Serie TV > Poldark
Segui la storia  |       
Autore: lady lina 77    22/07/2019    5 recensioni
Una nuova fanfiction, una AU (che sarà molto lunga), che parte dal tradimento di Ross della S2. Cosa sarebbe successo se Elizabeth si fosse accorta prima di sposare George, della gravidanza del piccolo Valentine? Cosa sarebbe successo se avesse obbligato Ross a prendersi le sue responsabilità?
Una storia dove Ross dovrà dolorosamente fare i conti con le conseguenze dei propri errori e con la necessità di dover prendere decisioni difficili e dolorose che porteranno una Demelza (già incinta di Clowance) e il piccolo Jeremy lontano...
Una storia che, partendo dalla S2, abbraccerà persone e luoghi presenti nelle S3 e 4, pur in contesti e in modalità differenti.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Demelza Carne, Elizabeth Chynoweth, Nuovo personaggio, Ross Poldark, Un po' tutti
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Jeremy non aveva mai avuto così tanta paura in vita sua. La montagna era franata con un frastuono spaventoso ed assordante e rocce, massi, detriti e rami erano venuti giù con una furia inarrestabile, travolgendo senza pietà qualunque cosa trovassero sul loro percorso.

Alla fine aveva ubbidito nonostante il suo istinto lo avesse fermato mentre fuggiva, quando si era accorto dell'infortunio e della caduta di Ross Poldark. Sua madre gli aveva sempre insegnato che si devono aiutare le persone che vediamo in difficoltà e Jeremy voleva farlo, per sua madre certo, ma anche perché dentro di se sapeva di voler essere inseguito e non voleva che questo finisse, non prima del necessario quanto meno... Era stato più forte di lui, non era riuscito a voltargli le spalle, non era riuscito ad ignorarlo, non era riuscito a far finta che non esistesse, come diceva a parole...

Con Clowance, di corsa, avevano raggiunto la piccola grotta che in realtà non era che una minuscola rientranza, riparandosi dalla pioggia di detriti appena in tempo. Clowance, piangendo, lo aveva abbracciato terrorizzata e in lacrime e insieme a lei, riparandola dalla polvere con le sue braccia, aveva atteso che tutto finisse.

Dopo fu silenzio, un silenzio che a Jeremy fece più paura della valanga stessa. Era come se ogni cosa, ogni forma di vita fosse stata sepolta e ora la natura stesse osservando rispettosamente dei minuti di silenzio in onore di ciò che era stato ed era andato perduto.

Jeremy deglutì, LUI era la fuori, in difficoltà, forse ferito, forse seppellito sotto detriti pesantissimi da spostare, forse... forse ancora peggio ma aveva troppa paura a pensarci. "Clowance...".

La piccola si asciugò le lacrime col braccio, non staccandosi da lui. "Non dire niente".

"Va bene... Ma non possiamo stare quì, non c'è tempo".

"Lo so...".

Jeremy fissò l'orizzonte, ancora polveroso. Tutto attorno era un disastro, pietre, sassi e rocce avevano travolto ogni arbusto e ogni pianta e il paesaggio pareva decisamente diverso rispetto a quello che era stato fino a poco prima. Erano sporchi, spaventati, bagnati e nei guai. Non erano feriti ma colui che era venuto a salvarli lo era, era in pericolo e loro non erano che due bambini che non sapevano cosa fare. "Se ci fosse Fox...".

"Se ci fosse Queen..." - sussurrò Clowance. "Lei saprebbe cosa fare. Anche Garrick...".

Jeremy strinse i pugni. I cani in quel momento sarebbero stati utilissimi, lo sapeva pure lui. Ma non c'erano e dovevano arrangiarsi da soli. E dovevano farlo in fretta. Si alzò di scatto, voltandosi verso la sorella. "Dobbiamo cercarlo! E portarlo quì, al riparo".

Clowance scosse la testa. "Lo so... Ma ho paura".

"La valanga è finita!".

La piccola scosse la testa. "Non ho paura della valanga, ho paura di cercarlo, trovarlo e vedere che non lo abbiamo trovato affatto, che non lo troveremo mai più! E mamma? Se è così, mamma che dirà? E' colpa nostra, Jeremy?".

Quella domanda lo colpì, era un'ipotesi orribile che avrebbe portato a un eterno ed insopportabile senso di colpa. Era stata colpa loro, della loro stupida fuga e del loro ostinato chiudersi in se stessi? Pensò a lui, a Ross Poldark, a quello che si erano appena detti, al fatto che con quel tempo infame era venuto a cercarli quando avrebbero potuto mandare dei servi scozzesi dello zio, decisamente più esperti della zona. Invece era venuto lui, subito. E lo aveva spinto via per salvarlo... Sua madre amava Ross Poldark, aveva avuto tre figli da lui e anche se aveva sofferto a causa sua, lo giudicava talmente un grande uomo da averlo riaccolto nella sua vita, dandogli di nuovo fiducia. Quella fiducia che lui non riusciva ancora a dargli ma che ora, ora che lui era in pericolo e ora che gli aveva gridato contro la sua rabbia, non sembrava più così complicata da accordare. Se solo...

