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Autore: Sky_Anubis    21/07/2019    0 recensioni
Gli dèi, gli antichi dèi della regione di Athena sono furiosi con gli uomini. Un'antica società segreta cerca di evitare la tragedia insieme ad un ragazzo e i suoi amici, che scopriranno di essere molto più importanti di quanto credessero.
Genere: Avventura, Azione, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Altri, Camilla, Ruby
Note: Lime | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Manga
Capitoli:
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Picco Aeternitas, 3750 a.C.

La votazione degli dei si era conclusa con uno schiacciante risultato a favore della proposta della Sapienza. Tutti avevano compreso la gravità del fato che stava per abbattersi sulla regione di Athena.
«Figlia mia, dunque, cosa intendi fare? Tu sei la nostra miglior stratega e consigliera.» intervenne il dio dei fulmini, facendo brillare la sua saetta. Stille di tuono si diffusero in tutta la grande sala occupata dagli dei, sulla vetta del luogo più antico e più alto di Athena, il Picco Aeternitas.
«Temo che questa volta la mia abilità strategica non sarà sufficiente, padre» rispose la dea dagli occhi cerulei. «Non ho il potere di prevedere il futuro, e ciò che sta per avvicinarsi non succederà a breve.» fece, guardando il fratello dalla dorata capigliatura.
«Non è così semplice, sorella» intervenne il dio del sole. «Non decido io quando vedere ciò che il futuro ha in serbo per noi e per l’umanità. Neanche ora avevo idea di quello che sarebbe successo.»
«Lo so bene, fratello mio» rispose lei. «Non credo che la profezia che ci occorre verrà pronunciata così presto dalle tue labbra.»
«E allora cosa proponi?» le fece la dea della luna, fissandola con le sue intense iridi color violetto. La sua pelle d’avorio emanava un deciso barlume lunare, come se lei stessa fosse l’incarnazione dell’astro d’argento.
«La Madre Terra ha già iniziato a destarsi. Percepisco il suo potere che inizia a spandersi in tutta Athena. Noi Dei Eterni siamo potenti, ma la Madre di tutto il creato lo è infinitamente di più» disse con gli occhi chiusi, mentre un’ombra lugubre le calava sul volto. «Ricorrere ai semidei, i figli dei due mondi, è l’unica soluzione per cercare di arginare lo spargimento di sangue.»
«Sei sicura che potrebbe funzionare?» le chiese il dio dei mari, dallo sguardo d’abisso.
«La strategia in battaglia è un’arte sottile» rispose lei. «Nessuno ha mai l’assoluta certezza che le scelte prese in situazioni così gravi abbiano l’effetto desiderato. Tuttavia, i semidei sono davvero la nostra arma più potente.»
«Tu proponi dunque di usare i nostri figli mortali per arginare lo spargimento di sangue che nutre il potere e l’ira della Madre Terra?» le fece il dio della guerra, mentre giocherellava con un pugnale affilatissimo.
«Certamente.»
«Ma mettere fine ad una guerra di queste proporzioni non è così semplice» intervenne la dea della luna. «Tu e nostro fratello dall’elmo di ferro potreste riuscire facilmente a domare il cuore degli uomini che l’hanno ordita, ma a nessuno di noi è concesso intervenire negli eventi umani.»
«Tuttavia, temo che questa volta sia necessario» fece il dio dei fulmini, ponendo fine alla discussione. «Le antiche leggi che gli esseri ancestrali venuti prima di noi stabilirono hanno una scappatoia.»
«Esatto, padre» rispose la Sapienza. «Noi, sorelle e fratelli miei, siamo gli Dei Eterni, coloro che reggono la civiltà athenìata dai tempi della caduta dei Titani. Nel momento in cui un pericolo incombe sull’umanità, che a noi e a tutte le altre divinità infonde forza e potere, è nostro dovere guidare gli eventi affinché una simile minaccia venga eliminata.» continuò, facendo brillare i suoi occhi cerulei.
Nella sala calò il silenzio. La dea dall’armatura d’argento irradiava potere, e un’aura dorata la circondò. «Questa sarà l’impresa più ardua, lunga e pericolosa di cui intere generazioni di semidei dovranno farsi carico, insieme a noi esseri celesti. Potranno volerci migliaia di anni, e il nostro cuore sarà straziato dalla morte di centinaia di nostri figli, ma noi tutti dovremo utilizzare il nostro potere per arginare una simile minaccia, modificando la storia degli uomini.»
Le dodici figure sfavillanti raccolte in quell’enorme sala guardavano la dea della Sapienza con occhi decisi, mentre reagivano alla sua chiamata alle armi facendo brillare le loro iridi.
«La decisione è presa» intervenne il padre degli dei, facendo sfavillare la sua saetta, mentre il cielo sulla regione di Athena brillava a tempesta. «Questa guerra deve avere fine, ora.»
 
