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Autore: blackwhite_swan    23/07/2019    2 recensioni
[Miles Bletchley, Gemma Farley, Terence Higgs, Adrian Pucey, Malcolm Urquhart, Cassius Warrington]
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Inghilterra, estate del 1994.
Gemma aveva affermato con certezza di non avere alcuna voglia di perdere tempo ad assistere alla Coppa del Mondo di Quidditch, ma alla fine gli altri cinque componenti della banda l'avevano convinta, facendo vena sui suoi pressoché inesistenti istinti materni, ad accompagnarli.
Perché, nonostante la ragazza a malapena distinguesse il boccino dalla pluffa, senza di lei non sarebbe stato ugualmente divertente.
Quello che però i sei Serpeverde neomaggiorenni non si aspettavano affatto era che quell'estate avrebbero provato sulla propria pelle un assaggio dei futuri tempi bui che attendevano il Mondo Magico.
Genere: Generale, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Adrian Pucey, Altro personaggio, Serpeverde
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Primi anni ad Hogwarts/Libri 1-4
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- Questa storia fa parte della serie 'La Gang di Serpeverde'
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La lunga estate calda

Parte II

 

23 agosto 1994

Adrian e Cassius ondeggiarono leggermente sul posto, cercando di non perdere l’equilibrio dopo che la passaporta li aveva portati a destinazione su una collinetta illuminata da un pigro sole mattutino.

Adrian fece evanescare il secchiello che era stato usato come passaporta e si issò meglio lo zaino sulla spalla «Ora non ci resta che trovare i Farley» decretò allegro, incamminandosi giù dalla collina verso il campeggio babbano dal quale proveniva un forte brusio.

Dopo aver percorso neanche cento metri, Cassius assottigliò gli occhi, osservando l’orizzonte e sorrise, indicando una figura che si stava avvicinando «Non credo che dovremo cercare ancora per molto» disse allegro mentre lentamente i contorni della persona che si stava avvicinando si facevano più chiari, rivelando la figura esile di Gemma Farley.

«Due settimane in Italia e quella è tutta l’abbronzatura che sei riuscita a guadagnare?» Gemma sollevò gli occhiali da sole con la montatura rossa appoggiandoseli sulla testa e guardando male Cassius «Evidentemente sì» rispose con aria sostenuta facendogli la linguaccia «E ringraziamo Merlino che non mi sono scottata come mio padre…sembra un gambero» Gemma abbracciò gli amici, piazzandosi poi in mezzo a loro e riprendendo la marcia «Voi due avete fatto i bravi in questo periodo? Non avete mandato al manicomio la povera signora Pucey?» chiese guidandoli con maestria nel labirinto di tende.

I due ragazzi stirarono le labbra in due ghigni identici «No, ormai la signora Pucey è abituata a noi due…ha dei livelli di sopportazione quasi pari ai tuoi, sai?»

«Oh lo immagino…Malcolm e Miles sono arrivati all’alba con le loro famiglie, ma sono già nella nostra tenda, mentre Terence dovrebbe arrivare tra un paio d’ore più o meno nel vostro stesso posto» spiegò la ragazza «Il campeggio è enorme e molti dei clienti sono babbani per cui dobbiamo usare la magia il meno possibile…siamo arrivati da nemmeno due ore e papà e la sua squadra hanno già dovuto operare tre obliviazioni d’emergenza…io proprio non capisco che necessità ci fosse di cavalcare una scopa per fare cinquanta metri fino alla fontanella dell’acqua. La gente a volte è così stupida» la ragazza alzò gli occhi al cielo, fermandosi poi davanti ad una graziosa tenda blu scura «Signori, ecco la vostra dimora per i prossimi giorni» disse simulando un inchino e facendo segno ai ragazzi di precederla.

La tenda era ovviamente allargata magicamente al suo interno e ospitava un grazioso openspace sui toni dell’azzurro, completo di cucina e salottino, con vari divani-letto sparsi in giro; la porta sulla destra, tirando ad indovinare doveva portare al bagno.

Su uno dei divani erano seduti a gambe incrociate Miles e Malcolm, impegnati in una partita di sparaschiocco «Ehilà» salutò allegro Miles, puntando gli occhi chiari sui tre appena entrati «Siete giusto in tempo per vedermi demolire Malcolm» disse tutto contento mentre il diretto interessato sbuffava «Non parlare troppo presto, che potrebbero andarti a fuoco le sopracciglia da un momento all’altro…» non aveva ancora finito di parlare che una delle carte alla base del suo castello esplose, facendo crollare la costruzione su sé stessa.

