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Autore: Nana_13    23/07/2019    1 recensioni
"...Fa male. Un dolore lancinante mi attraversa tutto il corpo e mi sento quasi morire. Però devo resistere. Non posso permettere che lui mi scopra. Non ancora almeno. Devo dare il tempo agli altri di fuggire o il mio sacrificio non sarà servito a niente…"
Come promesso ecco il secondo capitolo della saga Bloody Castle. Claire, Juliet e Rachel hanno dovuto affrontare di tutto per salvarsi la vita. Una vita che ormai, è evidente, non è più quella di tre semplici liceali. Riusciranno a cavarsela anche questa volta? Non dovete fare altro che leggere per scoprirlo ;)
Genere: Angst, Romantico, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo 15 - Addio e bentornata
 
Laurenne poggiò in terra l’ultima pietra runica, chiudendo il cerchio che aveva creato nel giardino dietro casa, dove teneva l’orto con tutte le sue erbe medicinali. Il sole stava tramontando sul villaggio e la luce iniziava a scarseggiare, così avevano risolto il problema piantando delle fiaccole in punti strategici del cortile.

Restando in disparte, Dean la osservava preparare l’occorrente per il rituale che avrebbe dovuto risvegliare Juliet. Ancora una volta si era stupito della forza e del buon animo degli esseri umani quando la sciamana, nonostante la notte passata in bianco, aveva comunque deciso di mettere le loro esigenze al primo posto.
Non l’avevano più vista dal momento in cui lei e Jamaal avevano lasciato il tendone la sera prima ed era rientrata solo quella mattina, stanca e visibilmente provata. Cassim era stato trovato impiccato con una corda dentro casa sua. A causa della vergogna per la sconfitta e l’allontanamento del figlio, questa l’ipotesi più plausibile. Dopo aver tirato giù il corpo, avevano dovuto organizzare in fretta e furia dei funerali decorosi, visto che il padre di Tareq era un membro anziano e stimato della comunità, perciò non c’era stato neanche il tempo di riprendersi dallo shock.

Dean, che aveva intenzione di andare da Jamaal per informarlo delle ultime novità su Nickolaij, visti i fatti aveva deciso di rimandare a un momento migliore. Non doveva essere facile per lui, che probabilmente si riteneva responsabile del suicidio di suo zio.

“Aspetta! E se cambiasse idea e decidesse di non aiutarci più?” aveva obiettato Mark, quando Dean li aveva messi al corrente che ci sarebbe passato nel pomeriggio.

Lo aveva considerato, ma quanto scoperto da Claire nel suo sogno doveva essergli riferito. “Questa non sarà solo una missione di salvataggio, ma anche un primo tentativo di entrare nel castello in previsione di un attacco più grande in futuro. Cosa che dovrebbe concludersi con la morte di Nickolaij.” aveva illustrato paziente. “Il fatto che sia invulnerabile a qualsiasi arma conosciuta complica un tantino le cose, non credi? Quindi Jamaal deve saperlo, anche se questo dovesse mettere a rischio il recupero di Cedric.”

“Può essere ucciso, invece.” aveva replicato Claire, allarmata al pensiero che potesse saltare tutto.

Dean però si era dimostrato scettico. “Con un magico paletto scomparso? La vedo alquanto difficile…”

“Se sia Cordelia che Elizabeth ci hanno suggerito di trovare Margaret, dovrà pur esserci un motivo! Magari lei sa dove trovare quei paletti o meglio ancora ne ha uno con sé. Non possiamo saperlo.”

A quel punto, Dean aveva incrociato le braccia, pensando a quanto tutto ciò fosse ridicolo. “D’accordo, quindi cosa dovrei dirgli? Di non attaccare Bran finché non avremmo trovato una strega, in teoria morta almeno cinque secoli fa, che forse è in possesso dell’unica arma in grado di uccidere Nickolaij?”

Per un attimo il silenzio era sceso nella stanza, mentre tutti riflettevano sul da farsi; poi Rachel e Claire si rivolsero un’occhiata complice e subito dopo Rachel lo guardò. “Sì, è esattamente quello che gli dirai.”

Come prevedibile, Jamaal non aveva reagito con entusiasmo alla notizia, ma al di là delle aspettative si era dimostrato comunque lucido e razionale. I piani per il futuro andavano riconsiderati in virtù di ciò che sapevano ora, perciò ci avrebbe riflettuto sopra e lo avrebbe informato una volta presa la decisione.

Tornato a casa, Dean aveva trovato Laurenne sveglia e stranamente pimpante. A quanto pareva, la lunga dormita del pomeriggio aveva portato consiglio e adesso si sentiva finalmente pronta a tentare il rituale su Cordelia. Per farlo avrebbe avuto bisogno della semioscurità, perciò aveva deciso che quella sera sarebbe stata perfetta.