Aeteria, oggi
 
La libertà aveva un sapore davvero inebriante. La prima volta che la si assaggia, pervade il corpo e la mente per intero, scuotendo anche i più profondi recessi dell’animo. Fa credere di avere saldo in mano il proprio destino, e di poter plasmare a piacimento le sorti del mondo. Kai e Minerva si sentivano invincibili, forti della convinzione che non sarebbero mai più tornati all’Ilitia.
Il ragazzo guardava ogni cosa con occhi sfavillanti di gioia, come se non li avesse mai aperti prima. Aveva un gran bel sorriso stampato sulla faccia e tutto gli sembrava più bello, più luminoso, più colorato. Anche Riolu, condividendo le emozioni del suo amico, era pervaso da un gran senso di serenità e allegria, e guaiva contento sulla spalla di Kai.
Anche Minerva era felice per quello che era appena successo, ma lo dava meno a vedere. Intanto, però, continuava a pensare a quello che era successo nell’ufficio della Chateau. Una divinità le si era rivelata davanti agli occhi, sia nella sua forma umana che in quella divina. La ragazza stava ancora cercando di elaborare ciò che aveva visto, ma intanto molte cose le si stavano chiarendo nella mente. Ora capiva perché lei e Kai non erano mai riusciti a trovare quella donna che tanto tempo fa li aiutò, e si spiegava anche il fatto che Percy la conoscesse. Il biondo avrebbe dovuto spiegarle un bel po’ di cose.
«Bene, non vedo perché rimanere ancora qui davanti» fece Deucalion ai ragazzi e a Riolu. «Vi va di andare in centro a mangiare qualcosa?»
«In centro? Ma non possiamo pagare.» fece Kai, ingenuamente. Ancora non aveva pienamente realizzato che ora Deucalion era a tutti gli effetti il loro tutore.
«Infatti voi non dovrete pagare nulla, d’ora in poi ci penserò io.» rispose il professore.
«Ah… è-è vero, scusa…» ribadì il ragazzo, imbarazzato.
«Non scusarti, è normale che tu debba ancora fare l’abitudine a tutto questo. Dai, salite in macchina.» fece Deucalion, mentre apriva lo sportello del guidatore. Kai e Riolu ubbidirono molto volentieri, sedendosi davanti, sul sedile del passeggero. Minerva, pensierosa, si trattenne per qualche secondo fuori dall’auto, non avendo fatto caso alle ultime parole pronunciate, quando all’improvviso si sentì chiamare. «Ehi, Minerva» le fece Kai, abbassando il finestrino. «Che fai, non sali?»
La ragazza si riprese e ritornò con i piedi per terra. «Ah, sì, certo.» reagì, e salì in macchina anche lei, sedendosi sui sedili posteriori. «Quindi dove andiamo?» chiese a Deucalion.
«Vi porto in un posto che conoscono in pochi, ma che fa dei dolci davvero squisiti.» rispose lui, mentre faceva retromarcia per uscire dal parcheggio.
 
