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Autore: Flos Ignis    01/08/2019    0 recensioni
AU storica ambientata nell'antica Grecia: Alec e Magnus, cosa cambierebbe tra loro se fossero vissuti non in un tempo di angeli e demoni, ma in uno di potenti e sconosciuti Dèi dell'Olimpo?
Dal testo:
"Le Parche, alle volte, sanno essere crudeli.
Intrecciano vite destinate a completarsi a vicenda, per poi districare la matassa e dividere le esistenze senza farle più ricongiungere.
Questo porta un dolore sottile all'anima, che emette un richiamo costante alla metà mancante di se stessi, una fame insaziabile e un muto grido che fiaccano lo spirito dei mortali.
Quelle anime sono destinate a vagare senza pace nell'Ade, alla ricerca vana ed eterna di ciò che può riempire il loro vuoto."
Terza classificata al contest "A zonzo nel tempo!" indetto da _Vintage_ sul forum di EFP
Genere: Fluff, Slice of life, Storico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Alec Lightwood, Isabelle Lightwood, Magnus Bane
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Insieme: il Fato




Ogni giorno di quella meravigliosa primavera fu un'avventura.

Le intenzioni di Magnus di partire per le terre più a est erano svanite nell'aria, come non fossero mai esistite. Ora passava molte delle sue giornate rinchiuso nel tempio di Efeso, offrendo in cambio di asilo i suoi servizi di restauratore, mentre il suo nuovo amico gli raccontava con occhi brillanti di orgoglio le gesta di quella dea che per lui tanto significava.

Alec, d'altro canto, quando non era occupato a studiare o cacciare nei boschi, amava trascorrere ore e ore ad ascoltare i racconti del giovane scultore, delle poleis che aveva visitato da quando aveva ottenuto il permesso da suo padre di lasciare l'officina, oppure della gente che aveva conosciuto e delle loro diversità.

A volte, alla fine della giornata, quando nessuno dei due riusciva a prendere sonno e solo le stelle vegliavano su di loro, facevano lunghe passeggiate nei dintorni della città, arrivando fino in riva al mare; Alec prendeva sempre con sé arco e faretra, tenendo sempre i sensi all'erta, anche se più di una volta Magnus aveva cercato di farlo rilassare con storie divertenti e tocchi delicati su quella pelle di luna.

I suoi occhi blu, più che le belle labbra carnose, sorridevano a quei contatti.

Se lo scultore si fosse accorto che le sue discrete attenzioni non erano almeno un po' gradite, avrebbe preso il largo su una nave da molto tempo, ma aveva scoperto che si sentiva mancare l'aria quando l'altro non era presente, mentre i colori splendevano di una vividezza nuova quando incrociava lo sguardo con quello di Alec.

L'azzurro dei suoi occhi non aveva nulla da invidiare al cielo e al mare, era quanto di più simile Magnus avesse visto alle lapislazzuli che incastonava suo padre negli occhi di quelle statue che venivano commissionate dai clienti più facoltosi. Aveva parlato spesso del suo lavoro con il nuovo amico, soprattutto mentre gliene dava dimostrazione pratica: aveva riportato alla luce alcuni dettagli delle statue meravigliose che Alec tanto amava, ricevendo molti complimenti per il suo talento.

Era silenzioso, Alexander. 

Magnus se ne era accorto in fretta e la cosa invece di scoraggiare i suoi tentativi di avvicinamento lo aveva istigato in maniera violenta. Era difficile per il più giovane parlare di sé, ma Magnus era dotato di grande pazienza e ne aveva dato prova rispettando i tempi del ragazzo, che si era aperto poco a poco, raccontandogli di sua sorella Izzy, poi della nascita del suo fratellino Max, ma solo da poco gli aveva confessato la stretta connessione di quell'evento alla sua devozione alla dea.

-...mia madre e mio fratello rischiavano la vita, Magnus, e io ero impotente. Un bambino senza alcuna possibilità di cambiare le cose, non da solo almeno. E così sono andato da qualcuno che avrebbe potuto: sono venuto qui, in questo tempio, a pregare per la salvezza di ben due vite. Offrirle la mia come suo adepto non mi pare un prezzo terribile da pagare per quello che mi ha offerto.-

Era stato in quel momento che Magnus aveva scelto di restare.

Per Alexander e il suo cuore incredibilmente altruista e generoso, che lo chiamava a sé come il canto delle sirene attraeva i marinai.




I fiori avevano in seguito lasciato il posto ai frutti, e dopo ancora il verde delle foglie aveva cominciato a cedere il passo al fuoco dei colori autunnali. 

Fu allora che Magnus prese la sua decisione.