Qualche ora più tardi, quindi, si erano riuniti tutti nel cortile sul retro, in attesa del momento propizio. Una volta finito di preparare l’occorrente, la sciamana entrò in casa per cambiarsi e, quando tornò, indossava un caftano lungo fino alle caviglie e al collo diversi giri di collane fatte con pietre colorate e vari pendagli. A completare, sulla testa portava un vistoso copricapo di piume e il trucco bianco sul viso risaltava con la pelle scura.

“Wow…” commentò Rachel perplessa, vedendola conciata in quel modo. “Era davvero necessario tutto questo?”

Lei le lanciò un’occhiata di traverso. “Ovviamente.”

Dal canto suo, Cordelia nemmeno le ascoltava, torcendosi le mani agitata come non mai. “Dunque, ci siamo.” disse, tentando con scarso successo di mantenere l’autocontrollo. “Perdonami, potresti ripetermi cosa mi accadrà di preciso?” chiese a Laurenne.

“Grazie al potere delle rune cercherò dentro di te l’anima perduta di Juliet. Quando l’avrò trovata, tenterò di riportarla indietro e la tua sarà libera di tornare nell’aldilà. Sempre se tutto andrà come spero.” spiegò la sciamana.

Cordelia deglutì, per nulla rincuorata. “Sì, lo spero anch’io di cuore.”

“Stai dicendo che potrebbe non funzionare?” si intromise Rachel, preoccupata della scarsa sicurezza della donna.

“È un rituale molto complesso e purtroppo non ho mai avuto occasione di provarlo su un corpo umano, per di più con due anime all’interno. Quindi non posso assicurarvi che riesca.” rispose lei rammaricata.

Anche Claire non poté fare a meno di provare un certo disagio al pensiero che qualcosa potesse andare storto. “E cosa pensi che le succederà se non dovesse funzionare?”

Laurenne ci rifletté un istante. “Non ne sono certa…” esitò. “Nel peggiore dei casi il corpo non riuscirebbe a sopravvivere.”

“E nel migliore dei casi?”

“Beh, c’è pericolo che io prenda l’anima sbagliata. Nell’altra dimensione si fa tutto più confuso…Se questo accadesse, Cordelia rimarrebbe e Juliet non avrebbe più modo di tornare.” concluse.

La rivelazione li lasciò per un momento basiti, mentre soppesavano le sue parole nel tentativo di capire se alla fine fosse il caso o meno di andare avanti. Magari Laurenne avrebbe dovuto fare altre prove, per essere più sicura del risultato…Nessuno era convinto al cento per cento di quello che stavano per fare, ma solo Dean diede fiato ai propri pensieri.

“Facciamolo.” sentenziò infine risoluto.

Rachel lo fissò allibita. “E non ti importa di quello che potrebbe capitare a Juliet?” Poco dopo averlo detto se ne pentì, rendendosi conto di essere stata indelicata nei confronti di Cordelia, ma ormai era fatta.

L’occhiata raggelante che Dean le rivolse fu più eloquente delle parole e sembrava voler dire: - Secondo te come fa a non importarmi? – “L’unico modo per scoprire se funziona è provare.” replicò poi. Lui più di tutti avrebbe sentito il peso dei rimorsi nel caso fosse andata male, ma non assumersi quel rischio avrebbe potuto significare non rivedere più Juliet e trovava il solo pensiero insopportabile.

Forse per la prima volta da quando la conosceva, Rachel ingoiò il rospo, riconoscendo che aveva ragione, così, ottenuto il consenso di tutti, Laurenne si apprestò a eseguire il rituale. Dopo aver invitato Cordelia a posizionarsi al centro del cerchio di pietre runiche, si mise di fronte a lei e fece un respiro profondo.

“Ehi. Andrà tutto bene, vedrai.” disse Rachel con un sorriso, leggendo l’agitazione negli occhi di Cordelia.

Lei ricambiò, allungando la mano verso di loro perché la raggiungessero. Le sue dita si intrecciarono a quelle di Rachel, mentre anche il volto di Claire si apriva in un sorriso di incoraggiamento. “Durante queste settimane siete state come una seconda famiglia per me. Ovunque io stia andando, siate certe che non vi dimenticherò mai.”

Rachel non riuscì a impedire che una lacrima furtiva le scendesse lungo la guancia. Suo malgrado, si era affezionata a quella strana versione di Juliet e in fondo sapeva che le sarebbe mancata. “Neanche noi.” le assicurò, prima che lei le coinvolgesse tutte e due in un abbraccio di addio.

“Quando vedrete mia sorella, ditele che mi manca e che le vorrò sempre bene.” Il rimpianto di non poter essere presente era palpabile nella sua voce.

Rachel annuì, poi dovettero interrompere l’abbraccio e con Claire si allontanarono di nuovo, lasciando campo libero a Laurenne.