Pensò alla promessa di cavalcare insieme e a quel padre che mai l'aveva mantenuta e aveva preso la porta per non tornare più. Il primo abbandono...

Pensò a Hugh, al giorno in cui era morto. Il secondo abbandono...

Pensò alla valanga. E al fatto che essere abbandonato ancora, per la TERZA volta, sarebbe stato troppo! Questa volta non ci stava!!!

Prese con decisione la mano della sorella, non era il momento né di frignare, né di avere paura. "Se stiamo quì a parlare, sicuramente sarà così!".

Clowance, sporca, stanca, sconvolta, tremò. "Jeremy!".

Lui le sorrise, cercando di apparire rassicurante. "Ci sono io, come sempre! Ma ho bisogno del tuo aiuto! Dobbiamo scavare, come farebbero Fox e Queen!".

Clowance deglutì, poi però annuì. In fondo sapeva essere combattiva anche lei e Jeremy sapeva che per carattere, se c'era qualcosa che andava fatto, lei non si tirava indietro.

Si alzarono in contemporanea, usendo dal loro nascondiglio di fortuna. Pioveva ancora molto forte e acqua e polvere insieme, rendevano la visibilità molto scarsa e facevano lacrimare i loro occhi.

Jeremy si guardò attorno, alla ricerca di Ross Poldark. Era a pochi metri dalla grotta ma ora il terreno e il punto in cui prima c'era il sentiero erano ricoperti da rocce e detriti e orientarsi era difficile.

Contò i passi, lo aveva fatto anche mentre scappava fino alla grotta ed erano nove. Era l'unico modo per cercare di capire dove lui fosse ed era un trucco che gli aveva insegnato lo zio quando, portandolo a una battuta di caccia, gli aveva suggerito di contare sempre i passi fatti fra il sentiero e una ipotetica preda magari lontana, per non perdersi durante il ritorno. Non aveva mai amato la caccia ma quel suggerimento in quel momento gli stava tornando decisamente utile. "Clowance, vieni!" - le ordinò, prendendola per mano e correndo. E contando...

Uno, due, cinque, nove... "Scava, quì!" - disse, cominciando a spostare il cumulo di massi più o meno grossi che coprivano la superficie sotto la quale, sperava, lo avrebbero ritrovato. Sempre che non fosse caduto giù con le rocce, nel dirupo scosceso... Ma a quell'ipotesi, Jeremy non voleva nemmeno pensare. Era lì, DOVEVA essere lì!

Perplessa dalla sua sicurezza, Clowance iniziò a muovere disperatamente le rocce, lavorando e piangendo. Era spaventatissima, ogni tanto implorava l'arrivo di sua madre ma coraggiosamente, continuò a lavorare.

Finché videro una manica spuntare dai detriti, consunta e logora.

Tirarono un sospiro di sollievo, era lì! Lui era lì, non era precipitato!

Jeremy prese a rimuovere le rocce ancora più forte, con la spinta che gli dava la disperazione. Nemmeno avvertiva più il freddo e la pioggia, lavorava come un pazzo con le mani che si riempivano di graffi e le braccia che prendevano a far male. Lavorò perché sua madre avrebbe voluto così, perché come poco prima non voleva che gli succedesse qualcosa di male e perché... Perché sapeva che Ross Poldark avrebbe fatto altrettanto per lui. Era strano ma ne era certo. E forse quella certezza era sempre stata insita in lui ma solo il fato, il destino e la disperazione l'avevano portata a galla.

"Signor Poldark, signor Poldark!!!" - urlò, liberandogli il viso.

Aveva dei graffi e sembrava senza conoscienza ma non pareva troppo malridotto. Ai suoi richiami non rispondeva, un rivolo di sangue gli scendeva dalla fronte completamene annerita dalla polvere ma a parte questo, sembrava avere la pelle dura, anche se era senza conoscenza.

Lo prese per le spalle, lo scosse e a quel punto sentì un lamento.

Clowance lo guardò. "E' vivo!?".

Col fiato corto, Jeremy annuì sollevato. Forse era ferito, forse pure gravemente, ma era vivo. "Sì, direi, ma dobbiamo portarlo al sicuro. Trasciniamolo fino alla grotta!".

Clowance non rispose ma con grinta e con le ultime forze che le restavano, rimosse le ultime pietre che bloccavano il corpo.

