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Autore: _apefrizzola_    24/07/2019    10 recensioni

«Sei più pettegolo della buon’anima di Bertha Jorkins, Ramoso»
«Ma come ti permetti, canide perfettamente riuscito?»
«Bertha Jorkins è morta!?»
«No, Peter... era per dire... visto che non è più a scuola...»
«Cosa te ne frega cosa si dicono Bones e McKinnon, James?»
«Se solo ci fossi stato, quel giorno davanti alla porta chiusa dell'ufficio di Silente, adesso staresti origliando dietro quello scaffale come il segugio quale sei»

«Barty, parlo sempre di te a Bella»
«Ma non l'hai ancora convinta! Così come non ho convinto del tutto voi, soprattutto da quando mio padre ha dato agli Auror il permesso di uccidere! Lo vedo nelle vostre facce, non sono stupido. E sappiate che lui non si fermerà, è sempre più pazzo. Svegliati, Regulus, sono quello messo peggio tra voi!»


«Stavo salendo le scale, lui è sprofondato da solo in quel gradino» esordì Liv per mettere subito in chiaro le cose come ogni volta che si ritrovava lì, a spiegare il motivo per cui aveva usato la bacchetta.
"Il Prefetto Malfoy ha detto che ho un cognome da Sanguesporco";
"Mulciber ha attaccato Mary";
"Rosier ha chiamato Dirk Cresswell mancato Magonò";
"Piton ha insultato Lily, l'ha chiamata schifosa Sanguesporco."
Genere: Commedia, Guerra, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: I Malandrini, Lily Evans, Nuovo personaggio, Regulus Black, Severus Piton | Coppie: James/Lily
Note: Lemon, Missing Moments | Avvertimenti: Tematiche delicate, Violenza | Contesto: Malandrini/I guerra magica
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'I Malandrini'
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Capitolo Jily-centrico.
 
 
 
Capitolo 46
 
LILY E RAMOSO

 

 
 
 
«Lily, quella che ha spalato cacca di Occamy nelle ultime ore di lezione sono io, non tu!»
«Un attimo, Mary! Ti dimentichi sempre che puoi andare nel bagno dei Prefetti, se vuoi!»
«Be', non voglio, è troppo grande per i miei gusti! E, scusami, ma i tuoi attimi ultimamente durano mezz’ora d’orologio!»
«Che diamine stai facendo, Lily, si può sapere?» esordì Liv affacciandosi alla porta del bagno vedendo l’amica fissarsi allo specchio sopra il lavabo.
Arcuò un sopracciglio scuro seguendo i piccoli movimenti di Lily come il sollevare il mento e girare il viso a destra e sinistra per osservarsi il profilo da ogni angolazione con sguardo attento, particolarmente indagatore.
«Sei bellissima, tesoro» commentò utilizzando per la prima volta in vita sua quel nomignolo, giusto per sottolineare lo strano comportamento non di certo da Lily «adesso ti dispiacerebbe far entrare Mary? A parte essere isterica per la luna piena, puzza di marcio»
«Ehi!» sbottò Mary dalla camera.
«Sono andata a Hogsmeade con James Potter, quasi una settimana e mezzo fa» disse Lily per la millesima volta in nove giorni senza poi rispondere alle altrettante millesime domande delle sue due migliori amiche che ogni volta rimanevano con un pugno di mosche in mano.
«Cosa c’entra anche adesso?» fece infatti Liv, l’espressione sempre più sbigottita «Non vorrai paragonare James ad un Occamy con la diarrea, spero. Giuro che questa gliela riferisco, non se la merita»
«Non se la merita affatto» gridò in lontananza Mary con ancora più enfasi ed una serietà riferita a James Potter mai sentita prima uscire dalle sue labbra.
«E non ho le squame» continuò Lily come se non le avesse sentite, la punta del naso lentigginoso quasi a sfiorare lo specchio «non ho parti di pelle verdi o viola, macchie, bolle, prurito… sono io, sono ancora io».
Il silenzio calò nel piccolo bagno solo per essere spezzato dalla voce tutta d’un tratto spaventata di Liv.
«Oddio».
A quel tono allarmato, Lily girò di scattò il viso verso d lei.
«Cosa?» esalò spalancando gli occhi verdi nel vedere anche quelli scuri dell’amica dilatati sopra la mano che le nascondeva la bocca. 
«Adesso che me l’hai fatto notare…»
«Cosa?! Liv, per piacere, smettila e parla!» l’incitò Lily con una certa agitazione nella voce e nelle mani per aria.
«Hai un sorriso enorme stampato in faccia e gli occhi che ti brillano! Per Godric, MARY, VIENI A VEDERE! CORRI! CHIAMA LA MCGRANITT, MADAMA CHIPS, IL SAN MUNGO, TUTTI! LILY È ANDATA A HOGSMEADE CON JAMES POTTER E… GUARDALA! Oh, Merlino, perché hai deciso di portarmi via la mia migliore amica così presto!?».
Lily scoppiò a ridere dandole un pugno per niente delicato sul braccio prima di distogliere lo sguardo da lei riportando gli occhi verdi sullo specchio, l’espressione tesa e spaventata del viso a far spazio a quella rilassata e a tratti radiosa che la contraddistingueva da più di una settimana.
Afferrò il Boccino d’Oro posato accanto al bicchiere degli spazzolini e se lo mise nella tasca interna della divisa prima di uscire dal bagno sotto l’occhio emozionato di Liv.
«Divertiti con James»
«Devo soltanto restituirgli il Boccino e poi ognuno andrà a fare il suo dovere al suo posto come l’ordine naturale delle cose vuole»
«È la cosa più hot che tu abbia mai detto, Lily».
 
 
 


 
*
 

 




