La lunga estate calda
Parte II
23 agosto 1994
Adrian e Cassius
ondeggiarono leggermente sul posto, cercando di non perdere l’equilibrio dopo
che la passaporta li aveva portati a destinazione su una collinetta illuminata
da un pigro sole mattutino.
Adrian fece
evanescare il secchiello che era stato usato come passaporta e si issò meglio lo
zaino sulla spalla «Ora non ci resta che trovare i Farley» decretò allegro,
incamminandosi giù dalla collina verso il campeggio babbano dal quale proveniva
un forte brusio.
Dopo aver percorso
neanche cento metri, Cassius assottigliò gli occhi, osservando l’orizzonte e
sorrise, indicando una figura che si stava avvicinando «Non credo che dovremo
cercare ancora per molto» disse allegro mentre lentamente i contorni della
persona che si stava avvicinando si facevano più chiari, rivelando la figura
esile di Gemma Farley.
«Due settimane in
Italia e quella è tutta l’abbronzatura che sei riuscita a guadagnare?» Gemma
sollevò gli occhiali da sole con la montatura rossa appoggiandoseli sulla testa
e guardando male Cassius «Evidentemente sì» rispose con aria sostenuta facendogli
la linguaccia «E ringraziamo Merlino che non mi sono scottata come mio
padre…sembra un gambero» Gemma abbracciò gli amici, piazzandosi poi in mezzo a
loro e riprendendo la marcia «Voi due avete fatto i bravi in questo periodo?
Non avete mandato al manicomio la povera signora Pucey?» chiese guidandoli con
maestria nel labirinto di tende.
I due ragazzi stirarono
le labbra in due ghigni identici «No, ormai la signora Pucey è abituata a noi
due…ha dei livelli di sopportazione quasi pari ai tuoi, sai?»
«Oh lo
immagino…Malcolm e Miles sono arrivati all’alba con le loro famiglie, ma sono
già nella nostra tenda, mentre Terence dovrebbe arrivare tra un paio d’ore più
o meno nel vostro stesso posto» spiegò la ragazza «Il campeggio è enorme e
molti dei clienti sono babbani per cui dobbiamo usare la magia il meno
possibile…siamo arrivati da nemmeno due ore e papà e la sua squadra hanno già
dovuto operare tre obliviazioni d’emergenza…io proprio non capisco che
necessità ci fosse di cavalcare una scopa per fare cinquanta metri fino alla
fontanella dell’acqua. La gente a volte è così stupida» la ragazza alzò gli
occhi al cielo, fermandosi poi davanti ad una graziosa tenda blu scura
«Signori, ecco la vostra dimora per i prossimi giorni» disse simulando un
inchino e facendo segno ai ragazzi di precederla.
La tenda era
ovviamente allargata magicamente al suo interno e ospitava un grazioso
openspace sui toni dell’azzurro, completo di cucina e salottino, con vari
divani-letto sparsi in giro; la porta sulla destra, tirando ad indovinare
doveva portare al bagno.
Su uno dei divani
erano seduti a gambe incrociate Miles e Malcolm, impegnati in una partita di
sparaschiocco «Ehilà» salutò allegro Miles, puntando gli occhi chiari sui tre
appena entrati «Siete giusto in tempo per vedermi demolire Malcolm» disse tutto
contento mentre il diretto interessato sbuffava «Non parlare troppo presto, che
potrebbero andarti a fuoco le sopracciglia da un momento all’altro…» non aveva
ancora finito di parlare che una delle carte alla base del suo castello
esplose, facendo crollare la costruzione su sé stessa.
Miles scoppiò a
ridere, mentre Malcolm si alzava, togliendosi i residui della carta bruciata
dai pantaloni e brontolando sul fatto che quello fosse un gioco del cazzo «La verità è che non sai accettare la sconfitta»
rigirò il coltello nella piaga Miles, smontando con delicatezza il suo castello
di carte e rimischiando il mazzo, guardando con gli occhi che brillavano i ragazzi
appena arrivati «Allora, chi gioca adesso?»
«Nessuno» decretò con
decisione Gemma «Non guardarmi così Miles, dobbiamo sistemare i divani letto e
andare a prendere l’acqua alla fontana»
Il moro fece una
smorfia «Ma perché dobbiamo giocare a fare la bella lavanderina se tanto
abbiamo l’acqua a corrente in casa!»