La sciamana si avvicinò a Cordelia e le toccò la fronte con il palmo della mano, chiudendo gli occhi. In quel modo, aveva spiegato loro prima di iniziare, si sarebbe messa in contatto diretto con la sua dimensione interiore, sperando così di riuscire a trovare l’anima di Juliet e scinderla da quella di Cordelia.
Sui loro volti si dipinsero espressioni perplesse quando Laurenne prese a recitare una strana litania, in una lingua sconosciuta. In un primo tempo sembrò non cambiare nulla, ma nessuno distolse l’attenzione dalla scena, convinto di assistere a qualcosa da un momento all’altro.
Di lì a poco, infatti, con l’aumentare d’intensità della cantilena, le incisioni sopra le pietre cominciarono a illuminarsi e Rachel sentì il suo scetticismo vacillare quando una ad una presero a vibrare, come mosse da un’energia invisibile.

Quando anche l’ultima pietra si illuminò, Cordelia cadde a terra in ginocchio, il viso rivolto al cielo e le pupille rovesciate all’indietro. Una visione inquietante che li fece trasalire per lo spavento.

Dean fece per muoversi, ma Laurenne lo fermò prima che potesse andare a soccorrerla. “No! Resta dove sei!” impose autoritaria. “Guardate!” esclamò poi, tornando su Cordelia.

Uno spasmo improvviso e violento la colse, mentre dalla bocca aperta e dagli occhi fuoriusciva una luce sempre più accecante, tanto da costringerli a ripararsi. Il petto si alzava e si abbassava frenetico, come se qualcosa dentro di lei stesse cercando di uscire, finché pian piano la luce non si affievolì e il retro della casa piombò nuovamente nella semioscurità. 

Quando tornarono a guardare, il corpo di Juliet era accasciato al suolo, circondato dalle pietre ormai spente e immobili.
 
-o-
 

Juliet si svegliò di soprassalto, agitata come dopo un brutto sogno. Era distesa su una sdraio, in spiaggia, con il costume da bagno e la piacevole sensazione del calore del sole sulla pelle. Il verso stridulo di un gabbiano di passaggio la portò ad alzare la testa, scoprendosi circondata da palme e vegetazione.
Si sentiva insolitamente bene, anche troppo visto che era appena stata accoltellata. D’istinto, si portò una mano al fianco e rimase di sasso. Della ferita inferta dal pugnale di Mary nessuna traccia. Niente, neanche la minima cicatrice.

“Juls, tutto okay?”

Rachel era sdraiata accanto a lei e la studiava preoccupata da dietro gli occhiali da sole.

La guardò a sua volta, stranita. “Io…credo di sì. È solo che…” Stava per dirle della ferita, quando Claire arrivò sorridente e grondante dal bagnasciuga.

“Ehi, belle addormentate! Che aspettate a venire in acqua? È fantastica.” Le schizzò per dispetto, prima di afferrare l’asciugamano dalla sdraio e usarlo per frizionarsi i capelli, che con somma sorpresa di Juliet erano corti come all’inizio dell’estate.

“Magari più tardi. Devo ancora abbronzarmi a dovere.” disse Rachel, tirando su gli occhiali e abbandonandosi di nuovo sul lettino.

Claire sbuffò, guardandola subito dopo. “Juls, che ti prende? Hai una faccia strana.”

Non le rispose subito, ancora troppo confusa da quella situazione. “Credo di aver fatto un sogno, o meglio un incubo.” spiegò infine. “Tutte e tre scappavamo da un castello abitato da vampiri. Sembrava così realistico…” In effetti, riflettendo a mente lucida non avrebbe potuto trattarsi che di un incubo.

Claire rise divertita. “Vedi? Ecco che succede a guardare troppe serie tv.” scherzò, prendendo un paio di bicchieri dal tavolino accanto e porgendogliene uno. “Beh, adesso sei sveglia. Tieni, beviti un Mai-Tai, o Tai-Mai…o quello che è.”

“Mai-Tai, Miss.” la corresse il cameriere in camicia hawaiana e pantaloni kaki.

Claire si voltò e gli sorrise. “Grazie, Nigel.”

Juliet però si sentiva ancora inquieta, anche se non sapeva spiegarsi perché. Ora era tra amici, al sicuro e in vacanza, cosa c’era da temere? Decisa a calmarsi, prese il cocktail e ne bevve un sorso, assaporandolo. “Accidenti Nigel, è davvero buono!”

Il cameriere le sorrise e la dentatura di un bianco splendente risaltò sulla pelle abbronzata. “La ringrazio Miss. Ora però deve svegliarsi.”

Presa alla sprovvista, rimase impalata a guardarlo. “Ma che dici? Io sono sveglia…” Non capiva di cosa stesse parlando.

Claire allora le mise una mano sulla spalla. “Ha ragione, Juls. Devi svegliarti.” ribadì, seria in volto.