 
Stazione ferroviaria di Aeteria Aureliana, oggi
 
Arrivata finalmente ad Aeteria, Camilla fremeva. Il treno stava effettuando la manovra di rallentamento in vista dell’arrivo in stazione, ma lei si era già posizionata davanti le porte, impaziente di scendere. Anche Garchomp, nella sua Poké Ball, sembrava piuttosto agitato, e non vedeva l’ora di sgranchirsi un po’ le zampe all’aria aperta.
Finalmente, il treno si era fermato. La donna premette il pulsante per aprire la porta, e pochi secondi dopo si stava muovendo sul binario 7 della stazione di Aeteria Aureliana, la più grande stazione ferroviaria di Athena. Camilla era già stata ad Aeteria, ma ogni volta si meravigliava di quanto quella città fosse vitale e caotica. In stazione c’erano negozi, attività, ma anche semplici baracchini di chi vendeva panini agli studenti pendolari e venditori ambulanti che cercavano di rifilare braccialetti arcobaleno a chiunque. Grandi pannelli mostravano immagini dai notiziari in tempo reale, pubblicità e offerte di viaggi in treno, facendo sembrare l’ambiente ancora più caotico di quanto non fosse già.
Camilla attraversò il gate D come una furia, sovrappensiero per ciò che doveva riferire a Deucalion, quando, fatti pochi metri, all’improvviso si bloccò, con lo sguardo perso nel vuoto. Vide immagini terribili: Aeteria distrutta, ricoperta da fiumi di lava. Vistose crepe attraversavano i suoi grandi viali, rivelando bocche d’inferno al di sotto. I grandi parchi della città erano in fiamme, e morte e distruzione regnavano ovunque. Pochi secondi dopo, la sua visione la trasportò a Taurinia, mostrando le sue grandi piazze vuote, stritolate dalla vegetazione: alberi enormi erano sorti nel mezzo di Piazza Legislazione, soffocando il grande monumento sormontato dal Genio umano. Giganteschi rampicanti erano sorti dal fiume Pado all’improvviso, abbarbicandosi sulla chiesa della Madre Celeste e crepandone la grande cupola, causando il panico generale. Molta gente non aveva fatto in tempo a mettersi in salvo ed era stata stritolata dal verde, rimanendo soffocata ed esalando l’ultimo respiro in un groviglio di rami e foglie. Anche molti Pokémon erano rimasti feriti o uccisi da quella improvvisa furia verde che aveva sconquassato l’intera città in pochi secondi.
Aeteria e Taurinia, due delle città più importanti di Athena, erano stato messe in ginocchio contemporaneamente, distruggendo secoli di storia, di cultura e di arte.
Quella visione terrorizzò profondamente Camilla. Il suo sguardo vacuo diventò portatore d’incubo una volta che la visione svanì. Una semidea aveva visto la fine della civiltà athenìata ad opera di forze che sembravano molto poco controllabili da comuni mortali. Camilla non riusciva a pensare lucidamente, in quel momento, ma sentiva il suo Lucario che si muoveva nella sua Poké Ball, attaccata alla cintura. Doveva aver percepito uno sconvolgimento davvero profondo nell’aura della sua Allenatrice.
Un poliziotto, notando il comportamento strano della donna, le si era avvicinato, cercando di capire cosa stesse succedendo. «Signorina? Tutto a posto? Sta bene?» le fece. Camilla lo guardò con i suoi occhi, in quel momento vitrei e ricolmi di orrore, e l’uomo stesso si spaventò, pur non sapendo cosa fosse successo.
«Io… io l’ho visto…» mormorò, poco prima di riprendersi. Il suo sguardo tornò normale, e la donna rinsavì, abbandonata dall’estasi divina infusale dal dio della profezia. «Cosa?» rispose Camilla all’improvviso, che non si era resa conto di ciò che le stava succedendo intorno.
Il poliziotto cercò anche lui di ritornare con i piedi per terra, dopo la sensazione di angoscia che aveva provato quando la donna lo aveva guardato col suo sguardo d’incubo. «Mi scusi, va tutto bene? Devo chiamare un medico?» le chiese quello.
«Oh, no, no, assolutamente no, non si preoccupi» cercò di sviarlo lei, inventando una scusa qualunque. «Mi hanno appena avvisata di un lutto in famiglia ed ero un po’ sconvolta, tutto qui.» disse, cercando di sembrare il più angosciata possibile, cosa che, tra l’altro le riusciva anche abbastanza bene.
«Oh, mi… mi scusi. La prego di accettare le mie condoglianze, non intendevo disturbarla.»
«Ma non si preoccupi, è stato invece molto gentile» rispose, con uno sguardo da vedova. «La ringrazio e le auguro una buona giornata.»
«Anche a lei, e di nuovo condoglianze, mi scusi.»
Camilla uscì dalla stazione guardando per terra, rimuginando su ciò che le era successo. Due visioni in un solo giorno, e di questo tipo. Non era mai accaduto che le venisse rivelato un futuro tanto orrendo e cupo, e mai aveva visto simili scenari di morte e distruzione. Ciò che la terrorizzava di più è che sembrava che neanche gli dei, le immortali divinità da cui lei stessa discendeva e che reggevano la regione di Athena, avessero il potere necessario per fermare tutto questo. Lo stesso dio della profezia, suo padre, sembrava angosciato quando le rivelava il futuro. Ora più che mai, era assolutamente necessario avvisare Deucalion e l’Ordine dei Lupi Bianchi, anche alla luce di quello che diventata sempre meno un sospetto e sempre più una certezza: il realizzarsi della profezia più oscura mai pronunciata dagli antichi oracoli del Sole, la Profezia del canto della Terra.
 