 
«James, tu vieni con me»
«Come, Evans?»
«Hai sentito bene».
James restò a guardare sorpreso Lily che lo fissava a sua volta con il verde degli occhi brillante anche nella penombra dell’Aula Professori ormai vuota, appena lasciata da Gazza.
«Ma, Lily, chi controlla i piani superiori se io no ci sono? I ragni sui muri, per caso?».
 “Se siamo entrambi al terzo piano chi controlla i Sotterranei!? I ragni nei muri svolgono il nostro dovere!?”.
Un sorriso divertito sfuggì a Lily, con la mente alla lontana ronda di settembre quando quella frase sui ragni l’aveva detta lei per evitare di stare con lui.
Era così assurdo, adesso. Lo era anche per James, glielo leggeva senza alcuna difficoltà negli occhi e sulla curva del sorriso.
«Sì, li ho convinti giusto ieri. Al primo problema verranno ad avvisarci con la loro comodissima rete di ragnatele» rispose osservandolo arcuare le sopracciglia sopra gli occhiali, anche lui con un’espressione parecchio divertita ad illuminargli la faccia.
Uscirono dall’aula e cominciarono a camminare senza sapere bene dove andare. Il silenzio notturno dei corridoi di Hogwarts lasciò spazio soltanto al rumore delle loro scarpe sulla pietra, al mormorio delle persone nei quadri al loro passaggio, al fruscio delle tuniche dalle fodere rosse e ai suoni lontani di un ennesimo temporale ancora lontano. Il tempo sembrò rallentare.
«Posso sapere perché stiamo facendo la ronda insieme?» chiese James dopo un po’, mentre la campana nella Torre dell’Orologio scoccava le nove e l’incredulità che minuti prima gli aveva aperto una voragine nel petto, passo dopo passo, si trasformava in crescente adrenalina.
Lily fece spallucce sentendosi stranamente agitata nel percepire una nota altrettanto emozionata nella sua voce.
Il passo di James al suo fianco era tranquillo, la sua mano ogni tanto sfiorava la sua per sbaglio e quando succedeva non era la sola a sussultare impercettibilmente, lo sguardo dietro le lenti rotonde la scrutava di sottecchi e lei se ne accorgeva sempre grazie alla sua ormai allenata coda dell’occhio seminascosta dai capelli rossi.
Non stavano facendo assolutamente niente eppure James non percepiva la terra sotto ai piedi e Lily si sentiva così bene da non aver bisogno di parlare.
Ma lo fece, naturalmente, perché se aveva eliminato i sette piani che li avevano sempre separati un motivo c’era eccome.
Quando aprì le labbra per iniziare a spiegare, però, si ritrovò a parlare di tutt’altro.
«Sai mantenere un segreto, Potter?».
Gli angoli delle labbra di James si sollevarono, furbi.
«Non ne hai nemmeno idea, Evans».
A quella risposta enigmatica e parecchio misteriosa, Lily voltò la testa per guardarlo senza arrestare la camminata.
«E con questo tono cospiratore che cosa staresti cercando di dirmi?» gli chiese puntando lo sguardo nei suoi occhi ridenti.
«Assolutamente nulla» replicò semplicemente James arcuando un sopracciglio con fare casuale e rispondendo così alla sua prima domanda.
Lily trattenne un sorriso assottigliando gli occhi verdi. James Potter sapeva eccome mantenere i segreti, forse fin troppo.
«Riguarda Remus» iniziò ripuntando lo sguardo davanti a loro, e a quel nome poté sentire l’attenzione perforarla al suo fianco «Non proprio Remus, in realtà… sappi solo che voglio fare una sorpresa a Remus, ecco. Il segreto da mantenere sarebbe questo».
Lanciò un’occhiata a James, stava sorridendo in un modo così affettuoso che le scaldò appena le guance. Non si era ancora abituata, Lily, alla vasta gamma di sorrisi di James. Dall’unico sorrisetto strafottente degli anni passati, era passata a vedersi davanti agli occhi una marea di curve e file di denti diverse, una più sorprendente dell’altra.
«Ti serve il mio aiuto?» si sentì chiedere da lui.
Lily rise, sardonica.
«Soltanto se volessi rovinare tutto».
E gli occhi di James si spalancarono prima di assottigliarsi.
«Ma sentila
«Il signor Belby» sollevò la voce ridente Lily, per sovrastare le lamentele di un James fintamente oltraggiato «il destinatario della lettera che scrivevo l’altro giorno e che tu hai letto, spiandomi…» continuò voltandosi ancora una volta verso di lui e sporgendosi per accusarlo anche fisicamente con la punta del piccolo naso alla stregua di un indice minaccioso. La vicinanza momentanea non zittì soltanto James ma anche lei che non riuscì a fermare gli occhi irrimediabilmente caduti sulle labbra davanti a lei.
«Non ti stavo spiando» si difese lui.
«Sì che lo stavi facendo, Potter, ma comunque…».
Il sorriso di James si allargò e il suo passo sembrò diventare vagamente saltellante. Lily distolse lo sguardo da lui, mordendosi le labbra per non sorridere troppo apertamente.
«È un pozionista che ho conosciuto alla festa di Natale di Lumacorno, un pozionista che sta cercando una cura per la Licantropia».
Sentì chiaramente James trattenere il respiro, diventare serio sul volto e nella camminata che rallentò.
«Ci vorrà tempo, sia chiaro, sicuramente tanti anni e non è ancora sicuro che la pozione alla quale sta lavorando riuscirà ad eliminare ogni sintomo, molto probabilmente non annullerà la Maledizione ma addormenterà il lupo ad ogni luna piena. Io, io sto cercando di dare una mano, il mio piccolo contributo per quel poco che vale…»
«Vale tantissimo» soffiò con assoluta sicurezza James fissandola come se non esistesse altro.
Lily sentì lo stomaco contrarsi e in un gesto automatico si grattò il naso abbassando la testa nel tentativo di far scivolare davanti al viso i capelli rossi.
«Non voglio illudere Remus, per questo è un segreto» mormorò con più forza girandosi verso di lui «per questo non devi dirglielo fino a quando non saremo certi della pozione, James. Che c’è?» chiese poi, colpita dagli occhi che la stavano guardando come se non avessero le palpebre.
James restò ancora qualche istante in silenzio a guardarla perforante, le parole a mancare.
«Puoi star certa che non glielo dirò» le assicurò senza smettere di guardarla in quel modo tanto impressionato perché erano le stesse parole che lui aveva detto a Sirius e Peter quando avevano deciso di diventare Animagus.
L’avrebbe baciata. In quel momento, James sentiva l’intero universo spingerlo per baciarla.
«È un bellissimo gesto, Lily» si limitò a dire, invece, vedendola più luminosa e bella del solito come se quella bellezza interiore appena tirata fuori avesse il potere di far risaltare ogni già affascinante lineamento del viso delicato, la forma del piccolo naso lentigginoso e dei grandi occhi verdi, il rosso intenso dei capelli.
«Non è niente, davvero» sdrammatizzò lei distogliendo lo sguardo da lui con un sorriso imbarazzato e un gesto noncurante della mano «merito di Lumacorno, della passione per i calderoni e di una voglia matta di aiutare un amico».
Camminarono in silenzio per un po’, senza guardarsi, James bombardato internamente dall’eco surreale di una semplice frase: “Una cura per la Licantropia”. Era come essere in un sogno doppio.
«È che…» riprese Lily in un sussurro facendolo levitare da una nuvola all’altra di quel paradiso in cui Lily Evans gli era vicina e Remus poteva sperare in una vita più semplice, quella che aveva sempre desiderato.
«Da quando so cos’è e quanto soffre, non riesco a darmi pace. Ad ogni luna piena, come oggi, mi sento impotente. Non dovrei nemmeno dirtelo, saprai benissimo come ci si sente».
James annuì, si ricordava benissimo come ci si sentiva ad ogni luna piena passata in dormitorio, gli occhi spalancati e fissi che vagavano dal soffitto al letto vuoto di Remus ogni cinque minuti.
«Potresti cominciare ad impegnarti sul serio a Pozioni, Potter, per aiutare la causa e Remus» propose lei. La nota canzonatoria nel suo tono di voce non sfuggì a James che sorrise. Preferiva di gran lunga la Trasfigurazione, gli Animagus avrebbero tenuto compagnia a Remus mentre la pozione sperimentale bolliva nel Calderone.
«Perché me l’hai detto se non ti posso aiutare?» replicò restituendole il tono e lo sguardo canzonatori.
Lily si ritrovò senza parole. Perché gliel’aveva detto? Non ne aveva idea, aveva sentito il bisogno di dirglielo, di condividerlo con lui proprio quella notte. Poi, inspirando impercettibilmente il suo buon odore e sentendo la sua presenza accanto, capì.
«Soltanto James Potter può sollevare il morale della gente?» lo stuzzicò. Gettò un’occhiata nella sua direzione vedendo i suoi occhi che la fissavano, spalancati, e poi un sorriso farsi largo sulle sue labbra. Lily si sorprese per l’ennesima volta nel constatare con quanta naturalezza James riuscisse a contagiarle quella curva.
«Volevi sollevarmi il morale, Evans?» le chiese con sguardo sornione.
«Forse, Potter» rispose lei nello stesso suo tono giocoso, lo stesso sorriso divertito.
«Ci sei riuscita, Evans, forse».
La bassa risata di Lily li accompagnò mentre salivano sulla scala per il sesto piano che si mosse da sola un istante dopo.
Fermi sullo stesso gradino Lily agguantò il corrimano in pietra per non cadere, stringendolo con nervosismo nel sentire il bisogno ancora più pressante di rivelare altro.
«Hai un altro segreto da confessarmi, per caso?» le chiese sagacemente James e lei si chiese come facesse, lui, a far uscire quel tono innocente da quel sorriso malandrino.
«Volevo…»
«Baciarmi di nuovo
«No»
«La mia mano di nuovo
«No, Potter»
«Toccarmi i capelli?»
«… No»
«Ho sentito una punta di indecisione, o sbaglio?» fece furbescamente James afferrandole all’improvviso un braccio per attirare la sua attenzione persa nel vuoto sotto di loro.
Cercò il suo sguardo smeraldino con il suo, trovandolo nel momento in cui Lily si lasciò voltare delicatamente da quella presa salda ma rispettosa, così diversa dalle mani autoritarie di Piton.
A James bastò un attimo per capire cosa celasse quel verde intenso e meravigliosamente brillante puntato su di lui. L’adrenalina aumentò, facendolo tremare dentro.
“Uccidila tu”. La voce di Sirius era diventata un mantra in quei nove giorni, da quella mattina dopo il primo temporale notturno dell’anno.
«Prego, fai pure. Preparati a morire, Evans» le diede il permesso James abbassando la testa in un gesto così tenero ai suoi occhi verdi da crearle un buco profondissimo al centro del petto.
Lily restò immobile, fissandolo e pensando che forse nessuno aveva mai visto com’era fatta la parte superiore della testa di James Potter, quella testa sempre sopra tutto e tutti.
Era una normale testa, come aveva sempre fermamente sostenuto, ma con dei capelli così folti, neri ed arruffati al limite del ridicolo da attirarla senza nessun freno.
Senza riflettere avvicinò la mano per immergerla lì in mezzo e vederla sparire subito dopo tra la marea di ciuffi morbidissimi che le avvolsero le dita.
Lo sentì sorridere, un sorriso che sembrava più un sospiro liberato dopo aver trattenuto l’aria nei polmoni, esattamente come quello che uscì silenzioso dalle sue labbra schiuse per quel contatto così piacevole.
Mosse appena le dita, constatando di riuscire a farlo nonostante fossero state risucchiate dal cespuglio intricato che per anni la aveva annodato le viscere dal fastidio.
Riconobbe quel fastidio, era lo stesso che l’attanagliava in quel preciso momento, ma non se la sentiva più chiamarlo in quel modo perché non era fastidio, era ben altro. Era sempre stata attratta da quegli stupidi capelli e non se n’era mai accorta.
Le dita sottili scorrevano libere per l’incredibile morbidezza di quelle folte ciocche nerissime spettinate o per quella strana forza che sembrava attirarla a quella testa. Non erano come le sue camicie, affatto: i capelli disordinati di Potter si districavano senza alcuna difficoltà, risolvevano ogni problema al volo.
Sentendo il cuore battere in un modo così veloce da farle paura, Lily sfilò di scatto la mano da lì, indietreggiando di un passo sullo stesso gradino mentre James sollevava di poco la testa per guardarla di sottecchi da sopra gli occhiali, il nocciola dei suoi occhi più luminoso e vivace che mai.
«Non sembri morta» constatò senza riuscire ad abbassare la curva sfrontata delle labbra, senza riuscire a frenare l’adrenalina che quella mano e il sorriso che aveva Lily in quel preciso momento stavano portando al limite.
Si era trattenuto fin troppo, James, si sentiva scoppiare dal giorno in cui le labbra di Lily avevano toccato le sue. Non riusciva più a contenere quella sensazione esplosiva fatta di euforia, incredulità, felicità.
Se c’era una cosa che aveva imparato al suo primo allenamento di Quidditch, al secondo anno, era che anche con la Pluffa in mano e nessun portiere davanti all’anello si poteva sbagliare il tiro se mancava la concentrazione.
Per questo nell’ultimo periodo aveva cercato di stare calmo, per questo aveva cercato in tutti i modi di stare concentrato quando il sogno si era fatto realtà e tutto attorno, addosso e dentro di lui era esploso, stordendolo.
Aveva paura di sbagliare, James. Adesso che Lily si era tolta casco, guanti e l’espressione nemica dalla faccia, il pensiero di poter fare punto gli faceva tremare la mano attorno alla Pluffa come non succedeva mai in campo. Perché non poteva sbagliare con Lily. Nove giorni prima, tra i tuoni del primo temporale dell’anno, aveva visto l’altro capo del filo rosso che l’aveva legato a lei per sette anni, quel filo che aveva una fine e che a giugno sarebbe rimasto tra le sue dita senza più un continuo.
James si sentiva più vivo che mai con quella paura a scorrere nelle vene insieme all’adrenalina che all’inizio dell’anno l’aveva fatto sentire invincibile vedendosela schierata al suo fianco nei sotterranei.
Si sentiva di nuovo così, James. Invincibile e ad un passo da Lily Evans.
Lo fece, quel passo. Ricoprì la distanza che poco prima Lily aveva messo tra loro, indietreggiando.
«Cosa volevi dirmi?». La voce stranamente sommessa, il volto rilassato a parte un angolo della bocca che tremava appena.
«Non ho detto che volevo dire qualcosa» si ritrovò a sussurrare Lily senza riuscire a distogliere lo sguardo da lui, dai suoi occhi, le sue labbra.
La scala si fermò al quinto piano così come sembrò fare il tempo tra i loro profili un po’ più vicini del normale. Ed era stupido provare un tale baccano dentro senza sentire assolutamente nulla con le orecchie.
Bastava un misero respiro per scatenare una cascata di brividi sulla pelle del viso e sul collo, uno sguardo troppo lungo dentro il verde intenso e il nocciola brillante per attorcigliare le viscere in un altro nodo stretto.
Una mano leggermente tremante di Lily si tuffò nella tunica della divisa per rispuntare quasi subito, attorno al Boccino d’Oro.
James strabuzzò gli occhi a quella vista.
«Dove l’hai rubato?!»
«Non l’ho rubato».
Le sopracciglia nere aggrottate formarono un’unica ruga sulla fronte sopra gli occhiali, Lily si perse ad osservarla, trovandola innegabilmente attraente tanto quando il suo profumo muschiato, legnoso, buono.
«È il mio regalo?»
«Sì, Potter»
«I regali non si restituiscono, Evans! Che maleducata
«Infatti non ti sto restituendo il regalo» sentenziò lei in un sorriso mal trattenuto.
«Che vuoi dire?»
«Voglio dire che il tuo regalo non era… questo» spiegò Lily mettendogli davanti l’oggettino alato «Non era la spilla di per sé. L’ho trovata bella, chiariamoci, e ti avrebbe fruttato l’ennesima E della McGranitt».
Il sorriso sfrontato e compiaciuto di James un tempo l’avrebbe ricollegato al suo ego spropositato, in quel momento desiderò soltanto sentirlo sotto le sue labbra perché dietro quel sorriso c’era il suo compiacersi per essere riuscito a trasfigurare il Boccino sicuramente portato anche a letto, il simbolo della sua infantilità che lei aveva odiato per anni, per sacrificarlo e trasformarlo in un distintivo che onorava tutte le sue doti personali e non soltanto da ragazza Caposcuola.
«Il tuo regalo è la mia cerva» iniziò tutto d’un fiato Lily sentendo le guance farsi bollenti. Si sforzò di mantenere il collo teso, le spalle dritte, l’espressione più dignitosa del suo repertorio. «Il tuo regalo è l’efficacia dell’incantesimo più potente e difficile che conosco, quello che mi proteggerà dalla paura, dalla tristezza più nera, dalla vita senza un’anima, che proteggerà i miei ricordi più preziosi, quelli che non vorrei mai perdere. Il tuo regalo è il mio sentirmi sicura, forte, combattiva, ottimista e capace ogni giorno nonostante i brutti pensieri, la paura di non farcela. Il tuo regalo è la mia cerva che spunterà quando la chiamerò, come fai sempre tu con il nostro bottone. E la spilla con le mie iniziali, certo, quella che sento appuntata al petto anche adesso».
Non aveva più voce, Lily, non aveva più fiato.
«E poi, insomma, senza questo non sei tu, Potter» sbottò mettendogli in mano la pallina dorata, il tono di voce duro per far uscire le parole incastrate dal magone in gola, per nascondere l’esplosione di emozioni che le stavano facendo galoppare il cuore «Questo è il tuo dannato boccino che ti rende il dannato James Potter che si scompiglia i dannati capelli perché passarti la mano tra i nodi è il tuo modo di scaricare la tensione, controllare le cose, cercare una soluzione ai problemi, l’ho capito e lo capisco. Questo Boccino ti rende James Potter a tutti gli effetti, quello che mi piace».
Era diventata un sussurro quella voce, un sussurro che stava facendo tremare il nocciola dietro le lenti.
Lily prese un respiro profondo ed il fiato buttato fuori l’istante dopo uscì tremante tanto quanto quegli occhi intensi immersi nei suoi, grandi e profondi come non li aveva mai visti.
James era sempre più estraniato dalla realtà, da tutto ciò che non era Lily Evans e le sue parole, la sua voce forzatamente decisa perché in realtà vacillante, il mento sollevato più del normale, i suoi occhi quasi spaventati ma accesi, i microscopici sorrisi accennati e nascosti tra un movimento e l’altro delle labbra che gli avevano parlato.
Era stordito, James, aveva pensato più volte di essere sordo, di non aver sentito bene, ed anche mezzo cieco. Aveva pensato di star dormendo, di essere morto e vivo al contempo.
Strinse il boccino in mano come se fosse finalmente riuscito a prenderlo dopo anni di giri della morte, finte Wronsky, pioggia, vento, neve, sole accecante, freddo, caldo asfissiante. Sentiva il cuore battere, il petto fare male, il sudore imperlare la pelle, il fiato corto come se avesse davvero appena catturato il Boccino mettendo fine a quell’estenuante partita. Non sapeva nemmeno più cos’era, un Cacciatore o un Cercatore?
Era passato dallo sfrecciare per il campo tentando di fare una sfilza di punti a ritrovarsi paziente ed osservatore alla ricerca della cosa più preziosa, sfuggente e difficile da acchiappare ma l’unica in grado di mettere fine alla partita.
Ma non aveva alcuna importanza, niente aveva importanza a parte la ragazza che lo guardava con aria interrogativa.
E come poteva trattenersi, adesso?
Non poteva e non doveva nemmeno perché Lily l’aveva appena trascinato davanti all’anello, la Pluffa era praticamente già dentro.
Fece per avvicinarsi al suo viso, alle sue labbra, senza distogliere lo sguardo lucido e deciso da lei quando Lily parlò.
«Bene» esalò aggrappandosi alla sua stessa gonna a pieghe della divisa «dovrei andare di sotto, adesso, ma non ne ho voglia. Stai qui con me?».
E James ritrasse le punte delle dita per riacciuffare la Pluffa e non farla cadere oltre l’anello. Lily non era affatto pronta.
Trattenere tutto divenne insopportabile ma doveva, non soltanto per rispettare lei ma anche perché un chiodo cominciò a martellargli il cervello:
 
