a quei mesi di vita nell’era Sengoku di condizionare la tua intera vita e il tuo futuro» aveva detto il nonno.
Come se fosse facile dimenticare.
Una folata di vento le scompigliò i capelli; nel sistemarli dietro l’orecchio si soffermò accanto l’ingresso del pozzo. Ricordava ancora come fosse ieri il numero di volte in cui vi aveva visto uscire da lì Inuyasha, con l’aria torva e quel ghigno canzonatore.
Ridacchiò nell’immaginare ancora il mezzo demone sbuffare a fronte dei suoi dinieghi per ritornare indietro nel tempo, a causa degli esami.
«Mi chiedo se, ogni tanto, mi pensi ancora…» bisbigliò, consapevole di non poter ricevere risposta.
Sospirò, mosse un passo per riprendere il cammino verso casa, quando un rumore proveniente dal pozzo la raggelò sul posto.
Cosa?!
Si voltò piano, udendo nelle orecchie il tonfo del proprio cuore battere come un tamburo.
Ancora un rumore. Sobbalzò. C’era qualcuno… o qualcosa… lì dentro?
Deglutì. Il respiro si fece affannoso, mentre misurava ogni passo nell’avvicinarsi all’Hokora.
Che fosse… un demone? Oppure... 
Inuyasha?! 
L’ultimo pensiero le diede un improvviso coraggio; con poche falcate raggiunse la porta e la spalancò con decisione.
Gli occhi vagarono nella semi oscurità per secondi lenti, scanditi dal ritmo affannoso del respiro.
Lo sguardo cercò il mezzo demone, o un possibile intruso, ma non mise a fuoco né l’uno né l’altro.
«Non… c’è nessuno?» mormorò delusa. Portò una mano al viso, le dita tremanti accarezzarono la pelle liscia, poi coprirono la bocca distorta in una smorfia.
Con il cuore gonfio di dolore richiuse la porta dell’Hokora, poi si accasciò sulle ginocchia, reprimendo un singhiozzo.
«Sono una stupida. Mi basta un nulla per…!»
Qualcosa le si strusciò addosso. Qualcosa di peloso e non previsto.
Urlò, scattando all’indietro con una mossa fulminea, cercando con lo sguardo ciò che l’aveva sfiorata.
Quando i suoi occhi incontrarono l’oggetto di tanto spavento, si portò una mano al cuore.
«Cosa…? Eri tu?»
Una piccola gattina bianca si stiracchiò, puntando i propri occhi di giada nei suoi. Le si avvicinò, miagolando e strusciandosi ancora sulla sua gamba.
Kagome ridacchiò, scuotendo la testa.
«Come sei carina. Mi hai fatto venire un accidente» borbottò, accucciandosi a terra e accarezzandola delicatamente.
La micia prese a fare le fusa, divertendo Kagome.
«Ti piace, eh?» le chiese, sorridendo. «Che ci fai qui tutta sola?» aggiunse, grattandole il punto sensibile sotto al mento. Anche a Buyo piaceva un sacco essere coccolato nello stesso posto.
Miao, fece lei in risposta, regalando un sorriso alla giovane.
«Piccola peste...»
 
«Ecco dov’eri finita! Ti ho cercata dappertutto!»
 
