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Autore: satakyoya    26/07/2019    1 recensioni
Una ragazza che vive a Tokyo e nei giorni nostri, trascorre le giornate tranquille insieme alla sua famiglia e ai suoi nonni.
Ma suo nonno, prima della sua morte, gli raccontava una storia ambientata in un periodo storico giapponese non ben definito. Tutto quello che conosciamo adesso però in quel periodo non esistevano, le città erano villaggi e le case di legno che componevano i villaggi erano governate da qualcuno al di sopra degli abitanti.
La protagonista è una povera cameriera del castello della città di Wake, in Giappone, ma quella povera cameriera vivrà un'esperienza che nemmeno si aspettava e proverà emozioni che non ha mai provato prima.
Se siete curiosi leggete la storia e lasciatemi una recensione. Spero che vi piaccia!
[In questa storia sono presenti alcuni personaggi della Mitologia Giapponese]
Genere: Avventura, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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La mattina dopo mi svegliai molto presto dalla sete che avevo. Sia Aki sia Urushi stavano dormendo. Mi alzai e mi diressi in cucina e anche se era tutto buio intorno a me, stesi in avanti le braccia e toccai intorno a me per non andare a sbattere in qualcosa. Toccai con le mani qualcosa davanti a me che era piano e dritto, ma all’improvviso sentii le mie mani andare in basso di qualche centimetro e toccai un oggetto molto simile a un piatto usato ieri sera.
‘Eh? che cosa ho toccato?’ pensai io.
Percepii con le mani qualcosa di piccolo e rotondo, molto simile a una ciotola, ma con il buio in cui mi trovavo facevo fatica a capire che cosa stavo toccando. Poi vidi una luce venire dalla mia sinistra avvicinarsi poco per volta verso di me. Questo all’inizio mi spaventò perché non sapevo chi fosse.
Quella luce si fermò ad un passo da me e si alzò facendomi vedere una faccia. Io mi misi a urlare dalla paura rischiando di svegliare quasi tutti.
“AAAAAAAAH!” urlai io.
Nello stesso tempo urlò anche la persona che avevo davanti. Subito non ero in grado di distinguere a chi appartenesse.
“Chi- chi sei?” chiesi io.
“Iris, sei tu?” disse la voce davanti a me.
“Questa voce… Hanako?” chiesi io.
“Oh, allora sei tu. Ho preso un gran spavento.” Disse Lei.
“Scusami, non volevo spaventarti. Mi era venuta sete e sono venuta a bere cercando di non fare rumore.” dissi io.
“Oh, tranquilla, non è un problema. È raro che ci sia qualcun altro sveglio a quest’ora della mattina.” Disse lei.
“Ah sì?” chiesi io.
“Sì, ma non c’è mai nessuno. Guarda, ci sono già le prime luci del sole.” Disse lei indicando la finestra dietro di me.
Mi girai e guardai fuori. Il cielo era bellissimo, tutto colorato di rosso e di arancione e appena un pochino di giallo. Non si vedeva il sole però si poteva ammirare la bellezza del cielo e della luce che si diffondeva.
“Oh, ehm… c’è una cosa che vorrei dirti.” Dissi io.
“Certo, di che si tratta?” chiese lei.
“Beh, io e Aki dobbiamo andare via più tardi. Vogliamo partire per scoprire altri villaggi.” Dissi io.
“Oh che peccato, mi sarebbe piaciuto potervi avere ancora un po’ qui con noi.” Disse lei.
“Ve ne andate via?” chiese Mari che era davanti alla porta.
“Buongiorno. Io e Aki vogliamo scoprire quanti più villaggi possibili così vorremmo partire presto.” dissi io.
“Io però non voglio che ve ne andiate via, non mi hai ancora detto come avete vinto i giochi di due giorni fa.” Disse lei.
“I-io non lo so…” dissi io.
“Buongiorno.” Dissero Aki e Taro.
Aki Si mise a sbadigliare mentre io guardando fuori notai i diversi Seiko alla finestra che mi fissavano. Mari e Hanako si misero subito a fare la colazione, Taro andò a preparare il tavolo della colazione, mentre Urushi passò davanti a me dirigendosi verso l’uscita della casa. Io lo fermai proprio davanti alla porta chiamandolo.
“Urushi aspetta.” Dissi io.
“Sì?” chiese lui.
“Io e Aki abbiamo deciso di partire più tardi per vedere un altro villaggio. Pensavo di partire non appena abbiamo mangiato. Ma tu dove stai andando?” dissi io.
“Non vado da nessuna parte, mi sgranchisco solo un pochino.” Disse lui.
Lui dopo quelle parole se ne andò via mentre io tornai dagli altri.  Dopo qualche minuto lui tornò ed entrambi andammo a mangiare. Aki, Taro e Mari erano già seduti davanti al tavolino e Hanako stava mettendo le nostre colazioni quando noi entrammo nella stanza. Mangiammo una ciotola piena di riso con sopra della salsa di soia, un piatto semplice ma molto buono.
“Noi partiremo non appena avremo finito di mangiare.” Disse Aki.
“Aki, ma è troppo presto!” dissi io.
“Lo so, però io non vedo l’ora di vedere quale sarà il prossimo villaggio.” Disse Aki.
“non lo sapevo. È un vero peccato che ve ne andiate via.” Disse Taro con tono triste.
