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Autore: _apefrizzola_    29/08/2019    8 recensioni

«Sei più pettegolo della buon’anima di Bertha Jorkins, Ramoso»
«Ma come ti permetti, canide perfettamente riuscito?»
«Bertha Jorkins è morta!?»
«No, Peter... era per dire... visto che non è più a scuola...»
«Cosa te ne frega cosa si dicono Bones e McKinnon, James?»
«Se solo ci fossi stato, quel giorno davanti alla porta chiusa dell'ufficio di Silente, adesso staresti origliando dietro quello scaffale come il segugio quale sei»

«Barty, parlo sempre di te a Bella»
«Ma non l'hai ancora convinta! Così come non ho convinto del tutto voi, soprattutto da quando mio padre ha dato agli Auror il permesso di uccidere! Lo vedo nelle vostre facce, non sono stupido. E sappiate che lui non si fermerà, è sempre più pazzo. Svegliati, Regulus, sono quello messo peggio tra voi!»


«Stavo salendo le scale, lui è sprofondato da solo in quel gradino» esordì Liv per mettere subito in chiaro le cose come ogni volta che si ritrovava lì, a spiegare il motivo per cui aveva usato la bacchetta.
"Il Prefetto Malfoy ha detto che ho un cognome da Sanguesporco";
"Mulciber ha attaccato Mary";
"Rosier ha chiamato Dirk Cresswell mancato Magonò";
"Piton ha insultato Lily, l'ha chiamata schifosa Sanguesporco."
Genere: Commedia, Guerra, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: I Malandrini, Lily Evans, Nuovo personaggio, Regulus Black, Severus Piton | Coppie: James/Lily
Note: Lemon, Missing Moments | Avvertimenti: Tematiche delicate, Violenza | Contesto: Malandrini/I guerra magica
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'I Malandrini'
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Capitolo 47
 
L’IMPROBABILE FIDANZATO
 

 
 
 
 
