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Autore: EstherLeon    23/07/2019    1 recensioni
Nuova Generazione.

Hogwarts è tornata definitivamente ad essere il luogo più sicuro del mondo magico, ma ci sono problemi dai quali neanche il Castello può salvarti se si è adolescenti. 
Così accadrà per la determinata Rose Weasley, costretta a dover sopportare il ragazzo che dal nulla si ritroverà sulla sua strada: Scorpius Malfoy. E non ci si può certo dimenticare di Roxanne Weasley, pronta a dover fare i conti con ciò che realmente significa per lei l’amicizia secolare condivisa con Lysander Scamander; di un Fred Weasley degno erede di suo padre, impegnato a sfuggire dall’incorruttibile Caposcuola Eleanor Wells; della radiosa Dominique Weasley, giudicata da tutti troppo libera di spirito, ma non dal misterioso Jonathan Steel; del combattivo Albus Potter, che lentamente dovrà scoprire Lorcan Scamander; di James Potter, soffocato da responsabilità che solo l’indipendente Evie Jordan riuscirà ad alleviare; e della dolcissima Lucy Weasley, improvvisamente travolta dall'uragano Charlie Chang.
Genere: Commedia, Fluff, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Albus Severus Potter, Fred Weasley Jr, James Sirius Potter, Rose Weasley, Scorpius Malfoy | Coppie: Rose/Scorpius
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nuova generazione, Da Epilogo alternativo
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IX. Appuntamento con la realtà.
 

Era forse la quinta volta in un anno che Evie Jordan si ritrovava a rileggere Una storia tra due città di Dickens, eppure, dall’espressione concentrata e dagli sguardi sconvolti che lanciava alle pagine del libro che teneva in mano, si sarebbe potuto affermare che mai racconto l’avessi coinvolta così tanto.

Evie, con indosso una felpa informe e leggins all’apparenza comodissimi, quel sabato mattina stava placidamente seduta su un divanetto della Sala Comune di Grifondoro, rivolta verso il fuoco scoppiettante nel camino.

Nessuno studente che passasse di lì sembrò colpito dalla sua presenza: che la ragazza passasse gran parte dei suoi weekend rinchiusa nella Sala Comune a leggere era un’abitudine a cui in tanti avevano assistito nel corso degli anni.

 

E probabilmente perché forte della convinzione che l’avrebbe trovata esattamente lì dove stava, James Potter non ci mise molto a scendere dalle scale che portavano al Dormitorio maschile e a fare capolino nella Sala Comune, né tantomeno a buttarsi a capofitto sul divanetto dove Evie era seduta.

Senza nemmeno curarsi di una eventuale reazione, James si sistemò appoggiando il capo sul grembo di Evie ed emise un evidente grugnito di piacere; Evie, in tutta risposta, poté solo distogliere lo sguardo dal suo libro per lanciarne uno visibilmente scettico al ragazzo.

« Da dove salta fuori tutta questa confidenza? » Gli domandò in tono polemico.

« Dai diciassette anni che ti conosco? » James gli rivolse un sorriso smagliante, guardandola dal basso con gli occhi che brillavano dietro le spesse lenti degli occhiali.

« E allora? Conosco anche Fred da diciassette anni ma se mi si buttasse addosso in questo modo gli lancerei un Cruciatus diretto! » 

« Sì, ma Fred è Fred! Saresti costretta a farlo fuori per evitare di prenderti qualche malattia venerea! » 

La ragazza scoppiò a ridere sguaiatamente, non curante di trattenersi nella reazione; si nascose dietro al libro, conscia di poter esibire le peggiori smorfie di divertimento, e lasciò che la risata si trasformasse in un singhiozzo sconnesso. 

James poté solo sorridere sornione, crogiolandosi nella sensazione che solo lui in tutta Hogwarts fosse in grado di far divertire a tal punto la compostissima Evie Jordan.

Così come era nata, la risata della Grifondoro scemò nel giro di pochi secondi, lasciando al suo posto un sorriso dal sapore alquanto amaro; lasciò ricadere il libro sul suo grembo e gli occhi scuri si posarono immediatamente sulla figura che ora percepiva troppo vicina a sé. Le iridi di James la scrutarono con altrettanta profondità e Evie sentì dentro di sé una vocina gridare: la se stessa tredicenne premeva con prepotenza sempre di più per uscire. 

 

« Allora? Che hai fatto di bello ieri sera? » 

La ragazza si ridestò all’istante, inebriandosi del tono tranquillo della voce di James, così malamente in contrasto con il calore che percepiva sulle proprie guance; deglutì in un misero tentativo di prendere tempo, prima di prepararsi a rispondere come se in quella situazione - loro due così vicini - non vi fosse nulla di strano.

« Sai, solita routine femminile, riti satanici prima di andare a dormire e via. » Si limitò a dire quasi incolore, lasciando che una spalla si alzasse in segno di indifferenza.

Il ragazzo sbuffò e scosse la testa in un segno di compiacimento: la risposta che aveva appena ricevuto era un classico esempio di sarcasmo alla Jordan.

« E tu? » Incalzò Evie.

« Ho impedito che Fred si buttasse nel Lago Nero per cercare di infilarsi nei Dormitori femminili di Serpeverde. » Disse James con altrettanta nonchalance.

« Niente di insolito, insomma! » 

« Già, solita routine! » 

James alzò leggermente il capo fino ad essere in grado di osservare perfettamente Evie in viso e le fece un veloce occhiolino; la ragazza sentì all’istante le labbra allargarsi in un sorriso, e non riuscì a trattenersi dal portare una mano in prossimità del capo di lui per intrecciare le dita nella sua zazzera di capelli neri e giocare distrattamente con una ciocca ribelle. 

Se James rimase sorpreso del contatto iniziato da Evie, non lo diede a vedere; si limitò a socchiudere gli occhi e a risistemarsi col corpo contro al divano, godendosi ciò che sapeva l’amica non gli avrebbe mai più rivolto.