Centro di Aeteria, oggi
 
Kai e Minerva erano felici. Stavano mangiando una fetta di cheesecake seduti nel dehoor di un elegante caffè del centro di Aeteria. Anche Riolu sembrava contento, seduto sul divanetto, tra i due ragazzi, a sgranocchiare un biscotto enorme con tanti zuccheri.
Deucalion stava mescolando il suo caffè, guardando i suoi due nuovi figli, anche lui felice. Si sentiva come se avesse riempito un buco nel suo petto, come se avesse riconquistato una parte di sé che gli era stata strappata tempo fa.
Mancava soltanto Percy per completare il quadretto. Già, Percy. Dove diavolo era finito, da quella mattina? Deucalion decise di mandargli un messaggio per assicurarsi che stesse bene e stare tranquillo.
 
Noi siamo in centro, abbiamo preso qualcosa da mangiare
in quel locale davanti il Pantheon. Se sei qui vicino, raggiungici.
 
Posò il cellulare e ritornò a mescolare il caffè col cucchiaino, mentre Kai e Minerva gustavano la loro porzione di torta. Si portò la tazzina alle labbra, ma proprio in quel momento il cellulare ricevette una notifica, e il led sullo schermo si illuminò di giallo oro. Percy aveva risposto. Deucalion bevve un paio di sorsi, poi posò la tazzina ancora piena per metà e lesse il messaggio.
 
Dammi dieci minuti e sono lì da voi, il tempo di aspettare il 21.
Com’è andata all’orfanotrofio?
 
Il professore lesse il messaggio sorridendo leggermente. Si sentiva davvero bene, in quel momento. Scrisse poche parole di risposta, incisive e pregnanti.
 
Hai due nuovi fratelli e un Riolu a farti compagnia.
 