 
«Sono qui per ascoltarti, Potter».
James sentì la voce di Lily, la sentì perché era decisa e chiara nonostante la folata di vento, nonostante le fronde impazzite sopra le loro teste, nonostante il cuore che pompava il sangue alle orecchie ad una velocità mai raggiunta prima.
Lesse anche il labiale, James, lesse la forma e la luce degli occhi nella penombra della Foresta Proibita che li aveva visti crescere litigando, lesse le sue mani, la sua postura, i lineamenti di quel viso da bambina seminascosto dai lunghi capelli rossi accesi da un raggio di sole infiltrato tra le foglie, verdissime come le iridi puntate su di lui.
Tutto di Lily Evans sembrava deciso ad ascoltare lui.
E quando James cominciò a parlare, la strana atmosfera nata sotto gli abeti non si spezzò, anzi, divenne ancora più surreale, estasiante.
Lily non si chiese il perché, la sua mente glielo fece capire all’istante: adorava quella voce calda, rassicurante, profonda e ricca di sfumature con la sempre presente vibrazione divertita che un tempo aveva odiato perché le era sempre arrivata alle orecchie come risata di scherno e superiorità ma che adesso era come un balsamo, una sferzata di onnipresente ottimismo e voglia di vivere, di vincere le battaglie più importanti, quelle fuori dal campo di Quidditch, fuori da Hogwarts.
In quel momento, le parole che la stavano tirando fuori la rendevano più attraente che mai, come non lo era mai stata.
«E poi io preferisco Trasfigurazione a Pozioni, Evans, lo sai. Ma il fine è lo stesso, no? Aiutare un amico usando le nostre migliori capacità, perché gli amici meritano il meglio di noi».
Lily non parlò. Si limitò ad annuire lentamente con la testa, totalmente d’accordo, un sorriso accennato sulle labbra, gli occhi fissi su di lui.
E non si chiese perché avesse la divisa da Quiddicth e perché gli stesse così bene.
Lily non si chiese come aveva fatto, anni prima, a smettere di guardare quella vita stretta sotto il maglione rosso e oro, quelle spalle larghe, le gambe lunghe messe in risalto dagli aderenti pantaloni bianchi e gli alti stivali, non si chiese come aveva fatto a catalogarli come “Accessori per Pavoneggiamento” subito dopo essersene accorta dopo un’estate in cui Potter sembrava essere cresciuto di colpo di dieci centimetri, dando la colpa al suo ego sempre in crescita.
Non se lo chiese perché quel corpo agile, scattante e slanciato era così simile a quello del cervo e lei non se n’era mai accorta.
Mentre l’aveva accusato di essere un egocentrico pallone gonfiato capace di pensare soltanto ai suoi capelli, lui aveva costantemente rischiato la vita per salvare quella di un suo migliore amico, lui aveva deciso di modificare il suo aspetto tanto amato per trasformarsi in un animale, l’unico modo per stare accanto a Remus quando anche Remus perdeva il suo aspetto umano.
Stare accanto ai suoi amici sempre e comunque, a qualunque costo, nella buona e nella cattiva sorte, era quello James Potter.
«Ricordi quando al terzo anno mi accusavi di avere un alito orribile? Era la foglia di Mandragora che ho dovuto tenere in bocca per un mese intero*. Per Godric, che incubo…». Rise, James, passandosi distrattamente una mano in testa in un gesto nervoso ricordandosi soltanto in quel momento delle felci che così facendo vennero scrollate via dai capelli sotto gli occhi sempre più decisi e brillanti di Lily.
Quelli ridenti di James si sollevarono poco dopo, trovandoli. Il largo sorriso sul suo volto si abbassò appena, diventando una curva decisamente più dolce che accelerò ulteriormente il cuore di Lily con il petto che si cominciò ad abbassarsi ed alzarsi velocemente proprio come il suo, come se entrambi avessero corso chilometri infiniti per arrivare lì, l’uno di fronte all’altra in un luogo privo di muri di qualsiasi genere.
«Allora?» esordì James poggiando le mani sui fianchi stretti, lo sguardo appositamente ironico «Non dici che so eccome imitare un cervo, Evans? Che non sono affatto un bue? Che il muggito in realtà è un bramito? Che siamo dei seri fuorilegge e non dei semplici Malandrini? Che ci porterai tu stessa ad Azkaban? Non dici proprio niente?».
Eppure era straordinario come Lily, senza dire una parola, stesse in realtà dicendo tutto e come lui, James, riuscisse a percepire ogni singola lettera di quello sguardo nuovo che lo faceva tremare, parlandogli dritto al cuore gonfio ed impazzito sotto il maglione.
C’era una strana naturalezza nell’aria ma fu comunque un colpo, per James, vedersela arrivare con il passo incredibilmente deciso sull’erba appena nata, i lunghi capelli rossi ad ondeggiare ai lati del viso determinato, il verde sguardo splendente puntato su di lui, un sorriso dolcissimo sulle labbra, quello che gli aveva fatto capire di essere innamorato di lei e che aveva voluto risentire addosso, dentro, subito dopo essersi spento.
Lily avanzò senza fermarsi, spinta dalla certezza di essere innamorata di lui. Non aveva bisogno di prove, adesso, quella bastava per tutte, quella andava oltre ogni sua immaginazione. Il suo Animagus racchiudeva tutto ciò che amava di James Potter, ed era reale, maledettamente reale, in carne e ossa, pelliccia e corna.
Ed era maledettamente reale anche quella certezza nuova: era innamorata di James Potter e ne era felice.
«L’unica cosa che ho da dire a riguardo è che sono innamorata di te»
«Cosa?»
«Sono innamorata di te, James».
James sentì il proprio corpo protendersi verso di lei ancora prima di percepire le sue piccole dita tirare il maglione di Quidditch verso il basso.
Le prese il volto tra le mani e la baciò, incontrando a metà strada le sue labbra morbide e sorridenti.
Un’altra folata di vento soffiò tra le fronde degli abeti, ululando, ma entrambi non sentirono niente a parte i loro cuori battere nelle orecchie con forza inaudita, lo stomaco attorcigliarsi, i brividi coprire la pelle mentre i lunghi capelli rossi di Lily coprivano i loro visi e il resto del mondo scompariva.
Non c’era niente a parte loro due e quel contatto di labbra che si cercavano, sicure e prorompenti come le dita che lei attorcigliò alla lana rossa e oro perché improvvisamente le labbra ridenti si erano fatte serie, bisognose di un contatto diverso, più intenso, magnetico come quel qualcosa che aveva spinto Lily nella Foresta, anche se non alla prima ora buca della giornata, e James a raggiungerla ogni volta che lei ne aveva avuto bisogno, anche quando non gliel’aveva chiesto.
Le mani di James erano così delicate sui suoi capelli rossi e sulla pelle del suo viso da sembrare quelle di qualcuno che aveva a che fare con una bolla di sapone pronta a scoppiare in qualsiasi momento, qualcuno incapace di credere a qualcosa.
E Lily lo sentiva il cuore sotto il maglione che stava sicuramente slabbrando con le dita, lo sentiva esplodere di paura, incredulità. Saltava battiti, accelerava di botto, si fermava per un istante e ripulsava più forte di prima mentre il suo, invece, galoppava come un forsennato, impazzito, come se volesse scappare lontano da lì.
Ma Lily si lasciò trascinare dalla stordente sensazione di star provando la cosa più sconvolgente e vera della sua vita.
Voleva ucciderlo, del tutto.
Voleva uccidere il ragazzo che nonostante i suoi insulti non si era mai vantato di essere un Animagus per proteggere il segreto di Remus.
Voleva uccidere quel ragazzo intelligente e talentuoso che si meritava ben più di un distintivo da Caposcuola o un Eccezionale in Trasfigurazione.
Voleva uccidere davvero il ragazzo che rischiava la sua vita ogni mese per salvare quella di un amico, il ragazzo che aveva salvato anche il suo peggior nemico.
Voleva uccidere il ragazzo che aveva conservato una margherita secca per lei.
Il ragazzo pronto a combattere al suo fianco in una guerra che la voleva morta, quello che credeva in ogni sua singola abilità, modo di essere, di agire, di pensare.
Voleva uccidere il ragazzo che la voleva per com’era dentro.
Lasciò il maglione per stringere i capelli neri sulla nuca di James ed inclinare il viso di lato, aprendo la bocca.
Ed al contatto delle lingue persero un battito entrambi, constatando definitivamente di essere morti.
In quella Foresta Proibita* morirono per rinascere ad ogni carezza morbida della lingua e stretta intensa delle labbra così perfette per stare le une sulle altre e non solo per inventare insulti originali, far sorridere e ridere, liberare parole segrete e pesanti.
James si ritrovò a stringerla a sé con una sicurezza e una decisone totali.
Era reale quel corpo minuto, morbido e caldo schiacciato addosso a lui.
Era reale il piccolo naso che sfregava dolcemente sul suo.
Anche la lingua che stava assaporando era reale, faceva girare la testa.
Le labbra che si muovevano sulle sue senza alcuna indecisione erano reali.
Niente sarebbe scomparso al suo risveglio perchè non stava dormendo, quel tutto era troppo forte per essere irreale, lo sentiva cambiarlo dentro, fisicamente e mentalmente come non era mai successo in sogno.
Niente di tutto quello sarebbe scoppiato ed un grido più potente del suo bramito esplose dentro di lui, vibrando ovunque, facendogli tremare le mani, le ginocchia, lo stomaco.
Fu la stessa potente ondata di calore che sentiva sempre quando la vedeva, la sfiorava, sentiva il suo profumo, quando correva da lei per proteggerla quella che lo spinse a prenderle con mani sicure il viso, a catturarle le labbra senza più trattenere niente.
E Lily ne fu travolta. Fu travolta dalla vera essenza di James, il James Potter finalmente libero di darle tutto.
Si sentì accendere in ogni sua parte mentre quelle labbra e quella lingua la trasportavano in un mondo mai esplorato prima dove lei era la protagonista, dove quello che era e che poteva essere era giusto, compresi i difetti; un luogo dove lei era la cosa migliore che esisteva.
James Potter riusciva a toccare tutto di lei, non tralasciava niente.
Con quel bacio, Lily percepì tutti i suoi pregi e tutti i suoi difetti accarezzati ed amati con la stessa misura, la stessa intensità.
Si baciarono per un tempo lunghissimo nella penombra e segretezza degli alberi, senza lasciarsi mai, senza quasi prendere il respiro, senza aprire gli occhi perché non ce n’era bisogno, quello che amavano l’uno dell’altra era invisibile come la spilla con le iniziali di Lily e come il cervo che James nascondeva dentro ogni giorno.
Soltanto il largo sorriso euforico ed emozionato di lui riuscì ad allontanare quelle labbra che nessuno dei due aveva davvero pensato di vedere vicine.
«Adesso sì che ci sei riuscita, Evans» soffiò in un sussurro affannato James senza staccare la fronte dalla sua «Mi hai ucciso del tutto».
La guardò negli occhi, non riuscendo a vederla nitida nemmeno con gli occhiali. Aveva lo sguardo offuscato, James, completamente stordito come quello di Lily che gli sorrideva a pochissimi centimetri di distanza, gli occhi verdi spaesati ma abbagliati dal volto di James, seriamente simile a quello di uno zombie appena rinato.
James la sentì sorridere, però, il filo di voce tremante e bellissimo perché era stato lui a rubarle l’aria.
Ed era difficile crederci ma il suo corpo era totalmente stravolto, un lungo brivido continuava a sconquassargli la spina dorsale, il petto e le viscere, e non c’era niente di finto in quello, niente di già provato in sogno. Era un’emozione così forte e nuova da pizzicare dietro le palpebre, stringere la gola. Piangere, James pensò di star per scoppiare a piangere dalla felicità.
Per sicurezza le accarezzò con i pollici le guance arrossate, percependo la pelle punteggiata di lentiggini morbida e reale sotto i polpastrelli, inspirando il suo fresco profumo fiorito trasportato dai lunghi ciuffi di capelli rossi mossi dal vento, un profumo confortante come il verde dei suoi grandi occhi ridenti, luminosi e vicini come non li aveva mai visti. Si perse ad osservare la delicata e piccola curva del naso, quella più grande delle labbra: era Lily Evans in tutto e per tutto, era lei e la voglia di baciarla l’assalì un’altra volta.
Lo fece lentamente, sfiorandole le labbra, sentendole curvarsi sotto le sue. Carezze lievi che scatenarono esplosioni e scintille tutt’altro che pacate, vertigini travolgenti come terremoti mai provate prima da nessuno dei due.
Gli occhi si chiusero di nuovo, i respiri mancarono di nuovo per poi mischiarsi, di nuovo.
Di nuovo. Non c’era una parola o un’emozione adatta per descrivere quel ‘’di nuovo’’.
Era La Felicità in persona, quella, era avere tra le mani la cosa più preziosa che una persona potesse mai trovare nella vita.
Era la possibilità di poter sentire ogni volta che si voleva ogni parte di se stessi completa.
James non trovò nessun aggettivo adatto e non volle nemmeno trovarlo.
Continuò a baciarla, ignorando il suono acuto del suo fischietto proveniente dal campo.
Chiunque l’aveva portato alla bocca sapeva che avrebbe scatenato il putiferio e l’aveva fatto sicuramente apposta per attirare la sua attenzione e farlo correre la campo. Quel fischietto era suo e nessuno si era mai permesso anche solo di toccarlo con un dito.
Ma James in quel momento aveva ben altro tra le labbra e l’avrebbe volentieri regalato a chiunque, perfino Mocciosus, se soltanto gli avessero assicurato che così facendo le labbra di Lily sarebbero state sotto le sue per sempre.
«CAPITANO?! DOVE SEI?!».
Morgan. Alan Morgan. E chi altro poteva essere?
Lily sorrise divertita sulle sue labbra, James sospirò sulla sua lingua.
«SEI A TIMBUCTU, CAPITANO!?!».
Di nuovo il fischietto, di nuovo un altro bacio.
«”Devo andare”, non è vero?» mormorò divertita Lily imitando la sua voce.
James non le rispose, trattenendola tra le labbra.
«SEI A HONOLULU?! HAWAII?! SIDNEY, CAPITANO?!»
«SONO DOVE VOGLIO IO PERCHÉ, APPUNTO, SONO IL CAPITANO E RIMETTI A POSTO IL FISCHIETTO, MORGAN!».
Lily rise tra le grandi e calde mani di James che a quel suono delizioso riabbassò il volto per guardarla con occhi luminosi e ridenti, l’ampio sorriso a tradire un’emozione più grande di lui, di loro.
«Lei è un cervo troppo impegnato, Messer Ramoso» sentenziò ironicamente Lily portando le mani sulle dita di James ancora aggrappate al suo viso per liberarsi dalla sua dolce presa ed indietreggiare lentamente sull’erba con un’aria così furba da fargli inarcare un sopracciglio sopra la montatura degli occhiali rotondi e trattenere a stento un sorriso parecchio divertito, ancora più euforico.
«Credo che invece la Piovra Gigan…» continuò Lily indicando la direzione del Lago prima di scoppiare a ridere sentendosi prendere e sollevare di peso.
«No, non così, James!» gridò ridente dall’alto della sua spalla come se fosse un sacco di patate.
«Fammi scendere!» ordinò pizzicandogli la schiena e scoprendo un punto debole di James che la mise immediatamente giù, ridendo forte per il solletico.
Senza preavviso, se la ritrovò sulla schiena con le braccia attorno al collo e le gambe attorno alla vita che prese d’istinto per non farla cadere.
La folta cascata di capelli rossi svolazzanti lo inebriò proprio sotto il naso, facendogli socchiudere beatamente gli occhi dietro le lenti.
Girò il volto quel tanto che bastava per incontrare i verdi occhi lucidi e grandi, le labbra gonfie ed arrossate dai baci, dai suoi baci.
Era bellissima così sconvolta, così sicura di se stessa, così sua.
«Muoviti, cervo, al galoppo! Portami al castello!».
James sbatté le palpebre attonito per poi ridere di gusto, scoccandole un solo sguardo scaltro e divertito prima di cominciare ad avanzare sull’erba, sempre più veloce.
«L’hai voluto tu, cerva!».
La successiva forte risata di Lily arrivò fino al campo di Quidditch e al Castello, trasportata dal più mite vento di marzo.
Nessuno immaginò che la causa di quel suono intriso di felicità era James Potter.
Nessuno immaginò che Lily Evans se ne stava aggrappata stretta alla schiena di James Potter lanciato in una corsa folle lungo il pendio erboso, luminoso di sole e sorrisi sinceri.
Nessuno immaginò che Lily Evans e James Potter stavano finalmente insieme.
 