 

L’attimo di calma non visse neanche per più di qualche secondo: al suono stridulo di risate femminili James spalancò gli occhi e inclinò il capo per posare lo sguardo sull’ingresso della Sala Comune.
Immediatamente scorse due occhi della stessa tonalità marroncina dei suoi guardarlo in evidente chiava canzonatoria e si lasciò andare in uno sbuffo infastidito. 

Sua sorella Lily, Grifondoro del terzo anno, se ne stava impalata a fissare lui e Evie al comando di un gruppetto di suoi coetanee, che, dagli sguardi che lanciavano loro, avevano tutta l’aria di starsi divertendo un mondo a prenderli in giro.

« Hey, ragazzina! Non si ride del tuo fantastico fratellone! »

Lily in tutta risposta fece mostra a James di una linguaccia impertinente, prima di aprire la bocca per rispondere al fratello e continuare a lanciare sguardi frivoli alle amiche.

« Non è colpa mia se ti sbaciucchi con la tua ragazza in mezzo alla Sala Comune! » Le compagne di Lily scoppiarono in una risata fragorosa, seguendola a ruota una volta che la ragazza ebbe aperto il buco del ritratto per sfuggire alla reazione di James. 

Evie capì all’istante che non avrebbe nemmeno avuto bisogno di guardarsi allo specchio: era più che certa che il suo volto avesse assunto un colorito violaceo.

« Che sceme! Pensa come avrebbero reagito se ci stessimo baciando per davvero! » Disse James con tono divertito, scuotendo lievemente il capo ancora contro il grembo della ragazza.

« C-cosa? » Riuscì a biasciare Evie.

« Che poi… la mia ragazza? Da dove le è uscito? Lo sanno tutti che siamo solo amici! » Continuò il Grifondoro ignorando cosa lei avesse detto, scervellandosi sul motivo per il quale sua sorella Lily - che conosceva Evie da una vita - potesse avere mai detto simili parole.

 

Evie non riuscì a sopportare la situazione oltre; finse un colpo di tosse per riacquistare l’attenzione di James e, nel risistemarsi sul posto, costrinse il ragazzo a scostarsi dal suo grembo e a mettersi a sedere sul divano accanto a lei.
James la guardò attonito, incapace di comprendere cosa avesse potuto infastidirla tanto da costringerlo a rinunciare alla sua comodissima posizione; d’altronde fino a qualche secondo fa Evie sembrava starsi godendo il momento quanto lui, cosa era cambiato?

« Magari se tu evitassi certi comportamenti… equivoci, beh, tua sorella non si inventerebbe certe cose! » Parlò la Grifondoro in tono polemico.

Il ragazzo poté solo rimanere immobile a sbattere le palpebre più volte dall’incredulità, prima di trovare il coraggio di aprire bocca e dare voce ai propri pensieri più sinceri.

« Ma che? Io faccio ciò che mi sento, non è colpa mia se gli altri fraintendono! » 

Ed io? Se fraintendessi io? Parlò la vocina tredicenne dentro di Evie, e la ragazza seppe di dover fare qualcosa prima che qualche remotissima parte dentro di lei la sabotasse. 

« Se non ti importa allora non ti lamentare di ciò che ti dice Lily! » Finse di dire con tono distaccato la ragazza.

James scrollò le spalle: il ragionamento di Evie non faceva una piega, eppure ebbe la sensazione che gli occhi profondi di lei gli stessero celando tutt’altro messaggio; potè giurare di aver avvertito nel tono di voce di lei qualcosa che il suo istinto gli ordinò di indagare, ma sapeva che Evie non gli avrebbe mai dato la soddisfazione di fargli trapelare ogni dettaglio di ciò che le passasse per la mente.
E poi c’era stato lo sguardo che le aveva visto lanciare a Lily poco prima, uno sguardo che solo in pochi avrebbero potuto percepire come di spavento.

Ma a Evie Jordan, una delle sue più grandi amiche da lunghissimi anni, probabilmente una delle ragazze più toste che avesse mai conosciuto, perché mai avrebbe dovuto spaventare la frivola opinione di un gruppo di ragazzine del quarto anno?

 

Dall’altra parte, per la ragazza fu impossibile non notare il modo in cui James la stesse scrutando, quasi avesse voluto cercare negli occhi di lei la risposta migliore da dare; Evie sospirò pesantemente, lo conosceva da fin troppo tempo per non sapere che tra i due l’unica persona in grado di risollevare una situazione scomoda era proprio lei.

« Da quando in qua al grande e fenomenale James Sirius Potter importa ciò che pensa di lui la gente? » Cercò di risollevare l’animo lei, punzecchiandolo nell’unico punto in cui sapeva che nessun Potter avrebbe potuto resistere.

James non riuscì a trattenersi, bastarono quelle poche parole per fargli spuntare un enorme sorriso in volto e farlo crogiolare nel compiacimento. « Evie, hai ammesso che sono grande e fenomenale!» 

Sì, un grande e fenomenale imbecille!

« James! » Evie gli schiaffeggiò il palmo della mano contro una spalla.

« Okay, okay… » Alzò le mani in segno di resa James. « Davvero, non mi importa cosa pensi la gente di me… »

« Ma…? » 

Il ragazzo si decise a puntare lo sguardo in quello di Evie e per un attimo desiderò con tutto se stesso venire inghiottito dal pavimento sotto i suoi piedi; deglutì l’enorme groppo che aveva in gola e si fece coraggio per affrontare ciò che aveva sempre sperato di non dover mai affrontare con una amica.

« Non voglio che si creino situazioni scomode tra, ecco… tra di noi. » Ammise a bassa voce, ma con tono perentorio, che non mancò di arrivare alle orecchie di Evie come la più crudele delle sentenze.

Oh, no, tranquillo. So bene come stanno le cose tra di noi.

« E pensi davvero che il commento di una ragazzina di quattordici anni mi faccia mettere in discussione la nostra amicizia? » Si difese prontamente Evie, sforzandosi di risultare scocciata e disinteressata dall’intera questione; inutile dire che, invece, la tredicenne dentro di lei avrebbe voluto vomitare in faccia al ragazzo tutt’altro tipo di parole.

« No, no, figurati! » Rispose di getto James, sentendosi un idiota per aver anche solo pensato male di Evie, una delle sue più grandi amiche da sempre.