“Anche a me dispiace ma, come ho detto prima ad Hanako, vogliamo scoprire e conoscere nuovi villaggi. Così pensavamo di partire non appena possibile.” dissi io.
Io e Aki fummo i primi a finire il riso che avevamo, così mi alzai in piedi e mi diressi nella stanza dove avevamo dormito. Sistemai i futon avevamo utilizzato durante la notte dentro la borsa che Sachi giorni fa ci aveva dato, la misi sulle spalle, presi in mano la spada, arco e frecce che avevamo messo in un angolo della stanza e tornai dove si trovavano tutti gli altri.
Tutti nella stanza erano in piedi e Aki stava parlando con Taro quando entrai io. Aki mi guardò e si avvicinò a me con sguardo preoccupato.
“Iris ma che fai con tutte queste cose in spalla! Sono troppo pesanti per te. Lascia che le porti io.” disse Aki.
“No, tranquillo. Riesco a portarli e sono pronta ad andare.” Dissi io.
Aki mi sorrise e mi fece cenno di sì con la testa mentre Taro dietro di lui aveva un’espressione triste con lo sguardo rivolto verso terra.
Mi avvicinai a Taro e gli dissi: “non essere triste, non c’è motivo di esserlo.”
Urushi, Mari e Hanako si avvicinarono a noi e tutti insieme uscimmo di casa. Girammo a destra e ci incamminammo lungo la strada per diversi metri. Quando davanti a noi c’erano tantissimi alberi  ci fermammo, Urushi venne a fianco a me e io mi girai verso Taro e gli altri. Vederli così tristi un po’ mi dispiaceva però non ci potevo fare nulla visto stavamo per andare via.
“Vi ringrazio per tutto ciò che avete fatto per noi.” Dissi io inchinandomi in avanti.
“Ma no, anzi, siamo noi a dovervi ringraziare per averci fatto divertire durante i giochi dell’altro giorno e per essere stati con noi in questi due giorni.” Disse Taro.
A fianco a Taro c’era Mari con un’espressione molto triste. Vederla così non mi piaceva, per questo mi avvicinai a lei e le misi una mano sulla spalla.
“Non essere triste Mari. Se lo desideri, in futuro potrete venire tutti a trovarmi nel villaggio Wake dove vivo.” Dissi io sorridendole.
“Davvero?” chiese Mari.
“Certo! Oh, c’è una cosa che vorrei chiedervi.” Dissi io.
“Che cosa?” chiese Mari.
“Mi piacerebbe sapere come si chiama questo villaggio e se sapete qual è il villaggio più vicino.” Dissi io.
“Questo villaggio si chiama Achu mentre quello più vicino si chiama Asato e si trova a est di qui.” disse Hanako indicando dietro di me.
“Iris, andiamo?” chiese Aki.
“Sì, solo un attimo. Mari, a casa tua ho lasciato le collane che tu ci hai dato ieri. Puoi tenerle come pensiero da parte nostra.” Dissi io.
“Grazie.” Disse Mari.
“Beh adesso noi andiamo via. Grazie ancora di tutto.” Dissi io.
Mi girai e, insieme ad Aki e a Urushi, iniziammo a camminare verso gli alberi quando proprio davanti a noi ci furono i nove Seiko che ci bloccarono la strada. Erano tutti uno a fianco all’altro e sembravano tristi. A prima vista non riuscii a capire come mai si trovavano lì e che cosa potevano volere da noi, così ci avvicinammo e io mi inchinai a terra.
“Ve ne state andando via?” disse un Seiko al centro.
“Sì, stiamo andando via.” Dissi io.
“Perché?” chiese uno di loro.
“Dove andate?” chiese un altro.
“Andiamo in un altro villaggio per scoprire cose nuove.” Dissi io.
“Oh… però ci avete promesso ieri che avremmo giocato di nuovo insieme.” disse uno dei Seiko.
“Lo so, ma non possiamo proprio farlo. Mi dispiace.” Dissi io.
“Beh, noi adesso andiamo.” Dissi io. Mi alzai in piedi e ripresi a camminare insieme a Urushi e ad Aki. tutti loro sembravano molto tristi.
“Tornerete qui?” disse il Seiko al centro.
“Non credo…” dissi io.
“Se in futuro avrete bisogno di noi, noi ci saremo e vi aiuteremo!” urlò uno dei Seiko.
Peccato che dalla distanza in cui eravamo non si poteva sentire benissimo. Mentre me ne andai mi sentii anche io un po’ triste. Non capivo se era perché avevo lasciato Taro e la sua famiglia o se era perché non ero rimasta a divertirmi di più con i Seiko come avevo promesso. Avevamo deciso ieri sera così in fretta che non mi sembrava possibile che mi stavo allontanando da quel villaggio in cui mi ero trovata così bene. Sulla mia faccia c’era un’espressione triste che venne notata subito da Aki.
“Ehi Iris, perché sei così triste?” chiese lui.
“Eh? io, triste? Non è possibile!” dissi io.
“Non è vero. Si nota dalla tua faccia. Dimmi che cos’hai.” Disse lui.
“non ho niente, davvero. Stai tranquillo.” Dissi io.
“E io ti dico che non è vero. Eddai dimmelo!” disse lui mettendosi davanti a me e camminando all’indietro.
“E dai dimmelo. Dimmelo, dimmelo, dimmelo! Perché non me lo dici?” disse lui.