Poi bloccò il cellulare e lo posò sul tavolo, guardando i due ragazzi, che intanto avevano finito la torta.
«Era buona?» gli chiese, sorridendo.
«Moltissimo, davvero buona.» rispose Kai, mentre ingoiava l’ultimo boccone, un po’ a malincuore per il fatto che fosse già finita.
«Ve l’avevo detto, è una delle migliori pasticcerie della città. I suoi dolci sono famosi anche fuori dalla regione di Athena.»
«Anche il locale è davvero bello.» notò Minerva, intrufolandosi nella conversazione dopo aver dato uno sguardo veloce all’ambiente. Un pavimento in pietra levigata di colore chiaro donava al locale un tocco molto raffinato, così come facevano i tavoli in legno antico e i divanetti di velluto rosso, morbidissimi, con intarsi particolari. Dietro il bancone, realizzato in pietra verde levigata, troneggiava uno stemma con un Tauros rampante su sfondo blu, sormontato da una corona.
«A proposito, perché c’è lo stemma di Taurinia in un locale di Aeteria?» chiese Kai, curioso.
«Ottima domanda» rispose Deucalion, poco prima di finire l’ultimo sorso di caffè. «Questo caffè è uno dei più antichi di Aeteria sopravvissuti al periodo del Fascio. È stato aperto più di 150 anni fa, quando ancora Taurinia era la capitale di Athena, un paio di mesi dopo l’Unità. I proprietari erano taurinensi emigrati ad Aeteria durante i moti unificatori, per cercare di scappare dai Separatisti di quel periodo. Due dei più grandi Lupi mai appartenuti al nostro ordine.» gli spiegò.
«Davvero? Quindi questo era il luogo di ritrovo dei Lupi Bianchi durante il periodo unificatorio?» chiese Minerva.
«Esatto, e lo è ancora. O per lo meno, è uno dei tanti. Il nostro ordine è molto antico, e da sempre ha guidato la storia di Athena» aggiunse Deucalion. «O almeno, ci ha provato. Non sempre siamo riusciti a guidare il corso della storia verso un andamento migliore.»
«Parli del periodo del Fascio?» chiese la ragazza.
«Esatto. In quel periodo l’ordine era stato decimato dal regime dittatoriale. Per fortuna, una volta finita quella fase storica, ci siamo risollevati e ora siamo di nuovo attivi in tutta la regione.»
«In quanti siete?» chiese Kai, fissandolo con i suoi occhi verde intenso.
«In tanti, Kai. La dea della Sapienza ci protegge, e tutte le leggende più antiche dicono che sia stata lei a fondare l’ordine. Non permetterebbe mai che qualcosa che lei stessa ha creato finisca per mano di comuni mortali. Grazie alla sua protezione, non siamo mai stati così forti ed influenti sulla politica di Athena come in questo periodo, ma possiamo controllare gli eventi fino ad un certo punto.» gli rivelò. Kai e Minerva non si erano ancora abituati a sentir parlare delle antiche divinità di Athena come di esseri realmente esistenti. Nonostante avessero visto cosa era successo all’Ilitia, erano ancora increduli su certe cose. Ritrovarsi ad avere a che fare con esseri celesti, miti e leggende così all’improvviso era davvero difficile da metabolizzare.
«Certo, siete comunque costretti a rimanere nell’ombra.»
«Esatto, non possiamo rivelarci apertamente alla popolazione. Molte volte è capitato che il popolo eleggesse leader che non si sono poi dimostrati all’altezza. In quel caso, ci siamo sempre ritrovati in minoranza ad opporci.»
«Intendi dire che sta succedendo lo stesso in questo periodo?» chiese Minerva, dopo aver avuto una specie di visione di pochissimi secondi. Deucalion la fissò per qualche istante, prima di rispondere.
«Purtroppo, Minerva, a volte il popolo non discerne correttamente la differenza tra giusto e sbagliato, e si affida a politici che non meriterebbero questo appellativo. Quello che sta succedendo in questo periodo con Salfi si è già ripetuto altre volte, nel corso della storia.»
A Kai vennero in mente i manifesti incollati ovunque durante la campagna e, di conseguenza, il generale clima d’odio e di intolleranza che si era instaurato in tutta Aeteria qualche settimana dopo l’insediamento del nuovo governo. A suo dire, l’atmosfera in città non era mai stata così pesante. Lui e Minerva si erano trovati varie volte nelle stazioni della metropolitana a guardare i notiziari sui grandi schermi affissi alle pareti e dentro i treni, che parlavano di rivolte e proteste contro il governo in quasi tutte le città di Athena, specialmente a Taurinia. Il ragazzo ricordava di aver visto, sempre da spettatore, un’enorme folla in una piazza del centro storico di Medicea protestare contro un comizio di Salfi, più o meno nel mese di maggio di quello stesso anno. Da quello che aveva potuto apprendere dalle notizie dei notiziari e dei giornali letti a sbafo, aveva sviluppato una certa insofferenza verso la mentalità così chiusa che un personaggio così in vista dimostrava. Il problema principale era che una fetta sempre più grande della popolazione iniziava a sostenere il suo operato, anziché battersi per i principi di uguaglianza, tolleranza e libertà sanciti dalla Costituzione athenìata.
La misura era diventata colma quando, verso la seconda metà di aprile, molti cittadini di Aeteria, Taurinia, Medicea e Mediolanum avevano appeso alle ringhiere dei loro balconi degli striscioni per esprimere il proprio dissenso, per far capire che non facevano parte di quella fetta di popolazione che si accontenta di non pensare, e Salfi, abusando del proprio potere, aveva costretto la polizia di queste città a rimuovere quegli striscioni. Questa situazione aveva fatto scalpore a livello nazionale, ed era stata ricordata come “la protesta delle lenzuola”, come l’avevano definita molti quotidiani.
Era stato in quel momento che Kai e Minerva, insieme a Riolu, avevano deciso di scendere in piazza per unirsi ai manifestanti, in tutte le proteste organizzate ad Aeteria. Erano diventati figure di spicco tra gli attivisti, e si erano fatti conoscere abbastanza in fretta in quell’ambiente come i giovani che più avevano a cuore le tematiche di libertà e di uguaglianza. Salfi, infatti, aveva fatto parlare di sé molto spesso in precedenza per alcuni atteggiamenti omofobi e misogini promossi dal suo partito, e da cui lui, a quanto pare, non aveva mai preso le distanze.
In seguito a questi eventi, molte persone avevano iniziato ad additare come teste calde i ragazzi che partecipavano a questo tipo di eventi. A Kai e Minerva, però, questa cosa non importava. Piuttosto che rinunciare a diritti conquistati in anni di lotte, preferivano buttarsi nella mischia e combattere per ciò che ritenevano giusto. E se, per fare questo, dovevano essere considerati figli del demonio, giovani ingrati o anche solo teste calde, avrebbero corso il rischio. Anzi, avrebbero avuto il coraggio di alimentare certe voci, perché piuttosto che chinare il capo di fronte a chi non voleva neanche prendere in considerazione un punto di vista diverso dal proprio, avrebbero alzato i loro stendardi e i loro cartelloni di protesta contro le ingiustizie, mostrando il coraggio della disobbedienza civile e della protesta. Non avevano nulla da perdere. 
«Salfi non merita di essere nella posizione in cui si ritrova» fece Kai, dopo quel breve viaggio nei ricordi di qualche mese prima. «L’unica cosa in cui si sta impegnando è seminare l’odio.» disse, mentre le sue iridi iniziavano a brillare leggermente. La rabbia del semidio era tangibile. Le siepi fuori dal locale iniziarono a fremere leggermente, in risposta alle sue emozioni. Sia Minerva che Deucalion avvertirono la sensazione di pericolo, e cercarono di tranquillizzare il ragazzo, per impedirgli di scatenare un altro terremoto nel centro storico di Aeteria.
«Kai, non fare così. Sai che ora come ora non possiamo farci nulla.» gli disse Minerva, mettendogli una mano sulla spalla. Riolu si mise in piedi sul divanetto, pronto a contrastare un’altra possibile crisi di rabbia del suo partner.
Le iridi verdi di Kai smisero di brillare. Il ragazzo guardò in basso, girandosi di lato.
«Certo, lo so.» disse, facendo sentire il risentimento nella sua voce.
Deucalion tirò un sospiro di sollievo. Sarebbe stato difficile contrastare un’altra manifestazione di potere senza avere a disposizione la morfina. Fare affidamento soltanto su Riolu sarebbe stato un azzardo, dal momento che il professore sapeva bene che, soprattutto agli inizi, non sempre lo Spirito Protettore di un semidio è in grado di calmarlo.
«Ti consiglio di non pensarci, Kai» si intromise Deucalion nella conversazione. «So che è difficile ingoiare il rospo quando si tratta di questi argomenti, ma per ora pensa ad imparare a controllare i tuoi poteri. Ti assicuro che, una volta che l’avrai fatto, potrai dare un contributo maggiore alle lotte per la libertà.»
Il ragazzo chiuse gli occhi per un attimo, cercando di calmarsi e svuotare la mente. Si girò verso Deucalion e li riaprì, mostrando uno sguardo calmo, ma freddo: «D’accordo.» disse, soltanto.
 