Si sforzò di trovare altre parole da rivolgerle, soprattutto dal momento che Evie continuava a fissarlo come se si fosse aspettata chissà quale risposta illuminata trapelare dalle sue labbra, ma il suo cervello non fece altro che passargli in rassegna i commenti che di recente sia Fred che Charlie avevano fatto sulla sua relazione con lei.

Da quando in qua dava peso alle parole idiote di Fred o ai deliri del suo migliore amico Charlie che più di ogni altra cosa amava vederlo in difficoltà? 

La verità gli scoppiò prepotentemente in petto e fu sicuro che dietro le pesanti lenti degli occhiali un velo di panico fosse ben presente nei suoi occhi: odiava sentirsi così vulnerabile per quattro pensieri in croce dati da persone a cui teneva, ma, soprattutto, odiava il modo in cui non gli dispiacesse il fatto che qualcuno avesse messo in dubbio che quella con Evie fosse semplice amicizia. 

 

Evie continuò a fissare James con un sopracciglio inarcato, osservando il modo in cui fosse evidente che miriadi di pensieri gli stessero navigando in mente; sbuffò, se solo aveva pensato di stare cedendo al panico qualche momento prima, ora era chiaro che fosse il ragazzo a stare implodendo.

« Ti preoccupi troppo per cose inutili, Potter, lascia stare! » Disse con noncuranza Evie, scuotendogli una mano davanti agli occhi.

Il Grifondoro fece un mezzo sorriso: quella davanti a lei era la solita Evie, abituata ad affrontare le questioni rilegandole come di poco conto ed abbandonandole sul nascere.

Avrebbe voluto urlargli che lei non era una cosa inutile, che qualunque cosa le stesse dando fastidio lui sarebbe stato pronto a risolverla, ma oramai Evie stava guardando ovunque nella stanza tranne che il suo viso e James seppe che la discussione era morta sul nascere.

« Hai ragione, non è nulla. » 

« Lo sai che ho sempre ragione. » 

Evie sospirò e improvvisamente quel divano che fino a poco prima era stato fonte di gioia era diventato la seduta più scomoda della sua vita.

Entrambi si ritrovarono seduti uno accanto all’altro, ma non avrebbero potuto essere più lontani: ciascuno guardò un punto imprecisato della Sala Comune, evitando volutamente di posare lo sguardo sul corpo dell’altro. 

Non vi fu nulla che poterono fare: un senso di amarezza li travolse repentinamente e la mente di entrambi rimase nell’oblio, incapace di riuscire a trovare le parole per comunicare con l’altro.

 

 

*

 

Rose Weasley fissò l’enorme orologio a pendolo situato sul fondo dei Tre Manici di Scopa per le terza volta nel giro di qualche minuto e sospirò pesantemente.

Strinse con forza la Gazzetta del Profeta che si stava costringendo a leggere seduta ad un tavolino vicino alla finestra e maledì con tutta se stessa il demonio che l’aveva posseduta il giorno precedente quando aveva acconsentito ad incontrarsi con Scorpius Malfoy.

Non seppe darsi una spiegazione al perché avesse detto di sì a ciò che aveva sempre rappresentato per lei la peggiore delle torture, né tantomeno al perché quella mattina si fosse alzata dal letto per andare a Hogsmeade, ma soprattutto: perché mai continuava a starsene seduta a quel tavolino, aspettando di vivere uno strazio?

 

Scorpius Malfoy la vide subito. Era entrato ai Tre Manici di Scopa una decina di minuti prima dalla porta secondaria ed era andato immediatamente a piazzarsi su una delle sedute accanto al bancone. 

Mai avrebbe pensato di vedere una scena simile e così, quando vide effettivamente Rose incapace di stare ferma sul posto e continuare a guardarsi in giro alla ricerca di chissà cosa - o meglio: di chi - , non poté che sopprimere la risata che gli premette di uscire con uno sbuffo di divertimento.

Forse ci aveva visto davvero giusto, e Rose Weasley non era altro che una ragazza adolescente uguale a tutte le altre con le quali aveva avuto a che fare nel corso della sua vita.

Prese l’unica Burrobirra che aveva precedentemente ordinato e, dopo aver debitamente lasciato un paio di Galeoni sul bancone e aver lanciato un vistoso occhiolino a Madama Rosmerta, si alzò per raggiungere la Grifondoro, più sicuro che mai.

Si sedette nella seduta libera davanti a quella di Rose, gongolando internamente del fatto che la ragazza avesse scelto un tavolino per due, e cominciò a sorseggiare la Burrobirra osservando attentamente ogni mossa della Grifondoro; riconobbe immediatamente il momento in cui lei si accorse della sua presenza, il modo in cui sussultò impercettibilmente sul posto, le occhiate di sbieco che cominciò a lanciare da dietro la Gazzetta del Profeta, e non poté fare altro che allargare l’espressione del viso in un sorriso obliquo, tronfio di sentire l’intera situazione sotto il proprio controllo.

 

Nel preciso istante in cui percepì uno spostamento d’aria davanti a sé, Rose si rese conto che l’incubo stava a tutti gli effetti avendo luogo. 

Non dovette nemmeno alzare lo sguardo per sincerarsi di chi fosse stato così incauto da sedersi al suo stesso tavolino, con la coda dell’occhio notò immediatamente la chioma di capelli biondi e quello che era sicura essere il ghigno più spudorato di sempre.

Decise di starsene in silenzio, in attesa che Scorpius cominciasse ad esibirsi nei suoi patetici tentativi di coinvolgerla in una conversazione, e dandosi così l’opportunità di venire a capo di risposte sprezzanti da riservargli.

Era più che sicura che il Serpeverde avrebbe aperto bocca da lì a un secondo ma, quando le sue orecchie continuarono a sentire solamente i ronzii di sottofondo del locale, il suo corpo si mosse autonomamente per posare le iridi azzurre sul ragazzo davanti a sé.

Sgranò gli occhi: Scorpius la stava fissando spudoratamente, con quelle stupide labbra piene e rosee poggiate contro il boccale ricolmo di Burrobirra.