Dentro di sé Juliet sentì crescere l’ansia. Che diavolo prendeva a tutti quanti?

“Svegliati, Juls.” disse ancora Rachel.

Le loro espressioni si fecero vitree, mentre incombevano su di lei, continuando a ripeterle di svegliarsi. Impaurita, si rannicchiò su se stessa, tappandosi le orecchie con le mani e chiudendo gli occhi. A poco a poco l’ambiente intorno si fece buio e confuso, finché rimase solo la cantilena formata dalle voci sovrapposte di Nigel e delle amiche.
Poi all’improvviso il silenzio.

Juliet aveva paura e non riuscì subito ad aprire gli occhi, ma quando lo fece si accorse che non si trovava più nello stesso luogo. La spiaggia aveva lasciato spazio a un nulla vuoto e nero, che le impediva di vedere più in là del suo naso.

“Rachel?” chiamò titubante. “Claire?” Ma la sua voce si perse in quel vuoto.

Raccolte le forze, si mise allora a camminare senza meta, brancolando nell’oscurità. Purtroppo però non riuscì ad andare lontano, perché si sentì confusa e stanca già qualche attimo dopo.
Disperata, si sedette, portando le ginocchia al petto. Ormai faceva fatica perfino a respirare, ma non poteva arrendersi. Doveva trovare un’uscita, ma non c’era niente che somigliasse a una porta. Era assurdo pensare di trovarne una in quel posto, se ne rendeva conto, ma doveva pur tentare qualcosa.

Stava quasi per perdere le speranze, quando d’un tratto avvertì un suono. Le arrivò all’orecchio dapprima come un sussurro, poi si fece sempre più intenso. Era come una specie di musica, un canto, anche se dalla lingua indecifrabile; poi, prestando più attenzione, si accorse che si trattava della voce di una donna, ma non avrebbe saputo attribuirla a nessuno di conosciuto o almeno familiare.
Pur non riuscendo a capire una parola, dentro di sé sentiva che doveva seguire quella voce, così si alzò e iniziò a camminare. Da quel momento fu come se sapesse dove andare, come se qualcuno l’avesse presa per mano e ora la stesse conducendo verso l’uscita.

Camminò per ore, o forse attimi, non ne aveva idea, ma più andava avanti più si accorgeva che il buio si stava diradando e l’aria si faceva meno opprimente. Intanto, la voce continuava a guidarla in direzione della luce, infondendole coraggio. –Non devo sparire- pensò istintivamente. –Non devo sparire-
Man mano che si convinceva, la luce si faceva più intensa, fino a inghiottirla completamente…
 

“Sarà viva?” chiese una voce diversa dalla precedente, ma che stavolta Juliet avrebbe potuto riconoscere tra mille. Non si sentiva ancora in grado di muoversi, ma dentro sorrise divertita. Claire era sempre la solita.

“Certo che è viva. Non vedi che respira?” ribatté seccata un’altra voce familiare. “Il punto è: sarà di nuovo lei?”

Una donna lì accanto rispose alla domanda e Juliet la riconobbe come la proprietaria della voce sconosciuta. “Non possiamo saperlo finché non si sveglia. L’unica cosa da fare è aspettare e pregare Shamash che sia andata come volevamo.”

Shamash? Chissà chi era. In realtà, non le interessava molto al momento. Voleva solo riuscire ad aprire gli occhi e capire finalmente dove si trovasse. Era stanca del buio, così con un ultimo sforzo riuscì nell’intento. Sentiva le palpebre pesanti, ma alla fine le dischiuse, tornando nel mondo reale.
Non vide subito perfettamente, le immagini erano ancora confuse, poi però mise a fuoco i volti delle persone vicino a lei. La guardavano apprensivi e li vide illuminarsi dallo stupore quando si accorsero che stava riprendendo conoscenza.

“Juls?” la chiamò Rachel in tono incerto. “Sei tu?”

Juliet ricambiò lo sguardo spaesata. -Che razza di domanda è?- pensò. “Direi di sì. Chi altri dovrei essere?” Pronunciò quelle parole senza quasi rendersene conto.

Li vide tutti sospirare di sollievo e Rachel represse un singhiozzo, mentre si gettava su di lei per coinvolgerla in un abbraccio sentito. Poco dopo anche Claire si unì a loro.

“Non posso crederci.” mormorò Rachel, la voce rotta dall’emozione. “Finalmente…”

Dal canto suo, non riusciva a capire il motivo di tutto ciò e nemmeno fece in tempo a chiedere niente, perché la donna di poco prima, dall’aspetto bizzarro e un altrettanto bizzarro copricapo di piume in testa, si intromise brusca, allontanando le amiche da lei.

“Via, su. Lasciatela respirare.”

Rachel e Claire si scansarono a malincuore, permettendole di verificare il suo stato di salute. La donna le sentì il polso per controllare i battiti, poi prese a esaminarle le pupille, e alla fine annuì soddisfatta. “Bene. Sembra tutto a posto.”