Miles scoppiò a ridere, mentre Malcolm si alzava, togliendosi i residui della carta bruciata dai pantaloni e brontolando sul fatto che quello fosse un gioco del cazzo «La verità è che non sai accettare la sconfitta» rigirò il coltello nella piaga Miles, smontando con delicatezza il suo castello di carte e rimischiando il mazzo, guardando con gli occhi che brillavano i ragazzi appena arrivati «Allora, chi gioca adesso?»

«Nessuno» decretò con decisione Gemma «Non guardarmi così Miles, dobbiamo sistemare i divani letto e andare a prendere l’acqua alla fontana»

Il moro fece una smorfia «Ma perché dobbiamo giocare a fare la bella lavanderina se tanto abbiamo l’acqua a corrente in casa!»

Cassius aggrottò le sopracciglia, sporgendosi verso Malcolm «Che cos’è la bella lavanderina?» gli sussurrò perplesso mentre lo scozzese si tratteneva dal ridere «Una filastrocca babbana»

«Ah okay»

«Non usiamo questa tenda da anni: mi va bene usare l’acqua corrente per cucinare e lavarci, ma non mi fido a berla, non vorrei che fosse carica di calcare, ruggine o cose di simili» spiegò Gemma, incrociando le braccia come a sfidare Miles a contraddirla.

Il ragazzo alzò le mani in segno di resa «Non ho idea di che cosa tu stia parlando, ma fingerò di aver capito e ti darò ragione, contenta?»

La castana sorrise soddisfatta «Sì, estremamente, caro» gli altri quattro scoppiarono a ridere, seguendo da bravi soldatini la ragazza, che aveva fatto levitare in mano ad ognuno una grossa borraccia colorata.

 

*

 

25 agosto 1994

Gemma uscì dal bagno con indosso un grazioso abitino verde bottiglia e un asciugamano bianco arrotolato in testa, fermandosi sulla soglia ad osservare con un sorrisino i cinque ragazzi, che non avevano nemmeno cominciato a prepararsi, stravaccati sui divani, intenti a discutere sull’esito della partita imminente.

«Se vince la Bulgaria giuro che mi mangio i calzini» decretò Malcolm «Come cazzo hanno poi fatto ad arrivare in finale con un solo giocatore decente lo sa solo Merlino»

«La Ivanova ha un gran bel paio di chiappe» commentò con sicurezza Cassius, assumendo un’aria leggermente sognante mentre Miles al suo fianco annuiva pienamente d’accordo «Mi va bene che siano arrivati a questo punto anche solo per poterla ammirare» rincarò la dose il moro.

«Allora rettifico» si corresse Malcolm «I giocatori bulgari decenti sono due: la Ivanova e Krum»

«Tanto vince l’Irlanda» disse con sicurezza Adrian, facendo annuire Terence «Moran, Troy e Mullet sono dei fuoriclasse: segneranno una sfilza di goal prima ancora che Krum abbia preso quota»

«Aidan Lynch però non è un granchè» fece notare Miles.

«Barry Ryan parerebbe qualunque pluffa, anche se fosse grande come un granello di polvere» fece notare Cassius «E i tre cacciatori sono nettamente superiori ai bulgari quindi…»

«A meno che Krum non prenda il boccino a cinque secondi dal fischio d’inizio…»

«Il che renderebbe questa finale la più corta e schifosa della storia»

«…e a meno che gli irlandesi non si rincitrulliscano ad ammirare la tutina viola aderente della Ivanova…»

«…vincerà l’Irlanda» concluse Terence.

«Buono a sapersi, sono vestita del colore giusto» si intromise Gemma, mentre i cinque ragazzi si tiravano in piedi sorridendole «Forza ora, preparatevi! È mai possibile che sia la ragazza a dover aspettare i suoi cavalieri?»

«Che ne è stata della parità dei sessi? Ho tutto il diritto di farmi attendere mentre mi imbelletto» Cassius prese al volo l’asciugamano che la ragazza gli aveva lanciato. Maledetti riflessi da cacciatore «E comunque tu devi ancora asciugarti i capelli» precisò poi il ragazzo, ritirandosi ridendo in bagno mentre Gemma sbuffava «Mi sarò asciugata prima che tu abbia finito di specchiarti!» gli strillò dietro lei, senza riuscire a trattenere un sorrisetto mentre gli altri scoppiavano a ridere.