« Se devi dirmi qualche tua solita idiozia ti conviene dirla subito– »

« Cosa c’entri tu? Io mi sto solo bevendo la mia Burrobirra in pace! » La interruppe prontamente Scorpius, intercettando il tono polemico, e che si era fatalmente aspettato, della ragazza.

Rose rimase interdetta, boccheggiando per qualche istante alla ricerca di qualcosa da dire; infine, optò per l’ipotesi più facile: tornò a posare gli occhi sul giornale, rassegnata all’idea che non sarebbe mai più riuscita a leggerne una sola parola.

Scorpius fece un altro sorso della sua bevanda, scivolando lungo la sedia alla ricerca di una seduta più comoda: chissà per quanto altro tempo Rose sarebbe riuscita a sostenere quel silenzio, un silenzio nel quale lui stava sguazzando con estrema felicità.

« Perché non mi stai ancora assillando? » Il Serpeverde sorrise vittorioso, le sue previsioni si erano rivelate essere esatte: Rose Weasley non era assolutamente in grado di affrontare il silenzio; nonostante i loro sforzi per risultare altrimenti, i Grifondoro erano davvero tutti uguali.

« Aspettavo fossi tu a chiedermelo. Sai, so essere galante pure io! » Disse con nonchalance Scorpius,  accompagnando le parole con un gesto del capo. « Allora? Posso pagarti da bere ora o– »

« Non vedi che sono impegnata? » Lo interruppe Rose proprio come aveva fatto lui poco prima, alzando il giornale per farglielo vedere.
Provò con tutta se stessa a risultare impassibile, sforzandosi di non lasciare a vedere che aveva riprovato quelle battute dentro la sua testa più e più volte mentre lo aveva aspettato seduta a quello stesso tavolino, ma ogni tentativo fu inutile: nulla poté fare per quel principio di sorriso che minacciava di incurvarle le labbra.

Scorpius scosse la testa, reprimendo una risata; era ovvio che Rose gli avrebbe reso la vita impossibile, di questo ne era stato più che certo, e dentro di sé si chiese quando si sarebbe effettivamente stancata di giocare quel ruolo che si era creata per se stessa.

Fece un altro sorso di Burrobirra, continuando a fissare la ragazza dritta in viso; mai, prima di quel momento, si era sentito più simile ad una serpe in attesa del passo falso della propria preda.

« Ti diverte, vero? »

« Che cosa? » Disse un po’ troppo frettolosamente Rose, non alzando lo sguardo dal giornale.

« Fare finta che non ti importi nulla, vedermi soffrire per farmi dire due parole da te. »
La Grifondoro non ebbe bisogno di guardarlo in faccia per sapere che Scorpius doveva aver impresso il suo solito sorriso sfacciato; dal tono di voce percepì che il ragazzo si stesse sentendo un po’ troppo a suo agio per i suoi gusti e, per la prima volta da quando aveva iniziato quella conversazione, sentì un briciolo di orgoglio smuoverla dentro, costringendola finalmente ad abbandonare sul tavolino la Gazzetta del Profeta.

« Non mi sembra tu sia così sofferente. »

« Ce ne vuole prima che mi faccia scalfire da una ragazza! » Replicò sfacciato Scorpius.

Rose valutò attentamente che cosa rispondergli; avrebbe voluto dirgli che era solo un povero sciocco, che tutta quella sicurezza che era convinto di avere non era così solida come credeva e soprattutto che era inutile che mentisse a se stesso in quel modo, inevitabilmente prima o poi qualcuno in grado di scalfirlo sarebbe arrivato. 

Nonostante i suoi pensieri, decise di tenerli per sé: perché mai avrebbe dovuto perdere il suo tempo a cercare di far capire a Scorpius Malfoy tutto ciò che faceva di sbagliato?
« Sei sporco di Burrobirra, proprio lì. » Disse solamente la ragazza, sporgendosi in avanti per indicargli con un dito il punto in cui una macchia di schiuma imperversava sul suo labbro.

Il Serpeverde sbatté le palpebre, incapace di comprendere il motivo per cui Rose Weasley le si fosse avvicinata così pericolosamente alle bocca.

Solo quando la Grifondoro gli buttò contro un tovagliolo di carta capì a cosa si fosse riferita e si accorse che aveva trattenuto il fiato fino a quell’istante: espirò profondamente e si passò frettolosamente il tovagliolo contro la bocca.

 

Scorpius rivolse lo sguardo sul volto di Rose e, nel vederla così tanto a suo agio nell’essere sprezzante, una nuova consapevolezza lo colpì in pieno come un fulmine a ciel sereno.

Rilassò le spalle, conscio che nessuno dei suoi trucchi avrebbe più funzionato, e si lasciò scivolare nuovamente sulla sedia in maniera scomposta, ora del tutto disinteressato a sforzarsi di essere affascinante.

« Weasley. » Interpellò la ragazza che aveva davanti a sé, dimenticandosi completamente del fatto che non l’avesse mai chiamata per cognome di persona, a differenza di come faceva con i suoi amici. 

Il tono di voce del ragazzo fece drizzare le orecchie a Rose: non l’aveva mai sentito rivolgersi a lei con tanta noncuranza. « Weasley, seriamente… all’inizio questo battibeccare era anche divertente, ma davvero, non riesco proprio a venirne a capo: sarebbe davvero così scandaloso avere una conversazione normale ogni tanto? »

« Malfoy. » Utilizzò il medesimo tono di voce lei. « Tu parti dal presupposto che ogni ragazza a cui rivolgi la parola cada ai tuoi piedi. Mi credi davvero così stupida? »
« Beh, fino a prova contraria sei venuta di tua spontanea volontà qua oggi. » Scrollò le spalle lui e Rose non poté fare a meno di notare che, contro tutte le sue aspettative, nessun ghigno contorceva le sue labbra.

« I-io… » Boccheggiò lei, incapace di formulare una risposta tagliente.

Il Serpeverde non premette per farla parlare oltre, si ritrovò inconsciamente ad addolcire lo sguardo; appoggiò il boccale di Burrobirra sul tavolino e lo fece scorrere, nel tentativo di porgerlo alla ragazza.