 
 
 
 
*
 
 
 
 
 
 
 
 
 



«Ragazzi, davvero, cos’è tutto questo?»
«Remus, davvero, vai a farti un giro e non rompere».
Sirius gli afferrò le braccia per spostarlo in modo tale da poter passare per andare a recuperare la cassa di Burrrobirre in fondo alla Sala Comune invasa da festoni e cibo come una piccola Mielandia durante le feste.
«Auguri, Lupin!» esclamò una deliziosa bambina bionda del primo anno passando accanto alla poltrona sulla quale Remus aveva deciso di morire.
«Grazie» fece lui, sorridendole affabile.
«Cosa ringrazi!?» sbraitò Sirius dal tavolo delle bevande «Ti ha appena regalato dieci anni di sfiga!»
«Felpato…»
«Ehi, tu, riprenditi gli auguri!».
La bambina spalancò gli occhi chiari, spaventata dal tono del ragazzo.
«Il suo compleanno è domani, porta sfortuna fare gli auguri prima» continuò Sirius puntandola con sguardo serio.
«E perché allora la festa è oggi?» chiese giustamente la bambina arrossendo vistosamente.
«Ah, l’ingenuità del primo anno…»
«Sirius, basta». L’occhiata fulminante non funzionò. Remus si chiese come mai con la vecchiaia stesse perdendo la sua autorità quando di solito succedeva il contrario.
«A lui non piace stare sveglio fino a tardi, soprattutto se c’è lezione il giorno dopo» si limitò a spiegare pigramente Sirius sistemando alcune bottiglie «Facciamo la festa oggi perché così è costretto a stare sveglio fino a mezzanotte e tutte le ore successive fino a quando uscirà la torta».
Remus restò impassibile sulla poltrona, consapevole della cosa da ben sette anni. Aveva smesso di chiedere il perché la sua torta era l’unica, tra quelle dei Malandrini, che compariva soltanto alle tre del mattino.
«Ok, allora mi riprendo gli auguri» pigolò l’undicenne rossa in volto per la vicinanza del ragazzo che attraeva lei e le sue amiche da mesi oppure per la brutta figura appena fatta con l’altro Malandrino.
«Brava» le sorrise Sirius facendole un occhiolino che peggiorò soltanto la situazione delle sue guance.
Remus sospirò, esasperato.
«Lascialo perdere e grazie ancora» le disse con sguardo sinceramente riconoscente osservandola sorridergli, salutarlo con la mano e scappare via.
«Vuoi finire ad Azkaban, Felpato?»
«Non volevo mica rimorchiare davvero, Lunastorta, non sono un pedofilo».
«Intendevo che questa cosa di aggredire chiunque mi faccia gli auguri oggi mi porterà a spedirti dai Dissennatori, alla prossima» fece Remus arcuando un sopracciglio «Prova a rifarlo e vedrai»
«Mi preoccupo solo per il tuo futuro. Non c’è di che, amico, davvero. Smettila di ringraziarmi».
Remus gli lanciò un’occhiataccia mentre una furia dai capelli biondi li raggiungeva.
«Fate salotto durante i preparativi di una festa?!» li rimproverò Mary fermandosi tra loro con il caschetto più spettinato di cinque minuti prima.
«Mary…»
«Remus, tu non devi toccare nemmeno una Cioccorana, te l’ho già detto. Cos’hai in tasca?!»
«Niente, giuro! Ma posso parlarti adesso?»
«Non vedi che sono impegnata?» esclamò lei facendo oscillare due enormi e pesanti buste di cartone cariche di cibo mentre Remus si affrettava a raggiungerla per aiutarla.
«No, vai a sederti, non spetta a te aiutarmi oggi» lo allontanò lei con il tono di chi non ammette repliche ma Remus si chinò velocemente su di lei per lasciarle un intenso e giocoso bacio di ringraziamento sulla guancia, facendola sorridere.
«Sirius, tu invece muovi quelle chiappe da lì e prendi quel cesto!»
«Non posso, MacDonald, ormai queste chiappe le muovo soltanto per una persona»
«Per Merlino, Felpat… Mary, NO! Gli fai male!».
 
 
 
 
 
*
 
 
 
 
«No, Mike, sarà meglio evitare perché poi non…»
«BLA, BLA, BLA, BLA!».
Liv, a parte sentirsi zittire dall’alta voce entusiasta di James alle sue spalle, percepì due braccia sollevarla da terra con forza sorprendente.
«OGGI ALLENAMENTI BREVI!» esclamò James ad un centimetro dal suo orecchio.
Liv rise toccando terra subito dopo per poi venire trascinata in uno scoordinato tango improvvisato dalle stesse mani che l’avevano tenuta stretta pochi istanti prima.
«Qualcosa mi dice che quello che dovevi fare nella Foresta è andato bene» rise ancora lasciandosi guidare da quei matti movimenti al ritmo di una buffa musica inventata dalla voce ridente di James.
«Esatto» le rispose lui. E Liv notò soltanto in quel momento il viso di James, i suoi occhi, il sorriso, i capelli, il rosso delle guance. Tutto in lui sembrava scoppiare di vita, felicità, emozioni incontenibili.
Sentendo un immenso calore nascere nel petto, Liv fermò il ballo buttandogli le braccia al collo ed abbracciandolo forte.
«Grazie» le sussurrò James all’orecchio, ricambiando subito la stretta.
«Ehi, si può sapere che succede?» esordì Daisy con aria stranita e perplessa come la maggior parte del resto della squadra.
«Avevi detto niente storie tra compagni di squadra, James» gli ricordò Harrison piuttosto interdetto e stupito. Ma James era chiaramente su un altro pianeta.
«Dov’è?» chiese Liv sciogliendo l’abbraccio.
«L’ho accompagnata al castello e poi sono corso qui» rispose lui, il sorriso ancora più largo e la luce negli occhi nocciola ancora più brillante. Liv sorrise di riflesso, guardandolo immensamente entusiasta per lui.
«Bene!» fece James rivolgendosi a tutti battendo forte le mani «Vediamo di muoverci! C’è la festa di Remus che non può aspettare!»
«Sì, certo, solo la festa di Remus…» gli mormorò Liv dandogli una gomitatina tra le costole.
James le lanciò un’occhiata complice e divertita, spingendola giocosamente di lato prima di chinarsi a prendere il baule con Pluffa, Bolidi e Boccino.
                                                                         