Comportamento n. 5 del Protocollo ‘Luna Piena’: Mollare qualsiasi cosa si sta facendo per raggiungere Lunastorta prima che spunti la luna.
(Anche se quel qualsiasi cosa fosse Evans che sta per baciarmi dopo aver scoperto che mi ama pazzamente dopo sei anni di insulti. R.)”.
 
«Vorrei, Lily, vorrei davvero stare qua». Un pugno sullo stomaco gli fermò il respiro, era delusione quella negli occhi apparentemente altezzosi di Lily. L’adrenalina mischiata a quel dolore creava il mix di emozioni più forti e contrastanti che James avesse mai sentito turbinargli dentro ed essendo il migliore amico di quello che creava quel genere di emozioni estreme ogni giorno, era tutto dire.
«È che…» continuò. Era così difficile dirlo, dannatamente difficile. La voce sembrava essersi incastrata in gola come se tutto il corpo stesse cercando di non far uscire quelle parole che avrebbero messo fine a quel momento surreale.
«Ti senti bene?» chiese lei scrutando il volto di James contorto in un’espressione di quasi dolore fisico.
«Sì ma devo andare, Lily». Fu come avere gli artigli di Remus aggrappati al petto, affondati sui polmoni.
«Dove?».
James strinse i pugni facendo quel passo all’indietro, allontanandosi da lei, lasciando che gli artigli del lupo lo trascinassero via.
«Sirius mi ha chiamato allo specchio, credo sia urgente».
Corse, James, si girò e corse giù per le scale.
Corse forzando l’elastico che per la prima volta stava tirando lui.
 
 
 
 

 
 
*
 
 
 
 
 
 
 