Rose, d’altra parte, d’istinto allungò la mano e si scolò l’intero contenuto del boccale in un sorso solo; ben presto, le sue orecchie sentirono uno sbuffo divertito provenire dal ragazzo seduto di fronte a sé.

« Non sono una di quelle ragazze a cui puoi fare un complimento e l’hai già conquistata, né tantomeno vado cercando amicizie ora, che manca poco più di un anno al diploma e al momento in cui mi abbandonerò questo posto alle spalle. Perciò sono io, Malfoy, che non riesco a venirne a capo… cosa ci guadagni da queste sceneggiate? »

Scacco matto, pensò Scorpius: aveva decisamente sottovalutato Rose Weasley e aveva decisamente sopravvalutato la sua posizione.

 

Ora, per come vedeva la situazione, avrebbe solamente potuto dire tutta la verità a Rose: che dalle loro chiacchierate ci traeva solamente il piacere di vantarsi con i suoi amici, di affermare il suo fascino, di poter sbattere in faccia ad Albus la sua conquista più ardua.

E a dirla tutta, se ora si trovava alle strette era solamente per colpa sua: non aveva realmente pensato al suo piano, né tantomeno si era posto il problema di conoscere Rose prima di averci a che fare. 

Davvero pensava sarebbe tutto riuscito nel migliore dei modi solamente attraverso qualche parola scambiata per i corridoi e con una stupida uscita a Hogsmeade?

« Se ti dico il piacere della tua dolce compagnia mi credi? » Cercò infine di nascondersi dietro al sarcasmo lui.

Rose scoppiò a ridere amaramente, scuotendo il capo come a voler confermare di aver avuto ragione fin dal principio; lasciò cadere il boccale contro il tavolino, prima di alzarsi con estrema lentezza, lasciando che il ragazzo osservasse ogni suo movimento.

« Facciamo che faccio un favore ad entrambi e me ne vado, okay? » Disse per la prima volta lei in tono quasi gentile, nonostante le sue parole, e Scorpius non trovò alcuna forza per controbattere.

Il Serpeverde poté solamente guardarla andare via e, lanciando un’ultima occhiate alla Gazzetta del Profeta abbandonata sul tavolo, poté solamente pensare a quante ragione avesse scovato nelle parole di Rose.

 

 

*

 

 

« Le mie risposte sono state così fantastiche che non hai più bisogno di me per il tuo articolo? » 

Lucy saltò sul posto, aveva passato l’intero pomeriggio a leggere in Sala Grande decine di giornali sportivi convinta che così avrebbe potuto carpire i segreti per scrivere meglio.
Evidentemente le letture sportive avevano cominciato a piacerle quasi quanto i suoi tomi di Astronomia, perché ne era rimasta così assorta da non sentire minimamente il ragazzo che le si era appena seduto accanto.

Lucy puntò lo sguardo alla sua destra e ben presto si ritrovò il sorriso smagliante di Charlie Chang davanti a sé. Se la sorpresa di venire interrotta durante la lettura - lei che veniva disturbata solo dai propri cugini e in circostanze davvero rare - l’aveva lasciata interdetta, si riprese all’istante, pronta a rispondere.

« Oh, hey, Charlie! » La Grifondoro si guardò velocemente attorno, pregando mentalmente che nessuno dei suoi cugini si trovasse in quel momento lì attorno; quando vide che la Sala Grande faceva mostra di neanche una dozzina di studenti, tirò un sospiro di sollievo. « No, figurati, è che non so come andare avanti con la tua storia! »
« ‘No’ nel senso che le mie risposte non erano fantastiche? » Chiese Charlie con evidente tono ironico. Mosse le labbra a formare un mezzo sorriso e Lucy non riuscì a trattenersi dal lasciarsi sfuggire uno sbuffo divertito.
« No, non in quel senso! È che non so se dovrei parlare solo di Quidditch o se esplorare… beh… te. »
« Puoi esplorare me quando vuoi, Lucy! » Charlie si esibì in un vistoso occhiolino e stavolta la ragazza scoppiò sguaiatamente a ridere.
« Intendevo che non so se… ecco… se parlare della tua famiglia, capito? » Cercò di spiegarsi meglio Lucy, muovendo le mani davanti a sé.

Ed era proprio quello il vero motivo per cui non era riuscita a buttare giù nemmeno una bozza di quello che sarebbe dovuto essere l’articolo che avrebbe dato il via alla sua carriera giornalistica.
Quando aveva scelto di intervistare Charlie, si era dovuta rassegnare all’idea di scrivere riguardo ad un ragazzo tutto muscoli che vedeva nel Quidditch la possibilità di non impegnarsi seriamente con gli studi; ma, quando Charlie le aveva raccontato tutto ciò che le aveva detto e per giunta con tanta tranquillità, ogni piano di Lucy era stato mandato bellamente all’aria.
Si sarebbe davvero spinta a diventare quel tipo di persona? Del genere che spiattella su un articolo i fatti personali raccontati in confidenza?
Certo, se Charlie si fosse dimostrato quel ragazzo tutto muscoli che Lucy aveva sempre creduto essere, non si sarebbe mai posta il problema; tuttavia si era dovuta ricredere fin da subito, e di sicuro il sorriso sincero che le stava rivolgendo in quel preciso istante non l’avrebbe aiutata a risolvere il quesito.

« Certo che puoi farlo. » Il Serpeverde alzò le spalle, lasciando che le parole uscissero dalle sue labbra con arrendevolezza.
« Oh, no, non volevo metterti pressione! Non è obbligatorio e– »
« Ho detto che non c’è problema, mi fido di te. » Senza nemmeno registrare nel proprio cervello ciò che il suo corpo fece naturalmente, Charlie portò una mano a ricoprire quella di Lucy in un gesto di conforto.
Prima ancora che la Grifondoro portasse gli occhi marroni a guardare il gesto, percepì le proprie guance tingersi di rosso.
Ma l’attimo dopo Charlie aveva già spostato la mano, probabilmente conscio che un gesto del genere non solo fosse estraneo ad una ragazza come Lucy, ma soprattutto che non gli appartenesse nemmeno come proprio.