 
 
 
*
 

 
 
 
 
 
 
 
Lily mise piede in Sala Comune con un sorriso accennato. Restò a guardare i lunghi fili di bandierine colorate che attraversavano da una parte all’altra il soffitto rosso e oro, pensando di non aver mai visto quella stanza più bella di così in sette anni passati per la maggior parte lì dentro.
In realtà, ogni cosa che le passava davanti agli occhi le sembrava più bella del solito, perfino Pix che aveva provato a tirargli boccette d’inchiostro in testa mentre saliva la scala al quarto piano.
I compagni di Casa le passarono accanto puntando con sguardi straniti e divertiti i rossi capelli sconvolti dal vento e dalle mani di James. Dalle mani di James. Era successo davvero?
«Allora?! Cos’è successo?!» pigolò Mary facendola sussultare con il suo arrivarle alle spalle alla sprovvista. Il volto radioso e curioso dell’amica ad un centimetro dal suo naso la fece ridere o forse era quella costante sensazione all’altezza dello stomaco che continuava a farle il solletico alle viscere?
«Il Grande Cacciatore bacia benissimo» sentenziò aspettando la reazione di Mary che arrivò all’istante.
Il piccolo grido le trapassò il timpano più vicino alla bocca aperta di Mary che le scoccò un sonoro bacio sulla guancia mentre mollava lo scatolone su una poltrona per stringere forte lei.
«È un Animagus» mormorò Lily tra le sue braccia, gli occhi a scintillare dietro i corti capelli biondi sopra la spalla dell’amica.
«Lo so!» squittì Mary, stringendola ancora più forte per farla dondolare giocosamente sul posto.
«So che lo sai, me l’ha detto» rise piano Lily.
«E?»
«E…». Lily sospirò pesantemente senza abbassare il sorriso.
Mary, sciogliendo la stretta, lesse tutto nel suo sguardo abbagliante, spaesato e stordito in modo decisamente positivo.
«Non ci sono parole, vero, so anche questo» parlò per lei Mary, stringendole le mani e sorridendole affettuosamente, euforica. «Sappi che acconsento a te e James insieme, sia chiaro! Non c’è nessuno migliore di James Potter come pretendente per una delle mie migliori amiche».
Lily annuì, dandole mentalmente ragione, la curva delle labbra sempre più sollevata.
«E Sirius, ovviamente» continuò Mary dando sfogo al suo lato più logorroico dovuto sicuramente all’ansia per la riuscita o meno della festa di Remus.
«Dici che adesso potrò dirlo anche a Liv che Sirius è il pretendente migliore per una delle mie migliori amiche e che sono d’accordo nel vederla insieme a lui? Se quel cretino non si sbriga a rivelarle la verità lo ucciderò con quell’abbraccio che non mi ha voluto dare quando sono andata a ringraziarli per tutto quello che fanno per Remus».
Lily rise. Il luminoso sorriso sempre sollevato si abbassò soltanto quando, minuti dopo, la Sala Comune cominciò a riempirsi e le scale del dormitorio femminile iniziarono ad attirare le sue gambe come una calamita.
Tutta quella gente, quelle persone, i loro compagni di Casa l’avevano vista per sette anni gridare contro James tra quelle poltrone, insultarlo nel peggiore dei modi, lanciargli fatture da una parte all’altra della stanza, giurare davanti a tutti di odiarlo, di preferire la Piovra Gigante.
Rispondendo al saluto caloroso di Elizabeth Johnson, Lily si accorse che appena James avrebbe messo piede lì dentro lei sarebbe apparsa ai loro occhi come la persona più incoerente della terra.
Smettere di credere di odiare James, smettere di pensare che in nessun universo le sarebbe piaciuto James Potter faceva apparire la sua vita priva di qualsiasi nesso logico e spaventava, spaventava vedere la sua vita prima di nessi logici, di significato. Faceva paura non riconoscerla più.
Senza ragionare, s’intrufolò tra la gente entusiasta per la festa, tra poltrone occupate e braccia che si scambiavano bicchieri, vassoi, piattini colmi di cibo.
«Yoko».
Quella voce le fece serrare gli occhi.
«Oh, no, ti prego» mormorò più a se stessa che a Sirius, dietro di lei. «George» si limitò a rispondergli in tono piatto riaprendo gli occhi per non andare a sbattere sulle persone.
«Dove stai andando?»
«Dove non puoi seguirmi, George»
«Mi devi due Galeoni per la storia di George, a proposito».
Lily sentì una mano di Sirius afferrarle un gomito, trattenendola sullo stipite della porta alla base delle scale.
«Bastava dirlo subito» fece lei voltandosi e ritrovandoselo davanti, lo sguardo grigio stranamente attento e serio, quasi minaccioso forse per gli esagerati centimetri che separavano le loro altezze.
«Ma giuri di lasciarmi in pace dopo che te li avrò dati?»
«Non voglio i tuoi Galeoni, Yoko»
«Solo per sapere…Quanto accidenti hai già bevuto?»
«Al posto dei Galeoni voglio che tu stia qui giù invece di salire in camera tua per evitare John»
«Non voglio salire in camera per evitare John»
«Ah no? Eppure quest’aria losca che hai attorno dice chiaramente questo»
«Non mi aspettavo altro da te, George, sinceramente…» rise lei, facendo per salire le scale ma la mano di Sirius la trattenne ancora.
«E allora devi salire in camera a fare cosa?»
«A farmi gli affari miei. Dovresti imparare anche tu, caro»
«Se salirai in dormitorio, Yoko, dimostrerai a tutti di essere la persona più incoerente, codarda ed arida del pianeta»
«Stai diventando Paul, George, vuoi continuare sul serio?»
«Ti ho avvisata, Ono».
Lily rimase piantata lì, da sola ed in silenzio, alla base delle scale femminili che non la allettavano più perché Sirius aveva ragione.
Ufficializzare era più difficile, spaventoso ed assurdo di quanto aveva pensato. Lei e James si erano baciati in un modo che non lasciava spazio ad interpretazioni o dubbi. Lei e James si volevano, si piacevano, stavano insieme.
Stavano insieme ed era come vedere un’altra Lily camminare, parlare, sorridere, respirare al suo posto; una Lily che aveva sempre assicurato a tutti non potesse esistere eppure era una ragazza in cui si riconosceva in tutto e per tutto quella Lily libera, sicura, forte e felice che in quel momento della sua vita la rispecchiava perfettamente.
Era cresciuta, era cambiata, quella era la vera Lily Evans diciottenne con tutte le sue convinzioni e i suoi pregiudizi completamente ribaltati, ad un passo dal buttarsi in una guerra in cui tutto sarebbe apparso senza senso, effimero e diverso dal mondo in cui era abituata a stare.
Lily capì che quel ribaltamento di false sicurezze era stata la cosa più fortunata che le fosse mai capitata perché James Potter appariva come l’unico pilastro solido in quel futuro incerto ed in tempesta.
Non riconosceva più la sua vita, era ancora così, ma esclusivamente quella vecchia perché James gliene aveva regalato una nuova in cui lei sentiva di starci alla perfezione.
Ed era davvero da incoerenti, codardi ed aridi scappare da tutto quello. Era da incoerenti evitare la persona che faceva sentire felici, da codardi nascondersi a tutto il resto del castello, da aridi lasciare al vento l’immenso amore che James riservava soltanto a lei e che nella Foresta aveva cercato di trasmetterle con un bacio meraviglioso.
Ritornò lentamente in Sala Comune sotto il lontano sguardo compiaciuto di Sirius che brindò a lei con un bicchiere per aria rivolto nella sua direzione, sopra le teste in movimento di tutti.
Rimase di nuovo piantata al pavimento cercando di capire quando, di preciso, Sirius Black aveva cominciato a capirla nel profondo e ad avere il potere di farle cambiare idea ed umore in pochi secondi.
Ma mai quanto James. James che semplicemente entrando nella Sala Comune invasa dalla musica, dalle risate e dalle chiacchiere le accelerò il cuore all’istante.
Con la squadra al seguito ed una ridente Liv al fianco, James si fermò per perlustrare con impazienza la Sala attraverso uno sguardo brillante ad ingrandirgli gli occhi nocciola dietro le lenti rotonde. Trovò quasi subito quelli verdi altrettanto luminosi, già puntati su di lui mentre sparivano e ricomparivano dietro le persone intente a mangiare e parlare, in movimento al ritmo della musica, in festa. E a quel contatto di sguardi, due sorrisi emozionati esplosero all’unisono sul volto di entrambi.
«Ehi, Ramoso, la tua Nimbus sta bruciando nella stufa» esordì in tono scherzoso Sirius, intrecciando le dita con quelle di Liv che rise divertita.
James parve non sentirlo nonostante ce l’avesse attaccato all’orecchio per sovrastare i Beatles. Non si mosse per non distogliere lo sguardo da quello deciso e splendente di Lily, in piedi davanti allo schienale del divano.
«James, Mocciosus sta andando in giro a dire che siete stati insieme una notte al quinto anno».
James non ascoltò le assurdità di Sirius, cominciando a camminare verso di lei nello stesso momento in cui Lily cominciò ad avanzare verso di lui.
 «James, il capitano dei Puddlemere sta aspettando una tua risposta al suo invito di entrare in Nazionale. Ma devi rispondergli adesso altrimenti sarai fuori per sempre, è un tipo rancoroso! Mi hai sentito?».
Qualsiasi cosa avesse detto Sirius non gli importava, e Sirius lo sapeva bene.
A James non gli importava di niente perché poteva anche cascargli il tetto in testa ma Lily Evans sarebbe rimasta l’unica cosa importante in quel momento e niente poteva fermarlo, adesso, neanche il pouf rosso e oro in mezzo a quel metro di distanza che lo separava da lei e che stava letteralmente divorando con falcate decise, impazienti.
Ci salì sopra e saltò giù subito dopo trovandosi quasi addosso a lei. Le prese la testa tra le mani baciandola con impeto e Lily, perdendo l’equilibrio all’indietro, si aggrappò al suo maglione senza staccare le labbra dalle sue mentre un frastuono di voci sorprese ed incredule scoppiò nella Sala Comune.
Tra la gente in visibilio c’era Mary con una mano al cuore accanto ad un Remus spaesato ed un Peter euforico, Liv stordita si resse al braccio di Sirius che sputò senza volerlo tutta la Burrobirra addosso a delle ragazzine davanti a loro perché vederli con i loro occhi faceva tutto un altro effetto.
Ma per Lily e James non c’era nessuno. C’erano soltanto le mani di James tra i capelli rossi e quelle di Lily sul maglione della divisa maschile, c’erano le labbra che si muovevano all’unisono, perfettamente in sintonia.
Entrambi non sentirono assolutamente niente del vociare attorno, proprio come sotto gli abeti della Foresta Proibita. I loro cuori raggiunsero un nuovo record di velocità.
 