-Alexander, avrei bisogno di parlarti. Hai qualche minuto da dedicarmi?-

-Certo. Andiamo fuori.-

Come ogni volta in cui usciva, si armò da capo a piedi, precedendolo sulla stradina conosciuta solo da loro due per arrivare al luogo dove si erano conosciuti: erano soliti andare lì per avere le conversazioni più intime e private, quando la necessità della discrezione superava la paura delle maldicenze che avevano cominciato a diffondersi sia dentro che fuori dal tempio.

Cercavano di ignorarle come meglio potevano, ma Magnus sapeva che la situazione precaria in cui si erano trovati doveva cambiare. Aveva trovato la sua risposta, ma la decisione finale spettava ad Alexander.

Non nascondeva di essere davvero molto nervoso, cosa che persino l'arciere aveva notato, o non l'avrebbe portato nel loro luogo speciale senza prima chiederglielo. Aveva capito quanto fosse seria per l'altro la questione e aveva agito in suo favore senza farglielo pesare, per rendergli il più confortevole possibile la confessione che stava per fargli.

E fu per questo che si decise a parlare, perché non fu mai così sicuro della sua scelta. Non conosceva il codice da seguire in una situazione simile, perciò avrebbe improvvisato e fatto come gli suggeriva l'istinto.

-Ti ricordi di questo, Alexander?- tirò fuori lo scalpello con il manico in selce intagliato che usava sempre per lavorare, Alec lo aveva visto spesso in mano sua.

-Naturalmente sì, é lo scalpello che ti ha donato tuo padre per aver vinto la competizione con lui, ricordo bene?-

-Quello che dici é vero, ma non ti ho raccontato tutta la storia di questo oggetto.-

-Vuoi dirmela ora?- lo chiamò più vicino a sé, seduto sulla riva dello stesso fiume dove si erano conosciuti, per parlare più comodamente.

Magnus si sedette accanto a lui, poi gli porse il singolare attrezzo.

-Te lo voglio regalare.-

-Perché? Non é importante per te?-

-Lo é moltissimo, ed é per questo che ora appartiene a te.-

-Non credo di capire...- ed era abbastanza ovvio, dal genuino stupore di quegli occhi blu, che davvero non capisse cosa stesse facendo Magnus e perché.

L'avrebbe scoperto molto presto.

-Si tratta di un oggetto abbastanza vecchio, in realtà. Il maestro di mio padre lo ricevette come dono di nozze dalla donna che aveva sposato, ma siccome non ebbero mai figli decise di passarlo in testimone insieme alla bottega al suo miglior apprendista, che si rivelò essere mio padre. A sua volta, lui lo regalò a mia madre, ma lei é morta di parto. Perciò, ora lo ha regalato a me, affidandomelo insieme al suo lascito del laboratorio che erediterò non appena farò ritorno.-

Alec aveva ancora la sua espressione adorabilmente confusa stampata in volto, perciò era evidente che Magnus dovesse essere ancora più esplicito, anche se farlo sarebbe costato al suo povero cuore tuonante ancora più fatica per funzionare data la morsa dell'ansia che lo ghermiva con artigli crudeli.

-Mi ha raccomandato di donarlo alla persona con cui passerò il resto della mia vita, quella che voglio sposare.-

Silenzio totale, persino il bosco tacque per non spezzare la bolla privata in cui si erano rinchiusi.

-Non posso accettarlo allora Magnus, non puoi certo fare un dono così prezioso a me.- era arrossito in una maniera che lo scultore poté definire solo "deliziosa", ma cercò di non farsi distrarre, perché era arrivato al momento cruciale del suo discorso.

-Invece devi accettarlo, proprio perché sei tu e sei molto più che solo prezioso, sei inestimabile per me. Sono convinto che le Parche abbiano ricamato il filo delle nostre esistenze perché ci incontrassimo: lo scopo ultimo del mio viaggio eri tu, sei sempre stato tu e ora che ti ho trovato vorrei che tu capissi che questi miei... sentimenti d'amore, sono per te, sei il loro principio primo e il motore che li mantiene vivi. Perciò io ti chiedo di venire via con me.-

Alexander era arrossito ancora di più, boccheggiava come se facesse fatica a respirare, poi si alzò di scatto e prese a fare avanti e indietro per diversi minuti, in evidente stato di profonda agitazione.