 

*

 

notte tra il 25 e il 26 agosto 1994

Malcolm, Cassius e Miles avevano improvvisato una specie di giga, incominciando a cantare ciascuno una canzone da festa di paese diversa, facendo scoppiare a ridere Terence e Adrian e guadagnandosi una sberla a testa sulle spalle o sulla schiena da Gemma «Razza di cretini» sibilò la ragazza con gli occhi scuri che mandavano scintille «Come minimo adesso qualcuno uscirà dalle tende dicendo di fare silenzio…AHIA CASSIUS METTIMI SUBITO GIU’!» Per farla smettere di fare loro la predica, Cassius, senza apparente sforzo, l’aveva sollevata e se l’era caricata in spalla, ridendo incurante degli strilli furibondi della ragazza, che stava tempestando la sua schiena di pugni.

«Vorrei farti notare che adesso quella che sta facendo casino sei tu» la provocò poi, guadagnandosi un “coglione” in risposta prima di rimetterla a terra.

«Dai Gemma non farci la predica» sbuffò Miles, tenendosi però a debita distanza dalla neonominata caposcuola di serpeverde, onde evitare di rimanere gravemente ferito qualora la ragazza avesse avuto un altro scatto rabbioso «L’Irlanda ha appena vinto! Staranno tutti festeggiando nelle tende!»

Gemma lo fulminò con lo sguardo, incrociando le braccia al petto e mettendo su il suo migliore broncio, rilassandosi leggermente solo quando Adrian le passò un braccio sulle spalle, prendendosi come sempre la responsabilità di calmare le acque «Sono certo che riusciremo a festeggiare anche senza fare troppo chiasso, no?» disse il ragazzo con fermezza, lanciando uno sguardo eloquente in particolare a Cassius che, pur sbuffando, non poté fare a meno di annuire alle richieste del migliore amico.

Il gruppetto riprese a camminare, con Terence, Adrian e Gemma in testa che chiacchieravano piano, mentre alle loro spalle Cassius, Malcolm e Miles che procedevano a braccetto, avevano ripreso a cantare un’indecente canzone da osteria, mantenendo però un tono di voce abbastanza basso.

Quando avevano scoperto che la coppa del mondo di Quidditch si sarebbe tenuta in Inghilterra, i cinque ragazzi del gruppo, tutti giocatori o ex giocatori della squadra di serpeverde, si erano organizzati con largo anticipo -per la prima volta nella propria vita- per andare ad assistervi e, dopo non poche preghiere, erano riusciti a convincere Gemma ad accompagnarli: fosse stato per lei, sarebbe volentieri rimasta a casa considerato il suo odio viscerale per il volo e le altezze in generale, ma non era riuscita a dire di no alla possibilità di passare qualche giorno in compagnia di tutti i suoi ragazzi, come era solita definirli nei suoi rari momenti di dolcezza.

Prima di accettare la ragazza era riuscita a stabilire delle condizioni imprescindibilmente legate alla sua presenza all’evento che i ragazzi avevano accettato, consapevoli di non avere molta scelta: invece di fare una bella dormita sotto le stelle come avevano inizialmente programmato, sarebbero stati in una tenda a poca distanza da quella in cui avrebbero alloggiato la signora e il signor Farley, grande fan del quidditch a differenza della figlia e, soprattutto, i ragazzi avrebbero dovuto darle ascolto qualora si fosse trattato di prendere qualunque tipo di decisione.

Erano tutti perfettamente consapevoli, Gemma compresa, che il secondo punto dell’accordo non sarebbe stato rispettato, ma avevano finto di accordarsi pacificamente tanto per fare un po’ di scena come sempre.

Probabilmente non l’avrebbe ammesso nemmeno sotto tortura, ma alla fine Gemma aveva adorato la finale di quella sera, così grandiosa e avvincente e soprattutto si era divertita come una pazza nelle due giornate precedenti a stare in campeggio con i suoi migliori amici: nonostante i suoi genitori fossero alloggiati poco lontani, i coniugi Farley avevano fatto in modo di non stare troppo per i piedi ai sei maghi appena maggiorenni, che avevano avuto modo di scorrazzare liberamente per il campeggio e stare svegli fino a tarda notte per raccontarsi tutto quello che era accaduto quell’estate.