 
 
 
*
 




 
«Ehi, perché sembriamo di meno rispetto a due ore fa?» chiese Remus con il collo allungato oltre la spalliera della poltrona.
«Perché una ventina di ragazze è salita in camera a piangere per James e Lily» gli rispose con nonchalance Mary buttandosi nel piattino una manicata di patatine.
«Dalla contentezza?» chiese Peter allungando il bicchiere vuoto.
«Credici, Codaliscia» fece Sirius riempiendoglielo con della Burrobirra dal colore ed odore leggermente alterato.
«Forse avremmo dovuto dare la notizia in un modo meno sconvolgente…» commentò Lily dal divano sollevando lo sguardo leggermente preoccupato verso i dormitori femminili.
«Scherzi, Lily? Quello è il modo più giusto per far sapere a tutti di stare insieme!» esclamò allegramente James seduto accanto a lei posando il bicchiere sul tavolino già colmo di piattini per scattare in piedi «Andiamo a ballare, ci sono i Queen!».
Lily afferrò la mano davanti a sé che la tirò verso l’alto, sollevandola dal divano. Perché a Bohemian Rhapsody non si poteva resistere e a James Potter nemmeno.
«Dov’è finita Olivia?» chiese Sirius lasciando distrattamente sul divano la bottiglia che Remus prese al volo evitando di inzuppare d’alcool cuscini vecchi di secoli.
«A prendere da mangiare» gli rispose Mary buttandosi sul divano per prendere i posti migliori appena lasciati liberi.
Sirius annuì puntando il serio profilo verso il tavolo del cibo. Il suo volto rilassato cambiò totalmente espressione in meno di mezzo secondo.
«Cosa cazzo ci fa Stevens qui?!»
«È nostro amico»
«Tuo amico, Macdonald!»
«Anche mio»
«Non dire idiozie, Remus, non ci hai mai parlato!»
«Ci parlo spesso invece»
«Quando vai a prendere lei a lezione con i mostri!»
«Rimangiati subito quello che hai detto, mostro!»
«Quello non è parlare con un amico è parlare con un conoscente incontrato in strada o un vicino di casa fuori in cortile! Non ci fa niente alla festa
«C’era anche per quella di Lily…»
«Ma a quella di Remus non ci fa niente, MacDonald!»
«Sei geloso, Sirius?» chiese a bruciapelo Remus.
«Cosa!? Ah, bella questa!»
«Allora che problema c’è se Liv parla con lui mentre si riempie il piatto di cibo?»
«Nessuno»
«Cosa ti cambia la sua presenza alla festa?»
«Niente! Ok!» sbottò piuttosto nervoso Sirius spalancando le braccia.
«Bene, nessun problema allora» sorrise Remus trattenendo una risata.
«Infatti»
«La tua faccia suggerisce che ce ne sia uno, invece, bello grosso pure»
«Me ne starò qui, perfettamente rilassato» annunciò Sirius incrociando le braccia al petto.
«Ottimo» sentenziò gioviale Remus.
«Non sembri perfettamente rilassato, sai?» gli fece sapere Peter guardandolo dalla poltrona con aria piuttosto perplessa.
«Non sono geloso»
«Mh mh»
«Dico sul serio, Remus»
«Mh mh»
«Olivia è mia, lo sa lei e lo sanno tutti»
«Mh mh»
«Sono decisamente migliore di Stevens»
«Mh»
«Cosa?»
«Cosa?»
«Hai fatto solo un mh»
«E allora?»
«E allora… ah, lascia perdere, non mi metterai dubbi»
«Mh mh»
«Mi fido di lei»
«Ooh» s’intromise Mary guardandolo sorridente, sinceramente intenerita «Questa è una cosa molto carina da dire».
Sirius si limitò a scoccarle una cupa occhiata di sottecchi restando perfettamente immobile nella sua posizione minacciosa fino a quando non sbottò di nuovo proprio mentre Peter pensò di veder volere via il suo ginocchio che aveva mosso avanti ed indietro sempre più veloce, nervoso, per tutti i dieci minuti precedenti.
«Quanto ci vuole a riempire un piatto, scusate?!».
Mary rise sottovoce dietro il tovagliolo di carta mentre le labbra arricciate di Remus e Peter non riuscirono più a trattenere il sorriso divertito.
«Non lo so» fece Remus aggrottando le sopracciglia per fingere assorta serietà «Forse si è portata dietro quello di Hagrid?».
L’occhiataccia che Sirius gli rivolse lo fece scoppiare del tutto.
                                               
 
 

 
*
 

 
 