E quando fu completamente libero, prima di spostarlo, Jeremy lo analizzò come forse avrebbe fatto Dwight. Glielo aveva visto fare molto spesso coi gemelli quando erano malati e forse poteva capirci qualcosa. Doveva farlo visto che Ross Poldark era senza conoscenza e non poteva dire dove e se avesse male! Gli sfiorò la spalla che poco prima gli aveva strappato un gemito e si accorse che la sentiva strana, come fuori posto. Lui sussultò ancora e Jeremy a quel punto capì che qualunque cosa lui avesse, doveva immobilizzarla. Chiese a Clowance il nastro che le teneva legato il vestito in vita, fasciò la spalla e poi sfiorò il suo 'paziente' sul petto, sulle braccia e sulle gambe. La caviglia sinistra doveva essere slogata, doveva avere ematomi ovunque ma quando appoggiò l'orecchio contro il suo petto, si accorse che respirava senza affanno e che quindi era solo svenuto. "Signor Poldark!" - lo chiamò, forte. Poi ripeté quel nome ancora e ancora, sempre più forte, imitato da Clowance. "Signor Poldark, signor Poldark!!!" - gridò, riuscendo a sovrastare persino il rumore della pioggia. E mentre lo chiamava, ripensò di nuovo a tutti gli abbandoni della sua vita e a quell'uomo che il destino gli aveva rimesso vicino dando a lui una seconda possibilità ma anche... Era una seconda possibilità solo di Ross Poldark o lo era per tutti? Jeremy prese a singhiozzare, in fondo era difficile distinguere le lacrime dalla pioggia che gli bagnava il viso e Clowance magari non se ne sarebbe accorta e non si sarebbe spaventata nel vederlo meno coraggioso del solito. Lei aveva bisogno di saperlo forte e saldo e lo era sempre stato anche se adesso avrebbe voluto non esserlo, avrebbe voluto che lui aprisse gli occhi e lo proteggesse. Ecco, lo aveva detto, voleva essere protetto e non più il protettore dei suoi fratelli. Voleva avere paura e voleva avere qualcuno che da quella paura lo difendesse, voleva cadere ed essere aiutato a rialzarsi, voleva piangere e magari anche fare capricci e avere qualcuno che lo riprendesse e lo sgridasse... "Papà..." - sussurrò, piano, prendendolo per la camicia e scuotendolo. "Papà...".

"Lo hai chiamato papà!?" - sussurrò Clowance con gli occhi spalancati dalla sorpresa.

Jeremy si morse il labbro, maledicendosi per quel momento di debolezza che non poteva permettersi. Gli girò la testa, era da così tanto tempo che non chiamava qualcuno a quel modo e mai avrebbe pensato di poterlo rifare. "Gli direi anche che è il re, purché si svegli!" - rispose lui sforzandosi di essere sarcastico, ma con gli occhi ancora lucidi.

Clowance, perplessa, spaventata e consapevole che tutto stava cambiando in tutti anche se era difficile ammetterlo e faceva paura, rimase in silenzio. Comprese bene che non era stato un errore, che quella parola, 'papà', proveniva dalla parte più remota della mente del fratello e non fece domande. "Portiamolo alla grotta! Quì non si sveglia, ha bisogno di meno pioggia e di stare in un posto più tranquillo. Dwight direbbe così" – propose.

Jeremy si trovò d'accordo, in quelle ultime ore Clowance era diventata molto saggia e sembrava fatta di ferro, una che non si piega e che sa tenere il polso della situazione anche nei momenti difficili. Anche lei aveva pianto, anche lei aveva paura ma a differenza sua non si era lasciata andare a momenti di prostrazione come lui poco prima. O se lo aveva fatto, era stata più brava di lui a mascherarlo. In fondo era così che lo zio e nonna Alix le avevano insegnato: "Piangi in silenzio e dentro di te ma non farlo vedere fuori, non far vedere mai quando sei spezzata. Bisogna fare così...". Questo avevano insegnato a sua sorella e a tutti loro e anche se la loro mamma non era mai stata d'accordo, la nipote migliore di nonna Alix, quella che più di tutti la ascoltava, era sempre stata Clowance e ora se ne vedevano i risultati.

"Tiriamolo su" – disse solo. Stringendo i denti sollevò Ross Poldark dalle spalle mentre Clowance faceva lo stesso dalle caviglie. E a fatica, rischiando di scivolare giù nel dirupo, lentamente, raggiunsero la grotta.

Non avevano idea di come ci fossero riusciti, il terreno era scivoloso, la pioggia forte, lui un uomo adulto e loro due bambini. Eppure forse la disperazione fa fare cose che mai avremmo creduto possibili. Come in quel caso...