Cassius aggrottò le sopracciglia,
sporgendosi verso Malcolm «Che cos’è la bella lavanderina?» gli sussurrò
perplesso mentre lo scozzese si tratteneva dal ridere «Una filastrocca babbana»
«Ah okay»
«Non usiamo questa
tenda da anni: mi va bene usare l’acqua corrente per cucinare e lavarci, ma non
mi fido a berla, non vorrei che fosse carica di calcare, ruggine o cose di
simili» spiegò Gemma, incrociando le braccia come a sfidare Miles a
contraddirla.
Il ragazzo alzò le
mani in segno di resa «Non ho idea di che cosa tu stia parlando, ma fingerò di
aver capito e ti darò ragione, contenta?»
La castana sorrise
soddisfatta «Sì, estremamente, caro» gli altri quattro scoppiarono a ridere, seguendo
da bravi soldatini la ragazza, che aveva fatto levitare in mano ad ognuno una
grossa borraccia colorata.
*
25 agosto 1994
Gemma uscì dal bagno
con indosso un grazioso abitino verde bottiglia e un asciugamano bianco
arrotolato in testa, fermandosi sulla soglia ad osservare con un sorrisino i
cinque ragazzi, che non avevano nemmeno cominciato a prepararsi, stravaccati
sui divani, intenti a discutere sull’esito della partita imminente.
«Se vince la Bulgaria
giuro che mi mangio i calzini» decretò Malcolm «Come cazzo hanno poi fatto ad
arrivare in finale con un solo giocatore decente lo sa solo Merlino»
«La Ivanova ha un
gran bel paio di chiappe» commentò con sicurezza Cassius, assumendo un’aria
leggermente sognante mentre Miles al suo fianco annuiva pienamente d’accordo «Mi
va bene che siano arrivati a questo punto anche solo per poterla ammirare»
rincarò la dose il moro.
«Allora rettifico» si
corresse Malcolm «I giocatori bulgari decenti sono due: la Ivanova e Krum»
«Tanto vince l’Irlanda»
disse con sicurezza Adrian, facendo annuire Terence «Moran, Troy e Mullet sono
dei fuoriclasse: segneranno una sfilza di goal prima ancora che Krum abbia
preso quota»
«Aidan Lynch però non
è un granchè» fece notare Miles.
«Barry Ryan parerebbe
qualunque pluffa, anche se fosse grande come un granello di polvere» fece
notare Cassius «E i tre cacciatori sono nettamente superiori ai bulgari quindi…»
«A meno che Krum non
prenda il boccino a cinque secondi dal fischio d’inizio…»
«Il che renderebbe
questa finale la più corta e schifosa della storia»
«…e a meno che gli
irlandesi non si rincitrulliscano ad ammirare la tutina viola aderente della
Ivanova…»
«…vincerà l’Irlanda»
concluse Terence.
«Buono a sapersi,
sono vestita del colore giusto» si intromise Gemma, mentre i cinque ragazzi si
tiravano in piedi sorridendole «Forza ora, preparatevi! È mai possibile che sia
la ragazza a dover aspettare i suoi cavalieri?»
«Che ne è stata della
parità dei sessi? Ho tutto il diritto di farmi attendere mentre mi imbelletto»
Cassius prese al volo l’asciugamano che la ragazza gli aveva lanciato. Maledetti
riflessi da cacciatore «E comunque tu devi ancora asciugarti i capelli»
precisò poi il ragazzo, ritirandosi ridendo in bagno mentre Gemma sbuffava «Mi
sarò asciugata prima che tu abbia finito di specchiarti!» gli strillò dietro
lei, senza riuscire a trattenere un sorrisetto mentre gli altri scoppiavano a
ridere.
*
notte tra il 25 e il 26 agosto
1994
Malcolm, Cassius e
Miles avevano improvvisato una specie di giga, incominciando a cantare ciascuno
una canzone da festa di paese diversa, facendo scoppiare a ridere Terence e
Adrian e guadagnandosi una sberla a testa sulle spalle o sulla schiena da Gemma
«Razza di cretini» sibilò la ragazza con gli occhi scuri che mandavano
scintille «Come minimo adesso qualcuno uscirà dalle tende dicendo di fare
silenzio…AHIA CASSIUS METTIMI SUBITO GIU’!» Per farla smettere di fare loro la
predica, Cassius, senza apparente sforzo, l’aveva sollevata e se l’era caricata
in spalla, ridendo incurante degli strilli furibondi della ragazza, che stava
tempestando la sua schiena di pugni.