Quei tre giorni insieme erano quanto di più vicino ad una vacanza che i sei avessero mai fatto, cosa che li rendeva tutti molto eccitati: passavano nove mesi all’anno a scuola sempre attaccati e spesso le giornate estive sembravano loro infinitamente lunghe visto e considerato che non era banale organizzarsi per trovarsi tutti e sei in un posto preciso.

I più fortunati erano sicuramente Adrian e Cassius, dato che in pratica il secondo passava tutta l’estate a casa Pucey, ma nessuno avrebbe mai potuto veramente invidiarlo per quella ragione.

Sentirono numerosi strilli alle loro spalle che li fecero fermare mentre Cassius, dopo aver lanciato un piccolo fischio commentava «Certo che gli irlandesi non devono essere andati leggeri con la birra per i festeggiamenti»

Le grida sembrarono intensificarsi e i ragazzi inarcarono le sopracciglia, guardandosi dubbiosi: non sembravano affatto delle grida gioiose di festa.

Un urlo terrorizzato squarciò l’aria e una serie di lampi esplosero sopra le loro teste; i sei sguainarono le bacchette, avvicinandosi subito gli uni agli altri «Che cazzo sta succedendo» mormorò Terence, la mascella contratta in una smorfia preoccupata mentre Adrian, improvvisamente pallido, scuoteva rigidamente i capo.

Prima che Gemma potesse aprire la bocca, suggerendo saggiamente di tornarsene il prima possibile alla tenda si sentirono numerose richieste di aiuto strillate ad alta voce e a meno di cento metri da dove si trovavano due tende presero fuoco e videro alcune persone levitare.

Cassius mosse due passi decisi in direzione delle fiamme, prima che Adrian lo bloccasse, tenendolo per un braccio «Cosa credi di fare?» sibilò il prefetto all’amico, che lo guardò con espressione dura e seria: quella era una di quelle che Gemma definiva chiacchierate mentali tra Adrian e Cassius, che spesso sembravano estraniarsi dal mondo per comunicare tra loro con la forza del pensiero. I due rimasero per qualche secondo a osservarsi prima che Adrian con aria sconfitta cedesse «Vengo con te» disse mentre Cassius annuiva, prima di cominciare a correre nella direzione dell’incendio, tallonati prontamente dagli altri quattro.

«Perché mi faccio sempre trascinare da voi cinque deficienti?» ringhiò Gemma, cercando di stare al passo di quei cinque stupidi spilungoni dalle gambe troppo lunghe «Da dove vi esce poi questo spirito così eroico lo sa solo Merlino: che ne è stato del sacro spirito di autoconservazione tanto pubblicizzato da Salazar?» bofonchiò infastidita, senza però smettere di seguirli.

Quando arrivarono nella zona dell’incendio si bloccarono bruscamente, rischiando di essere investiti da alcuni maghi e streghe, molti dei quali già in pigiama, che scappavano a gambe levate; degli individui vestiti di nero e con i volti coperti da maschere stavano facendo levitare quelli che a Gemma sembrarono dei babbani, i quali urlavano terrorizzati, contorcendosi in aria.

Miles e Terence si scambiarono un’occhiata atterrita: quegli uomini vestiti di nero non potevano davvero essere quello che sembravano, no?

«Relascio!» urlarono contemporaneamente Malcolm e Cassius, con le bacchette puntate sui babbani che fluttuavano a circa sette metri da terra, la cui caduta rovinosa fu prontamente bloccata da Adrian, che aveva lanciato un Arresto Momentum non verbale estremamente efficace.

Gli uomini mascherati ovviamente si accorsero subito della presenza dei sei ragazzi «Andiamo via» disse Gemma, evocando uno scudo appena in tempo per parare lo schiantesimo che le avevano spedito contro «Andiamo ora!» ripeté a voce più alta, cercando di tenere lo scudo in modo che fossero coperti nella fuga.

Malcolm, che era nettamente più alto dei lei, lanciò un impedimenta oltre lo scudo, facendo inciampare la prima fila di uomini incappucciati mentre i sei incominciavano a correre a tutta velocità tra le tende, dalle quali continuavano ad uscire persone terrorizzate «Chi diamine erano quelli?» urlò Miles, evitando per un pelo di finire addosso ad un mago con i capelli sparati in aria che stava scappando «Davvero non ci arrivi?» gli strillò ironicamente in risposta Gemma, agguantando la mano di Terence, per essere certa di non perdere almeno lui in mezzo a quella folla di persone.