“Davvero?” volle assicurarsi Claire, ansiosa. “Vuoi dire che è andata? Insomma…Il rituale è riuscito? Lei sta bene?”

-Rituale? Ma di che stavano parlando?-
 
Lei ci rifletté un istante. “A un primo sguardo direi di sì. Certo, il suo corpo ha subito un grosso trauma e bisogna essere prudenti, ma al momento sono ottimista.” concluse infine.

Juliet avrebbe tanto voluto che le spiegassero, ma sia le amiche che la donna dallo strano abbigliamento cominciarono a discutere tra loro e anche Mark si unì alla conversazione. Un momento…Mark? E poi accanto a lui... Come aveva fatto a non accorgersene prima? Eppure doveva essere lì da quando si era svegliata. L’ultima volta che l’aveva visto era a Bran e credeva l’avessero catturato i vampiri. Cosa diavolo stava succedendo?

“Scusate…” La sua voce era ancora un po’ roca e gli altri non le prestarono attenzione. Tutti, a parte Dean. Lui non sembrava interessato al discorso, concentrato com’era a guardarla, e a quel punto anche per lei ogni altra cosa divenne secondaria.
Aveva la mente annebbiata a causa dell’emozione e per un attimo fu come se si trovassero da soli in quella stanza.
Fu solo quando le labbra di Dean si piegarono in un sorriso appena accennato che Juliet si riebbe. Fece per parlare, chiedergli spiegazioni, ma lui sembrò intuire la sua voglia di capire e le prese la mano prima che riuscisse a proferire parola. Appena la toccò, ogni intenzione di farsi sentire si spense.

“Ora devi pensare solo a riprenderti. Avremo tempo per le spiegazioni.” le disse in tono amorevole, mentre lei si perdeva nei suoi occhi di ghiaccio.

Abbozzando un sorriso un po’ ebete, Juliet annuì.

Pochi istanti dopo la voce tonante di un uomo risuonò dal piano di sotto. Era una lingua che non comprendeva, ma la strana donna sì, perché gli rispose nello stesso idioma, per poi uscire dalla stanza.

Rimasta sola con gli altri, Juliet si sentì un po’ a disagio ad avere tutti quegli occhi puntati addosso. Le loro espressioni erano entusiaste e sollevate, come se la vedessero per la prima volta dopo tanto tempo. Ovviamente era felice che fossero di nuovo tutti insieme, ma avrebbe voluto sapere il perché. Tutti insieme, a parte…Solo allora si rese conto che mancava qualcuno all’appello. “Dov’è Cedric?” chiese d’istinto.

I loro volti si rabbuiarono a quella domanda e si vedeva lontano un chilometro che non sapessero da che parte cominciare. Per fortuna, però, la donna con il cappello di piume tornò e li tolse, almeno temporaneamente, dall’impaccio.

“Jamaal vuole parlarti. Riguarda la missione.” comunicò a Dean, che annuì come se già se lo aspettasse.

Quando si voltò di nuovo a guardarla, Juliet capì dalla sua espressione quanto gli costasse andare via proprio in quel momento. Cogliendola di sorpresa, avvicinò la sua mano alle labbra per lasciarle un bacio leggero sul dorso, poi le sorrise ancora. I loro sguardi si incontrarono per un breve istante, prima che lui si dirigesse all’uscita.

“Vengo con te.” disse Mark, seguendolo fuori.

A quel punto, la donna sconosciuta le informò che sarebbe andata a cambiarsi e poi a prepararle qualcosa da mangiare, ma Juliet a malapena la sentì, ancora intontita dal baciamano. Perfino la voce di Rachel in un primo momento le arrivò poco definita.

“Come ti senti?” le chiese premurosa, mentre si adoperava per scostare la pesante tenda colorata che copriva la finestra, in modo da far entrare la luce del mattino. “Immagino tu stia morendo di fame.”

Quando i raggi del sole invasero l’ambiente, Juliet si ritrovò in una stanza già di per sé non grandissima, il cui spazio era ulteriormente limitato dalla presenza di altre brandine, oltre a quella dove era sdraiata lei, disposte a incastro una con l’altra. Accatastate negli angoli c’erano sacche di vestiti e cuscini colorati, come se avessero vissuto là dentro per giorni, ognuno ottimizzando gli spazi come meglio poteva.
Dove diavolo erano finiti? In effetti, sentiva un certo languore, ma il desiderio di sapere era così forte da mettere il cibo in secondo piano.

“Mi dite cos’è successo, per favore?” domandò allora, senza nascondere un certo fastidio nella voce. Fin da quando si era svegliata aveva avuto l’impressione che volessero tenerle nascosta la verità, rimandando all’infinito le spiegazioni. “Che cos’è questo posto? L’ultimo ricordo che ho è che eravamo nel deserto e mi sentivo malissimo…” Si interruppe per tastarsi il fianco in cerca della ferita, scoprendo di nuovo che era del tutto scomparsa. Un altro mistero su cui far luce.