Una volta al riparo, Jeremy tolse il cappotto di Ross, mettendolo fra le rocce interne della grotta ad asciugare. Poi con Clowance si avvicinò a lui, inginocchiandoglisi di fianco. "O noi siamo molto forti o voi siete molto fortunato. Ma ora che siamo quì, aprite gli occhi...". Avrebbe voluto chiamarlo ancora papà ma la sua lingua in quel momento si rifiutò di ubbidire. Forse lo avrebbe fatto dopo o magari in un giorno futuro. Assieme a Clowance... Forse lo desiderava anche, avere due papà come diceva Daisy. Uno in cielo e uno in terra, tornato da un passato difficile e pronto a riscattarsi se lui gliene avesse dato l'opportunità come aveva fatto la sua mamma. Magari lo desiderava anche sua sorella, magari anche Clowance voleva 'appartenere' a qualcuno, soprattutto se a quel qualcuno assomigli nel fisico o nel carattere. Era difficile ammetterlo a voce alta, Jeremy aveva ancora paura. Ma i padri non servono proprio a questo, a farti passare la paura?

E in cuor suo Jeremy pregò che non fosse troppo tardi.

"Non era meglio una volta?" - chiese improvvisamente Clowance, spezzando quel forzato silenzio.

"Di che parli?".

"Di quando eravamo piccoli e la mamma ci leggeva la fiaba di Sveva la zebra. Tutto era più facile quando eravamo piccoli, bastava una fiaba per mandar via i pensieri brutti".

Jeremy sorrise tristemente, pensando a quel periodo lontano dove in effetti per lui tutto sembrava una fiaba. Ma ora che era più grande capiva che quella fiaba l'aveva creata per loro Hugh con sua madre e che per lei niente era semplice in quel periodo. Ma nonostante questo lei aveva sempre sorriso con lui e Clowance, anche se forse non avrebbe avuto voglia che di piangere. E ora chissà com'era preoccupata per loro ma anche per Ross... Lo scosse ancora, disperato. "Svegliatevi!" - lo implorò, continuando a scuoterlo.

Anche Clowance provò a scuoterlo e alla fine, esasperata, decise di usare le maniere forti. E con la mano destra diede un forte colpo sulla spalla di Ross che suo fratello aveva fasciato. A mali estremi, estremi rimedi...

Jeremy spalancò gli occhi. "Clowance!".

Lei fece la faccia da dura ma non fece in tempo a rispondere.

Ross nel sonno si lamentò, digrignò i denti e poi, a fatica, aprì gli occhi.

I metodi poco ortodossi di Clowance avevano funzionato...


...


La luce, nonostante fosse fioca, gli ferì gli occhi.

Non aveva nemmeno un osso che non gli facesse male e la spalla e una caviglia, soprattutto, sembravano lacerargli la carne dal dolore. La sua gola era secca come se avesse inghiottito chili di polvere, sentiva freddo e per un attimo non seppe dove fosse.

Ma la sua mente tornò subito lucida, assieme ai ricordi di quella giornata terribile coi suoi figli che scappavano da lui e gli urlavano il loro dolore e poi per finire la frana, che avrebbe potuto cancellare tutti loro.

E a quel pensiero, aprì gli occhi. Era vivo, dunque? E i bambini? Santo cielo, i suoi bambini dov'erano?

"Signor Poldark...".

Mai era stato tanto felice di sentire la voce di qualcuno come in quel momento! La vocina di Jeremy lo fece voltare e finalmente lo vide, davanti a lui, inginocchiato al suo fianco, con Clowance. Erano bagnati, impolverati e sporchi ma sembravano stare bene. Grazie al cielo, GRAZIE AL CIELO!

Ovunque fossero, solo questo importava! "State bene?" - chiese tossendo, con un filo di voce.

"Sì, noi sì" – rispose Clowance titubante.

"A differenza vostra..." - aggiunse Jeremy.

Ross chiuse gli occhi, stringendo i pugni. Non c'era bisogno che qualcuno gli dicesse che era malridotto, quei dolori che aveva ovunque erano inequivocabili. "Dove siamo?".

"Nella grotta dove ci siamo rifugiati. La valanga è finita e vi abbiamo portato fin quì! Eravate sotto un pò di rocce, è stato faticoso tirarvi fuori da la sotto".

Fu Clowance a dargli quella spiegazione, rimarcandogli sia la fatica, sia la difficoltà nell'aiutarlo. Era una bambina molto diretta, che non faceva giri di parole e non aveva mezze misure. Era una mini-Poldark fatta e finita!

Tentò di voltarsi verso di lei ma la spalla gli lanciò una fitta terribile che lo lasciò senza fiato. Quasi urlò, prima di ricadere senza forze sulla dura roccia.

Jeremy sospirò. "State fermo, avete la spalla slogata! L'ho fasciata ma finché non va a posto, dovrete tenerla immobile".

Ross lo guardò, accigliato. Aveva conoscenze mediche? "Come lo sai?".