-Magnus, tu sei... immorale, ecco! Non puoi parlare di certe cose con me, sono un uomo come te! Non puoi farmi un simile dono e io non posso accettarlo perché é sbagliato! Si sa quale sia l'unico esito possibile di una relazione di questo tipo, ed é la collera divina, che presto o tardi si presenterà, anche se per mano umana! Forse, se dimentichiamo questa conversazione e facciamo finta di nulla...-

-Io non posso fare finta di nulla, Alexander! Mi sono innamorato di te e questo non può cambiare, né essere nascosto. So cosa si pensa di queste relazioni in queste regioni, ma oltre il mare, nella terra dei miei antenati, non avremmo problemi, sono estremamente liberali per quanto riguarda le relazioni sessuali, il matrimonio ha valore solo per questioni di eredità. So che ti chiedo molto, ma so anche che provi ciò che provo io... allora, accetta il mio dono e vieni con me laggiù.-

-Non posso credere che tu mi stia chiedendo questo! Se... se anche provassi quello che provi tu, cosa dovrei fare? Si tratta forse di un gioco, per te? Perché per me é una faccenda molto seria, mi stai chiedendo di abbandonare la mia terra, il mio credo, la mia famiglia e il mio voto al tempio, e tutto questo solo per te, per seguirti in qualcosa che dannerà l'anima di entrambi! Tu... stai alla larga da me!-

Lasciò cadere a terra lo strumento dello scultore che aveva spasmodicamente stretto nel palmo della mano fino a quel momento, recuperò l'arco che aveva fatto cadere in precedenza e si incamminò in tutta fretta sulla strada del ritorno.

-Io parto tra tre giorni dal porto. Non te lo chiederò un'altra volta.- le parole di Alexander l'avevano ferito, ma anche se sapeva che sarebbe successo qualcosa del genere non avrebbe mai potuto andarsene senza almeno aver dichiarato al suo adorato Alexander i suoi sentimenti.

Non se lo sarebbe mai perdonato.




Non si erano più parlati per i successivi due giorni. Magnus aveva recuperato il suo leggero bagaglio e si era trovato un altro posto dove dormire per le poche notti che gli rimanevano prima del suo rientro a casa.

Se non poteva avere l'uomo che voleva in viaggio con lui in una terra straniera tutta da esplorare, allora tanto valeva fare ritorno alla casa della sua infanzia, nella sicurezza dell'amore di un padre parco di attenzioni ma sempre presente e di un lavoro che, tutto sommato, amava.

Aveva passato gli ultimi giorni di libertà a bere idromele fino a stordirsi, per poi ritirarsi nella stanza che gli avevano trovato in una locanda fino al successivo giro di bevute.

In tutto questo, non una parola o uno sguardo dal ragazzo che lo aveva ammaliato con la sua seducente innocenza. Gli era rimasto solo il dono che l'altro non aveva voluto accettare, per cui passava ore a fissarlo con gli occhi sbarrati e arrossati per le ore insonni e piene di incubi a occhi aperti.

Non se la sentiva di biasimare il ragazzo, era cresciuto in quella terra esattamente come lui, ma suo padre gli aveva anche dato un'alternativa. Per le sue credenze in parte sbilanciate rispetto al credo comune aveva avuto molti problemi nella sua giovane vita, ma aveva fatto tesoro della sua diversità, perché questa sua conoscenza dell'esistenza di "un'altra possibilità" lo portava sempre a farsi domande forse scomode, ma che lo facevano sentire libero, almeno nella propria testa, di essere migliore, più furbo degli altri per il suo non lasciarsi mai andare alle facili manipolazioni.

Eppure quella sua diversità gli era costata il cuore.

E allora, che senso aveva la libertà di amare qualcuno se la società gli impediva comunque di vivere davvero quel sentimento?

La mattina della partenza, il sole non era ancora sorto quando Magnus arrivò al porto. Mancava poco all'inizio del suo ultimo viaggio, che avrebbe percorso per gran parte per mare a differenza dell'andata, perciò si affrettò a salire sulla nave mercantile per posare la borsa da viaggio e mettersi a fissare la distesa d'acqua salata.

Aveva scoperto lo scopo ultimo del suo viaggio: trovare Alexander. 

E anche se non era andata bene, avrebbe conservato un dolce ricordo di quegli occhi blu che, lui ne era certo, un giorno avrebbe rivisto. Nel frattempo, si sarebbe accontentato di ricordarne la bellezza osservando il mare nel punto esatto in cui si fondeva con il cielo, fondendo le loro incredibili tonalità di azzurro e mutandosi a vicenda, finché l'alba non arrivò a riflettere la sua luce sul mondo, accecando gli occhi verde-dorati di Magnus, divenuti liquidi di tristezza.

E per la prima volta da tre giorni, riuscì a piangere per dire addio al suo amore, lasciando che esso si dissolvesse cadendo nel mare.

Chissà se é così che si é formato l'oceano: con le lacrime dei cuori infranti.




Quella mattina, quando Alec si svegliò con il tormento che lo scuoteva nell'anima di aver perso il suo amico e di non averlo neppure potuto salutare, decise che doveva distrarsi in qualche modo. Si inoltrò all'alba nel bosco per cacciare, per la prima volta sentendosi quasi rifiutato dalla dea cui era consacrata quell'attività.