Claire notò quel gesto e intuì cosa stesse pensando. “È una storia davvero lunga, Juls.”

“Tanto per ora sono bloccata in questo letto.” ribatté, mettendo in chiaro che non avrebbe ceduto facilmente.

Per loro non fu affatto semplice riordinare le idee in modo da riassumere in breve tutto quello che avevano passato dall’arrivo nel deserto fino a quel momento e videro lo sconcerto sul suo volto quando le dissero che era stato Dean ad architettare tutto, facendole finire in quel posto anziché a Greenwood. Anche se per proteggerle, aveva comunque mentito. –Tu non lo conosci neanche la metà di quanto lo conosco io- Le parole pronunciate da Mary prima che tentasse di ucciderla le risuonarono nella testa, nonostante la sua volontà. A quel punto, la domanda che prima era stata ignorata le sorse di nuovo spontanea. Se Dean e Mark erano riusciti a scappare dal castello e a raggiungerle, perché Cedric non era con loro?

Rachel e Claire si scambiarono occhiate incerte quando chiese di nuovo di lui, ma poi si decisero a raccontarle tutto, seppur evitando di sconvolgerla ancora di più con la storia dello scambio proposto da Nickolaij. Temevano che quella notizia potesse avere un brutto effetto su di lei, ancora debole per il trauma subito.

Alla fine del racconto, Juliet era senza parole. La sola idea che Cedric fosse rimasto da solo, in quel posto infernale e senza nemmeno il conforto di una persona amica la devastava. Neppure quando le dissero degli Jurhaysh e che insieme a loro stavano per partire per Bran con l’intenzione di salvarlo la sua ansia si acquietò. Non riusciva a credere di aver dormito per settimane, perdendosi tutto questo. “E io?” chiese allora d’istinto. “Cosa mi è successo?”

Aveva creduto per quel giorno di aver superato il confine dell’assurdo, ma capì di essersi sbagliata quando le dissero che per un periodo la sua anima si era scambiata con quella di Cordelia Danesti. Per tutto quel tempo aveva parlato e agito come un’altra persona, completamente diversa da lei. La cosa era talmente inconcepibile che dovette fare uno sforzo notevole anche solo per crederci.

Rachel lesse l’incredulità sul volto dell’amica e si rese conto di come dovesse sentirsi, così pensò subito a come sviare la conversazione. “Ah, dimenticavo.” esordì, cambiando argomento e riscuotendola dallo shock. Si allontanò di poco per andare a rovistare tra la sua roba in cerca di un piccolo quaderno, che poi le porse. “Questo appartiene a te.”

Il suo diario. Credeva di averlo perso nel deserto. Juliet lo prese, restando per un istante a osservare la copertina di pelle rilegata e rovinata in più punti. Anche lei mostrava i segni di quello che avevano passato. “Dove l’hai trovato?” chiese a Rachel, senza smettere di guardarlo.

“Era nella tasca dei tuoi shorts. Visto che non c’eri, mi sono presa la libertà di scrivere due righe. Ho pensato che potesse esserti utile al tuo ritorno.”

In quel momento, però, a Juliet venne in mente solo una cosa. “Quindi voi l’avete…”

“Letto?” Claire completò la frase. “Sì, ogni parola.”

Un silenzio imbarazzante scese su di loro e Juliet abbassò lo sguardo, non avendo il coraggio di guardare le amiche negli occhi. Si vergognava profondamente di tutti i pensieri maligni che aveva impresso su quelle pagine. “Mi dispiace. Non ero in me in quel periodo. Io…Ero accecata dalla gelosia. Non pensavo davvero quello che ho scritto.”

Al contrario di quanto si aspettasse, però, loro non erano arrabbiate, tantomeno Rachel, sulla quale aveva riversato la maggior parte delle sue frustrazioni d’amore. L’amica si sedette sul letto, accanto a lei, per poi coinvolgerla in un caloroso abbraccio.

Juliet ricambiò, anche se un po’ in ritardo, non riuscendo a trattenere qualche lacrima. “Scusa, Ray. Scusami tanto…” mormorò, sinceramente dispiaciuta.

“Non fa niente.” rispose lei, sorridendo commossa. “In un certo senso è stato come averti con noi.”

“È vero, Juls. I tuoi trip mentali ci hanno tenuto compagnia nei momenti più bui. Perciò tranquilla.” la rassicurò Claire.

Juliet rise di cuore, felice che tra loro fosse tutto a posto; finché un dubbio non le balenò nella mente e si irrigidì. “Aspettate. Non l’avrà mica letto anche…” L’ansia l’assalì di colpo al pensiero che lui sapesse delle sue mille paranoie.