Jeremy distolse lo sguardo, come se dare quella spiegazione gli costasse molta fatica. "Quando avevo sei anni e prendevo lezioni di equitazione insieme a Gustav col maestro... per imparare ad andare a cavallo... una volta Gustav è caduto dal pony. Dopo piangeva, aveva la spalla tutta strana come la vostra ed è corso Dwight a curarlo. Disse che era slogata, gli mosse e tirò il braccio in modo strano e Gustav guarì subito".

Ross alzò gli occhi al cielo. Ci mancava solo questa! "E tu hai visto ciò che ha fatto Dwight? Sapresti rifarlo?". Aveva bisogno di star bene e uscire da quell'inferno e con la spalla fasciata non poteva andare lontano.

Jeremy alzò gli occhi al cielo. "No! Sono un bambino, mica un dottore!".

In effetti non aveva torto e lui si sentiva scemo ad averglielo chiesto. Guardò i suoi figli che gli avevano urlato fino a poco prima il loro risentimento e si accorse che erano lì, che erano rimasti e che lo avevano salvato. Non erano scappati, non lo avevano lasciato solo senza voltarsi indietro ma anzi, avevano lottato per metterlo in salvo. Nonostante tutto, nonostante lui a suo tempo non fosse stato tanto gentile nei loro confronti... Lui non era tornato indietro, non era tornato a Nampara dove la sua famiglia lo aspettava. Loro sì, loro erano tornati da lui... Questo lo di sensi di colpa ma anche di una forte speranza e desiderio di parlar loro, ora con più calma. Aveva sbagliato tanto in passato e ora non chiedeva che di vivere una vita votata all'espiazione di quegli errori e all'amore di chi per lui contava più di tutto.

Ma Jeremy non gli diede modo di fare grandi discorsi. "Dove vi fa male?".

"Ovunque, ma credo siano solo lividi".

Jeremy guardò fuori dalla grotta. "Sì, credo anche io. A parte la spalla e la caviglia. Ci siete caduto sopra, prima".

Ross, a quelle parole, gli toccò il braccio, costringendolo a voltarsi verso di lui. "Non avresti dovuto tornare indietro, dovevi scappare e basta".

Jeremy impallidì. "Ma eravate caduto... Non si lascia solo chi cade".

Ross gli sorrise. "Sei saggio".

"Lo è mamma, ce lo ha insegnato lei" – si intromise Clowance, stringendosi fra le braccia per il freddo.

Ross annuì. "Vostra madre vi ha insegnato un sacco di cose. Lei è sempre stata molto saggia".

"Anche Hugh ci ha insegnato un sacco di cose" – rispose Jeremy, con tono più duro di poco prima.

Ross si sentì sotto esame di nuovo, come sempre succedeva quando Hugh veniva nominato. Ma stavolta non sentì la competizione con quel fantasma che da sempre aleggiava su di lui da un anno a quella parte ma al contrario, avvertì uno strano spirito di squadra con quell'uomo che non aveva conosciuto ma che era stato parte fondamentale della crescita dei suoi figli. "Lo so e gliene sono grato" – rispose, con un filo di voce.

Jeremy prese un profondo respiro. "Lui mi ha insegnato a leggere e scrivere. E a fare tanti regalini alla mamma con le mie mani, perché sapeva che gli avrebbero fatto piacere".

Clowance annuì. "E la sorpresa di Natale, come la recita e la canzone 'Oh Tannenbaum' che abbiamo preparato quest'anno. Lui ci ha dato questa abitudine, di fare qualche sorpresa di nascosto a mamma da darle la notte di Natale. Da piccoli facevamo disegni, bigliettini o imparavamo filastrocche. Ma quest'anno abbiamo voluto fare qualche regalo speciale e più complicato. Un regalo più da grandi".

Nonostante un improvviso mal di testa unito a spossatezza, Ross ripensò alla magia della notte di Natale, ai bambini che cantavano quella difficile canzone tedesca con armonia nel vero spirito di quella ricorrenza festosa e come allora, si sentì orgoglioso. E grato che Hugh avesse insegnato ai bambini a fare qualcosa che avrebbe reso felice Demelza. "Io non sarei mai riuscito ad insegnarvi niente del genere. Non ho quel tipo di cultura e conoscenza. O idee".

Clowance alzò le spalle. "Ognuno è quello che è. Anche questo ce lo ha insegnato la mamma".

Ross annuì. "E' vero, ma avrei voluto essere qualcosa di meglio. Per vostra madre e per voi" – disse, con un filo di voce. Santo cielo, i colpi presi iniziavano a fare effetto sul suo fisico provato. Aveva freddo e forse le ferite gli stavano facendo venire la febbre. Improvvisamente si sentì incredibilmente stanco...

"Signor Poldark..." - lo chiamò Jeremy.

"Dopo... Dopo che avrò dormito un pò... Penseremo a come uscire da questo disastro. Mi avete salvato, grazie... Ma ora, credo di voler dormire".