«Vorrei farti notare
che adesso quella che sta facendo casino sei tu» la provocò poi, guadagnandosi
un “coglione” in risposta prima di rimetterla a terra.
«Dai Gemma non farci
la predica» sbuffò Miles, tenendosi però a debita distanza dalla neonominata
caposcuola di serpeverde, onde evitare di rimanere gravemente ferito qualora la
ragazza avesse avuto un altro scatto rabbioso «L’Irlanda ha appena vinto!
Staranno tutti festeggiando nelle tende!»
Gemma lo fulminò con
lo sguardo, incrociando le braccia al petto e mettendo su il suo migliore
broncio, rilassandosi leggermente solo quando Adrian le passò un braccio sulle
spalle, prendendosi come sempre la responsabilità di calmare le acque «Sono
certo che riusciremo a festeggiare anche senza fare troppo chiasso, no?» disse
il ragazzo con fermezza, lanciando uno sguardo eloquente in particolare a
Cassius che, pur sbuffando, non poté fare a meno di annuire alle richieste del
migliore amico.
Il gruppetto riprese
a camminare, con Terence, Adrian e Gemma in testa che chiacchieravano piano,
mentre alle loro spalle Cassius, Malcolm e Miles che procedevano a braccetto,
avevano ripreso a cantare un’indecente canzone da osteria, mantenendo però un
tono di voce abbastanza basso.
Quando avevano
scoperto che la coppa del mondo di Quidditch si sarebbe tenuta in Inghilterra,
i cinque ragazzi del gruppo, tutti giocatori o ex giocatori della squadra di
serpeverde, si erano organizzati con largo anticipo -per la prima volta nella
propria vita- per andare ad assistervi e, dopo non poche preghiere, erano
riusciti a convincere Gemma ad accompagnarli: fosse stato per lei, sarebbe
volentieri rimasta a casa considerato il suo odio viscerale per il volo e le
altezze in generale, ma non era riuscita a dire di no alla possibilità di
passare qualche giorno in compagnia di tutti i suoi ragazzi, come era solita
definirli nei suoi rari momenti di dolcezza.
Prima di accettare la
ragazza era riuscita a stabilire delle condizioni imprescindibilmente legate
alla sua presenza all’evento che i ragazzi avevano accettato, consapevoli di
non avere molta scelta: invece di fare una bella dormita sotto le stelle come
avevano inizialmente programmato, sarebbero stati in una tenda a poca distanza
da quella in cui avrebbero alloggiato la signora e il signor Farley, grande fan
del quidditch a differenza della figlia e, soprattutto, i ragazzi avrebbero
dovuto darle ascolto qualora si fosse trattato di prendere qualunque tipo di
decisione.
Erano tutti
perfettamente consapevoli, Gemma compresa, che il secondo punto dell’accordo
non sarebbe stato rispettato, ma avevano finto di accordarsi pacificamente
tanto per fare un po’ di scena come sempre.
Probabilmente non
l’avrebbe ammesso nemmeno sotto tortura, ma alla fine Gemma aveva adorato la
finale di quella sera, così grandiosa e avvincente e soprattutto si era
divertita come una pazza nelle due giornate precedenti a stare in campeggio con
i suoi migliori amici: nonostante i suoi genitori fossero alloggiati poco
lontani, i coniugi Farley avevano fatto in modo di non stare troppo per i piedi
ai sei maghi appena maggiorenni, che avevano avuto modo di scorrazzare liberamente
per il campeggio e stare svegli fino a tarda notte per raccontarsi tutto quello
che era accaduto quell’estate.
Quei tre giorni
insieme erano quanto di più vicino ad una vacanza che i sei avessero mai fatto,
cosa che li rendeva tutti molto eccitati: passavano nove mesi all’anno a scuola
sempre attaccati e spesso le giornate estive sembravano loro infinitamente
lunghe visto e considerato che non era banale organizzarsi per trovarsi tutti e
sei in un posto preciso.