Claire sventolò la mano, aggrottando la fronte. “Macché, non sa nemmeno della sua esistenza. Figurati.”

La notizia le riempì il cuore di sollievo e fu talmente evidente che poterono leggerglielo in faccia. Rachel e Claire si guardarono, per poi scoppiare a ridere, coinvolgendola subito dopo. Una risata genuina. Non ricordava nemmeno l’ultima volta che aveva riso così.

A un certo punto, Rachel fu costretta a togliersi gli occhiali per asciugarsi le lacrime. “Perché…perché stiamo ridendo?”

“Non lo so…” fece Claire, cercando di riprendersi. “Però era da tanto che non lo facevamo.”

Juliet annuì. “È vero. Sembra passata un’eternità.”

L’eco delle loro risate giunse alle orecchie di Laurenne, appena salita con la cena di Juliet. “Ah, vedo che ti sei ripresa.” constatò con piacere quando entrò nella stanza.

Lei le sorrise di rimando. “In effetti, mi sento bene.”

“Ne sono felice, ma ti consiglio comunque di non sforzarti.” si raccomandò la sciamana, appoggiando il piatto con il cibo sul suo grembo. “Tieni, mangia qualcosa. Devi rimetterti in forze.”

Juliet accettò di buon grado, assaporando quello che aveva preparato. Era un piatto strano, composto da carne e verdure, ma molto più speziato di quanto fosse abituata. Comunque non fece commenti e mangiò tutto. La smorfia di disgusto che fece quando assaggiò un dattero le lasciò tutte quante allibite. “No, questo è troppo dolce per me.” disse, rimettendolo nel piatto.

Ripensando a quanto invece Cordelia li adorasse, Claire non ebbe più dubbi riguardo alla riuscita definitiva del rituale.
“Certo che adesso fa quasi strano averti davanti.” rifletté. “Avrò l’impressione di parlare con Cordelia chissà per quanto ancora.”

Anche per Juliet era strano, ma per il motivo opposto. “Non posso credere di essere stata un’altra persona per tutto questo tempo.” Quando glielo avevano detto era rimasta basita, anche perché non conservava alcun ricordo di quel periodo. “Era come se vivessi in una dimensione parallela. C’eravamo noi tre, su una spiaggia, impegnate solo ad abbronzarci e bere cocktail.”

L’espressione di Rachel era tra il sognante e il disincantato. “Magari.” commentò.

“Bene, ora lasciatela riposare.” Laurenne riprese il piatto ormai vuoto e le invitò a seguirla fuori dalla stanza.

“A più tardi.” le disse Rachel con un sorriso.

Juliet ricambiò, approfittando dell’occasione per ringraziare Laurenne di tutto l’aiuto che le aveva dato, senza neppure conoscerla.

La sciamana le fece segno di non preoccuparsi, poi se ne andò insieme alle altre.

Rimasta sola, Juliet si stese di nuovo, aprendo il diario con l’intenzione di leggere quanto scritto da Rachel. A dire la verità, provava vergogna all’idea che l’amica sapesse dei suoi deliri, ma allo stesso tempo la cosa le dava sollievo. La faceva sentire come se fossero tornate ai vecchi tempi, quando confidavano l’una all’altra ogni segreto.

Nel frattempo, Dean e Mark erano già sulla via del ritorno, dopo aver incontrato Jamaal. Li aveva molto sollevati sapere che avesse comunque deciso di aiutarli e che, nonostante le novità su Nickolaij, la sua intenzione di mettere la vita di un innocente al primo posto fosse rimasta immutata. Sia lui che i suoi compagni più fidati avevano espresso i loro timori riguardo ai pericoli cui stavano andando incontro, ma in quel momento la priorità restava salvare Cedric.

“Caspita. Immaginavo che la partenza fosse imminente, ma non pensavo così imminente.” commentò Mark, riferendosi al fatto che Jamaal avesse stabilito che sarebbero partiti l’indomani, con il calare della notte. A ben pensare, non era il caso di rimandare oltre, visto che la settimana concessa da Nickolaij stava quasi per scadere e cercare di prenderlo alla sprovvista era uno dei fattori decisivi previsti dal piano, anche se Dean aveva già reso noti i suoi dubbi al riguardo.

“Beh, meglio così. Almeno tireremo fuori Ced da quella fogna. Non sopporto più di saperlo lì dentro.” continuò Mark, senza far caso alla sua distrazione.