A quelle parole, Jeremy fu preso dal panico. "Noooo! No, non dovete dormire! State sveglio, state sveglio per favore".

Clowance fu presa dal panico quanto il fratello. "Se dormite, poi non vi svegliate più! I feriti non devono dormire MAI, ce lo ha detto Dwight! Dovete stare sveglissimo!".

Avrebbe voluto assecondarli ma era davvero difficile. Solo cinque minuti, solo cinque minuti di sonno sarebbero stati sufficienti... "Vi prego...".

Jeremy, disperato, lo scosse. "No, no!!! Sapete cosa ho pensato, quando vi ho visto cadere e sono tornato indietro?".

"A cosa?".

"A voi! A quanto mi avete lasciato da solo ed ero piccolo! A Hugh, a quando è morto e mi ha lasciato pure lui! E ora...". Le manine di Jeremy tremarono, mentre gli afferrava il colletto della camicia per stringerlo. "E ora...".

Ross si accorse che suo figlio aveva gli occhi lucidi e capì che doveva aiutarlo, che non poteva dormire e che quello era forse il momento più importante della vita di tutti. Al diavolo stanchezza, febbre e ferite! "Jeremy".

Il bambino singhiozzò. "Ed ora... Ora se dormite e non vi svegliate, mi abbandonerete di nuovo! E questa volta non vi perdonerei MAI! Capito? Mai è mai, vuol dire per sempre!".

Clowance tremò ancora, stavolta per la tensione, stringendosi al fratello. E Ross, raccogliendo le forze esigue, capì che era il suo momento, che doveva essere il loro padre e rassicurarli. Proteggerli. Per la prima volta entrambi gli avevano aperto uno spiraglio e doveva afferrare le loro manine per non lascarli andare più. Gli stavano chiedendo aiuto, gli stavano chiedendo di restare, di non lasciarli, di rimanere lì con gli occhi aperti a parlare con loro. Li strinse a se e anche se gli faceva male dappertutto, capì che non gli importava niente. Soprattutto perché i bambini, in lacrime, glielo fecero fare.

Jeremy sprofondò il viso nel suo collo, piangendo. "Non dormite... Non dormire papà... Sta sveglio, ti aiuto io a farlo, ti racconto tutte le barzellette che so. O le poesie... Quello che vuoi ma sta sveglio!".

"Per favore..." - aggiunse Clowance, unendosi alla richiesta del fratello. "Per favore, papà...".

Ross spalancò gli occhi. Erano i deliri della febbre? O loro lo avevano davvero chiamato...? Ricordò Julia, lei non aveva fatto in tempo ad imparare a parlare. E Jeremy, che quando aveva iniziato a chiamarlo papà, non l'aveva quasi notato. E Clowance, che aveva conosciuto quando sarebbe stata capace di recitare la Divina Commedia se qualcuno glielo avesse chiesto. Infine Valentine, che quando l'aveva chiamato papà per la prima volta, aveva la mente troppo avvelenata per goderne appieno... Ma ora quella parola assumeva una dolcezza che mai aveva conosciuto... "Cosa avete detto?".

Clowance deglutì. "Le barzellette! Non le voglio, quelle che raccontano lui e Gustav sono bruttissime!".

Ross rise, stringendola a se. Aveva uno strano e sarcarstico senso dell'umorismo. "No, non intendevo quello! Come mi avete chiamato?".

Jeremy si strinse ancora più a luic capendo a cosa alludesse. "Papà... Non è così che dovremmo chiamarvi?".

Ross li strinse a se. "Certo, certo...". Forse in quel momento fu come se loro fossero nati la seconda volta e lui finalmente fosse nel posto giusto. Fu come rinascere, per loro e per lui. C'erano tante cose ancora a dividerli ma forse loro desideravano avere qualcuno da chiamare papà e lui desiderava che tutti i suoi figli lo chiamassero in quel modo.

Col viso nascosto contro il suo petto, Jeremy strinse le mani a pugno. "Ma io avrò sempre anche un altro papà... E uno zio e una nonna. E due fratelli gemelli...".

"Anche io" – mise in chiaro, Clowance.

Ross li strinse a se, capendo le loro paure. Era normale, erano stati amati ed avevano trovato una famiglia nei Boscawen e mai li avrebbe privati di tutto questo. Lo aveva desiderato all'inizio, quando li aveva ritrovati aveva prevalso il suo egoismo e la voglia di riavere indietro, come se nulla fosse, ciò che si era lasciato sfuggire dalle mani stupidamente. Ma poi aveva capito, aveva compreso che la sua famiglia aveva vissuto in quegli anni di separazione, i suoi figli erano cambiati e Demelza con loro si era costruita una nuova vita che lui doveva rispettare non solo perché non aveva altra scelta ma perché li amava e voleva solo il loro bene. Hugh, chiunque lui fosse stato, era ancora amato e pensato e doveva rispettarlo. I gemelli erano nati e facevano parte di quella grande famiglia allargata, come Valentine del resto. Falmouth e Alexandra erano zio e nonna a tutti gli effetti dei bambini. Tante cose erano cambiate ma in fondo l'amore fra lui e Demelza mai era mutato davvero nonostante le tante tempeste vissute e quindi tutto ciò che si era aggiunto fra loro negli anni non doveva essere visto come un ostacolo ma come un semplice arricchimento. Anche per lui che in fondo mai aveva avuto attorno il calore di una famiglia vera e tanto grande. E gli piaceva, doveva ammetterlo... "Voi siete scappati perché pensavate che io volessi portarvi via da tutto ciò che amate?" - chiese. Era inutile girarci attorno.