 
«Lily? Perché sei qui?»
«Non ho sonno».
Liv avanzò traballante tra le poltrone vuote della Sala Comune illuminata dalla luce della luna piena. Arrivata davanti al divano scrutò l’amica tentando di aprire gli occhi assonnati.
Lily era rigida, le labbra curvate verso il basso, gli occhi verdi arrossati non per il fatto di star leggendo uno dei dieci tomi recuperati dalla biblioteca che ancora non aveva dato nessuna informazione riguardo l’armadio misterioso.
«Ehi, che succede?» le chiese preoccupata.
«Niente» rispose Lily sfogliando una pagina.
Liv sbuffò lasciandosi cadere esausta con un tonfo sui cuscini accanto a lei.
«Ti prego, parla».
Il tono vergognosamente supplicante era raro da sentire con la sua voce.
Lily la guardò, aveva gli occhi chiusi dal sonno, l’espressione sofferente per lo stesso motivo. Si era alzata dal letto soltanto per cercarla.
«È che… James»
«Mh?»
«Oh, lascia perdere. Andiamo a letto». Lily chiuse il libro vecchio di chissà quanti secoli senza il riguardo che necessitava e che aveva usato nei giorni precedenti, e portandoselo al petto si alzò. La mano di Liv attorno al suo polso la ributtò sul divano.
«Che ha fatto? Devo parlargli? Devo castrarlo?»
«Dimmi che sono una stupida, Liv»
«Sei una stupida, Lily»
«Grazie»
«Adesso dimmi il perché. Credo di essermi persa qualcosa e non solo perché sono le tre di notte e le persone normali a quest’ora dormono. Perfino la ragazza di un lupo mannaro sta dormendo con la luna piena dietro i vetri della finestra»
«A proposito, non ti è sembrata troppo rilassata? Siamo più preoccupate per Remus noi di lei»
«Sì, ma sono qui per te, adesso».
Gli angoli bassi delle labbra di Lily si sollevarono un minimo.
«Mi sono praticamente dichiarata a lui»
«Lo so, hai ritrasfigurato il Boccino apposta»
«Sì, dimmi di nuovo quanto sono stupida»
«Sei stupida…»
«Grazie»
«…mente innamorata. Sei stupidamente innamorata»
«Sono stupida e basta» sentenzio Lily perfettamente calma e professionale come se stesse rispondendo ad una domanda di Lumacorno «Se n’è andato, capisci? An-da-to. Il Grande Cacciatore, il valoroso, coraggioso, senza paura Potter se n’è andato via come… come…»
«Forza, ce l’hai, ce l’hai l’insulto nuovo…»
«Come un bue»
«Oh, fanno così schifo quelli degli innamorati…»
«Lurido bue. Gli ho fatto tutto un discorso che non gli farò mai più, sia chiaro, e che non farò mai più in generale in tutta la mia vita… anzi, lo farò al primo che mi passerà davanti domattina per dimostrare che non è affatto così speciale, che un discorso del genere se lo merita chiunque, descrive chiunque e lui non è come se fosse un ragazzo speciale, l’unico che mi faccia sentire bene, viva. No, perfino… perfino quelle mutande lì sono più speciali di lu… perché ci sono delle mutande in Sala Comune?!»
Liv sussultò all’improvviso innalzamento di tono dell’amica che per tutto il tempo precedente, quello in cui in teoria avrebbe dovuto sbraitare nei confronti di uno che gli aveva chiaramente dato un due di picche, era rimasta incredibilmente rilassata.
«Ci sarà sicuramente un buon motivo se James è dovuto andare via, Lily» disse la sua Liv perché James che dava un due di picche a Lily era pura follia «Io non voglio credere che dopo tutt…»          
«L’ha chiamato Black, Liv, capisci? Era urgente».
Il tono tornò piatto, forse un tantino più pungente.
«Alle nove e un quarto, Sirius Black aveva un’urgenza, molto probabilmente per il suo intestino».
Liv, il volto accartocciato in un’espressione confusa e sbigottita, la guardò non essendo sicura di volere spiegazioni per l’ultima cosa.
«Peccato che la voce del tuo ragazzo si senta a chilometri di distanza anche quando sussurra e io non ho sentito assolutamente nulla nel silenzio che è seguito al mio stupido discorso. Ho fatto uno stupido discorso a James Potter, per Merlino!».
Liv si coprì un orecchio mentre, per Lily, James Potter raggiungeva l’importanza delle mutande in Sala Comune.
«Sirius e il suo intestino erano con me fino alle nove e mezza» la informò Liv, adesso con una serissima espressione sul volto «Poi è salito in camera da Peter, per non lasciarlo solo».
Lily sbatté le ciglia, attonita.
«Ma bene. Bene» commentò piuttosto sarcastica subito dopo poggiandosi allo schienale con finta disinvoltura, il profilo ombroso rivolto alla brace quasi del tutto spenta nel camino. Un'unica domanda a bruciare nelle iridi verdi: “Come ho fatto ad arrivare al punto in cui sto male nel venire a sapere che James Potter mi ha mentito?!”.
«Che cavolo ha in testa?» esalò Liv, incredula.
«Dei bellissimi capelli» rispose Lily in una bassa e breve risata amara, intrisa di un’ironia glaciale «Ci credi? James Potter ha dei bellissimi capelli in testa». Un sorriso fintamente affabile e il sopracciglio rossiccio arcuato sopra l’occhio verde colpito dal suo tic, a dimostrazione del disprezzo rivolto alla parte di se stessa che aveva appena preso il sopravvento per dire al mondo che i capelli di James Potter erano “bellissimi” in un momento assolutamente non necessario.
«Dove vai?» chiese quando Liv si alzò dal divano con uno scatto.
«A tagliare le palle al bue e, se c’entra qualcosa, anche al cane» rispose lei, spietata.
Lily la seguì con lo sguardo mentre saliva velocemente la scala a chiocciola dei ragazzi. Nessun pensiero per la testa, semplicemente la voglia di darsi della stupida in continuazione perché provare delusione nei confronti di James Potter era, senza alcun’ombra di dubbio, da stupidi.
Liv tornò appena due minuti dopo, lo sguardo cupo, a dir poco sconcertato.
«Porta chiusa, hanno la porta chiusa da qualcosa di più di un Colloportus e non risponde nessuno» informò ributtandosi sul divano accanto a lei «Prima o poi dovranno uscire da lì».
Era quasi l’alba quando Mary, stranamente non vestita di tutto punto, scese in Sala Comune in vestaglia, caschetto biondo spettinato e sguardo spaventato. Sembrava si fosse scaraventata giù dal letto e poi direttamente sulle scale.
«Siete qui!» esordì, svegliandole. Dei mugugni infastiditi si sollevarono dal divano dove un ammasso intrecciato di capelli rossi e scuri si mosse pigramente.
«Sì, tranquilla. La luna è già tramontata?» farfugliò Lily sollevando la cascata di capelli vermigli dalla testa mora di Liv, ancora abbandonata sullo schienale del divano.
«Ma come mai non sei pronta e sei ancora qui?» chiese ancora Lily liberando dai capelli la faccia accartocciata dal sonno, gli occhi verdi piccoli e socchiusi a squadrare la figura dell’amica in piedi.
«Dovete andare via da qui» esalò Mary puntando il retro del ritratto con occhi allarmati.
«Perché?»
«Perché sì, Lily, alzatevi»
«Odio questa risposta» biascicò Liv schiacciando la guancia sul cuscino.
«Che non è una risposta, tra l’altro» l’appoggiò Lily intensificando il cipiglio analizzatore su Mary.
«Per favore»
«Mary, che ti succede?»
«Non è illegale stare qui, Mar».
Un bagliore fugace passò negli occhi nocciola di Mary alle parole strascicate di Liv dagli occhi ancora chiusi.
«Sì, beh, adesso salite in camera… è tardi, dobbiamo prepararci»
«La doccia è tua, noi aspettiamo qui il nostro turno. Io ultima» mugugnò Liv sistemandosi meglio sul divano.
«Liv, ti prego»
«Ma perché non vuoi vederci qui?» insistette Lily poggiando i piedi sul tappeto.
«Ho bisogno di voi». E per la prima volta in vita sua, Mary MacDonald riuscì a dire una bugia convincente con tanto di lacrime finte.
A quella vista le due amiche scattarono in piedi per raggiungerla, abbracciarla, rassicurarla e riaccompagnarla in camera.
Ma Lily, checche ne dicesse Black, aveva sempre avuto un debole per il proibito.
“No, Lily, non andare sull’altalena così forte! La mamma non vuole!”
“Lily, Spinners End è un postaccio! Non si può andare”
“L’ingresso alla Foresta Proibita è severamente vietato a tutti gli studenti”
“Mi dispiace, signorina Evans, ma questo è il Reparto Proibito. Ha tutto il resto della biblioteca a sua disposizione, non le basta?”
“Alla mistura ottenuta è assolutamente proibito aggiungere l’Artemisia se non si vuole vedere esplodere il calderone…”.
E non riuscì a resistere nemmeno quella volta.
Appena Liv accompagnò Mary in bagno per convincerla a farsi una doccia ristoratrice e pettinarle i capelli, sgattaiolò fuori dalla stanza per scendere in Sala Comune.
Mary aveva aspettato troppo tempo per dire di aver bisogno di loro quando di solito lo diceva subito.
E fu così che Lily scoprì ancora una volta che il proibito nascondeva sempre dei segreti.
«Che diavolo avete fatto?»
«Lily»
«Lily un corno, Potter!». E Lily gridò per la prima volta, rabbiosa, liberando il macigno di sensazioni che l’aveva tenuta sveglia. Perché avercelo di nuovo davanti aveva il potere di farle perdere il controllo e farla reagire in modo esagerato. L’aveva sempre avuto quel potere su di lei, James Potter, dal primo settembre del primo anno.
Con il suo sguardo provocatorio l’aveva fatta gridare in Sala Grande durante un discorso di fine anno del Preside, con il sorrisetto beffardo le aveva fatto prendere la sua prima punizione della carriera scolastica, con il suo passarsi la mano nei capelli lei aveva pietrificato la ragazzina del primo anno che si era sfortunatamente trovata dietro di lui al momento sbagliato, dietro il Grande Cacciatore dai riflessi pronti a schivare non solo i bolidi, gli insulti e i suoi ‘’no’’ ma anche le fatture.
Soltanto quell’anno, Lily aveva capito che James Potter era capace di farle perdere il controllo anche positivamente, che a parte regalarle le sensazioni più esagerate, incontrollabili e negative della sua vita sapeva anche scatenare ben altro.
In quel preciso momento, Lily si accorse che le due cose non erano affatto diverse. Quel fastidio profondo e il cuore che batteva di rabbia erano così familiari.
«Evans, senti, non…»
«Sta’ zitto, Black!»
«Facci parl…» tentò ancora una volta James, bloccato immediatamente.
«“Devo andare”» lo scimmiottò con voce instabile Lily sentendo il cuore pulsare anche in testa.
«Puoi ascoltarmi senz…?»
«Dove dovevi andare, Potter?! A scatenare una rissa?!»
«C’era la luna piena ed è l’alba. Come hai giustamente indovinato tu il mese scorso, siamo andati a prendere Remus alla Stamberga per portarlo in infermeria» mentì James.
«Il Platano Picchiatore è stato sostituito con un Pugnacio gigante e io non ne sapevo niente?» commentò Lily, sarcastica.
E lui si accorse che in effetti Lily non li aveva mai visti così, senza neanche una goccia di Dittamo, e che in effetti i taglietti alla quale era abituata lei erano decisamente diversi da quelli che in quel momento li rendevano simili a degli zombie insanguinati senza maglietta, perché il dolore era così forte da rendere insopportabile il contatto della pelle con la camicia e il maglione della divisa.
«Siamo stati da Remus ma era ancora in versione Lupo Mannaro, ok?» se ne uscì Sirius con assoluta noncuranza.
James lo ringraziò mentalmente per la prontezza mentale che in lui, invece, sembrava essersi volatilizzata.
Lo sguardo di Lily parve perdere tutta la durezza per farsi scioccato.
«Siete pazzi?!» sussurrò senza fiato, guardandoli terrorizzata.
«Può darsi, Evans, e se adesso non ci lasci andare moriremo. È questo che vuoi?» fece ancora Sirius in tono appositamente melodrammatico.
James restò in perfetto silenzio, a fissare il cipiglio allibito di Lily.
«Siete stati contagiati?» sussurrò lei con l’aria di non essere più in sé.
«Non ce li ha fatti lui, questi» si affrettò a rassicurarla James, senza pensare. Lily lo guardò, aspettandosi una spiegazione plausibile.
«Ci ha lanciato quello che gli capitava a tiro» gli andò in soccorso Sirius che aveva la proverbiale capacità di fiutare il momento esatto in cui andava in difficoltà. James si ritrovò a ringraziarlo mentalmente per l’ennesima volta.
«Che dire, ha una mira decisamente migliore di quando gli chiedo di passarmi le risposte ai compiti in classe» proseguì Sirius facendo cenno a Peter di seguirlo «Ed ora con il tuo permesso, Evans, andiamo a resuscitare».
Trascinò con sé l’amico lanciando un’occhiata d’intesa a James prima di dirigersi verso la scala a chiocciola e sparire nei dormitori maschili.
James aprì le labbra per parlare ma senza emettere alcun suono per via della mano di Lily che gli afferrò il braccio sano per portarlo sul divano, facendolo sedere.
Lei tirò fuori la bacchetta di salice cominciando a pulire e rimarginare i tagli senza sfiorarlo mentre James desiderava ardentemente sentire le sue dita sulla pelle, anche se avrebbero fatto male.
Ma Lily sembrava decisa a non toccarlo e a non guardarlo in faccia o in un punto qualsiasi del suo corpo che non fosse ricoperto di sangue. Le sue guance, però, erano lievemente rosse come i suoi capelli alla debole luce dell’alba. James si sentì uno stupido per il modo in cui ogni dettaglio di lei avesse il potere di incantarlo.
«Hai pianto?» le chiese quando gli occhi verdi furono costretti a sollevarsi per puntare attentamente la ferita sulla mascella.
«No» sbottò Lily agitando la bacchetta vicino al suo viso.
«Mi dispiace per prima» si ritrovò a dire James perché Lily aveva pianto eccome e si sentì uno schifo per questo, non perché la pelle era sporca di sangue e fango, non perché non aveva le forze neanche per muovere un dito, non perché puzzava di sudore e muschio.
«Ti dispiace per cosa?» fece lei come se niente fosse mentre si alzava dal divano lanciandogli la camicia che James aveva abbandonato sui cuscini.
«Come “per cosa”? Sono dovuto andare via dopo che mi hai chiesto di stare con t…»
«Non m’interessa più, Potter, e vestiti»
«A me , m’interessa spiegarlo, dirtelo» sbottò James infilandosi l’indumento con gesti nervosi.
«Qualsiasi sia il motivo per cui tu te ne sei dovuto andare non m’importa, non è affare mio. La mia serata non dipendeva di certo dalla tua presenza o meno. La prossima volta che dirai a qualcuno di essere innamorato, però, sforzati di essere coerente anche nei fatti»
«Non puoi dire questo, Lily!».
Lily sussultò. Sussultò per la voce roca e tremante di James, per la sua espressione sinceramente rabbiosa e sofferente, per il suo essersi alzato dai cuscini ad una velocità impressionante, per gli occhi velati. Fu come rivederlo disperato nel letto dell'infermeria ed allo stesso tempo vivere qualcosa di totalmente nuovo, molto più intenso perchè più inteso era lo sgiarod di James, la sua sofferenza.
«Ti stai rimangiando tutto quello che mi hai detto ieri!?» sibilò con le dita aggrappate con forza al secondo bottone della camicia.
Lily restò a guardarlo dal basso, sovrastata dalla sua altezza, gli occhi verdi spalancati per l’incredulità nel vederlo così… così, per lei. Sembrava che ad ogni parte di quel corpo sfibrato e stanco importasse 
soltanto di lei .
«Avete l’Essenza di Dittamo in camera?» chiese freddamente mentre il cuore voleva chiaramente scoppiare e saltare fuori. La confusa espressione corrucciata e furiosa di James, in risposta, le fece sprofondare lo stomaco.
«Ti conviene andare a metterlo se non vuoi morire dissanguato, stavolta non posso fare più di così e sappi che se mi sono degnata di farlo è soltanto perché ti sei ridotto così per Remus».
Lily, rigida, si allontanò stringendo spasmodicamente la bacchetta in mano e James parlò d’impulso con la forza di un elastico mollato all’improvviso, senza pensare più alle corna piccole quanto le Stecche di Liquirizia tascabili di Mielandia, senza più dar peso al fatto che sarebbe apparso ridicolo con quelle cose minuscole in testa. Perché più che per il suo aspetto, Lily Evans doveva vederlo dentro.
«Alla prima ora buca vieni nella Foresta e vedrai il motivo per cui sono dovuto andare via da te, stanotte».
Il passo deciso di Lily si arrestò alla base delle scale femminili ma dopo pochi attimi le sue pantofole si susseguirono sui gradini, fino a sparire.
James alla terza ora andò lo stesso nella Foresta Proibita.
Lily non lo raggiunse.
 