I più fortunati erano
sicuramente Adrian e Cassius, dato che in pratica il secondo passava tutta
l’estate a casa Pucey, ma nessuno avrebbe mai potuto veramente invidiarlo per
quella ragione.
Sentirono numerosi
strilli alle loro spalle che li fecero fermare mentre Cassius, dopo aver
lanciato un piccolo fischio commentava «Certo che gli irlandesi non devono
essere andati leggeri con la birra per i festeggiamenti»
Le grida sembrarono
intensificarsi e i ragazzi inarcarono le sopracciglia, guardandosi dubbiosi:
non sembravano affatto delle grida gioiose di festa.
Un urlo terrorizzato
squarciò l’aria e una serie di lampi esplosero sopra le loro teste; i sei
sguainarono le bacchette, avvicinandosi subito gli uni agli altri «Che cazzo
sta succedendo» mormorò Terence, la mascella contratta in una smorfia
preoccupata mentre Adrian, improvvisamente pallido, scuoteva rigidamente i
capo.
Prima che Gemma
potesse aprire la bocca, suggerendo saggiamente di tornarsene il prima
possibile alla tenda si sentirono numerose richieste di aiuto strillate ad alta
voce e a meno di cento metri da dove si trovavano due tende presero fuoco e
videro alcune persone levitare.
Cassius mosse due
passi decisi in direzione delle fiamme, prima che Adrian lo bloccasse,
tenendolo per un braccio «Cosa credi di fare?» sibilò il prefetto all’amico,
che lo guardò con espressione dura e seria: quella era una di quelle che Gemma
definiva chiacchierate mentali tra Adrian e Cassius, che spesso
sembravano estraniarsi dal mondo per comunicare tra loro con la forza del
pensiero. I due rimasero per qualche secondo a osservarsi prima che Adrian con
aria sconfitta cedesse «Vengo con te» disse mentre Cassius annuiva, prima di
cominciare a correre nella direzione dell’incendio, tallonati prontamente dagli
altri quattro.
«Perché mi faccio
sempre trascinare da voi cinque deficienti?» ringhiò Gemma, cercando di stare
al passo di quei cinque stupidi spilungoni dalle gambe troppo lunghe «Da dove
vi esce poi questo spirito così eroico lo sa solo Merlino: che ne è stato del
sacro spirito di autoconservazione tanto pubblicizzato da Salazar?» bofonchiò
infastidita, senza però smettere di seguirli.
Quando arrivarono
nella zona dell’incendio si bloccarono bruscamente, rischiando di essere
investiti da alcuni maghi e streghe, molti dei quali già in pigiama, che scappavano
a gambe levate; degli individui vestiti di nero e con i volti coperti da
maschere stavano facendo levitare quelli che a Gemma sembrarono dei babbani, i
quali urlavano terrorizzati, contorcendosi in aria.
Miles e Terence si
scambiarono un’occhiata atterrita: quegli uomini vestiti di nero non potevano
davvero essere quello che sembravano, no?
«Relascio!» urlarono contemporaneamente Malcolm e Cassius,
con le bacchette puntate sui babbani che fluttuavano a circa sette metri da
terra, la cui caduta rovinosa fu prontamente bloccata da Adrian, che aveva
lanciato un Arresto Momentum non verbale estremamente efficace.
Gli uomini mascherati
ovviamente si accorsero subito della presenza dei sei ragazzi «Andiamo via»
disse Gemma, evocando uno scudo appena in tempo per parare lo schiantesimo che
le avevano spedito contro «Andiamo ora!» ripeté a voce più alta, cercando di
tenere lo scudo in modo che fossero coperti nella fuga.
Malcolm, che era
nettamente più alto dei lei, lanciò un impedimenta oltre lo scudo,
facendo inciampare la prima fila di uomini incappucciati mentre i sei
incominciavano a correre a tutta velocità tra le tende, dalle quali
continuavano ad uscire persone terrorizzate «Chi diamine erano quelli?» urlò
Miles, evitando per un pelo di finire addosso ad un mago con i capelli sparati
in aria che stava scappando «Davvero non ci arrivi?» gli strillò ironicamente
in risposta Gemma, agguantando la mano di Terence, per essere certa di non
perdere almeno lui in mezzo a quella folla di persone.