«Siamo una coppia, Lily»
«Siamo una coppia, James, di ballerini»
«Ovvio. Ballerini piuttosto bravi oserei dire, guarda qua!»
«Oso dirlo anch’io!»
«E nella Foresta che tipo di coppia eravamo? Così, tanto per sapere»
«Una coppia di cretini. Una coppia di cretini attratti della persona che per sette anni è stata quella meno probabile a diventare la cosa che è adesso»
«Mi piace essere anche questo tipo di coppia, sai?» rise anche con gli occhi, James, facendole muovere la braccia a ritmo.
«Anche a me piace» fece Lily nel sorriso più grande e genuino che lui le avesse mai visto. Era bellissima.
«Credo che per spargere a tutta la scuola la notizia della nostra cretinaggine di coppia ci vorrà un modo ufficiale adatto alla nostra storia» propose James appena una ridente Lily atterrò sul suo petto dopo una giocosa giravolta.
«La notizia si spargerà a colazione con il primo Grifondoro che metterà piede fuori di qui, domattina. Oppure qualcuno è già sgattaiolato via, chi manca?» rispose lei alzandosi in punta di piedi per allungare il collo oltre la sua spalla.
«Vieni a Hogsmeade con me, sabato?».
Lily fermò la ricerca dei menestrelli pettegoli ed anche il ballo, riportando il volto immobile davanti a quello radioso di James che continuò a parlare senza lasciarle le mani.
«Senza scopa, niente foresta. Ci incontriamo davanti al portone d’Ingresso come tutti gli altri».
Il sorriso che stirò le morbide labbra di Lily gli fece mancare un battito del cuore. Gli tremarono le gambe, aveva aspettato quel momento per anni, ed era stupido, lo sapeva. Il fatto che gli tremassero le gambe era stupido. Stavano insieme, si erano baciati e allora perché quell’agitazione per un semplice…
«Sì, James».             
Fu più estasiante di qualsiasi altra cosa. La baciò di slancio mentre attorno a loro braccia, teste e gambe continuarono a muoversi con la musica. Tutte a parte quelle di Michael Cooper che con fare circospetto e spaesato si appoggiò alla spalla altrettanto ferma di Sirius.
«Per Godric, Sirius, devo davvero aver esagerato con il Whisky, continuo a vedere James e Evans insieme…»
«Non sei ancora marcio, Mike, è la pura e nuova realtà» lo rassicurò lui battendogli una mano sulla schiena da portiere prima di mollarlo e girare il viso verso la coppietta.
«SIETE ADORABILI MA NON VORREI CHE QUESTA COSA DIVENTASSE UN’ABITUDINE» gridò sopra un assolo di chitarra.
«QUALE COSA?» replicò James.
«ESSERE FISICAMENTE PRESENTE NEI MOMENTI IMPORTANTI DELLA VOSTRA VITA. O MEGLIO, È OVVIO CHE VOGLIO ESSERE PRESENTE NEL SENSO DI VIVO MA NON ATTACCATO A VOI COME ADESSO. NON SO SE MI SPIEGO E SICCOME VOGLIO ESSERE PIÙ CHIARO POSSIBILE VI FARÒ UN ESEMPIO: QUANDO AVETE INTENZIONE DI FARE SESSO PER LA PRIMA VOLTA AVVISATEMI CHE VADO A FARMI UN GIRO».
James rise di gusto e Lily invece gli diede una forte pappina sulla nuca coperta dai lunghi capelli neri.
«Tu che cosa stai facendo appostato in mezzo alla pista da ballo senza ballare?!»
«Io sto ballando, Evans» replicò Sirius agitando a caso e soltanto in quel momento braccia e gambe, facendola scoppiare a ridere.
«Sì, molto spiritoso» commentò James «Stai fissando il tavolo del cibo, Felpato. Scommetto che quella testa mora vicino alla bionda di Stevens è Liv»
«Ah, Evans» cambiò argomento come se niente fosse, Sirius «io ti chiamo Yoko Ono ma non pensare assolutamente di fare quello che ha fatto lei»
«Ma cosa…?» provò a dire James, piuttosto confuso soprattutto dall’espressione ridente di Lily in risposta.
«Messaggio ricevuto, Paul» rispose infatti lei scoccando un complice occhiolino a Sirius che ricambiò il gesto prima di riportare il profilo al tavolo delle patatine. Vedendo la testa di Ned di nuovo solitaria, si allontanò da loro per andare alla ricerca di Liv.
«Lily?»
«Mh?»
«Hai segreti e accordi con Felpato?»
«Diciamo di sì, più o meno».
L’espressione indecifrabile di James la portò a strisciargli giocosamente tutte le dita di una mano davanti alla faccia, come per scacciare via la sua velata preoccupazione.
James rise, afferrandogliele. Ebbe l’istinto di baciarle e lo fece, beandosi del rossore che subito invase le guance di Lily e di quella sensazione di invincibilità che era scoppiata dentro al petto appena aveva messo in pratica il suo desiderio senza trattenersi. Non doveva più trattenersi, era libero di amarla e nessun’emozione già vissuta era paragonabile a quella.
«”Yoko Ono”» borbottò con sconcerto sistemandosi gli occhiali che la dolce manata gli aveva fatto scivolare sulla punta del naso.
«È un idiota» commentò Lily in un sorriso divertito, arricciando il naso «Non potrei mai separarvi. Chi ti sopporterebbe tutto il tempo, sennò?»
«Ehi!».
Una ridente Lily lo zittì con un bacio e James si auto dichiarò Il Ragazzo Più Felice Della Terra, sentendosi così per davvero.
 
 


 
*

 




«Ehi» mormorò Sirius all’orecchio di Liv che sussultò sentendo due mani avvolgerle i fianchi da dietro «Dov’eri finita?»
«A prendere tutto questo ben di Dio» gli rispose lei in un sorriso, lasciandosi baciare piano la guancia «Hai fame?».
Sirius annuì allungando le lunghe dita verso il piattino che Liv gli porse per afferrare una manciata di patatine.
«Ci hai messo tanto» buttò lì lui prima di ficcarsi in bocca tutto senza lasciare la presa possessiva della mano ancora sul fianco di Liv che accennò una risata.
«Ti sono per caso mancata?» scherzò lei, lanciandogli un’occhiata di traverso da sopra la spalla orami ricoperta di briciole.
«Certo che no» si affrettò a dire Sirius abbassando leggermente le palpebre per guardarla in modo assolutamente impassibile.
«Ci ho messo tanto perché mi sono fermata a parlare con Ned» spiegò sincera Liv voltandosi del tutto verso di lui, stupendosi per il largo sorriso che Sirius le regalò senza riuscire a capire perché «è stato un sollievo vedere che non è arrabbiato o offeso. Mi sono anche ricordata del libro sui Cercatori che mi ha prestato mesi fa, devo restituirglielo. Ricordamelo doman…». Le labbra di Sirius sulle sue spensero la sua voce.
«Foto!» gridò Mary sbucando dalla folla.
«Mi sei mancata» sussurrò Sirius sulla pelle umida di baci prima di girarsi verso la polaroid davanti a loro che li accecò con un flash catturando il largo sorriso di Sirius e il profilo sorpreso di Liv rimasta a guardarlo con sguardo stordito. Sorrise apertamente sentendo le guance farsi vergognosamente bollenti mentre lo stomaco di entrambi si attorcigliava senza apparente motivo.
 
 
 
 
*
 
 
 
Erano le tre precise quando la torta apparve sotto il naso di un Remus stranamente non stanco, esasperato, scocciato.
Perché se n’era reso conto, Remus, che quello non era un compleanno come gli altri.
Quello era l’ultimo, l’ultimo con la mente totalmente sgombra da paure ed ansie; l’ultimo totalmente al sicuro, circondato da persone e festoni, musica, luci, quattro mura e un tetto impossibili da buttare giù.
Era il suo diciottesimo compleanno e sentiva tutto il peso della maggiore età babbana, Remus, delle responsabilità che lo aspettavano. Era un compleanno che pesava di tutti quelli passati ed era un peso dolce ed amaro al contempo. Era un compleanno prezioso come il coperchio d’argento di un portagioie che racchiude e mette al sicuro tutte le cose più belle, quelle che di solito si ottengono da bambini o da adolescenti. La vita da adulti ti regala ben poco.
Quel compleanno chiudeva tutto e Remus lo sentiva, quel tutto. Erano una marea di ricordi lì a Hogwarts, casa sua e Londra, ovunque era stato con i Malandrini.
Era un compleanno che gli ricordò quanto era fortunato, quanto gli sarebbe mancato ricevere una torta alle tre del mattino in Sala Comune, con la cravatta Grifondoro al collo e una confortante vita scandita dalle lezioni, non allo sbando.
Remus restò a guardare quella torta al cioccolato, le candeline accese, il traballante ‘’Buon Compleanno, Lunastorta” scritto con la panna da Peter, desiderando fossero le dieci di sera per ricominciare tutto da capo, aspettare la torta, restare sveglio fino all’alba, aggrappato a quel confortante momento. Ma lui era l’unico che sapeva davvero cosa voleva dire non poter fermare il tempo, non poter sfuggire alle cose brutte che alla fine arrivano sempre, come la luna ogni mese.
«ADESSO POTETE FARGLI GLI AUGURI, GENTE!».
Il grido di Sirius echeggiò per l’intera Sala Comune sopra la musica, seguito da un ancora più rumoroso coro scoordinato ma festoso di auguri.
Remus sorrise largamente, lo sguardo ambrato fermo su James, Sirius e Peter che smisero di cantare per sorridergli all’unisono.
Aveva un unico desiderio, uno solo.
Chiuse gli occhi lucidi e soffiò sulle candeline, i volti dei suoi migliori amici impressi in mente.
Con loro accanto, il coperchio di quel portagioie si sarebbe sempre aperto e richiuso in continuazione, anche in guerra.
Vederli sempre uniti era tutto ciò che Remus chiedeva a quelle diciotto fiammelle che si spensero in tanti fili di fumo e uno scrosciare di appalusi.
 