I bambini non risposero.

Ross proseguì, capendo le loro paure ed accarezzandogli i capelli. "Credete davvero che vostra madre mi avrebbe permesso di farlo? Di portarvi via dallo zio e dai vostri fratelli? Dalla nonna e dalla vostra casa? Credete davvero che avrebbe potuto voler bene a un uomo che le chiedeva ciò?".

Jeremy e Clowance sussultarono a quelle parole e a quella realtà forse sempre davanti ai loro occhi ma che per rabbia e timore non avevano voluto vedere. "Ma nessuno ce l'ha mai detto...".

Ross sospirò. La maledizione dei Poldark era proprio questa, il silenzio dettato dall'orgoglio. "Già. Ora ve lo sto dicendo io, vi basta?".

"Credo di sì" – ammise Jeremy, forse più fiducioso del buon cuore di sua madre che nel suo, ma a Ross in quel momento andava bene anche così.

Ross li guardò negli occhi, serio e risoluto. Era stato zitto tanto, troppo a lungo. Ed era ora di essere franco e sincero e ripartire da zero da lì. "Io ho fatto molti errori, errori orribili che mi hanno fatto perdere tutto. Ma non ho mai pensato di non volervi, mai ho desiderato essere da qualche altra parte se non con voi e vostra madre. Ho avuto un periodo duro e confuso, mi sono smarrito come a volte succede nella vita ad ognuno di noi e ho fatto sbagli di cui non mi rendevo conto. Ma non è una scusa e il torto rimane. Ma credo mi siano anche serviti per imparare molto da me stesso. Io non sono come Hugh, non amo i libri e nemmeno le poesie. Amo la vita all'aria aperta, amo veder star bene le persone che lavorano per me e chi ho vicino, amo le mie miniere e la Cornovaglia".

Clowance lo boccò. "Ci porterete lì?".

Ross sospirò. "E' il posto da dove veniamo e io e la mamma vorremmo portarvi a vederlo questa estate. Ma poi torneremo a Londra, lì c'è anche la vostra altra casa, lì ho un lavoro e credo che passarci l'inverno e i mesi freddi sia la condizione ideale mentre in estate potremmo andare in Cornovaglia, al mare, a riposare. Come fanno molti...".

Quella proposta sembrò piacere ai due bambini. "In fondo non fa tanta paura, raccontata così" – sussurrò Jeremy.

"E di cos'altro hai paura?" - chiese Ross. Perché sapeva che c'era dell'altro ed ora non si doveva più sfuggire ai fantasmi che intercorrevano fra loro!

Il bimbo abbassò il capo. "Di fidarmi ancora e poi, ancora, rimanere solo. Di altre promesse a cui credere e poi...".

Ross lo bloccò. "Fruga nella mia tasca sinistra" – ordinò.

"Perché?".

"Fallo!".

Jeremy fece quanto gli veniva chiesto e con titubanza, tirò fuori dalla tasca dei pantaloni di suo padre un cavallino di legno. QUEL cavallino di legno.

Stranito lo osservò, senza riconoscerlo inizialmente. Ma poi spalancò gli occhi, guardandolo con le labbra tremanti. "Questo era mio. Lo ricordo... Ci giocavo sempre da piccolo".

Ross gli accarezzò i capelli. "L'ho conservato con me tutti questi anni ed è diventato il mio portafortuna, in attesa di potertelo restituire. Non ti ho mai dimenticato e non ho mai dimenticato la promessa che ti feci allora e se si potesse tornare indietro, sarei felice di mantenerla. Non ti ho insegnato a cavalcare, ma posso insegnarti tante altre cose, se me ne darai l'opportunità".

"Anche a me?" - chiese Clowance.

Ross le sorrise, era una bambolina bellissima ed era orgoglioso di esserne il padre. "Anche a te".

Jeremy accarezzò il cavallino e Ross pensò che se lo sarebbe messo in tasca. Ma poi, inaspettatamente, glielo rimise nella sua di tasca, da dove lo aveva preso poco prima. "Se è un portafortuna, devi tenerlo tu. Ora è tuo e visto come sei ridotto, ne hai più bisogno di me! E poi non gioco più coi cavallini di legno, ma forse...".