‘Quando fa così a volte sembra un bambino…’ pensai io mentre lo guardai.
“Va bene, mi arrendo. Te lo dico.” Dissi io.
“Evvai!! Allora, di che si tratta?” chiese lui.
“Prima ero triste perché mi dispiaceva aver lasciato tutti in quel modo e così presto… però sono contenta di essere in viaggio con voi due per vedere un nuovo villaggio.” Dissi io.
Lui si sposto a fianco a me e camminò esattamente come feci io. nello stesso tempo lui sorrise e senza rendermene conto la sua espressione felice mi piaceva e mi attraeva. Rimasi a guardarlo mentre camminai per una decina di secondi.
“Iris, sei troppo gentile con lui.” disse Urushi.
“Che cosa hai detto?” disse Aki arrabbiandosi.
“Aki calmati. Non aveva intenzione di offenderti, non è così? Ma che cosa vuoi dire con questo?” dissi io girando la testa verso Urushi.
“Beh, non appena lui insiste su qualcosa che vuole sapere tu glielo dici subito e questo non mi sembra giusto.” Disse Urushi.
“COSA HAI DETTO?” disse Aki.
Io mi fermai esattamente dove mi trovavo e, girandomi verso Urushi, gli dissi: “Aki, ho detto di calmarti. Urushi, possiamo parlare di questo più tardi?”
Non ottenni alcuna risposta alcuna risposta da parte sua e riprendemmo a camminare restando un silenzio per un paio di minuti.
“Ehi ragazzi.” Dissi io.
“Sì?” chiese Aki.
“Grazie a voi due sono riuscita a imparare e a scoprire nuove parole che non conoscevo. Parole che non avrei mai imparato se non fosse stato per voi e ne sono felice. Quindi grazie ad entrambi.” dissi io sorridendo.
Urushi rimase a guardarmi senza dire nulla, mentre Aki diventò rosso come un pomodoro in faccia e aveva gli occhi sbarrati, come se ne fosse rimasto stupito per ciò che ho detto.
“Perché fai quella faccia stupita?” chiesi io.
“Ah, ehm… niente.” disse Aki.
“Aki, so che è presto dirlo, ma grazie per avermi fatto vivere quest’avventura con te. Lo so che abbiamo visto pochi villaggi, però mi sono divertita tantissimo. Per questo ti ringrazio.” Dissi io sorridendogli.
“N-non c’è di che…” dissi lui arrossendo e guardando in basso.
Quella sua espressione mi piaceva molto, come mi piacevano tutte quelle che aveva fatto negli ultimi giorni. Abbiamo vissuto tante emozioni e ogni volta lui reagiva diversamente. Ogni volta mi mostrava un lato di lui che non conoscevo stupendomi sempre di più.
Inoltre lui aveva un aspetto molto simile a una persona che conoscevo e, anche se non ricordavo a chi potesse essere, il suo aspetto mi affascinava. I suoi lineamenti di profilo e il suo colore di capelli mi ricordavano qualcuno, ma non essendone sicura cercai di non pensarci.
“Hey Iris.” Disse Aki. Io non risposi dato che ero assorta nei miei pensieri.
“Iris!” disse di nuovo Aki.
“Eh?” dissi io.
“Sembri distratta. Che cos’hai?” chiese lui.
“Oh, niente. Stavo solo pensando, ma non è nulla di cui preoccuparsi. Ma tu avevi bisogno?” dissi io.
“Sì, ti va se oggi facciamo due villaggi?” disse lui.
“Perché vuoi farne due? Non è meglio uno solo?” chiesi io.
“Beh, ho una gran voglia di scoprire come sono fatti e che cosa vedremo nei prossimi villaggi. Per questo vorrei farne due in un giorno.” Disse lui.
“Ci può stare…  vedremo se riusciamo a farli.” Dissi io.
“Fantastico! Grazie Iris. Guarda, là in fondo c’è un villaggio. Forza, andiamo a vedere.” disse Aki tutto contento.
Camminammo tutti e tre in silenzio per una ventina di metri quando entrammo nel villaggio che avevamo davanti a noi. C’erano tante persone che camminavano oltre a noi e che venivano da entrambe le direzioni. Erano sia uomini che donne, sia coppie sia persone da sole.
Mentre camminavo tutto mi sembrava bellissimo. Poter essere in quel villaggio e vedere tutte quelle persone che nemmeno conoscevo e avevo mai visto. Ogni cosa era nuovo per me e ogni sensazione che provavo erano come nuove.
Intanto che procedevo a fianco ad Aki e ad Urushi notai da un lato della strada sei bambini  intorni ai cinque anni che giocavano saltando avanti e indietro. Sembravano divertirsi molto. Guardai Aki e notai su di lui un’espressione molto felice.
“Ehi Iris, andiamo a giocare con quei bambini là?” chiese Aki.
“E perché? Non è meglio se continuiamo a camminare?” dissi io.
“E dai, che c’è di male a giocare un po’ con loro. E poi, sembra si stiano divertendo.” Disse Aki iniziando ad avanzare verso i bambini. Loro smisero di giocare e iniziarono a guardarci incuriositi.
“Aki, torna qui!” dissi io.
Ormai era troppo tardi e chiamarlo era stato inutile. Lui ormai si era avvicinato ai bambini e si era inchinato a terra. Mi avvicinai anche io per sapere che cosa si stavano dicendo.