Che il subbuglio nel suo cuore l'avesse ripugnata? Che avesse scorto le reali parole che avrebbe voluto rispondere a Magnus?

Ma nonostante le tentazioni aveva resistito ed era rimasto fedele ai suoi ideali e al voto fatto alla dea Artemide, era orgoglioso della sua forza di volontà.

Ma allora perché il suo cuore piangeva, al ricordo delle parole che gli aveva rivolto e di quegli occhi tanto belli quanto fragili nel mostrargli i sentimenti che aveva sviluppato per lui?

Senza rendersene conto, prese a correre alla massima velocità che le sue gambe gli consentivano, sentiva solo il vento nelle orecchie, i lievi rumori del bosco che si stava svegliando e il tintinnio delle sue frecce che si toccavano ad ogni suo passo affrettato.

Arrivò con il fiatone in quel luogo di pace che aveva condiviso con un uomo che l'aveva fatto sentire sereno e felice come mai nessuno prima era stato in grado di fare, e quando riacquistò il minimo di calma necessaria a non farsi scoppiare i polmoni dal fiatone, crollò a terra, proprio sulla riva...

...dove, piantato nel terreno, nel punto esatto in cui Magnus era emerso dalle acque appena due stagioni prima, si ergeva lo scalpello, il manico in selce umido di rugiada e la punta di ferro affondata della nuda terra.

Alec lo estrasse, per poi portarselo al petto, cullando quell'oggetto tanto prezioso.

E finalmente, anche lui pianse per l'amore che aveva perduto e per la vita che aveva rifiutato tanto malamente, sperando di venire perdonato per aver ferito una persona meravigliosa come Magnus Bane, l'unico uomo che avrebbe mai amato, pur non dicendoglielo mai.




Le Parche, alle volte, sanno essere crudeli. 

Intrecciano vite destinate a completarsi a vicenda, per poi districare la matassa e dividere le esistenze senza farle più ricongiungere.

Questo porta un dolore sottile all'anima, che emette un richiamo costante alla metà mancante di se stessi, una fame insaziabile e un muto grido che fiaccano lo spirito dei mortali.

Quelle anime sono destinate a vagare senza pace nell'Ade, alla ricerca vana ed eterna di ciò che può riempire il loro vuoto.

Ma talvolta, qualcosa che sta al di sopra delle stesse Parche decide che non é così che la storia doveva andare, che il Fato ha deragliato perdendo il suo naturale equilibrio.

Allora quelle anime disperate vengono graziate da una seconda possibilità, chissà in quale Tempo, in quale Luogo si potranno nuovamente trovare... ma accadrà.

Perché il vero Fato delle Anime Gemelle é quello di cercarsi, trovarsi, amarsi... per l'eternità.

Magari, nei panni di due persone in grado di ristabilire quel perduto equilibrio... di modo che sacro e dannato imparino a convivere e, perché no, ad amarsi persino, come angeli e demoni non hanno mai fatto.

Un giorno però, i loro discendenti...







Note:
Sì, termina così. Niente lieto fine, solo un addio che a me personalmente ha straziato il cuore dover scrivere.
Ci ho pensato e ripensato davvero molto attentamente, ma questo tipo di AU, con questo tipo di coppia, per essere fedele non ha modo di concludersi felicemente.
Alec non ha la forza di accettare la sua diversità in un mondo che, anche conoscendola, sa essere persino meno disposto ad accettarla dei giorni nostri, fino ad arrivare alla crudeltà spacciandola per moralità.
Magnus, d'altro canto, non può combattere come fa il personaggio originale perchè Alec si faccia coraggio, non ne ha la saggezza (ricordo a tutti che questo Magnus NON è uno stregone di un numero incalcolabile di secoli...) nè la costanza, con il tipo di vita che lgi ho dato.
Mi ha uccisa non poter dar loro l'happy ending... ma siccome sono un'inguaribile sentimentale (ok, ok, l'ho ammesso, contenti amici? piantatela di rompermi, grazie! XD) non potevo non dar loro un barlume di speranza.
E quale avrebbe potuto essere migliore, se non la prospettiva di una vita insieme in un tempo in cui entrambi saranno pronti a viverla davvero? Penso di essere stata abbastanza ovvia alla fine del capitolo, parlando di discendenti di angeli e demoni... ovvero, Nephilim e Stregoni.
Se vi va di farmi sapere cosa ne pensate, io sono qui! è la mia prima AU storica, perciò qualunque tipo di commento (costruttivo, possibilmente) è più che apprezzato!
Spero che vi siate goduti la storia almeno un po' di quanto è piaciuto a me scriverla.
Flos Ignis


 
  
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