 
 
 
 
 
 
*
 
 
 
 
 
 
 
«Ehi» annaspò Liv arrestando la corsa, la lunga ed alta coda di capelli scuri a ricadere su un lato del collo coperto dalla sciarpa rossa e oro.
«Hai il fiatone, Liv? Per cosa ci alleniamo a fare?»
«Lily mi ha detto tutto, James. Cosa cavolo hai in testa?».
James sorrise amaramente, fissando di nuovo la superficie piatta del Lago Nero.
Era sceso alla rimessa delle barche con Sirius invece di andare a pranzo, Sirius che se ne stava poggiato ad una colonna in legno anche in quel momento, nel perfetto silenzio proverbiale che Liv invece aveva appena spezzato.
«Cosa ti ha detto, per curiosità?» fece James, il tono arrogante tradito da una nota instabile come un qualcosa di indecifrabile nei suoi occhi nocciola lievemente arrossati.
«Le hai mentito ieri sera?» chiese Liv cercando di regolarizzare il fiatone.
«Sì» rispose James guardandola con la sincera serietà tipica di chi sa di essere nel giusto «Ma stamattina ho provato a dirle la verità, lei non mi ha fatto parlare. Credevo avesse smesso di dubitare di me sempre e comunque, di non volermi neanche ascoltare».
Liv si limitò ad osservarlo attentamente, era un James che non aveva mai visto e tutta la rabbia si spense davanti a quell’espressione così adulta, matura, davvero ferita.
«Dillo a me, dì a me questa verità» lo incitò in tono pacato avvicinandosi a lui.
«No» sbottò James aggrottando le sopracciglia «Scoprirà tutto quando capirà che può fidarsi anche di me, che deve ascoltare me, credere a me e non solo alle sue migliori amiche».
Liv annuì piano, trovandosi d’accordo con lui. Sembrava stanco, James, in un modo diverso da Sirius e Peter che quella mattina non avevano fatto altro che dormicchiare sul banco. James aveva una stanchezza profonda negli occhi, sulle labbra, nelle mani, nella voce, perfino i suoi capelli sembravano esausti di stare in piedi.
Intercettò lo sguardo di Sirius che si staccò dal legno consumato dall’acqua per andarle vicino.
«Vieni, ti devo parlare» le disse prendendola per mano «Torno subito, Ramoso».
Liv si lasciò trascinare per qualche passo prima di puntare le scarpe a terra.
«James» chiamò stringendo le dita di Sirius, fermandolo.
James girò il viso verso di lei, l’aria interrogativa.
«Io ti credo, qualsiasi cosa sia questa verità che nascondi. Non potresti mai farle del male, l’hai dimostrato più volte».
Una scintilla di luce illuminò gli occhi dietro gli occhiali rotondi e come se Sirius avesse letto nella mente di Liv lasciò andare la sua mano per permetterle di ritornare da James, ad abbracciarlo.
 
 
 
 
****
 
 
 
 

 
 