Lucy si decise a scuotere il capo, forzandosi di ridestarsi dall’imbarazzo in cui era caduta e del quale sapeva esservi traccia sul proprio viso; sperò con tutta se stessa che il ragazzo l’avesse guardata in viso con poca attenzione.
« Beh, in questo caso… » Si schiarì la voce con un finto colpo di tosse, poi riprese a parlare col tono più professionale che le appartenesse. « Vorrei cercare di scrivere qualcosa che riguardi te più da vicino… del tipo: perché volere una carriera proprio nel Quidditch? Ci sono modi di più facile accesso per guadagnarsi da vivere! »
« Facile accesso? Facile non è divertente, Lucy! » Charlie scosse la testa sconsolato, guardando la Grifondoro quasi compatendola. « Il punto cruciale di voler giocare a Quidditch per il resto della mia vita è proprio il divertimento. Voglio essere felice fino alla fine dei miei giorni ed fare il Battitore mi dà la possibilità di esserlo. »
Lucy singhiozzò rumorosamente nel tentativo di nascondere una risata. Charlie le parve improvvisamente uscito da uno di quegli spot Babbani che incitano i giovani all’esercizio fisico in cui era imbattuta per caso facendo zapping alla televisione in casa dei suoi nonni molti anni addietro.
Sorriso smagliante e denti troppo bianchi, occhi lucidi e pieni di vita, spalle larghe dritte come quelle di un soldato: Charlie Chang sarebbe stato capace di vendere qualsiasi cosa gli si fosse posta davanti.
« Dici tutte queste frasi cliché, sembra quasi che tu sia nato per essere intervistato! »
« Forse lo sono davvero! » Replicò gongolante Charlie.
« O forse stai solo recitando un copione. » Lucy pronunciò quelle poche parole sottovoce ma nell’attimo in cui si accorse che erano fuoriuscite dalle sue labbra pregò mentalmente Godric che il ragazzo non l’avesse sentita.
Evidentemente il fantasma di Godric Grifondoro quel giorno era impegnato ad ascoltare le preghiere di qualche altro discendente Weasley in difficoltà, perché ora Charlie la stava guardando con la confusione negli occhi.
« Scusa, non ho capito bene. »
« Oh, no! » Disse subito sulla difensiva Lucy. « Volevo dire– intendevo che… come fai ad essere sempre così allegro? È difficile da comprendere! »
La Grifondoro si stupì di lei stessa. Aveva sempre creduto essere una ragazza introversa, incapace di comunicare al mondo esterno anche il più frivolo dei pensieri, eppure aveva appena pronunciato a chiara voce la domanda che gli era sorta dal primo momento in cui aveva posato gli occhi su Charlie Chang.
« Non è che sono allegro tutto il tempo, è ovvio che mi arrabbio o mi intristisco anche io. È solo che cerco di non esserlo quando capita. » Ribatté Charlie con lo stesso tono con cui avrebbe spiegato l’ultimo argomento di Pozioni, come se il suo ragionamento fosse basato su chissà quale evidenza scientifica.
« Tutto qua? Decidi di non voler essere arrabbiato o triste e funziona? »
« Saresti sorpresa di scoprire quanto sia potente la nostra mente! »
Lucy lo guardò scettica; evidentemente la sua prima impressione su di lui era stata quella sbagliata nel senso che Charlie non era uno zuccone tutto muscoli, ma un semplice e incontestabile pazzo.
« Oh, beh. Ora posso aggiungere all’articolo che nel tempo libero sei anche un guru spirituale. » Disse poi nella più totale trasparenza e Charlie non poté fare altro che scoppiare a ridere sguaiatamente.

Per quanto odiava farlo, Charlie doveva ammettere che si era sbagliato di grosso quando aveva creduto di aver inquadrato Lucy Weasley il primo giorno di scuola.
Certo, Lucy rimaneva una irrimediabile secchiona che preferiva di gran lunga la compagnia dei libri a quella dei suoi coetanei, ma come aveva fatto a non capire che in quella testolina nascosta da una folta chioma di capelli ramati vi fosse tanta naturale ironia?
E neanche si sforzava di risultare brillante come suo cugino James; Lucy era così spontanea e istintiva nelle reazioni che Charlie - dacché avesse iniziato a parlarle solo da pochissimo tempo - era sicuro di non aver conosciuto mai persona più trasparente di lei.
« Quando è che tocca a me intervistarti? » Le disse poi di impeto, stupendosi lui stesso di quanto una ragazza così in apparenza diversa da lui stimolasse a tal punto in lui la conversazione.
« Non funziona così, Charlie! L’articolo è su di te, io sono solo la voce priva di personalità che farà emergere la tua! »
« È così quindi? Non c’è modo di scoprire cosa si nasconde dietro a questa fantomatica voce priva di personalità? » Charlie si sporse in avanti per scrutare Lucy da più vicino e la ragazza per poco non seguì l’istinto naturale e inconscio che le stava ordinando di scostarsi al più presto.
Invece rimase immobile, puntando gli occhi scuri in quelli a mandorla di lui, e per la prima volta da che ne avesse memoria decise di dare ascolto alla flebile vocina che spesso sentiva nella testa voler uscire allo scoperto a gran voce.
« Mi sa di no, ma ci puoi sempre provare. » Replicò lei con una sicurezza che non pensava neanche potesse appartenerle.
Udite quelle parole, Charlie si arrese alla consapevolezza che Lucy lo avesse lasciato completamente interdetto. Pensò che era da tanto che non si fermava a guardare qualcuno così da vicino che non fosse uno dei suoi amici più stretti e immediatamente gli tornò alla mente ciò che lei gli aveva detto poco fa: forse non era vero che recitasse un vero e proprio ruolo, ma che si sforzasse sempre di apparire nel migliore dei modi agli occhi di tutti era un dato di fatto, e di questo ne era ben consapevole.
« Ehm… James ti ha detto della festa per la partita di Quidditch? » Lucy cercò di riempiere il silenzio che si era creato.
Alla menzione del migliore amico, Charlie si sentì come se gli avessero appena lanciato un secchio d’acqua gelata addosso. Fece di tutto per non far percepire il disagio che il nome di James gli aveva provocato nascondendosi dietro ad un sorriso; avrebbe avuto modo di domandarsi perché avesse subito un tanto repentino cambio d’umore in un altro momento.
« Certo! Non vedo l’ora di deridere voi Grifondoro per le vostre festicciole da principianti! »
« Hey! » Si finse offesa Lucy, tirando un leggero schiaffo sul braccio del ragazzo. « Si stanno impegnando tutti tantissimo per rendere la serata speciale! » Charlie non mancò di notare il contatto, ma passò oltre.
« Quando organizzeremo una festa noi Serpeverde vedrai la differenza, non preoccuparti. »
« Oh, invitereste anche me? » Chiese seriamente stupita Lucy e per un attimo Charlie giurò di poter scorgere nello sguardo di lei quello che i bambini solevano avere davanti ai negozi di caramelle.
« Lucy, così mi offendi! Saresti la prima che inviterei, d’altronde stai scrivendo un articolo sulle mie gesta sportive! »
Lucy poté solo schioccare la lingua al palato, ma non trovò parole per ribattere; lei era a tutti gli effetti la ragazza che stava scrivendo un articolo su di lui e nient’altro.
La cugina piccola e silenziosa del suo migliore amico James tutt’al più, ma agli occhi del ragazzo più popolare di Hogwarts poteva mai essere la ragazza che veniva invitata ad una festa per un semplice legame di amicizia?
Nonostante i desolanti pensieri, Lucy si ritrovò a contraccambiare il sorriso che Charlie le stava rivolgendo con uno altrettanto smagliante.