"Cosa?" - chiese Ross.

Jeremy sorrise, finalmente più disteso e rilassato. "Forse è vero che puoi insegnarci altre cose che io e Clowance non sappiamo ancora fare. Un pò ce le ha insegnate Hugh, un pò lo farai tu ".

Ross rispose al sorriso. "Cosa vorresti che ti insegnassi?".

Il ragazzino alzò le spalle, pensieroso. "Potresti insegnarmi a fumare la pipa! Quello, ancora, non lo so fare".

Ross rise. Era decisamente furbo. "Tua madre mi ha perdonato molte cose ma questa, questa non me la perdonerebbe mai. Ma troveremo qualcos'altro".

Anche Jeremy rise, con l'espressione di uno colto con le mani nel vasetto di marmellata. "Una cosa me l'hai già insegnata: vedere com'è Clowance quando è costretta a lavorare ed è tutta sporca".

Ross si voltò verso la bambina, silenziosa più del fratello. La piccola fece la linguaccia e poi, piccata, si rannicchiò contro suo padre. "Tanto dopo posso fare il bagno, no?".

Ross rimase colpito da quella risposta. Lui le aveva insegnato questa cosa, il non temere lo sporco che tanto poi esiste il sapone. Era successo durante le sommosse al discorso di Pitt e non immaginava che Clowance se lo ricordasse ancora. "Esatto... Non lo hai dimenticato".

Lei annuì, seria. "Come ti ho detto, io dimentico le cose non importanti e ricordo solo quelle da ricordare. Dovresti spiegarlo al mio maestro che non lo capisce...".

Chiara, limpida, cristallina e furba come Jeremy. Era e sempre sarebbe stata una principessa ma in lei ardeva la vera essenza ribelle dei Poldark. "E' una buona filosofia di vita, lo dirò sicuramente al tuo maestro".

"Se andiamo in Cornovaglia, mi metterai a pulire la cacca dei maiali?" - chiese lei, preoccupata. "Mamma dice che hai una fattoria".

Ross sorrise. "No... A meno che tu non voglia farlo".

"Non credo di volerlo fare" – rispose lei, seria.

"D'accordo". Ross strinse a se i bambini, coprendoli poi con il suo cappotto. "Dormite un pò, ora. Poi penseremo a un piano per uscire da questo guaio".

Jeremy sorrise. "Come una squadra?".

"Saremo una squadra!".

Il bambino, pur eccitato dalla cosa, si guardò attorno sconsolato. "Ma uscire da questo guaio... come si fa?".

Ross gli strizzò l'occhio, facendogli segno di aspettare. E Jeremy ubbidì.

Pian piano Clowance si addormentò al caldo del cappotto di suo padre mentre lui le accarezzava i capelli e quando dormì profondamente, Ross riprese la parola. "Jeremy, io non posso camminare e tornare indietro con tua sorella, sarebbe troppo complicato per te. Ti rallenterebbe il passo e devi essere veloce con questa pioggia. Non posso venire ma so che sei grande ed in gamba per fare quello che ti chiedo".

Jeremy impallidì. "Cosa, papà?".

"Domattina devi uscire dalla grotta e tornare indietro. Vai sempre dritto e trova il sentiero per tornare al lago e al castello da cui siete scappati. E lì cerca aiuto. So che ti chiedo tanto e non vorrei mandarti da solo, ma non posso, non posso davvero fare altro e lo vedi pure tu".

Spaventato, Jeremy tremò. Ma oltre alla paura, in lui crebbe l'orgoglio per la fiducia che suo padre stava riponendo in lui, la fiducia per un bambino grande ed in gamba a cui chiedere una cosa difficile. "Tu non dormirai, nel frattempo?".

"No, te lo giuro. Starò sveglio e baderò a Clowance". Era in ansia e preoccupato, era terribile dovergli chiedere qualcosa di tanto pericoloso ma non aveva scelta, se voleva riportare vivi da Demelza i due bambini.

"Le vuoi sentire le mie barzellette?".

Ross lo strinse a se. "Sai cosa preferirei?".

"Cosa?".

"Che invece delle barzellette, mi raccontassi cosa hai fatto in tutti questi anni".

"Con o senza Hugh?".

Ross sorrise. "Quello che vuoi, quello che ti va. Voglio sentire tutto".

E tranquillizzato, Jeremy iniziò a raccontare, riempiendo di parole quella lunga notte che avrebbe fatto da preludio a un giorno tutto nuovo, luminoso e pieno di speranze.

Il passato, col suo carico di dolori e gioie, poteva essere solo raccontato. Il futuro poteva invece essere totalmente scritto da loro, insieme.



  
Leggi le 5 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Serie TV > Poldark / Vai alla pagina dell'autore: lady lina 77