 
Alla pioggia e all’umidità di febbraio si aggiunse il vento di marzo. Lily ogni giorno si indispettiva nel constatare quanto il tempo incerto ed instabile del nuovo mese rispecchiasse se stessa.
Incerta ed instabile, era così che si sentiva da settimane ed invece di migliorare peggiorava di giorno in giorno, innervosendola ulteriormente.
Aveva passato ore in biblioteca con Remus, chini su vecchi libroni logori e puzzolenti. Conoscevano più oggetti oscuri dei Serpeverde stessi, ma l’unico che interessava loro non era ancora comparso tra quelle migliaia di pagine che sfogliavano ogni giorno.
«E se avessero preso l’unico libro che parla dell’Armadio?» mormorò Remus sollevando lo sguardo da “Oggetti che rendono la tua soffitta più preziosa di una camera blindata della Gringott”.
Vide Lily seduta davanti a lui con lo sguardo perso oltre il vetro della finestra picchiettata dalla pioggia ma illuminata dal sole.
«Lily?» la chiamò sottovoce per non attirare i tacchi delle scarpe di Madama Pince.
«Sì?» fece lei sbattendo le palpebre.
Remus si morse una guancia, le sopracciglia castano chiaro aggrottate.
«Dicevo» riprese scrutandola attentamente «E se i Serpeverde avessero preso l’unico libro che parla dell’armadio?».
Quella domanda parve risvegliarla dallo stato catatonico in cui era caduta.
«Per capire come funziona?» mormorò portando gli occhi verdi su di lui che annuì «Oppure per nascondercelo».
Remus annuì ancora piantando lo sguardo analizzatore sulle mani di Lily aggrappate con forza alla copertina del libro. Il suo viso era smunto da giorni ma in quel momento sembrava più sciupato che mai.
«Stai bene, Lily?» le chiese in un sussurro.
«Sì» soffiò lei riportando lo sguardo verso la finestra per poi riportarlo sulla marei di libri che ricoprivano il tavolo della biblioteca occupato da loro soltanto «Sono solo… schifata. E stufa, e arrabbiata… insomma, adesso saremo costretti a risfogliare tutti i libri già sfogliati perché mi è appena venuto in mente che potrebbero anche aver strappato la pagina che riguardava l’armadio in uno di questi tomi da tremila pagine ciascuno!» sibilò con nervosismo, chiudendo quello che aveva tra le mani.
«Intendevo in senso generale. Stai bene in senso generale del termine?» fece Remus con un piccolo sorriso incerto per quello sfogo a bassa voce che nascondeva dell’altro.
Lily lo guardò, impassibile.
«Sì, Remus» mentì e il sopracciglio dell’amico davanti la fece arrossire lievemente. Tra i loro sguardi il nome a caratteri cubitali di James Potter era una presenza ingombrante, soprattutto per lei che non riuscì a trattenersi più.
«Mi ha mentito»
«Ma ha provato a dirti la verità»
«Resta il fatto che mi ha mentito, Remus, ed io, stupidamente, ero convinta non potesse farmi una cosa del genere».
E capì il perché di tutta quella rabbia, quella delusione.
«Pensavo fosse diverso da Piton».
L’accenno della bassissima risata incredula di Remus le trafisse il petto.
«Lily, dici sul serio?!». Negli occhi ambrati bruciava qualcosa che Lily ricondusse a tutto l’affetto e il senso di protezione che aveva lei nei confronti delle sue amiche.
«La colpa del suo mentire è soltanto mia, se proprio vogliamo dirla tutta»
«In che senso?»
«Non sta a me dirtelo, Lily. Fidati di lui, ascoltalo, credi a lui»
«È la stessa cosa che mi dice Liv ogni giorno».
Remus le sorrise, facendo spallucce.
«Perché è quello che vuole lui» spiegò semplicemente notando il verde dei grandi occhi davanti farsi più intenso.
«Dobbiamo rimandare a domani la nostra morte su queste pagine, tra cinque minuti abbiamo Erbologia» le ricordò dando un’occhiata all’orologio al polso.
Lily sbuffò, abbandonando la testa tra le braccia poggiate sul banco.
«Vuoi saltare Erbologia?» le chiese Remus guardandola divertito.
«Mi faresti compagnia?» replicò lei con la voce ovattata «In questo momento sarebbe perfetta una di quelle tazze di tè che mi offri sempre quando la biblioteca chiude… possiamo anticipare quel momento della giornata?»
«Non dirlo a Sirius, però, sai quante volte mi ha detto di saltare una lezione e io non l’ho mai fatto?»
Lily rise silenziosamente risollevando la testa.
«Meglio andare a lezione, allora, non posso reggere una sua sfuriata, non oggi». Raddrizzò del tutto la schiena e cominciò a raccattare e chiudere con cura libri e tomi di ogni grandezza e colore.
«Senti, Lily» la richiamò in un mormorio incerto Remus «Mary è… sta bene?»
«In questo momento non saprei dirti, ogni volta che è a lezione di Cura delle Creature Magiche non si può mai sapere, sai»
Remus sorrise, grattandosi distrattamente una tempia, allentandosi la cravatta rossa e oro.
«Intendevo, durante la giornata. Insomma, si comporta in modo normale con te e Liv?»
«Che dici, Remus?»
«Volevo soltanto sapere, così».
Lily fermò le mani sopra la copertina di “Quando i tuoi avi potrebbero farti rinchiudere ad Azkaban: Cimeli di famiglia da far Evanescere”.
«È successo qualcosa tra voi?» chiese sottovoce puntando gli occhi su di lui.
«No. Tutto ok, davvero» fece lui palesemente in imbarazzo mentre scuoteva la testa e si affrettava a rimettere in ordine il tavolo.
Lily assottigliò lo sguardo, attenta ad ogni suo movimento.
«Andiamo ad Erbologia o faremo tardi» aggiunse lui riempendosi le braccia con i tomi più pesanti.
 
 
 
 
 
*
 

 
 
 
 
Il sole del tramonto la accecò quando uscirono dalla Serra di Erbologia dopo l’ultima lezione della giornata. T
ra le chiacchiere dell’intera classe, Lily seguì in silenzio Liv, Mary e Remus sul pendio ormai ricoperto d’erba bassa.
Gli occhi verdi caddero irrimediabilmente sugli alberi in ombra della Foresta Proibita, per l’ennesima volta.
Alla prima ora buca vieni nella Foresta e vedrai il motivo per cui sono dovuto andare via da te, stanotte”.
Quella frase e quella voce non le davano pace. La Foresta Proibita l’aveva sempre attratta, dal primo anno, ma il suo richiamo non era mai stato forte quanto in quel momento, dopo le parole di James.
James che la sua coda dell’occhio intercettò passarle accanto.
Il respiro le si fermò quando la sua longilinea figura la superò senza degnarla di uno sguardo, il sole negli occhi nocciola puntati davanti a lui.
Lo osservò allontanarsi a passo spedito insieme a Peter e Sirius che di passaggio lasciò un veloce bacio sulla guancia di Liv mentre parlava con Mary.
Lily sentì il magone che l’accompagnava da settimane farsi pesante e grande, chiuderle la gola, farle bruciare gli occhi.
Senza accorgersene fermò le scarpe sulla terra bagnata del sentiero, bloccando il passaggio a Ned Stevens che le andò a sbattere sopra insieme a Bettie Wood e Wayne Abbott.
«Scusami, Lily»
«No, è colpa mia, Ned. Scusami tu, piuttosto».
Si allontanò da lui senza sentire le parole che lui le rivolse, senza accorgersi di star prendendo la direzione della Foresta. Quando se ne accorse arrestò la camminata ad un passo dai primi alti tronchi degli abeti, lo sguardo serissimo perso in quella fitta penombra senza orizzonte.
«Lasciami da sola, Liv, per favore» sussurrò sentendo dei passi dietro di lei.
«Vai, Lily»
«Non servirebbe a niente»
«Perché no?»
«Perché non è la prima ora buca della giornata»
«L’hai visto, non è vero? James che continua ad andare nella Foresta, ogni prima ora buca di ogni giorno»
«Sì».
Perché il cuore doveva battere in quel modo?! Perché il respiro doveva mancare in quel modo?! Perché il sole andava e veniva, sfuggente, come James Potter?!
«Entra, Lily»
«Lui non c’è, Liv, mi è passato affianco poco fa…»
«Ma se sei qui vuol dire che stare sotto quegli alberi è quello che vuoi in questo momento».
 
 
 
 
 
*
 
 
 
 