“Hey bambini, va bene se gioco un po’ con voi?” chiese Aki. Loro non risposero.
“Aki, perché ti sei fermato? Non dobbiamo incamminarci per vedere i villaggi?” dissi io.
“Che strano, non mi rispondono… forse non capiscono ciò che stiamo dicendo.” Disse lui.
“Aki ascoltami!” dissi io.
“Ti sto ascoltando. Però non credo ci siano problemi se per qualche minuto ci fermiamo a giocare con loro.” disse lui.
Io feci una faccia scocciata guardando alla mia destra. proprio in quella direzione udii delle urla di rabbia provenire da una casa poco lontano da dove mi trovavo, vidi un uomo uscire e allontanarsi e vide una donna disperata uscire da casa e chiedere aiuto a chiunque passasse davanti a casa sua.
“Vi prego aiutatemi. Aiutatemi, ho bisogno di qualcuno che mi aiuti.” Disse la donna con voce disperata e con le mani davanti al corpo.
Io, presa dalla curiosità mi avvicinai alla donna e potei notare meglio il modo in cui era vestita. Era una donna capelli castani, occhi scuri, magra, alta qualche centimetro in più di me, i piedi scalzi e portava una maglia e un paio di pantaloni molto malridotti e di colore verde chiaro. L’uomo che era uscito poco prima aveva vestiti malridotti e di colore grigio molto sporco.
“Ah! Ehi ragazza, ti prego aiutami!” disse la donna.
“Eh?” dissi io.
“Ti prego, aiutami! Mio marito se n’è andato via e non ho idea di come posso fare.” disse lei.
“Eh? Di che cosa sta parlando? Non riesco a capire…” chiesi io.
“Vedi, mia madre abita poco lontano da qui e lei questa mattina ha bisogno di me. Però non posso andarmene via senza qualcuno che mi controlli i miei figli e mio marito non c’è per tutta giornata. Per questo motivo mi devi aiutare, ti prego!” disse la donna finendo per prendermi le mani.
“Però io non ho idea di cosa devo fare e come si faccia…” dissi io un po’ imbarazzata.
“Là dentro ci sono i miei tre figli, ma prima di presentarteli vorrei sapere se accetti aiutarmi.” Disse la donna.
“Certo che la aiuteremo signora!” disse una voce dietro di me.
Girai la testa e dissi: “Aki! Ma che ci fai qui? Non eri a giocare con i bambini là dietro?”
“Non l’ho fatto. Mi sono divertito a guardarti per un po’, ma non ho resistito e ho risposto io al posto tuo.” Disse Aki sorridendo.
“Mi aiutate davvero?” disse la donna con un’espressione contenta.
“Certamente!” Disse Aki.
“Oh, meraviglioso, grazie mille! Grazie, grazie davvero! Mi avete salvato da un momento di enorme difficoltà. Prego, entrate in casa che vi presento i miei figli.” Disse la donna enormemente felice.
Entrammo in casa e la stanza in cui ci trovammo davanti non era molto spazioso. Intorno a noi c’erano alcuni mobili e davanti a noi c’erano tre bambini. Avevano all’incirca sei anni, avevano tutti e tre i capelli corti e castani e indossavano solo i pantaloncini. Non appena li vidi arrossii molto e diventai immobile, finchè…
“Fumio, Akuni e Kichi, mettetevi subito le vostre maglie! Non vedete che ci sono ospiti!” disse la signora sgridando i bambini. Loro con un’espressione un po’ triste si misero le loro maglie, tutti e tre di colore bianco.
“Beh, loro sono i miei figli e hanno cinque anni. Dovrete prendervi cura di loro finché non torno. Ora che li conoscete sono costretta a lasciarvi. Io mi chiamo Ulma e se avete bisogno potrete trovarmi poco distante da qui.” disse Ulma.
“Ah, aspetta!” dissi io. ma lei ormai se ne era già andata via lasciando me, Aki e Urushi da soli.
“Complimenti Aki. Hai accettato di aiutare quella signora ma né tu né io abbiamo idea di come si faccia.” Dissi io.
“È vero che non sappiamo come si faccia, però ormai non ci si può fare nulla. Prova a pensarla come una cosa divertente.” Disse lui sorridendo.
“Non c’è niente da ridere e non è affatto divertente! Io… Io non ho idea di …” dissi io finendo per girarmi verso i bambini.
Notai proprio in quel momento che loro tre erano in piedi mentre Urushi era seduto e chiacchierava con loro. Vederlo così non mi sembrava normale. Voglio dire, era la prima volta che lo vedevo parlare con qualcun altro che non fossero noi due e questo mi stupì molto.
“Noi non sappiamo leggere e scrivere. Non lo abbiamo mai imparato.” Disse Fumio che si trovava a sinistra.
“Esattamente come me…” dissi io con tono molto basso.
“Eh? hai detto qualcosa?” chiese Aki. Io mi avvicinai a loro e ascoltai ciò che stavano dicendo.
“Eeeeh? È un peccato non sapere cosa si legge. Ma vostra mamma lo sa fare?” dissi io.
“Sì, e anche papà lo sa fare.” disse Fumio.
“Ti va di giocare?” disse Kichi mentre mi teneva con una mano la maglia. Io sorrisi e dissi di sì.