Percy scese dal 21 alla fermata Partigiani, ad un paio di traverse di distanza dal locale in cui si trovavano Deucalion e i suoi amici. Anzi, i suoi nuovi fratelli. Gli sembrava quasi di vivere sospeso in un’altra dimensione, dopo quella meravigliosa notizia. Da moltissimo tempo, ormai, cercava di convincere Deucalion a fare qualcosa per quei due poveri ragazzi, confinati in un istituto in cui le violenze e i soprusi erano all’ordine del giorno. L’aver scoperto la natura semidivina di Kai aveva consentito di sbloccare la situazione di colpo, e ora il suo desiderio di vivere insieme ai suoi amici più stretti si era realizzato. Quella era davvero una gran bella giornata per Percy.
Il ragazzo era arrivato davanti il locale, il Caffè Taurino, in cui Deucalion, Kai e Minerva lo stavano aspettando. Il Pantheon, lì davanti, troneggiava maestoso, regalando una vista davvero mozzafiato su uno dei più famosi monumenti di Athena e del mondo. Stendardi rossi, posti dalla città di Aeteria, si calavano dal timpano, occupando gli spazi tra le colonne della facciata, e fiori multicolori decoravano l’ingresso dell’antico tempio, oggi restaurato e restituito a nuova gloria. Nella piazza davanti al Pantheon, miriadi di negozietti, di ristoranti e di caffè erano incastonati negli edifici che la delimitavano, fittamente frequentati da turisti provenienti da ogni parte del mondo.
Percy diede un ultimo sguardo a quella bellissima piazza, prima di chiudere gli occhi ed entrare nel Caffè Taurino, pronto ad accogliere la sua nuova famiglia.
 