 

 
*
 


 
«Mary» la chiamò Remus facendosi spazio tra le persone. Arrivandole vicino le posò le mani sulle spalle sotto il caschetto biondo che si mosse mentre la ragazza si voltava verso di lui con un sorriso radioso sul volto delicato.
«Ma non starai ballando un po’ troppo?» esordì Mary scoppiando a ridere insieme a lui, passandogli una mano tra i disordinati capelli leggermente sudati.
«Sono Peter, James e Lily che mi trascinano!» fece Remus lasciandosi accarezzare da quelle mani che sentiva ormai familiari sulla pelle.
«A proposito di Lily, mi ha detto che gli hai chiesto come sto e le sei sembrato parecchio preoccupato».
Remus s’irrigidì.
«Sei uno stupido, Lupin» rise Mary prendendogli entrambe le mani per stringerle continuando a guardarlo negli occhi con intensità. «Capisco perché non hai risposto al mio ‘’ti amo’’. Non ci sto male, davvero, so benissimo che dirlo comporta darsi completamente all’altro e tu non sei ancora pronto a darmi anche il lupo, non del tutto»
«Mary» cominciò Remus con il cuore in gola ma lei, sollevandosi sulle punte delle scarpe, lo zittì con un dolce bacio sulle labbra prima di aggrapparsi al suo collo ed abbracciarlo stringendosi forte a lui.
«Ti aspetterò, come ho sempre fatto» sentenziò al suo orecchio in un sussurro più forte della musica e del chiasso attorno.
Le lunghe braccia di Remus l’avvolsero all’istante, forti e protettive, riconoscenti e tremanti di paura, la paura di creare qualcosa di davvero serio con Mary, di dare aspettative e fare promesse a lungo termine perché lui non se lo poteva permettere, perché il lupo non glielo permetteva.
«Vieni, ti devo dare il mio regalo» fece Mary sciogliendo l’abbraccio per portarlo via dalla massa di gente in movimento.
«Un altro?» rise Remus, lasciandosi trascinare «Il cesto con tutti i tipi di cioccolato di Mielandia era già il massimo!»
«Decido io qual è il massimo, Remus! Muoviti!».
Passarono accanto a James e Lily che parlavano vicini accanto alla finestra e poi davanti al tavolo sopra il quale Sirius teneva sollevato un braccio di un Peter rosso come un pomodoro.
«SIGNORE, AFFRETTATEVI! L’ULTIMO MALANDRINO RIMASTO!»
«Sirius, ti prego…»
«EDUCATO, SIMPATICO, GALANTE, OTTIMO CUOCO, NASCONDE DELLE DOTI CHE VI SORPRENDERANNO COME NESSUNO VI HA MAI…»
«Sirius!»
«EHI, TU! SEI INTERESSATA?! QUANTO OFFRI?!»
«Felpato…»
«UN GALEONE?! NAH, PETER VALE MOLTO DI PIÚ! COME DICI, TU?! DIECI?! MH, COMINCIAMO A RAGIONARE… VENTI?! CHI L’HA DETTO!? AGGIUDICATO ALLA BIONDINA LÁ IN FONDO! FORZA, PETER, COSA ASPETTI?! VAI!».
Liv se la rideva dal divano. Seguì con sguardo divertito Peter raggiungere incerto e rosso come un peperone la ragazza e poi Sirius scendere dal tavolo con un agile salto per dirigersi verso di lei.
«Sono un coglione?» commentò ridente quando le fu davanti, forse leggendole l'espressione stampata sul viso e togliendole le parole di bocca.
«E mi piaci» completò la frase Liv restando a scrutare gli occhi grigi davanti farsi istantaneamente intensi su di lei e un sorriso diverso spuntare poco sotto.
. Sirius poggiò le mani sullo schienale del divano sul quale Liv era poggiata per chinarsi su di lei e baciarla, occhi chiusi e labbra vigorose.
Era per quel motivo che si era spinto oltre con lei, nonostante la paura che per sei anni l'aveva fatto arretrare ogni volta che si era ritrovato troppo vicino a lei: poteva essere se stesso, stava con lei eppure era libero.
Liv sorrise sotto quelle labbra che davano dipendenza, irruente e dolci al contempo.
«Che c'è?» sussurrò quando il volto di Sirius si fece visibile a pochi centimetri di distanza lei, l'espressione distesa e lo sguardo immerso in lei colmo di qualcosa d'indecifrabile ma percepibile, così denso e genuino da sentirlo addosso.
«Niente» mentì Sirius rifuggendo quel mistero spaventoso eppure bellissimo mai conosciuto prima e che in realtà racchiudeva il contrario del niente; era un tutto che lo attirava irrimediabilmente a lei senza farlo sentire costretto, rinchiuso, prigioniero.
Si chinò a baciarla ancora assaporando il suo labbro inferiore, assaporando la paura
fargli tremare le viscere.
Sorrise sentendo il basso mugolio soffiato di Liv tra le labbra, soffocato dal chiasso dei loro compagni in festa e da un altro suo bacio. Quando le lasciò la bocca rossa e gonfia, Sirius si umettò le labbra percependo sulla pelle umida anche la sua paura e la sua voglia di provare ardenti in egual misura.
«Stavo pensando di rimettere in moto l’auto di mio padre» disse Liv dopo che Sirius le lasciò istintivamente un ultimo bacio sulla punta del naso facendola arrossire e sorridere, prima di sedersi al suo fianco sui morbidi cuscini.
«Sai guidare?» le chiese prendendole le gambe, fino a quel momento intrecciate all’indiana, per metterle di traverso sulle sue.
«Mi ha insegnato, sì, ma non ho la patente» rivelò Liv osservando la smorfia divertita apparsa sul volto di Sirius alla parola “patente”.
«Scappare dagli agenti su quattro ruote è diverso che farlo su due, motociclista illegale» gli fece notare lei sbefeggiandolo scherzosa. E lui rise con un’altra attraente smorfia che attirò le istintive carezze di Liv. Sirius restò spiazzato ad assorbire quei tocchi sul suo viso, prima di rispondere; lasciavano scie calde e rassicuranti sulla pelle e anche sul cuore.
«Hai ragione, questo è vero, accidenti. Ti toccherà davvero prendere la patente, volpe»
«Sembrerò la tipica britannica anni ’50 tornata dal passato…» sospirò Liv facendo scivolare lo sguardo e le dita dalla fronte allo zigomo di quel bel volto che le apparteneva, giorno e notte.
«Scherzi? Sembrerai una riccona» esclamò sottovoce Sirius stringendo la presa sulle sue ginocchia e mordendo giocosamente l’indice di Liv arrivato sulle sue labbra, facendola ridere sottovoce. «Quel modello, Olivia, vale già un bel gruzzoletto»
«Per quanto l’Austin Mini di Paul McCartney mi ispiri parecchio credo proprio che non la venderò mai. Mio padre la adorava, con quella ha portato mamma al cinema all’aperto al primo appuntamento»
«Sicura?» scherzò lui sollevando un sopracciglio nero con fare suadente. «Che ne dici della ex Rolls Royce di Lennon?»
«Quella sarà mia dopo la rapina alla banca che abbiamo programmato per dopo i M.A.G.O.»
Sirius rise apertamente poggiando la nuca sul divano sotto i vicini occhi divertiti di Liv e quelli lontani di Ned Stevens e Jane Phillips che restarono a guardarli da diverse parti della Sala Comune in festa.
Non ballarono neanche stavolta, Liv e Sirius. Restarono sul divano a parlare tra loro, estraniati dalla felicità attorno che acuiva il dolore dentro.
«Quest’estate potrei rimetterla in sesto» disse dopo un po’ Sirius osservando con aria assorta e compiaciuta la sua mano intrecciata a quella di Liv.
Lo sguardo interrogativo di lei lo spinse a specificare.
«L’auto di tuo padre» aggiunse stringendo e mollando quelle dita perfette per la sua mano in un gioco che aveva sempre trovato ridicolo con le altre, ma che con lei si ritrovava a fare ogni volta beandosi della sensazione di pace e completezza che quell'incastro cercato gli dava.
«Chiederò al meccanico a Finchley Road e vedremo cosa si può fare mentre tu studi cartelli stradali ed altre cose pallose ed inutil».
Liv sorrise guardandolo, una luce brillante negli occhi scuri. Sapeva che Sirius l’avrebbe fatto davvero e questo suo pensare ad un futuro, un futuro in cui lei esisteva ancora, la fecero sentire come mai prima.
Sirius la voleva con lui anche nel futuro, Sirius pensava ad un futuro con lei ed era così strano, ma bello da spaventare e far provare sicurezza al contempo.
Fermò il giocherellare delle dita di Sirius con la sua mano per sporgersi verso di lui, circondargli la vita e poggiare il viso sul suo petto. Sentì subito le braccia di Sirus sollevarla dai cuscini per farla sedere sulle sue gambe e poi le sue labbra posarsi su una sua tempia, lasciandole piccoli baci prima di posarci sopra la guancia; il cuore vigoroso quanto le sue labbra poco prima.
Era una sensazione che le toglieva il fiato ogni volta. La sensazione di pace, di sicurezza, di protezione era nuovissima e stava diventando giorno dopo giorno familiare, confortante, un punto di riferimento stabile.
 