 
Il tempo incerto ebbe come conseguenza la Sala Comune Grifondoro affollata e chiassosa dopo le lezioni del giovedì, c’era addirittura la radio accesa sulla mensola del caminetto acceso e il Torneo di Sparaschiocco nel solito angolo sembrava in realtà la finale anticipata del Mondiale di Quidditch.
Eppure con tutto quel casino che infastidiva chi aveva un compito in classe il giorno dopo, i Malandrini per la prima volta non c’entravano niente.
Lo spazio intimo tra il divano, le due poltrone e il camino era invaso dal chiasso della Sala ma dal silenzio tombale delle persone sui cuscini, per la gioia di Remus sulla poltrona a destra che con grande stupore era riuscito a leggere due capitoli interi senza nessuna interruzione; per la preoccupazione di Peter, seduto sulla poltrona a sinistra con lo sguardo che oscillava dal suo tema di Pozioni ancora in alto mare alla figura di Sirius, serissimo, in piedi a braccia conserte accanto al divano sul quale James se ne stava sdraiato, un braccio abbandonato sulla fronte dolorante.
«Felpato, allontanati e smettila di fissarmi»
«Ma come, io ti faccio da cane da guardia e tu mi tratti così?»
«Nessuno mi sta rompendo le palle a parte te».
Remus scosse piano la testa senza staccare lo sguardo dal libro e il motivo si rivelò subito dopo, quando Sirius agitò le braccia verso le persone che parlottavano tra loro come per scacciare via delle galline starnazzanti.
«Lasciatelo in pace, poverino, gli sono ricresciute le corna!» sbraitò facendo sgranare gli occhi al gruppo più vicino che si allontanò, stranito.
«Zitto» sussurrò James tentando di dargli un calcio senza muovere il resto del corpo abbandonato sul divano.
«Eri isterico all’ultima luna piena, fratello, ti sei mangiato tre piante dal nervoso»
«Per Godric»
«Dai che ci sei, adesso dovrebbero essere cresciute del tutto. Non te l’abbiamo ancora detto ma sappi che hai uno spuntone in più, bello grosso pure»
«Vero, James!» gli diede manforte Peter dalla poltrona, il volto paffuto euforico «Saranno sicuramente più grandi della scorsa primavera!»
«Il simbolo della maturità» commentò non troppo distrattamente come voleva far vedere Remus, sfogliando una pagina.
«Il nostro Ramoso si è fatto un cervo adulto, che emozione!» pigolò Sirius chinandosi su di lui che lo scacciò di nuovo via con una manata.
«Hai già scodinzolato addosso a Liv?»
«Quanto vorrei, fratello, quanto vorrei»
«Per piacere» fece Remus, ammonitore, sollevando per la prima volta lo sguardo retorico dal libro.
«Ma sto aspettando che Ramoso maturo si decida a mostrare il nuovo ingombrante palco di corna. A proposito…».
James mugolò sentendo il divano affondare al suo fianco mentre Sirius si sedeva senza alcun riguardo nonostante una parte delle sue chiappe si stesse accomodando sul suo fegato.
«Perché non vai a farti un giretto nella Foresta?» propose Sirius picchiettando con una mano lo stomaco di James che sussultò.
«Sirius, per piacere»
«Sono più serio del mio nome, James».
James sollevò pigramente una palpebra, giusto il tanto per poter occhieggiare il suo migliore amico che troneggiava sopra di lui.
Era davvero serio.
«Perché dovrei andare a farmi un giretto nella Foresta adesso?»
«Perché il mal di testa si sopporta di più da animale»
«Vedi che sei coglione?»
«Ti ricordo che sono serio»
«Se mi trasformo, oltre al mal di testa avrò anche quelle due cose odiose… dove vai?». Il cuscino del divano tornò alla sua forma originale così come il fegato di James che aprì entrambi gli occhi per guardare Sirius raggiungere Peter con una falcata.
«A segnare sul calendario il giorno in cui hai chiamato le tue adorate neo corna “quelle due cose odiose”»
«Quello non è il calendario, Felpato, è il mio tema… e la mia matita»
«Sei gentilissimo, Peter. Ecco qui. Nove marzo, vigilia del compleanno di Remus e… an-niv-er-sar-io di mor-te del-le…».
Remus sbatté lentamente le palpebre osservando Sirius scrivere sul tema di Peter poggiato sulla coscia della gamba usata come banco.
 «… cor-na… ma-tu-re di… Ra-mo-so. Che cadranno a breve, per suicidio» aggiunse l’ultima informazione a voce scoccando un’occhiata ad un lamentoso James, tipico di quando stava male.
«Lasciami in pace»
«Ed è qui che ti sbagli, Cornuto». Sirius lo puntò con la matita che un secondo dopo volò per aria sfiorando Remus e rimbalzando sul muro dietro una coppietta intenta baciarsi. I due non si accorsero di niente proprio come Sirius che rimettendosi dritto lanciò uno sguardo d’intesa a Liv, dall’altra parte della Sala Comune.
«Mi sbaglio a far cosa?» si lagnò James «Sono immobile sul divano! Adesso sbaglio perfino a stare immobile su un divano?!»
«A pensare che io possa lasciarti in pace quando è chiaro che non sei in pace da precisamente due settimane» rispose Sirius puntandolo di nuovo, con l’indice.
James sbuffò sbattendosi in faccia il cuscino, un sorriso sulle labbra schiacciate dalla stoffa perché come lui se ne infischiava altamente del “lasciami in pace” di Sirius quando stava male, anche Sirius faceva sempre la stessa cosa con lui. Dal primo anno.
«Cosa ti ho detto quella mattina di un mese fa, fratello?».
James pensò che Sirius lo chiamava sempre più spesso fratello da diverse settimane. Il motivo lo sapeva benissimo.
«Che mia cognata è una bomba anche a letto, fratello»
«Già… ma non osare distrarmi, intendevo altro»
«Che hai sognato di cedere a Peter il tuo turno di ricerca delle informazioni sull’armadio in cambio delle Cioccorane nel cassetto chiuso di Remus e che l’avresti fatto diventare realtà perché bisogna sempre avere il coraggio di inseguire i propri sogni»
«Che cosa?!»
«Scusa, Lunastorta, nessuno resiste alle Cioccorane» squittì Peter facendosi piccolo sulla poltrona.
«Ed infatti l’ho realizzato nell’ora buca di stamattina» proseguì Sirius come se niente fosse, portando Remus a chiudere del tutto il libro con un tonfo assassino tanto quanto la sua faccia.
«Ma prima, James, prima di quello. Cosa cazzo ti ho detto appena hai aperto gli occhi?». Sirius si risedette sul suo fegato e James non lo ammazzò soltanto perchè aveva abbassato la voce.
«”Cosa cazzo hai, fratello?”» rispose ricordando benissimo quella mattina.
«Risposta esatta, signor Potter, prego… ritiri pure il suo premio»
«Sarebbe? Un tuo pugno sul naso appena mi toglierò questo cuscino dalla faccia perché sto morendo dalla curiosità di sapere qual è il premio?»
«Altra risposta esatta, signor Potter»
«Che merda di premio»
«Quello che meriti. Ricordi cos’hai risposto alla mia domanda, quella mattina?»
«”Dormito male per colpa del temporale”»
«E io l’ho bevuta?»
«La finiamo di parlare così?»
«Se non parliamo così tu non parli. Soltanto chi non ti conosce penserebbe “Bravo, James Potter, che vuoi parlare con lui come due persone normali” perché tu non sei una persona normale e io non sono una persona normale»
«Bastardo»
«Sì, io ti conosco. Continui a cercare di farmela, stronzo, e la cosa mi ferisce alquanto»
«Sei diventato troppo fragile da quando stai con Liv»
«Ho quel dolore alla schiena per un motivo del tutto diverso da quello che stai cercando di far intendere tu e lo sai»
«Pervertiti»
«Mi stai facendo distrarre di nuovo… levati il ghigno che non vedo ma che hai sotto questo cazzo di cuscino lurido che ha visto le peggiori cose dal medioevo ad oggi»
«Merlino, che schifo» esalò James staccandoselo dalla faccia disgustata e lanciandolo oltre il divano sulla testa di chissà chi.
«Non mi sono bevuto la scusa del temporale perché non hai tre anni ed infatti cosa mi hai risposto, dopo?»
«”Mancano solo quattro mesi ad uscire da qui e Lily non mi ha ancora ucciso. Non avrà più modo di uccidermi, mai più, dopo giugno”»
«E io cosa ti ho detto?»
«”Uccidila tu”»
«L’hai forse uccisa i giorni seguenti?»
«No»
«Che cosa ti ho detto due settimane fa, dopo che tu non hai ucciso Lily Evans mentre ti curava le ferite?»
«”Perché non le hai detto la verità?” e io ti ho risposto che non lo sapevo ed invece lo sapevo eccome così come lo so adesso»
«E io te lo chiedo un’altra volta. Perché non le hai detto la verità?».
Il silenzio calò tra loro due. Il silenzio che Sirius sentiva sempre anche al centro della Sala Comune affollata.
Il silenzio che aveva immediatamente sentito in James subito dopo la chiassosa felicità che l’aveva pervaso dopo essere stato baciato da Lily, dopo essere uscito a Hogsmeade con Lily, dopo la ronda passata con lei.
Un silenzio simile a quello del suo non voler andare alla festa di compleanno.
Il silenzio che aveva caratterizzato James nelle ultime settimane.
Il silenzio di James quando aveva paura.
«Perché ho paura». La voce bassa di James fu sovrastata dalle risate esplose attorno al tavolo di Sparaschiocco ma per Sirius era stata forte e chiara per tutto il mese passato a ripetergli quel ‘’uccidila” anche nei momenti meno opportuni come davanti alla professoressa McGranitt.
Lo sguardo nocciola si fece sfuggente, perso sul soffitto rosso e oro, non era quello combattivo ed ottimista, era quello che James sfoggiava sempre dopo una sconfitta.
Stava male, James, e non per la testa come i Malandrini avevano deciso di credere ma perché il dolore al centro del petto ogni volta che incrociava la figura distante di Lily si faceva così forte da annullare tutto il resto.
Credeva di essere a giugno, tra le dita il filo giunto al capolinea ma con un nodo che prometteva un continuo. Quel filo sembrava il lungo capello rosso di Lily che conservava ancora. Era riuscito a sciogliere tutti i nodi tranne uno, l’ultimo. Non aveva smesso di provarci così come non aveva smesso di andare nella Foresta Proibita ogni prima ora buca della giornata di lezioni anche se Lily continuava a non farsi vedere. Ed era proprio la sua assenza a ordinargli di non tirare più forte quel nodo perché il solo pensiero di poter spezzare il capello era inaccettabile.
«Che cosa ti ha detto Olivia all’ultimo allenamento?»
«Che sto perdendo perché non sto giocando sul serio».
La voce di James e il suo volto si erano fatti profondamente assorti, le labbra di Sirius abbozzarono un sorriso soddisfatto che Remus riconobbe al volo nonostante non avesse sentito la loro conversazione.
 
«FERMO! FERMO LÍ, JAMES! NON OSARE TIRARE!»
«Che cavolo dici, Liv?!».
James rimase sbigottito davanti all’anello, il braccio allungato all’indietro, la Pluffa ben stretta in mano, Michael pronto a parare.
«Stai fermo così» ripeté Liv a pochi metri da lui, le braccia conserte e lo sguardo deciso.
«Si può sapere cos’hai? Cerca il Boccino, piuttosto»
«Ora dimmi, hai fatto punto?»
«Sei impazzita?»
«Rispondi»
«No, ovvio che no»
«Stai sbagliando?»
«Che dici, Liv, andiamo a trovare Madama Chips?»
«Rispondi!»
«No, non sto sbagliando»
«Stai vincendo?»
«No, sto perdendo»
«Perché non stai tirando, James, stai perdendo perché non stai giocando sul serio. Puoi giocare sul serio, credimi, la partita non è affatto finita».
 
«Andiamo a farci un giro nella Foresta» ripropose Sirius, se possibile ancora più serio di prima.
«Ci sono stato stamattina. Perché dovrei andare lì anche adesso?»
«Perché te lo sto dicendo io».
Perché ti fidi di me”. Era questa la vera frase di Sirius, senza alcun punto di domanda. E James a quelle parole non aveva niente da ribattere. Avrebbe seguito Sirius ad occhi chiusi, ovunque.
 