In effetti, Dean lo stava a malapena ascoltando. Paradossalmente, ora i suoi pensieri erano concentrati tutti su una questione all’apparenza meno importante. Ci rimuginava da quando erano usciti da casa di Laurenne, anzi, a voler essere precisi dal momento esatto in cui aveva capito che Juliet era tornata. Nella testa continuava a rivivere la conversazione con Cordelia, quando le aveva promesso di confessarle i suoi veri sentimenti una volta che fossero stati di nuovo insieme. Ora quel momento era arrivato, solo che lui non sapeva nemmeno da che parte cominciare e si sentiva un idiota per questo. Possibile che, nonostante nella sua vita avesse affrontato prove decisamente più difficili, fosse spaventato dall’unica che gli avrebbe dato la felicità? In fondo, non era come battersi a mani nude o restare in astinenza da sangue per giorni, eppure quelle cose gli sembravano barzellette in confronto a ciò che doveva fare adesso.

Tutto questo nel giro di pochi minuti, il tempo di capire che stavolta non avrebbe potuto cavarsela da solo. Gli serviva un aiuto. Così, a qualche passo dalla porta di Laurenne, si fermò. “Aspetta.” disse a Mark, prima che potesse aprire la porta.

Lui rimase interdetto. “Cosa?”

Dean però ebbe un attimo di esitazione. “Io…” No. Doveva farcela. “Io ho bisogno di parlarti. Un secondo.” Dopo un altro momento di riflessione, in cui non disse nulla e Mark restò in attesa, finalmente si decise. “Ascolta, mi prenderei a pugni se penso a quello che sto per chiederti, ma mi serve un consiglio.”

Mark sollevò un sopracciglio, con aria confusa. Chiaramente il fatto che volesse un parere da lui doveva averlo sorpreso non poco. “Okay…Chiedi pure.” acconsentì infine.

“Hai presente Rachel?”

A quel punto, lo guardò davvero come si fa con uno squilibrato, ma rispose comunque. “Sì, direi di sì.”

Dean non fece caso alla sua espressione perplessa e andò dritto al punto. “Se ci fosse lei al posto di Juliet e tu ti trovassi nella mia stessa situazione, cosa faresti?” chiese d’un fiato, sperando di non dover ripetere la domanda.

Per sua fortuna, Mark non ebbe bisogno di ulteriori chiarimenti e intuì in fretta dove volesse arrivare. “Aspetta un attimo. Sbaglio o mi stai chiedendo consigli sulle donne?”

“No!” rispose d’istinto, per poi ritrattare. “Cioè…” Alla fine, convenne con se stesso che l’unico modo per venirne a capo era rinunciare a qualsiasi tentativo di non apparire ridicolo. “Sì.” cedette, provando poi a spiegarsi. “Ti sembrerà strano, vista la mia età, ma non ho molta esperienza di certe faccende e…So che non sono affari miei, ma sapere com’è iniziata tra te e Rachel potrebbe aiutarmi.”

Dall’altra parte, Mark faceva davvero fatica a trattenere le risate e Dean se ne accorse subito.

“Mi fa piacere che la cosa ti diverta.” disse in tono acido. Si sentiva già abbastanza patetico, anche senza il suo contributo.

Lui scosse la testa, cercando di darsi un contegno. “No, no. Scusa, è che tutta questa storia ha un che di ironico.” si giustificò. “Non avrei mai pensato di parlarne insieme un giorno, ma ormai ci siamo…Devi sapere che è iniziato tutto perché ero geloso di te.” confessò, non senza imbarazzo.

Dean gli rivolse un’occhiata interrogativa.

“Credevo che tra voi ci fosse qualcosa e a un certo punto non ce l’ho fatta più a tenermelo dentro.” chiarì allora. “Così l’ho confessato a Ray, che giustamente mi ha dato del cretino, e da lì è partito tutto.”

“Ah.” Nonostante quella storia non gli giungesse nuova, Dean rimase sorpreso dal fatto che anche lui avesse frainteso. Possibile che fossero tutti ossessionati dalla stessa idea? E cosa ancora più strana era che non aveva fatto assolutamente nulla per incoraggiarla. Almeno per quanto gli risultasse.

Mark annuì, visibilmente a disagio. “Già…” esitò. “Beh, in realtà non è che io abbia tutta questa esperienza nel campo. È Cedric il vero esperto. Comunque, al tuo posto proverei ad essere più sincero possibile. Se non mi fossi deciso quando era il momento, a quest’ora probabilmente sarei ancora a scervellarmi senza aver concluso nulla.”

“Quindi pensi che dovrei buttarmi e basta?” gli chiese Dean. Era ciò che temeva di più, ma anche quella che in fondo sapeva essere l’unica soluzione.

Lui fece spallucce. “Con Rachel ha funzionato e ci sono buone probabilità che funzioni anche con Juliet. Se c’è qualcosa che ho imparato in questi mesi è quanto conti la sincerità per le ragazze.”

Non c’era altro da aggiungere e Dean sapeva di doversi rassegnare a dar voce ai propri sentimenti, così abbassò gli occhi, accettando in silenzio il consiglio.

Per confortarlo e infondergli coraggio, Mark gli diede una pacca sulla spalla; poi insieme rientrarono in casa.
   
 
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