Si voltò spontaneamente, in direzione di quella voce. Una giovane donna, dai capelli castani e leggermente mossi camminava verso di loro.
Il volto della sconosciuta era dolce e gentile, con dei grandi occhi nocciole.
Le ricordava vagamente qualcuno, constatò, aggrottando le sopracciglia.
«Chiedo scusa; la mia gattina ti ha, forse, importunato?» chiese lei.
«Oh, no. Affatto» rispose sinceramente, sorridendo e alzandosi in piedi.
Le labbra della donna si curvarono all’insù, ma restò in silenzio.
Kagome arrossì. C’era qualcosa in quella figura che la rendeva nervosa. Era una sensazione di familiarità e pace, eppure era certa... di non aver mai incontrato quella donna.
«Ci conosciamo?» le chiese spontaneamente. Quella inclinò la testa di lato.
«Può darsi» rispose.
Che diamine di risposta era?, si chiese, deglutendo.
Mosse le labbra cercando di incespicare qualche parola, tuttavia i pensieri si accavallavano l’uno sull’altro, accompagnati dal battito forsennato del cuore.
La giovane restò in silenzio un istante, poi con una scrollata di spalle le si avvicinò, accucciandosi per afferrare la gattina.
«Ti sembra il modo di sparire? Mi hai fatto preoccupare!»  borbottò rivolta al quadrupede.
Kagome osservava il tutto basita, non riuscendo a dire o fare nulla.
La sconosciuta, dopo aver accarezzato la micia, le sorrise di nuovo.
«Ti ringrazio di averle tenuto compagnia. Sai, a lei piace girovagare nei templi»
Kagome ascoltò in silenzio, mentre quella continuava.
Nei templi?
«È una gattina molto speciale» terminò, stringendola a sé, come se questo spiegasse la stranezza.
«Non deve ringraziarmi, non ho fatto nulla. È stata lei… ad attirare la mia attenzione» mormorò, rammentando che per un istante, a causa del rumore, aveva creduto che il passaggio tra le epoche si fosse riaperto.
No, Kagome. Non pensarci di nuovo!
La giovane scosse la testa, scacciando l’improvvisa malinconia.
Quando guardò di nuovo la sconosciuta, ella la stava osservando con uno sguardo profondo e gentile. Arrossì, muovendo un passo indietro d’istinto.
Santo cielo, le pareva che quella donna potesse leggerle dentro!
«Ad ogni modo, i-io adesso devo andare. È stato un piacere conoscerla» balbettò, facendo un breve inchino.
La misteriosa ragazza sorrise e ricambiò l’inchino, mentre la brezza muoveva delicatamente i capelli morbidi.
«Anche per me, Kagome. Ci vediamo» sussurrò, dandole le spalle.
Lei strabuzzò gli occhi, osservando la giovane allontanarsi con la piccola gattina bianca tra le braccia.
Miao, disse la piccola palla di pelo, arrampicatasi sulla spalla della donna, e quasi sembrò sorriderle.
«M-Ma che significa tutto questo?» balbettò confusa, scrutando la figura della donna illuminata dal tramonto.
Un pensiero improvviso la colpì, stordendola un istante: era una sua impressione o non le aveva affatto detto il suo nome?
Scuotendo la testa, roteo gli occhi al cielo. Forse stava semplicemente impazzendo.
Si incamminò, rincasando finalmente, e terminando la giornata stranamente con l’animo più sereno.
 
 
«Svegliati»
Un lieve soffio sul viso gli fece sfarfallare le palpebre.
«Inuyasha? Avanti»
Chi lo chiamava?
«Il tuo prezzo è stato pagato. Svegliati» disse caparbia la voce.
Svegliarmi? Perché?
Si sentiva così stanco.
«Ti sta aspettando»
Chi? Io sono solo.
«No, Inuyasha. Risveglia la tua coscienza. Ricorda il suo volto. Di’ il suo nome»
Il suo volto.
Un paio di occhi grigi e sorridenti comparvero nella sua mente, il sangue prese a fluire più velocemente.
Sì, conosceva quel viso, ricordava la dolcezza di quel sorriso.
«Pronuncia il suo nome»
Un ghigno apparve sulle sue labbra, mentre la coscienza sopita si risvegliava completamente.
«Kagome»
Gli occhi dorati si aprirono.
 
 


 
Un mese dopo.
 
Quella notte non aveva dormito. Le occhiaie erano evidenti sul viso spento di Kagome.
I capelli erano in disordine, il volto stanco.
Ingoiò ancora un boccone della colazione, poi si versò un poco di caffè nella tazza.
Non c’era sta stupirsi sul suo stato. Aveva fatto l’ennesimo sogno, l’ennesimo incubo, rivivendo l’attimo della chiusura definitiva del pozzo, il momento in cui si era svegliata a terra, nella fredda pietra, senza che il passaggio si fosse più riaperto.
Sospirò, mordicchiandosi il labbro.
Dèi, perché non poteva scacciarlo dalla sua mente? Perché una parte di lei ancora credeva in un miracolo?
«Mamma, vado in Università. Hai bisogno che compri qualcosa per cena, nella via del rientro?»
La donna si massaggiò distrattamente il capo, poi si illuminò.
«Potresti prendermi dei funghi shiitake? Ho un mente una nuova ricetta da provare» le disse.
Kagome annuì.
«D’accordo. Dopo al lavoro mi fermerò al supermercato»
La donna la osservò dubbiosa un istante, poi si avvicinò alla figlia, posandole poi le mani sulle spalle.
«Tesoro, stai bene?» mormorò.
Kagome avvertì immediato il groppo in gola.
«Sì, mamma» bisbigliò, avvertendo le lacrime salire agli occhi. «È solo che mi manca ancora. Troppo»
La madre sospirò e le carezzò i capelli con comprensione.
«Lo so, Kagome. Ma non puoi continuare ad essere infelice, lo capisci questo?» le disse, afferrandole le mani.
La figlia singhiozzò, asciugandosi una lacrima con rabbia.
«Perché ho dovuto incontrarlo, innamorarmi di lui e poi perderlo così?» chiese.
La mamma le sorrise tristemente.
«Sono certa che se vi fosse stato un modo per riaprire il passaggio tra le epoche, Inuyasha lo avrebbe fatto. Forse, doveva solo andare così»
Kagome scosse la testa, dando le spalle alla madre.
«E se mi avesse dimenticato, invece?» sussurrò, scrutando con gli occhi grigi un punto indefinito.
«Sai bene che non è così. Quel ragazzo ti amava. Per lui eri la cosa più preziosa al mondo»
Il cuore di Kagome si sciolse, sentendo quelle parole.
Le labbra si curvarono appena all’insù.
«Grazie, mamma» le disse, lasciando la stanza con l’animo ancora in subbuglio.
Sarebbe stata una lunga giornata.
 