Kai, una volta passato il momento di rabbia, era di nuovo impegnato a triturare un’altra fetta di cheesecake alle fragole, facendola sparire dal piatto ad una velocità impressionante. Anche Riolu stava sgranocchiando altri biscotti, come se anche gli stomaci di Pokémon e Allenatore fossero connessi, oltre ai loro spiriti.
«Kai, se tu e Riolu continuerete a mangiare così tanto rischierete di mandare in bancarotta il locale.» gli fece Minerva, scherzando.
«Ehi, sai che ho sempre fame.» rispose il ragazzo, mentre ancora masticava. Anche il piccolo Pokémon al suo fianco le rispose con un guaito, sorridente.
«Piuttosto, Deucalion» fece il ragazzo, posando un secondo la forchettina da dolce. «Hai sentito Percy, per caso?»
«Gli ho mandato un messaggio qualche minuto fa, dicendogli che siamo qui. Dovrebbe arrivare a momenti.» gli rispose il professore. Pochi secondi dopo, la porta in legno riccamente decorato del locale si aprì, e un ragazzo biondo entrò, guardandosi intorno per qualche secondo. Quando vide i suoi amici, si diresse deciso verso di loro, tutto sorridente.
«Ragazzi, Deucalion mi ha detto tutto!» fece ai suoi due amici, abbracciandoli da dietro il divanetto su cui erano seduti. Minerva e Kai si alzarono subito, contagiati dal buon umore del biondo, mentre invece Riolu continuava a mangiare soddisfatto. I tre ragazzi si abbracciarono felici, sfoggiando dei sorrisi accecanti e facendo scomparire il mondo intorno a loro. Perché, in quel momento, nulla era più importante della loro ritrovata libertà al fianco di quella che era, a tutti gli effetti, una vera e propria famiglia. Deucalion li fissò con sguardo felice, sorridendo leggermente. Riusciva a percepire l’allegria di tutti e tre, ma in particolar modo quella di Percy. Ed era un sentimento vero, autentico e davvero puro, riusciva a percepirlo. Tuttavia, Deucalion aveva anche un brutto presentimento che lo perseguitava da qualche ora, come se da un momento all’altro dovesse ricevere una terribile notizia. Quasi senza pensarci, prese il cellulare e accese i dati, e un miliardo di notifiche iniziarono ad inondare la sua home. Messaggi su WhatsApp e Telegram, richieste di videochiamate, chiamate vocali, e tutte con un denominatore comune: il mittente era sempre Camilla, Campionessa di Sinnoh e sua vecchia amica all’interno dell’Ordine dei Lupi Bianchi. La situazione sembrava di una certa gravità, dato l’ingente numero di notifiche ricevute. Una cosa del genere era successa soltanto quando la donna aveva avuto delle visioni sulla crisi di Sinnoh, qualche anno fa.
«Ragazzi, scusate, esco un attimo qui fuori, devo fare una telefonata urgente» disse agli altri tre, mentre si alzava. «Percy, tu ordina pure qualcosa, pago io dopo.»
«Ah, va bene.» rispose il biondo sorridendo, dopo essersi sciolto dall’abbraccio stritolatore dei suoi due amici.
Uscito fuori dal locale, Deucalion compose il numero della sua amica in un secondo, con un presentimento orrendo in mente. Pochi squilli dopo, lei gli rispose, non propriamente in maniera calma: «Deucalion, finalmente! Ho provato a contattarti un miliardo di volte, dove diavolo eri?»
«Buon pomeriggio anche a te, Camilla» ribatté il professore. «Scusami, ero molto impegnato a sbrogliare una situazione complicata. Ho visto tutte le tue chiamate, cos’è successo?»
«La situazione è grave, e non è il caso di parlarne al telefono. Sono alla stazione di Aureliana, raggiungimi subito, ti prego.» gli disse lei.
«Cosa? Sei qui ad Aeteria?»
«A dopo i convenevoli, vieni subito.»
«D’accordo, sto arrivando. Dammi dieci minuti di tempo e sono lì» le fece Deucalion. «A tra poco.»
«Sbrigati.» gli rispose Camilla, riattaccando la telefonata.
Deucalion rientrò subito nel locale per prendere le chiavi dell’auto, e ritrovò i tre ragazzi e Riolu seduti davanti ad altre fette di cheesecake, intenti a ridere e scherzare, mentre Kai e Minerva raccontavano a Percy tutto quello che era successo all’Ilitia.
«Percy, devo andare subito in stazione» si intromise il professore, interrompendo quell’idillio. «Prendi la mia carta di credito, nel caso servisse.» gli disse, sfilandola dal portafogli.
«Ok… che sta succedendo, Deucalion?» gli chiese il ragazzo, un po’ preoccupato per l’eccessiva foga del professore. Raramente lo aveva visto agitato, e ogni volta perché stava per succedere qualcosa di brutto.
«Ora non ho tempo per spiegarti, ci vediamo stasera a casa. Tieni il cellulare acceso, nel caso avessi bisogno di te.» rispose Deucalion, poco prima di uscire dal locale come un fulmine.
«Va bene, a stasera…»
«Ehi, Percy» si intromise Kai. «Che ha Deucalion?» chiese, un po’ confuso.
«Non ne ho idea, l’ho visto così agitato solo poche volte…» fece, assumendo un’espressione a metà tra il pensieroso e lo sgomento. «Comunque, continuate a raccontarmi di quello che è successo all’Ilitia, dai.» continuò poi, cercando di scacciare un brutto presentimento.
 