 
 
 
 
 
*
 
 
 
 
«Ho paura»
«Avanti, McDonald, dobbiamo farlo tutti insieme o il gioco non funziona»
«1…»
«Sono sicuro che ce l’ho di nuovo io il bicchierino con il Veritaserum…»
«Non essere così eccessivamente ottimista, Remus»
«2…»
«Non mi avete ancora detto dove avete preso la pozione»
«Lily, dovrebbe essere l’ultimo dei tuoi pensieri in questo momento»
«3…».
Tutti e sette bevvero, seduti sul tappeto della Sala Comune ormai deserta ed in disordine alle quattro e mezzo del mattino.
Mary tossì per il troppo alcool scolato tutto in una volta e poi portò lo sguardo lucido sui volti degli altri mentre Sirius leggeva con gli occhi la domanda pescata pochi minuti prima.
«Ma a chi è venuta in mente una cosa del genere?» scoppiò a ridere, esilarato.
James, al suo fianco, si chinò di lato per sbirciare ma l’amico allontanò il pezzo di carta schiarendosi la voce.
«Il posto più proibito in cui l’avete fatto»
«Il letto di Sirius» rispose James tappandosi la bocca con le mani subito dopo.
Gli occhi grigi, spalancati, lo puntarono mentre Liv scoppiava a ridere per prima.
«Oddio» commentò.
«Non è come sembra» si affrettò a mettere in chiaro Sirius allungando un braccio al centro del cerchio di amici ormai fuori controllo anche per l’alcool.
«James, è come sembra?» chiese Lily, sconvolta ed esilarata, approfittando del Veritaserum in corpo al suo neo ragazzo dal passato alquanto interessante.
James boccheggiò, gli occhi nocciola sbarrati dietro le lenti rotonde.
«In che senso, Lily?» bofonchiò provando un forte fastidio per quella strana spinta che dal petto saliva alla gola liberando pensieri e parole «Io ho fatto sesso nel letto di Sirius. È questo il posto più proibito»
«Sirius era presente?» chiese in una risata Mary. Remus al suo fianco scosse la testa non riuscendo a trattenere una risata nemmeno con l’ennesimo boccone di torta al cioccolato in bocca.
Il diretto interessato della domanda di Mary sbuffò, sollevando gli occhi grigi al soffitto mentre accanto a lui la faccia di James assumeva un’espressione a dir poco sconcertata.
«Certo che no! Siete pazzi?! Era una tizia quella con me! Io e Sirius ci siamo solo baciati, una volta, da ubriachi, io pensavo fosse Lily e lui pensava fossi Liv»
«Cosa?!» scoppiò Liv piegandosi in avanti.
«Credo sia ora di dormire, gente!» esclamò Sirius scattando in piedi come una molla.
«Ti è piaciuto, James?!» domandò Peter non riuscendo più a respirare dalle risate.
James fece spallucce. «Niente di che, molto meglio la vera Lily»
«Oddiomio» pigolò Mary coprendo la bocca aperta in una risata incredula.
«Siamo tutti schifosamente ubriachi!» tagliò corto Sirius tirando fuori la bacchetta «Ramoso, Silencio!»
«Finitem Incantatem! Parla, James!»
«Silencio! Metti via la bacchetta, Evans!»
«Finitem Incantatem! Col cavolo, Black!»
«Silencio! È da meschini quello che stai facendo al tuo nuovissimo ragazzo!»
«Finite Incantatem!»
«Silencio!»
«Così lo farete impazzire» avvisò la saggia ma anche leggermente brilla voce di Remus che restò ad osservare James aprire e chiudere la bocca ad intermittenza mentre con gli occhi nocciola spalancati gridava aiuto.
 
 
 
 
*
 
 
«Lily?»
«James»
«Sei sveglia?».
Gli occhi verdi si aprirono nella penombra della Sala Comune immersa nel silenzio a parte il lieve russare di Peter.
Tutti dormivano a parte loro due. Remus e Mary sdraiati uno accanto all’altra sull’altra metà del divano, Sirius e Liv sulla poltrona in un abbraccio aggrovigliato all’apparenza scomodo ma di sicuro perfetto visti i loro volti sereni e Peter spaparanzato sul tappeto con un pouf come cuscino, i piedi senza scarpe rivolti alla piacevole brace del camino.
«Non riesco a dormire» sussurrò Lily guardando il viso di James vicino al suo, poggiato sulla spalliera del divano.
«Nemmeno io» mormorò lui accennando un sorriso nel sentire la mano di Lily sfiorare la sua, abbandonata tra le loro gambe che si avvicinarono ulteriormente.
Era impossibile dormire con una tale adrenalina in corpo, impossibile dormire quando la realtà era più bella del sogno ed era proprio lì, addosso. Intrecciò le dita a quelle di Lily trovando il coraggio per baciarle il naso.
«Come mai non riesci a dormire?»
«Puoi benissimo non usare questo tono malizioso, Potter. Tu non c’entri niente con la mia insonnia»
«Ah, no?»
«No. La colpa è della torta, il cioccolato sveglia e quel pan di spagna aveva ogni tipo di cioccolato esistente sulla terra»
«Ma l’hai digerita da ore, Evans»
«Che c’entra? Ce l’ho nel sangue»
«Ok, va bene, è “colpa del cioccolato”. Anch’io devo aver esagerato con le fette…».
Sorrisero in contemporanea, cercando di non fare rumore per non svegliare gli altri.
Restarono a guardarsi in silenzio, vicini come non lo erano mai stati, immersi nel silenzio della notte come se fosse giorno, come se ci fosse il sole, capendo che quella luce invisibile al resto del mondo non sarebbe andata via, nemmeno nel bel mezzo dell’oscurità della guerra.
 
 
 
 
 
 
 
 
 










 
 
 
Note:

*James che parla di cattivo alito del terzo anno: mi riferisco ad una scena della mia breve storia “Quattro Lune per una Foglia di Mandragora” in cui cerco di raccontare la prima tappa del processo per diventare Animagus (quello descritto dalla Rowling) intrapreso dai Malandrini tredicenni.
 


*Ho scelto la Foresta Proibita come luogo prescelto per il bacio di Lily e James perché a parte la questione della mancanza dei muri, volevo che tutto iniziasse nel luogo in cui Harry è morto e risorto, tornando in vita più forte e pieno d’amore, senza oscurità dentro di lui, uccidendo una parte di Voldemort e poi sconfiggendolo.
La Foresta Proibita è il luogo che vede il coraggio più grande di Harry, quello che supera la paura di morire. Il luogo dove il boccino regalato da Silente finalmente trova un suo senso: “Mi apro alla chiusura”. Ed è un po’ come James e Lily che si sono ‘’aperti’’ all’ultimo anno, alla ‘’chiusura’’.
Harry è nato da questo amore potentissimo. Volevo cominciare e chiudere un cerchio nello stesso luogo pieno di significati importanti.
Il secondo bacio in Sala Comune, invece, rimanda chiaramente a quello di Harry e Ginny (nel libro. Secondo me è molto più bello del bacio del film).








 
   
 
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