 
 
Kagome chiuse il libro con un tonfo.
Dannazione, quella lezione era stata mortalmente noiosa.
Sbuffò, mettendo i quaderni nello zaino ed alzandosi dal banco scocciata.
Questa giornata procede di male in peggio.
«Ehi, Kagome! Vai a lavorare anche questo pomeriggio?»
La voce allegra della compagna di corso, Yuka, la fece voltare.
«Già. Ma non mi pesa molto, in realtà» rispose con una alzata di spalle.
L’amica ridacchiò.
«Sei sempre così piena di energie! Io al contrario, non ne sarei capace» disse, portando poi l’attenzione sun un gruppo di ragazzi poco distanti che le osservavano.
Yuka sorrise.
«Indovina chi ti ha puntato»
Kagome sbatté le palpebre confusa, poi cercando con lo sguardo individuò il ragazzo della conversazione.
Sbuffò.
«Povero Hojo, ci prova dai tempi delle medie. Dimmi, è più tornato all’attacco?» chiese Yuka.
Il caro Hojo, almeno una volta ogni due settimane la veniva a trovare al Bar dove lavorava, per poi cercare il momento per chiederle di uscire.
Sogghignò, imbarazzata.
«Diciamo che non si arrende» ammise, iniziando ad incamminarsi verso l’uscita assieme all’amica.
«Senti, perché non gli dai una possibilità? In fondo non è male e tu non ti frequenti con nessuno» disse Yuka.
Arrestò il passo, socchiudendo gli occhi grigi. Nell’udire quelle parole, il cuore aveva mancato un battito.
«No, Yuka. A me va bene così» confessò.
«Ma perché, Kagome? Sei bella, dolce, simpatica e-»
«Basta così, ti prego» la interruppe con tono triste ma deciso.
Yuka inclinò la testa di lato, preoccupata. Lo sguardo della giovane era così... malinconico.
«Kagome...»
Lei le sorrise.
«È complicato. Diciamo che... il mio cuore appartiene ancora a qualcuno e non sono pronta a dimenticarlo»
L’amica curvò le spalle, mentre l’immagine del ragazzo strano, che un paio di volte aveva intravisto, le saettò tra i pensieri.
«Capisco. Allora non insisto»
Kagome annuì, poi guardò l’orologio al polso.
«Devo scappare. Tra poco inizio il turno. Ci vediamo!»
Salutò con una mano Yuka che ricambiò il gesto, voltandosi poi veloce e iniziando a correre, trafelata.
Diavolo, Keichi mi farà la ramanzina!, pensò, notando che avrebbe certamente fatto almeno cinque minuti di ritardo.
Fu mentre correva che avvertì un brivido lungo la schiena e con un sussultò si arrestò d’improvviso con i sensi allerta.
Gli occhi grigi scrutarono lo spazio attorno ma non vi era nulla di strano, né nessuno di sospetto.
Le persone camminavano sui marciapiedi tranquilli, chiacchieravano e sorridevano.
Nulla pareva turbare quell’idillio.
Deve essere stata la mia impressione, pensò.
Corse per gli ultimi metri fino ad arrivare innanzi la porta del locale.
Si guardò un’ ultima volta alle spalle, non riuscendo a scrollarsi di dosso quella strana sensazione, poi con un sospiro entrò nella caffetteria.





ANGOLO AUTRICE

Buongiorno, eccoci al capitolo di intermezzo, necessario a far comprendere come se la passa Kagome nel frattempo e quale sia la sua vita.
Immaginarla felice e spensierata non è nel mio stile, ce la vedo più nel cercare di esserlo nonostante tutto, non riuscendoci per nulla.
Grazie a chiunque ha speso un attimo per recensirmi e lo spenderà ancora!! Siete dei tesori!
Vi aspetto nel capitolo finale della mini long!
<3 Un abbraccio
Manu
 
  
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