Stazione ferroviaria di Aeteria Aureliana, oggi
 
In stazione, Camilla aspettava di fronte un tabacchino, facendo avanti e indietro davanti la porta d’ingresso. Il suo Lucario fremeva dentro la sua Poké Ball, e voleva uscire a tutti i costi. La donna, accortasene, decise di fargli sgranchire le zampe. Il Pokémon la guardò con sguardo preoccupato. Anche lui aveva intuito che qualcosa aveva terrorizzato la sua Allenatrice.
«Lucario, sono terribilmente preoccupata per il futuro» fece Camilla, rivolgendosi al suo Pokémon. «Ho visto immagini terribili…»
Lucario chiuse gli occhi per cercare di leggerle l’aura con i suoi poteri extrasensoriali. Percepì ansia, paura il futuro, e anche un vago senso di terrore nello spirito della sua Allenatrice. Anche lui ne fu spaventato.
«Se il significato di queste visioni è veramente quello che sembra, significa che siamo davvero nei guai…» fece, fissando il suo Pokémon con occhi spaventati.
Qualche minuto dopo, Deucalion era arrivato davanti la stazione e si era infilato nel parcheggio sotterraneo. Scese dall’auto e si fiondò sulle scale mobili dirette al piano superiore, quello dei binari, per incontrare Camilla, sempre con quell’orribile sensazione che non gli permetteva di pensare ad altro.
   
 
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