 

*

 

Perché diavolo Lucy Weasley sta parlando Charlie Chang?

Seduta beatamente al tavolo di Corvonero e circondata da manuali scolastici, Eleanor Wells non poté credere ai suoi occhi.
Ma il perché una studentessa modello come Lucy stesse perdendo il suo preziosissimo tempo con uno scansafatiche come Chang dovette rimanere recluso nel profondo della sua curiosità, dal momento che Eleanor non poteva distrarsi ulteriormente: aveva un solo fine settimana per recuperare il bruttissimo voto che aveva preso a Pozioni e nulla al mondo avrebbe potuto mettersi in mezzo al suo programma di studio intensivo.

« Sapevo fossi una secchiona, ma studiare il sabato pomeriggio, Ellie… è troppo perfino per te! » 

Nel momento stesso in cui aveva messo piede in Sala Grande, gli occhi di Fred Weasley erano caduti rovinosamente sulla figura curva e china sui libri al tavolo di Corvonero.
Non ebbe bisogno di avvicinarsi per capire di chi si trattasse: la matassa di capelli biondi raccolti in una coda alta e la postura più rigida che avesse mai visto non lasciavano spazio ai dubbi, quella era definitivamente la Caposcuola Wells.
Fred aveva accuratamente aggirato il tavolo di Corvonero e si era lentamente avvicinato alla figura della ragazza badando a rimanere alle sue spalle, intento ad analizzare la situazione prima di proferire effettivamente parola.
La vide alternare lo sguardo dal manuale che teneva saldamente in mano a una coppia di ragazzi seduti al tavolo di Grifondoro - hey, ma che ci fa Lucy con Chang? - e non mancò di certo di notare l’evidente coltre di noia che emanava la sua esile e pallidissima figura.
Non darti pena, Ellie. Vengo a salvarti io dalla noia.