Lei era contentissima e prese dal tavolo due  bambole molto semplici e fatte di stoffa. Ne presi in mano una e notai che era morbidissima e mi piaceva molto.
“Lei si chiama Katy e questa qui è Alice. Lei è la mamma e la mia è la figlia.” Disse lei sorridendo. Aveva un sorriso grandissimo e, come me, si notava che si stava divertendo.
Vidi Urushi camminare indietro fino ad arrivare contro il muro, mentre i due bambini si avvicinarono ad Aki e gli chiesero: “Giochiamo insieme?”
“Certo!” disse Aki.
Così anche loro giocarono con delle macchinine fatte di legno sporco. Si divertivano a correre per casa facendo correre molto velocemente le macchinine che avevano in mano. Loro passarono tutta la mattina in quel modo mentre io e Kichi ci divertivamo tanto e la passammo a giocare. Passarono una, due, tre ore, forse di più, ma nessuno di noi nella stanza si accorse che era passata la mattina finché non arrivò Ulma.
Lei entrò in casa, chiuse la porta e ci si appoggiò sedendosi per terra. Tirò un lungo sospiro e quello mi fece incuriosire. Così mi fermai di giocare con Kichi e mi avvicinai a lei.
“Ulma, va tutto bene?” chiesi io.
“Eh? Oh sì certo. Sto benissimo. Mi sto solo riposando un attimo dalla mattinata che ho avuto.” Disse lei.
“capisco… allora va bene.” dissi io.
“Sì. Ah, vorrei ringraziarvi per avermi tenuto i bambini! Ditemi cosa posso fare per ripagare il favore che mi avete fatto!” Disse lei prendendomi le mani.
“E-ecco…” dissi io un po’ imbarazzata.
“Beh, potresti darci qualcosa da bere? Abbiamo molta sete.” Disse Aki super contento e sorridendo.
“Aki, non si chiedono queste cose in quel modo!” dissi io.
“Ah…” disse lui calmandosi.
Ci fece sedere davanti al tavolino in cui io e Aki avevamo giocato con i bambini. Rimanemmo fermi per un paio di minuti al massimo, mentre Ulma si era spostata in una stanza a fianco. Tornò esattamente un paio minuti dopo essere andata via con un vassoio in legno in mano e sopra al vassoio c’erano quattro bicchieri. Mise un bicchiere davanti a ognuno di noi e si sedette dall’altra parte del tavolo. Dentro il bicchiere si trovava del tè verde molto dolce.
“Non sapete quanto vi sono grata per ciò che avete fatto. Spero che i miei figli siano stati bravi.” Disse lei.
“Sì, abbiamo giocato tutto il tempo ed è stato divertente.” dissi io.
“Meno male. oh, ehm… mi dispiace se casa nostra non è ricca di oggetti. È solo che siamo poveri e, come altre famiglie, non possiamo permetterci granché.” Disse lei mentre si teneva vicino i bambini.
“Che peccato… c’è qualcosa che possiamo fare per aiutarvi?” dissi io.
“Sfortunatamente no, ma grazie comunque. Io e mio marito siamo ancora in grado di andare avanti anche se non possiamo insegnare molto ai nostri figli. E voi invece, vi andrebbe di rimanere qui durante il pomeriggio e questa sera?” disse lei.
Aki con espressione felice stava per aprire bocca quando lo fermai parlando io al suo posto.
“Mi dispiace ma non possiamo farlo. Dobbiamo andare appena possibile.” Dissi io.
“oh che tristezza… mi sarebbe piaciuto molto se voi aveste accettato. Avreste potuto aiutarmi ancora un po’…” Disse lei.
Rimanemmo in silenzio mentre io e Ulma finimmo il bicchiere di tè che avevamo davanti. Lei aveva un espressione un po’ triste anche se non disse praticamente nulla.
“Beh, noi adesso dobbiamo andare. Forza Iris!” Disse Aki.
“Aki, ma che cosa…” dissi io. Non feci in tempo a finire la frase che lui mi prese il braccio e mi sollevò facendomi alzare in piedi.
“Dobbiamo andare, no? Allora andiamo!” disse Aki.
“Sì però…” dissi io.
“Se ve ne state andando lasciate che vi accompagno alla porta e vi ringrazio ancora per come mi avete aiutato.” Disse Ulma.
Dopo solo tre passi arrivammo davanti la porta. Lei la aprì e, ringraziandoci di nuovo e salutandoci con la mano, ci lasciò andare via. Così, dopo essere usciti di casa, girammo alla nostra sinistra.
Restammo di nuovo in silenzio fino a quando non uscimmo dal villaggio, cioè per circa cinque minuti. Durante quei cinque minuti mi guardai intorno e vidi tanta gente camminare. Alcune persone chiacchieravano mentre dei bambini si divertivano correndo lungo la strada. Una volta usciti dal villaggio Aki si stirò la pelle e fece un’espressione felice.
“Ehi Aki, perché sei così felice?” chiesi io.
“Beh, stiamo andando in un nuovo villaggio. Non posso non essere contento di andare a scoprire e provare qualcosa di nuovo. E poi mi sono divertito tantissimo a giocare con quei bambini. Mi sembrava di tornare bambino anche io.” Disse Aki.
“Ah sì? Però prima mi hai fatto male.” dissi io.
“Prima? Quando ti ho alzato per andare via?” chiese lui.
“Sì, mi hai fatto male.” dissi io.