I sei svoltarono a destra, infilandosi in una zona più tranquilla e fermandosi a riprendere fiato «Dobbiamo tornare subito alla tenda» rantolò Adrian «E avvertire i signori Farley»

«Se conosco abbastanza bene mio padre a quest’ora ha già spedito mamma e i miei zii a casa con una passaporta e si è messo in contatto con il ministero» borbottò Gemma «Salazar, mamma mi ammazzerà, mi aveva detto di non tornare tardi alla tenda…»

«Immagino che nessuna di voi due si aspettasse una bella comparsata dei mangiamorte» commentò con quel suo sarcasmo completamente fuori luogo Cassius mentre gli altri cinque si irrigidivano nel sentire quel nome.

Qualcuno urlò poco lontano e subito si sentì una risata gelida molto forte che a Gemma suonò per qualche strana ragione famigliare: Cassius si irrigidì, spalancando gli occhi scuri come se avesse appena visto un fantasma e prima che qualcuno potesse dire una parola, filò rapido nella direzione da cui provenivano i rumori.

Gli altri cinque ripartirono immediatamente al suo inseguimento, ma furono rallentati dal passaggio di un gruppo di persone che scappava, rischiando di perderlo di vista in quel mare di teste.

Ritrovarono Cassius poco lontano, in piedi immobile in mezzo a due tende, una delle quali completamente in fiamme, che guardava qualcosa nel piccolo spiazzo di fronte a sé: uno degli uomini incappucciati -mangiamorte si corresse mentalmente Gemma non senza sentire un brivido alla schiena- aveva appena schiantato un babbano e stava facendo levitare quella che probabilmente era la moglie dell’uomo, che strillava disperata il nome del marito.

C’era qualcosa di estremamente famigliare nel mangiamorte, ma Gemma era talmente spaventata da non riuscire a ragionare in maniera sufficientemente lucida per capire chi fosse effettivamente.

Vide Cassius, con una luce fredda negli occhi, alzare rigidamente la bacchetta e puntarla sul mangiamorte e allora capì; fece un balzo in avanti, spingendo di lato l’amico e nascondendosi con lui dietro ad una tenda mezza crollata.

Cassius fece per divincolarsi dalla sua presa «War, non è proprio il momento di far l’eroe, mi hai capita?» esclamò Gemma mentre il ragazzo si voltava nella sua direzione guardandola con un’espressione che avrebbe fatto impallidire persino Grindelwald, ma la caposcuola resse lo sguardo senza battere ciglio «Mi hai capita?» ripeté in un sibilo freddo.

Cassius emise un basso ringhio «Sì» sputò con rabbia mentre Gemma, senza allentare la presa sul suo braccio, annuiva leggermente più tranquilla, rivolgendosi poi a Miles, Adrian, Terence e Malcolm, che avevano perfettamente compreso a loro volta cos’era appena successo «Tiriamo dritto da mio padre e se…» prima che potesse finire la frase un lampo accecante di luce verdastra illuminò il cielo buio e quando i ragazzi riuscirono ad alzare gli sguardi nei loro occhi pieni di orrore si specchiò un enorme teschio dalla cui bocca usciva un serpente.

Erano tutti troppo giovani per ricordare l’ultima volta in cui un Marchio Nero era stato lanciato nei cieli della Gran Bretagna, presagio di morte e distruzione, ma sapevano perfettamente cosa fosse: non c’era figlio di maghi che non conoscesse quel simbolo e il suo significato.

«Via!» urlò Miles alzandosi di scatto insieme agli amici; solo Cassius rimase per qualche secondo immobile, guardando paralizzato il Marchio Nero che si stagliava minaccioso sopra la sua testa. Fu l’ennesimo strattone di Gemma a risvegliarlo in quella sorta di stato di trance in cui sembrava essere caduto, riportandolo alla realtà mentre balzava in piedi a sua volta, seguendo gli amici verso la tenda dei Farley.

Mentre correva, si voltò per un secondo all’indietro, sentendo un brivido quando individuò, oltre la cima di una delle tende bruciate, la punta di un cappuccio nero.

 

 

 

 

 

   
 
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