« Per te è Eleanor, grazie. »
Nell’attimo stesso in cui aveva sentito una voce raggiungerla alle sue spalle, Eleanor aveva capito che la sua giornata si era appena trasformata in un incubo.
Alzò lo sguardo e lo posò in quello del ragazzo che le si era appena seduto affianco - o meglio, sul tavolo su cui lei stava studiando - sentendo una familiare sensazione di orgoglio salirle nel petto: mai e poi mai, si sarebbe permessa di farsi mancare di rispetto da uno del calibro di Fred Weasley.
« Certo, Ellie, anche per me è un piacere rivederti! » La ignorò volutamente Fred, allungando una mano a toccare distrattamente le pagine del manuale sul tavolo. « Allora… perché stai studiando Pozioni? Non abbiamo mica appena preso un Oltre Ogni Previsione assieme? »
« Esatto. Mi hai abbassato la media, Weasley. Avevo solo Eccezionale prima di quel… compito orribile. » Biascicò Eleanor con disgusto e Fred, alla vista dell’espressione contrita sul volto delicato di lei, scoppiò a ridere in una risata cristallina.
« Non è stato così orribile, dopotutto mi hai evitato la bocciatura. Ci diplomeremo assieme, non sei contenta? »
« Entusiasta è dir poco. » Digrignò lei tra i denti.
« E poi ci siamo divertiti a fare quel compito assieme, no? Mi lanciavi certe occhiate… »  Continuò con tono lascivo Fred e per poco Eleanor non si esibì in un conato di vomito.
Ma davvero le ragazze si infatuavano di un tale cascamorto? Eleanor non avrebbe mai realmente compreso che cosa passasse per la mente delle sue coetanee oggigiorno.
« Weasley, evita di delirare. »
« Oh, ma come siamo scontrose! Pensavo fossimo diventati finalmente amici! » Con un balzo Fred scese dal tavolo e si accasciò sulla seduta accanto a quella della ragazza, guardandola dall’alto della testa di cui la superava in statura con innata sicurezza.
« Se io e te siamo amici, allora io e la Piovra Gigante del Lago Nero siamo amanti. » Replicò con tono quasi annoiato Eleanor, agognando il momento nel quale sarebbe tornata a ripassare il Distillato di Morte Vivente.
« Ah, sapevo che dovevi avere gusti strani! Insomma, non ti sei mai presa una cotta per me dopo tutto! » Fred gridò con gli occhi che gli brillavano dall’euforia, convinto di aver finalmente messo alle strette la ragazza che aveva rappresentato la sua sfida numero uno per ben sette anni.
Eleanor, d’altra parte, non diede retta nemmeno a una delle parole che le furono rivolte, e si limitò a sospirare pesantemente.
« Hai finito? Devo davvero studiare e sono sicura che da qualche parte ci sia qualche ragazzina che invece apprezza i tuoi vaneggiamenti. »
« Sicuramente è pieno di ragazzine per me, ma preferisco salvare te da un pomeriggio di stenti! » Rispose sicuro di sé Fred, indicando con lo sguardo il libro di Pozioni.
« Sei tu lo stento. » Replicò secca Eleanor.
« Oh, Ellie, così mi spezzi il cuore. » Il Grifondoro si portò drammaticamente una mano al petto, fingendosi offeso.
Per la prima volta nella sua vita, Eleanor non seppe come affrontare il ragazzo che le si presentava davanti. Si sentì improvvisamente avvinta da una sensazione di fatica incontrollabile e presto realizzò che dentro di sé non percepiva neanche più un briciolo di pazienza per Fred Weasley.
Chiuse col un colpo secco il manuale di Pozioni e con sguardo addolorato lasciò che i suoi occhi vagassero sulla figura di Fred.
Notò quanto in quella posizione - chinato verso di lei a pochi centimetri di distanza - fosse evidente la larghezza delle sue spalle e l’ampiezza del busto; osservò i tratti marcati del viso, il colorito scuro della pelle - tendente alla tonalità del cioccolato - e gli occhi altrettanto scuri e profondi che la fissavano di rimando con spiccata ilarità.
Eleanor inghiottì il groppo che aveva in gola: era arrivato il momento di porre definitamente fine a tutte le sceneggiate che Fred l’aveva costretta a subire nel corso degli anni.
« Weasley, cosa devo fare per sbarazzarmi definitivamente di te? » Disse semplicemente, con quanta più naturalità le fosse possibile.
« Affatturarmi? Usare una maledizione senza perdono? »
« Non credere che non ci abbia pensato ogni singolo giorno negli ultimi sette anni. »
Fred scoppiò nuovamente a ridere, c’era qualcosa di incredibilmente divertente nel vedere una persona con la quale hai condiviso la tua vita dall’età di undici anni provare un eclatante senso di esasperazione nei tuoi confronti.
Ma, quando vide che nello sguardo di Eleanor non vi era nemmeno una traccia di sfida ma solo pura rassegnazione, la risata morì sul colpo e la serietà si impossessò di lui.
« Tu non mi sopporti proprio, vero? »
« Sono stati i miei insulti a fartelo capire o il fatto che non ti rivolgo mai la parola? »
« I-io… pensavo scherzassi, ecco… ora vedo che sei seria. »  Balbettò incapace di comprendere il reale senso del discorso Fred; nessuno, prima di allora, lo aveva respinto con così tanto disprezzo.
La Corvonero era sì una ragazza estremamente decisa e fredda nel prendere le decisioni, ma insensibile sicuramente no. Nell’istante in cui scorse le prime note di dolore comparire sul viso di Fred, sentì irrimediabilmente qualcosa incrinarsi all’altezza dello stomaco.
« Niente di personale, Weasley, è solo che– »
« Niente di personale? Direi che è proprio quello il punto! » La interruppe Fred, mal celando il suo reale stato d’animo dietro ad un tono ilare.
« È solo che non mi piace la gente che spreca la propria vita con inutilità. » Scrollò le spalle lei, come a giustificarsi.
« Pensi che io sia inutile? »
« No, ma il modo in cui spendi il tuo tempo sì. » Disse la Corvonero e ogni singola parola giunse alle orecchie di Fred in tutta la sua pesantezza.

Eleanor non poteva mentire a se stessa. Per sette lunghissimi anni aveva speso ogni singola ora delle sua vita a impegnarsi più che poteva, spinta dalla necessità di conoscere nei minimi dettagli quel mondo magico in cui era stata catapultata.
Lei, figlia di Babbani, che era cresciuta con storie inventate da sua nonna su maghi cattivi che rapivano le bambine che si comportavano male e che a soli undici anni si era ritrovata a fare fronte alla realtà: il mago cattivo delle storie di sua nonna in verità non era altro che uno della sua stessa specie.
E poi aveva scoperto l’esistenza di Hogwarts, l’unico luogo al mondo che le avrebbe insegnato perché persone come sua nonna temevano qualcosa di meraviglioso come la magia, e questo le era stato chiaro fin dal primo giorno in cui aveva messo piede al Castello.
Ma quello stesso primo giorno si era anche scontrata con un bambino vivace dal folti riccioli neri, che non aveva fatto altro che farle linguacce dal suo tavolo durante il banchetto di benvenuto e che da quel momento in poi si sarebbe rovinosamente scontrato contro ogni suo buon proposito.
Ricordava ancora come se fosse stato il giorno prima quando, quello stesso bambino poi diventato tutto ossa e altezza spropositata per avere solo tredici anni, aveva continuato ad infilarle mucchietti di terra dentro al mantello per tutta la durata della lezione di Cura delle Creature Magiche e del modo in cui aveva riso di lei per il resto della giornata.
O di quella volta al quarto anno quando Fred aveva intercettato il biglietto di San Valentino che lei aveva scritto per Billy Spinnet, finendo così per spiattellare la sua prima cotta davanti a tutto il tavolo di Grifondoro.
Ciò nonostante, il ricordo migliore di tutti sarebbe sempre stato il giorno in cui tutto cambiò per lei, quando divenne Prefetto di Corvonero e si poté finalmente vendicare di ogni minimo dettaglio, anche del più insignificante.

E con lo stesso sguardo fiero di quando quel giorno lo aveva denunciato alla McGonagall per averlo beccato fuori dal suo Dormitorio nel bel mezzo della notte, Eleanor tornò a proferire parola.
« Mi fai studiare ora? »
Fred poté solo specchiarsi nelle iridi glaciali di Eleanor e annuire impacciatamente.
« S-sì, certo. Vado a cercarmi qualcosa di inutile da fare! Buono studio, Ellie. » Rispose poi con un sorriso amaro stampato in viso.
Eleanor non mancò di notare che nonostante lo sguardo atterrito, Fred non aveva mancato di appellarla con quel ridicolo soprannome che si ostinava ad utilizzare, e, guardandolo andare via ciondolando, sentì stavolta qualcosa incrinarsi rovinosamente nel petto.

 

  
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