“Oh mi dispiace. Sono stato frettoloso perché non riuscivo ad aspettare di andare via e scoprire qualcos’altro.” Disse lui.
“Frettoloso? Che significa?” chiesi io.
“È una persona che agisce di fretta.” Disse Urushi.
“Grazie Urushi…” disse Aki con tono un po’ scocciato.
“Aki rilassati. Adesso stiamo andando in un nuovo villaggio a anche io non vedo l’ora di sapere che cosa ci aspetta.” Dissi io.
Camminammo per qualche decina di metri in silenzio mentre io pensai al buon tè che avevo bevuto in casa di Ulma. Era un normalissimo tè verde, ma era molto più dolce di quello che bevevo alcune sere in cui tornavo a casa molto tardi da lavoro. Ero riuscita a godermelo quel tè e mi era piaciuto molto.
“E tu perché sei felice?” disse Aki.
“Pensavo solo che anche se siamo andati via di fretta il tè che ci ha dato era buonissimo.” Dissi io.
“è vero, è piaciuto anche a me.” disse Aki sorridendomi.
“Per un attimo mi ha fatto ricordare una cosa che mi capitava spesso.” Dissi io.
“E cos’hai ricordato?” chiese Aki molto curioso. Anche Urushi lo era dato che aveva girato la testa verso di me e mi stava guardando.
“è un ricordo di alcuni anni fa, ma non è nulla di che.” Dissi io.
“Non hai detto nulla.” Disse Urushi.
“Non mi piace tanto dirlo, ma lui ha ragione. Vai avanti che voglio sapere.” Disse Aki curioso.
“Ecco… alcune volte tornavo a casa dal castello di Padron Hiroshi molto tardi. Mio padre non era ancora rientrato a casa ed ero così stanca che non avevo minimamente voglia di mangiare nulla, così in quei casi mi facevo una tazza di tè verde. Il tè che abbiamo bevuto a casa di Ulma era lo stesso che bevevo io in quegli anni, solo che il suo era molto più dolce.” Dissi io.
“Oh, questo non lo sapevo!” disse Aki.
Io mi sentii felice di poter condividere questi ricordi con loro due ed ero felice di stare con loro. poco dopo Urushi mi toccò la spalla per due volte e indicò con una mano davanti a lui delle case appartenenti a un villaggio.
“Iris guarda, c’è un villaggio!” disse Aki.
“Lo vedo, lo vedo…” dissi io.
Camminammo verso il villaggio per poi girare per il villaggio. Tutto sembrava tranquillo e normale e le strade erano affollate di persone. C’erano anche alcune bancarelle di legno sparsi in diversi punti della strada e distanti l’uno dall’altro. Le bancarelle vendevano frutta, verdura, pupazzi e giochi per bambini oltre a molte altre cose che non conoscevo. Tutti quelli che si trovavano dall’altra parte erano persone di diverse età, alcuni di loro erano molto molto giovani, altri erano di mezza età e altri ancora erano anziani.
Mi piaceva camminare in mezzo a tutta quella gente ed era bellissimo vedere tutte quelle cose intorno a me. Ma tutto mi sembrava troppo tranquillo.
Pochi secondi dopo qualcuno o qualcosa mi prese contro la spalla e il braccio destro, ma per fortuna non caddi a terra.
“Iris stai bene?” chiese Aki.
“Sì, sto bene. Ma che cosa è stato?” chiesi io con la mano sulla spalla.
Girai la testa e vidi che era un bambino di sette anni. Indossava un kimono verde scuro, aveva i capelli neri, gli occhi marroni e la pelle chiara. Non appena notò che aveva sbattuto contro di me, mi guardò e si scusò.
“Oh, scusatemi tanto, ma sono di fretta.” Disse il ragazzo inchinandosi in avanti. Poi alzò la testa e disse: “Scusa, ma tu non sei la nostra maestra Yuuki?”
“Huh? M-mi dispiace ma credo che tu mi stai scambiando per qualcun altro.” Dissi io.
“No, devi essere proprio tu. Te ne sei andata via diversi giorni fa per cercare delle persone e da quel giorno noi ti abbiamo aspettato. Finalmente sei tornata da noi e adesso puoi tornare ad insegnarci. Non è così?” disse il ragazzo.
“Ti ripeto che mi stai scambiando per qualcun altro. E chi sono questi ‘noi’ di cui parli?” dissi io.
“Ma siamo i tuoi studenti e tu sei la nostra insegnante!” Disse lui.
“Eh?” mi chiesi io.
“Aaaah, ora non c’è tempo per spiegare. Vieni con me, Shinren ha subito bisogno di te!” disse il ragazzo prendendomi la mano e trascinandomi con lui.
“A-aspetta! Ehi!” dissi io.
Ma lui continuò ad andare in avanti e a non ascoltarmi. Aki e Urushi continuarono a seguirmi e insieme camminammo per una decina di metri con passo veloce. Non riuscii a capire che cosa stava succedendo e dove stavo andando fino a quando non ci fermammo di scatto. Poco più avanti rispetto a noi c’era alla nostra destra una bancarella di oggetti ricchi di colori. Notai che da un lato c’era una bambina di otto anni mentre dalla parte opposta c’era un uomo di mezza età con espressione e tono arrabbiato che si lamentava con la bambina.