I sei svoltarono a
destra, infilandosi in una zona più tranquilla e fermandosi a riprendere fiato
«Dobbiamo tornare subito alla tenda» rantolò Adrian «E avvertire i signori
Farley»
«Se conosco
abbastanza bene mio padre a quest’ora ha già spedito mamma e i miei zii a casa
con una passaporta e si è messo in contatto con il ministero» borbottò Gemma
«Salazar, mamma mi ammazzerà, mi aveva detto di non tornare tardi alla tenda…»
«Immagino che nessuna
di voi due si aspettasse una bella comparsata dei mangiamorte» commentò con
quel suo sarcasmo completamente fuori luogo Cassius mentre gli altri cinque si
irrigidivano nel sentire quel nome.
Qualcuno urlò poco
lontano e subito si sentì una risata gelida molto forte che a Gemma suonò per
qualche strana ragione famigliare: Cassius si irrigidì, spalancando gli occhi
scuri come se avesse appena visto un fantasma e prima che qualcuno potesse dire
una parola, filò rapido nella direzione da cui provenivano i rumori.
Gli altri cinque
ripartirono immediatamente al suo inseguimento, ma furono rallentati dal
passaggio di un gruppo di persone che scappava, rischiando di perderlo di vista
in quel mare di teste.
Ritrovarono Cassius
poco lontano, in piedi immobile in mezzo a due tende, una delle quali
completamente in fiamme, che guardava qualcosa nel piccolo spiazzo di fronte a
sé: uno degli uomini incappucciati -mangiamorte si corresse mentalmente Gemma
non senza sentire un brivido alla schiena- aveva appena schiantato un babbano e
stava facendo levitare quella che probabilmente era la moglie dell’uomo, che
strillava disperata il nome del marito.
C’era qualcosa di
estremamente famigliare nel mangiamorte, ma Gemma era talmente spaventata da
non riuscire a ragionare in maniera sufficientemente lucida per capire chi
fosse effettivamente.
Vide Cassius, con una
luce fredda negli occhi, alzare rigidamente la bacchetta e puntarla sul
mangiamorte e allora capì; fece un balzo in avanti, spingendo di lato l’amico e
nascondendosi con lui dietro ad una tenda mezza crollata.
Cassius fece per
divincolarsi dalla sua presa «War, non è proprio il momento di far l’eroe, mi
hai capita?» esclamò Gemma mentre il ragazzo si voltava nella sua direzione
guardandola con un’espressione che avrebbe fatto impallidire persino
Grindelwald, ma la caposcuola resse lo sguardo senza battere ciglio «Mi hai
capita?» ripeté in un sibilo freddo.
Cassius emise un
basso ringhio «Sì» sputò con rabbia mentre Gemma, senza allentare la presa sul
suo braccio, annuiva leggermente più tranquilla, rivolgendosi poi a Miles,
Adrian, Terence e Malcolm, che avevano perfettamente compreso a loro volta
cos’era appena successo «Tiriamo dritto da mio padre e se…» prima che potesse
finire la frase un lampo accecante di luce verdastra illuminò il cielo buio e
quando i ragazzi riuscirono ad alzare gli sguardi nei loro occhi pieni di
orrore si specchiò un enorme teschio dalla cui bocca usciva un serpente.
Erano tutti troppo
giovani per ricordare l’ultima volta in cui un Marchio Nero era stato lanciato
nei cieli della Gran Bretagna, presagio di morte e distruzione, ma sapevano
perfettamente cosa fosse: non c’era figlio di maghi che non conoscesse quel
simbolo e il suo significato.
«Via!» urlò Miles
alzandosi di scatto insieme agli amici; solo Cassius rimase per qualche secondo
immobile, guardando paralizzato il Marchio Nero che si stagliava minaccioso
sopra la sua testa. Fu l’ennesimo strattone di Gemma a risvegliarlo in quella
sorta di stato di trance in cui sembrava essere caduto, riportandolo alla
realtà mentre balzava in piedi a sua volta, seguendo gli amici verso la tenda
dei Farley.
Mentre correva, si
voltò per un secondo all’indietro, sentendo un brivido quando individuò, oltre
la cima di una delle tende bruciate, la punta di un cappuccio nero.