 
 
 
 
*

 
 
 

 
 
Le scarpe nere di Lily erano ancora ferme sui verdissimi fili d’erba mossi dal vento come il suo mantello nero al quale era stretta e i capelli rossi che si scostò dal viso contratto mentre il sole spariva e ricompariva dalle nuvole scure sopra la sua testa.
Liv l’aveva lasciata lì da più di mezz’ora e con quell’ultima frase enigmatica che ancora non era riuscita a convincerla.
Un chiaro muggito le invase le orecchie proprio nell’istante in cui decise di allungare una gamba verso gli alberi, facendola sussultare e bloccare sul posto.
Lo risentì, più forte, proveniva dalla Foresta alla sua destra, e risentendolo ancora qualche secondo dopo suonò incredibilmente familiare alle sue orecchie.
Provò l’istinto di inoltrarsi tra quegli alberi proibiti mossi dal vento per capire cosa fosse.
Restò in attesa di sentirlo un’altra volta, cosa che accadde poco dopo, e fu un suono così vicino e potente da farle vibrare la cassa toracica, accelerarle il cuore, nello stesso momento in cui una grande macchia nera con quattro zampe, due orecchie a punta e una folta coda sbucò dalla Foresta e le sfrecciò accanto, allontanandosi di corsa verso la capanna di Hagrid.
Terrorizzata, Lily non riuscì a muovere più un muscolo chiedendosi cosa cavolo l’aveva appena ignorata per scappare via da chissà quale altra creatura peggiore di quella. Quale delle due muggiva?
La risposta le arrivò subito, tempestiva come non accadeva mai quando si rivolgeva all’universo per mille altre cose forse meno importanti, era vero, ma comunque… i pensieri le si bloccarono nel cervello, con la coda dell’occhio allenata a trovare James Potter, Lily aveva notato qualcosa tra gli alberi. Si voltò lentamente, cauta.
C’era un animale alto e possente tra i tronchi, immobile come lei ma nascosto nella penombra, come se avesse paura. Scorgendo delle corna ramificate, mimetizzate tra le fronde verdi scure che oscillavano dolcemente al vento come i suoi capelli rossi ai lati del volto, Lily capì.
Era un cervo, un semplice cervo. Ma i muscoli non si sciolsero, anzi, si irrigidirono ancora di più.
Perché non ne aveva mai visto uno, non così vicino, e l’aura che emanava era quasi soprannaturale, magica in un modo totalmente diverso da quella degli Unicorni e i Centauri. Era meraviglioso.
Quando sentì il primo zoccolo battere sull’erba e poi un secondo ed un terzo, vedendolo indietreggiare, Lily fece tre passi avanti senza rendersene nemmeno conto e poco dopo si ritrovò immersa nella foresta, tra gli alberi che filtravano la luce del sole ed avvolta dal forte e piacevole odore di terra bagnata ed abete trasportato dal vento; un'aroma che le riportò alla mente in un flash il profumo di James.
Davanti a lei, a pochi metri di distanza, il cervo.
Era sempre stata affascinata da quell’animale, fin da bambina. I cervi erano maestosi, regali, ancorati alla terra e quello che aveva davanti lo era in modo particolare. Toglieva il respiro semplicemente con la sola presenza.
Lily rimase incantata a fissarlo, fissare le sue imponenti corna, sentendosi proprio una bambina.

I bucaneve nei cespugli alle radici dei tronchi più grossi dondolavano al vento così come l'erba verde vicino alle sue scarpe e quella attorno agli zoccoli del cervo che la fissava a sua volta con i grandi occhi nocciola così stupidamente uguali a quelli di Potter, come il portamento fiero.
Lily strinse i pugni, profondamente infastidita perchè James Potter non poteva rovinarle anche un simile momento.
Desiderò ardentemente toccare il manto marrone scuro del dorso o quello folto attorno al collo e come se il cervo l’avesse capito, abbassò la testa perdendo tutta l’aria altera e solenne, diventando quasi docile, tenero.
E Lily, incerta e sbigottita, avanzò sull’erba nuova mentre anche il cervo cominciò ad andarle lentamente incontro.
Aveva sempre letto sui libri che erano animali schivi, selvatici, sfuggenti. Quello era tutt’altro, sembrava avere totale fiducia in lei e la cosa, a parte emozionarla in un modo così strano da farle tremare le mani, sembrava rassicurare anche lei.
Senza riuscire a respirare, allungò un braccio e le dita toccarono il naso umido, il fiato caldo le scaldò la mano.
Da così vicino era ancora più bello. Le corna ramificate la sovrastarono, erano scure ed illuminate dal sole che filtrava a tratti dagli alberi gettando ombre e macchie di luce che rendevano i suoi grandi occhi nocciola quasi dorati, ancora troppo simili a quelli di James quando stava davanti al fuoco del camino, sotto il sole del tramonto di ritorno dalle Serre di Erbologia o seduto sul banco vicino alla finestra ad una lezione qualsiasi.
La lingua ruvida e calda la distolse da quei pensieri, facendole il solletico al palmo, e Lily abbozzò un sorriso estasiato risalendo dal naso, accarezzando esitante il pelo bruno, fino ad arrivare sulla testa che l’animale abbassò impercettibilmente come se non volesse farle male con il palco di corna. Lily passò le dita con sempre più decisione tra le grandi orecchie e lo sentì sbuffare sommessamente, uno sbuffo che sapeva di fiato trattenuto e poi lasciato andare con sollievo. Di nuovo, James Potter monopolizzò i suoi pensieri.
Sorrise lo stesso, continuando ad accarezzarlo, beandosi di quell’atmosfera quasi onirica capace di regalarle pace ma anche adrenalina.
Una folata di vento più forte si fece sentire tra le fronde degli abeti e i capelli rossi le volarono davanti alla faccia. Lily tolse la mano dal cervo per scostarseli ma quando riuscì a liberarsi, l’animale non c’era più.
Lily rimase immobile, chiedendosi se avesse o no vissuto tutto. Il senso di meraviglia ed eccitazione mista ad un vuoto improvviso la riportò allo stato in cui era da giorni: il vuoto lasciato da James era molto simile a quello che provava in quel preciso momento.
Lily si strinse nel mantello, un cipiglio infastidito ad aggrottarle le sopracciglia rossicce, imbronciarle le labbra. Era stato sconvolgente provare quel vuoto dato dalla mancanza di James Potter, quella che aveva sempre desiderato negli anni era in realtà un incubo, uno stare costantemente agitata e nervosa ed al contempo spenta.
Lily senza James si sentiva imprigionata da una pesante tristezza e non libera come aveva sempre immaginato e sognato.
Non c’era stato nemmeno il bisogno di confessarlo a Lily e Mary, loro lo vedevano come lo vedeva lei allo specchio.
Restò da sola sotto gli alberi, contro il vento, la presenza di James soltanto in mente.
E poi lo rivide, il cervo.
Quasi le venne da ridere perché aveva la testa e metà muso coperti di felci*, come una parrucca.
James Potter le invase la mente ancora una volta, per la precisione la sua faccia, i suoi capelli. Quel cervo le ricordava lui in tutto e per tutto oppure era soltanto lei che lo vedeva dappertutto, proprio come quando si perde una persona e quella spunta nelle facce di qualsiasi essere umano attorno. Il fatto che per James accadesse anche con gli animali non la sorprese per niente. Ma, sul serio, aveva ucciso James Potter?
L’universo le rispose ancora una volta. Non aveva ucciso James Potter perché al posto del cervo comparve lui, le felci ancora in testa e gli occhiali storti sul naso.
Il sorriso divertito le si congelò sulle labbra.
Le venne da pronunciare il suo nome ma dalla gola non uscì nemmeno la prima lettera.
“Vieni nella Foresta e vedrai il motivo per cui sono dovuto andare via da te, stanotte”.
 
 

 
 
 
 
*
 
 


 
«Gliel’hai detto?» fece Remus in un tono piuttosto scettico perché quando Sirius prometteva una cosa a James era praticamente impossibile che infrangesse la promessa.
«No, Remus, non mi ha detto qual è il segreto di James e non mi ha detto per quale assurdo motivo James ha detto a Lily di andare nella Foresta» esordì Liv sentendosi afferrare per i fianchi e tirare verso il basso, sul divano, nello spazio tra le lunghe gambe di Sirius. «Diciamo che mi sono fidata di lui quando mi ha chiesto di farlo» sentenziò fintamente scocciata poggiando la schiena sul suo petto.
«Vestiti, fuori dal letto, semplicemente parlando» tenne a specificare Sirius imprigionandola tra le braccia.
Remus fece una faccia scherzosamente colpita ed impressionata, osservando però Sirius con sincero compiacimento. Sotto l’apparente disinvoltura e l’ironia, l’amico sembrava così felice per quel gesto di Liv rivolto nei suoi confronti, per quella fiducia cieca che lei gli aveva dato. Remus sapeva quanto fosse importante per lui.
«Ma adesso voglio sapere che diavolo mi hai fatto fare, Black» fece Liv in un sorriso, scoccandogli un’occhiata ridente da sopra una spalla.
Sirius sorrise a sua volta, baciandole una tempia.
«Dopo»
«Dopo quando?»
«Adesso non hai gli allenamenti?»
«Oh, cavolo, è vero! Me n’ero dimenticata!».
Sirius mollò il suo stesso polso per aprire le braccia e lasciarla andare. Liv gli stampò un veloce bacio sulle labbra e poi si alzò sotto il divertito occhio sbalordito di Remus.
«Se ti sentisse James, Liv…»
«Tu non hai sentito niente, Remus!» gli rispose lei correndo verso il dormitorio femminile mentre la voce affannata di Mary, nascosta da una pila di scatole che teneva tra le braccia, li raggiungeva.
«Accidenti, Sirius, ti alzi o no da lì!? C’è una festa di compleanno da preparare!»
«Quale festa di compleanno?».
Quella stranita di Remus la bloccò sul posto. Mary abbassò la torre di cartone tra le mani per accertarsi della figura di merda appena fatta.
 Si morse la lingua nel constatare che Sirius non era da solo.
«La tua! Sorpresa!» squittì Peter allargando le braccia entusiasta, le Burrobirre a ciondolare tra le mani.
Mary sorrise, isterica, e Sirius sghignazzò da sopra lo schienale del divano.
«Peter, ecco, come dire… non era questo il momento che avevamo prestabilito per dirlo».
 
 




 
 
 
 
 
 
 
Note:
 
Tra febbraio e marzo ai cervi ricrescono i palchi in testa, sono molto nervosi e mangiano di più.
Non so se anche ad un Animagus può succedere questo ma per una volta ho voluto prendere una licenza poetica ed inventarmi tutto.
Per attirare le femmine, a volte i cervi decorano le corna con le felci e il muschio. Appena ho visto la foto mi son detta “Questo è James”.



 
 
   
 
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