“Cosa? Quest’oggetto costa così tanto? Ma sei pazza!” disse l’uomo molto arrabbiato.
“P-però…” disse la bambina.
“Niente però! Io non pago per questa forcina per capelli, costa troppo. Me ne vado.” disse l’uomo scocciato.
“Oh… e adesso come posso fare.” disse la bambina con espressione triste.
Vedere quella bambina mettersi a piangere mi dispiaceva e per questo mi avvicinai a lei.
“Ehi, va tutto bene?” chiesi io.
“Sì, va tutto bene.” disse la bambina piangendo.
“Però se piangi vuol dire che c’è qualcosa.” Dissi io.
Lei si asciugò un pochino le lacrime con una mano e ci fece segno di girare intorno al bancone in legno che ci separava e su cui c’erano le diverse forcine per capelli. Facemmo tutti e tre ciò che ci aveva chiesto e avvicinandomi notai che i suoi occhi erano molto rossi. Quando le fui davanti, la bambina si appoggiò a me e per un paio di minuti riprese a piangere stringendomi la maglia. Non appena si fu calmata riprendemmo a parlare.
“Che cosa sono tutti questi oggetti? E a che servono?” chiesi io.
“Quelle sono forcine per capelli, quelli lì invece sono delle treccine di paglia per legare i capelli e questi sono dei piccoli oggetti colorati. Sono tutti utilizzati per fermare i capelli.” Disse la bambina.
“Oh… perché stavi piangendo?” chiesi io.
“Beh, questa è la bancarella dove io e mia madre vendiamo gli oggetti che facciamo. Solo che ieri e oggi mia madre è ammalata e io non posso stargli vicino perché devo stare qui a vendere queste cose e non abbiamo abbastanza soldi per poter prendere la medicina.” disse la bambina.
“Ti chiami Shinren, giusto? Che cos’ha tua madre?” chiesi io.
“Non lo so, l’ultima volta che l’ho vista era questa mattina. Lei era coricata a letto ed era calda sulla testa e sulle mani. Ma io non posso spostarmi di qui…” disse Shinren.
“Ci pensiamo noi!” disse Aki.
“Eh?” chiese Urushi.
“Aki!” dissi io.
“Davvero mi aiuterete?” chiese Shinren.
“Sì certo!” disse Aki.
“Oh, grazie! Grazie mille maestra! Tornerò più tardi per vedere come sta andando!” disse lei finendo per correre via.
“Aspetta, io non sono la tua… maestra.” dissi io. purtroppo quando finii di parlare lei si era già allontanata ed era entrata in una casa a una decina di metri di distanza da noi.
“Beh, se né andata via.” Disse Aki.
“Io vado a fare un giro. Tornerò più tardi.” Disse Urushi. Subito se ne andò aprendo le sue ali e prendendo il volo.
“Aki, che cosa significa vendere?” chiesi io.
“Penso che voglia dire di scambiare una cosa per un’altra.” Disse lui.
“Oh… Tu sai come si fa a vendere questi oggetti?” chiesi io.
“No. neanche un po’.” Disse Aki.
“COSA? Ma se non sai come si fa perché hai accettato!” dissi io. lui si mise a ridere.
“Non c’è nulla da ridere! Cavolo, adesso come facciamo se nessuno dei due sa come fare.” dissi io preoccupandomi.
“Tranquilla, vedrai che sarà facile. Guarda.” Disse lui.
Notai che proprio davanti a noi c’era una donna alta, magra e con i capelli lunghi e marroni che si avvicinò al tavolo che avevamo davanti e si mise a guardare tutti gli oggetti che c’erano. Aveva una mano sul mento ed era molto incuriosita da ciò che vedeva. L’altra mano la avvicinò lentamente a una forcina per capelli ma la tirò subito indietro senza nemmeno toccarla.
“Salve signora, le va di provare questa forcina?” disse Aki.
In mano aveva una forcina tutta rossa e a forma di fiore. Al centro del fiore c’era una perlina grigio chiara.
“Oh, ma che bel ragazzo che sei e che strano che non c’è Shinren. Le è successo qualcosa?” chiese la donna.
“No, ci ha solo chiesto di aiutarla. Le va di provare questa forcina?” disse Aki.
“Sì, vorrei vedere come mi sta.” Disse la donna.
Aki si girò e mi disse: ”Forza, mettilo nei suoi capelli.”
“Eh?” dissi io.
“Devi metterlo tra i capelli.” Disse lui.
Io, sentendomi un po’ in difficoltà, presi in mano la forcina e avvicinando di due o tre passi alla donna glielo misi tra i suoi capelli. Non appena spostai le mani la signora iniziò a girare la testa a una parte all’altra per due o tre volte. Mentre girava la testa, la sua bocca fece un sorriso.
“È bellissimo! Prenderò questo.” Disse la donna.
“Ah, grazie mille!” disse Aki.
“Beh, adesso hai visto come si fa.” Disse Aki.
La signora ci diede cinque monete color grigio e Aki gli lasciò la forcina che io le avevo messo. Subito dopo le se ne andò via felice e si avvicinarono a noi altre donne. Tutte loro volevano che io mettessi una forcina o una treccina di paglia tra i loro capelli. Io lo feci per tutte le donne e in circa due ore finimmo tutto ciò che avevamo davanti.
Così eravamo rimasti senza oggetti da vendere e con tante monete davanti a noi due. Li dividemmo in due parti ed entrambi li prendemmo con le mani, camminammo davanti a due case per poi trovare Shinren davanti alla terza casa. Non appena ci vide ci chiamò e ci fece entrare nella casa.
“Entra pure maestra! Grazie mille per l’aiuto che mi hai dato!” disse La bambina.
“Di nulla, ma io non sono la tua maestra.” Dissi io.
“Shinren, con chi parli?” disse una voce proveniente da un’altra stanza.
La bambina ci portò nella stanza a fianco. Quello che trovammo erano alcuni mobili negli angoli della strada e una donna seduta per terra con le gambe coperte da un lenzuolo. Aveva i capelli neri e indossava un lungo vestito bianco.
“Ci dispiace per l’intrusione.” Dissi io.
“Chi sono queste persone?” chiese la donna.
“Mamma loro sono la maestra e i suoi compagni! È tornata da noi insieme a quelli che ha conosciuto durante il viaggio!” disse Shinren.
“Ehm… mi dispiace, ma credo che tu mi abbia confusa per qualcun altro. Io non sono chi tu pensi che io sia.” Dissi io. La signora seduta per terra mi guardò per un po’ di tempo restando in silenzio.
“Shinren hai sbagliato, lei non è la maestra Yuuki.” Disse la signora.
“Eh?” disse Shinren.
“Scusate se mia figlia vi ha scambiato per la maestra e i suoi compagni. È solo che ci assomigliate talmente tanto che le è venuto spontaneo farlo.” Disse la signora.
“N-nessun problema.” Disse Aki.
“Shinren ci ha detto che lei non stava bene e cosi l’abbiamo aiutata. Vorrei sapere… come si sente adesso?”  chiesi io.
“Oh, ero solo stanca per aver lavorato molto la notte e per non essere riuscita a riposare abbastanza. Ma adesso sto un po’ meglio rispetto a prima. Grazie per il pensiero.” Disse la signora.
“C’è una cosa che vorremmo darle.” Dissi io.
Guardai un attimo Aki per poi appoggiare a terra tutte le monete che entrambi avevamo tra le mani. Lei ci guardò un po’ confusa, ma poi io dissi: “Prima siamo riusciti a vendere tutto ciò che c’era nella bancarella e questo è quanto abbiamo ottenuto.”
“Eh?” disse la signora.
“Shinren ci ha anche detto che non avete abbastanza soldi per prendere le medicine. Con questi pensiamo che sarete in grado di farlo.” Dissi io.
“Davvero?” chiese la signora felicissima.
“Sì, davvero!” disse Aki.
“Oh grazie! Grazie moltissimo! Con questo potremo comprare le medicine che ci servono! Sentite, perché non rimanete qui a dormire stanotte?” disse la signora felicissima.
“Grazie signora! Accettiamo volentieri!” disse Aki.
“Aki!” dissi io.
“Che c’è! La sua richiesta mi è sembrata buona e così ho accettato.” disse Aki.
“Mi fa piacere che avete accettato. Più tardi ci sarà la cena e subito dopo andremo tutti a letto. ehm… per voi non è un problema se dormiremo tutti nella stessa camera?” disse la signora.
“No, nessun problema. Ehm… c’è un’altra persona insieme a noi.” Dissi io.
“Quindi saremo in cinque. Perfetto.” Disse la signora.
Aki la aiutò ad alzarsi in piedi mentre Shinren se ne andò nella stanza in cui eravamo andati prima. Anche noi lo facemmo e trovammo in mezzo alla stanza un tavolino basso con cinque ciotole di riso e cinque ciotole più piccole di salsa di soia. Nella stanza c’era Urushi che se ne stava a guardare fuori dalla finestra finché io non gli parlai.
“Urushi, che ci fai qui? E quand’è che sei arrivato?” chiesi io.
“Poco fa.” Disse Urushi.
“È ora di mangiare. Sedetevi pure.” Disse Shinren.
Io mi sedetti in un lato del tavolo, a fianco a me si mise Aki, davanti a noi due si sedette Urushi. A fianco a me c’era Shinren e vicino ad Aki c’era la madre di Shinren. Sia io sia Aki versammo un po’ di salsa di soia sopra le nostre ciotole di riso, aspettammo un paio di secondo e poi lo mangiammo tutto. Noi fummo i primi a finire mentre tutti gli altri erano solo a metà della ciotola che avevano davanti.
Mi alzai in piedi e dissi: “Vado a preparare i nostri sacchi a pelo per la notte.”
Così mi spostai nella stanza a fianco, misi in un angolo arco, frecce e spada e in pochi minuti sistemai i sacchi a pelo che si trovavano dentro la sacca che ci aveva dato Sachi diversi giorni fa. Una volta finito mi coricai sopra di loro e mi rilassai. Mi rilassai da una giornata molto impegnativa. A fianco a me si coricò Aki e con lo sguardo fisso verso il soffitto.
“È stata una giornata intensa, vero?” chiese Aki.
“Sì, non mi aspettavo di riuscire a fare due villaggi in un giorno. È stato molto divertente.” Dissi io.
“Anche io mi sono divertito tanto. Ehi Iris, che ne dici se lo facciamo un’altra volta?” disse lui.
Io però non potei rispondergli perché mi ero addormentata proprio prima che facesse la domanda. Dormii talmente pesante che non mi svegliai fino alla mattina dopo.
   
 
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